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Interesse ad impugnare: appello del PM inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero contro l’annullamento di un sequestro preventivo. La decisione si fonda sulla carenza di interesse ad impugnare, poiché il PM aveva contestato solo il ‘fumus commissi delicti’ (la sussistenza del reato), omettendo completamente di argomentare sul ‘periculum in mora’ (il pericolo di dispersione dei beni). Secondo la Corte, per ottenere un risultato pratico, l’impugnazione deve affrontare entrambi i requisiti necessari per la misura cautelare, altrimenti risulta priva di un’utilità concreta.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad Impugnare: Quando il Ricorso del PM è Inammissibile?

Nel processo penale, l’interesse ad impugnare rappresenta un pilastro fondamentale: non basta avere ragione in astratto, è necessario che l’accoglimento del ricorso porti a un risultato concreto e favorevole per chi lo propone. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 21977/2024) offre un chiaro esempio di questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero proprio per carenza di questo requisito essenziale nell’ambito delle misure cautelari reali.

I Fatti di Causa: Sequestro Preventivo e Annullamento

Il caso nasce da un’indagine nei confronti del legale rappresentante di una società, ritenuta dagli inquirenti una mera ‘cartiera’ finalizzata all’emissione di fatture per operazioni inesistenti. Tale meccanismo fraudolento era presumibilmente utilizzato per la somministrazione illecita di manodopera, evadendo i contributi previdenziali.

Durante le indagini, le forze dell’ordine rinvengono in possesso dell’indagato una cospicua somma di denaro contante (200.000 euro) e un’autovettura di lusso. Il Giudice per le Indagini Preliminari dispone il sequestro preventivo della somma, qualificata come profitto del reato di ricettazione (art. 648 c.p.), e dell’auto, ai fini della confisca allargata (art. 240 bis c.p.).

Tuttavia, il Tribunale del Riesame, su istanza della difesa, annulla il provvedimento. Secondo il Tribunale, il denaro non poteva essere considerato profitto dei reati tributari presupposti, né del reato di emissione di fatture false.

Il Ricorso in Cassazione del Pubblico Ministero e l’Interesse ad Impugnare

Contro la decisione di annullamento, il Pubblico Ministero propone ricorso per cassazione, lamentando una violazione di legge. Il fulcro del suo ricorso, però, si concentra esclusivamente su un punto: la sussistenza del fumus commissi delicti, ovvero la fondatezza dell’ipotesi di reato. Il PM sostiene che, data la dubbia provenienza del denaro, l’onere di giustificarne l’origine lecita sarebbe dovuto ricadere sull’indagato, come previsto dalla giurisprudenza in materia di ricettazione.

Il ricorrente, tuttavia, omette completamente di argomentare sull’altro requisito fondamentale per l’applicazione di qualsiasi misura cautelare reale: il periculum in mora, ossia il pericolo concreto e attuale che la libera disponibilità dei beni possa aggravare o protrarre le conseguenze del reato o agevolare la commissione di altri reati.

La Necessità di Argomentare su Fumus e Periculum

La Corte di Cassazione, nel dichiarare l’inammissibilità del ricorso, chiarisce un principio procedurale cruciale. L’interesse ad impugnare non è un concetto astratto legato alla corretta applicazione della legge, ma un interesse concreto e utilitaristico a ottenere una decisione più vantaggiosa. Nel contesto di una misura cautelare, la decisione vantaggiosa per l’accusa è il ripristino del vincolo sui beni. Questo risultato, però, può essere ottenuto solo se sussistono entrambi i presupposti richiesti dalla legge: il fumus commissi delicti e il periculum in mora. Un’impugnazione che contesta solo uno dei due è, in partenza, incapace di raggiungere lo scopo pratico desiderato.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha spiegato che, anche se avesse accolto il motivo di ricorso del PM relativo al fumus, non avrebbe potuto comunque ripristinare il sequestro. La mancanza di qualsiasi argomentazione sul periculum in mora avrebbe impedito una valutazione su questo secondo, ma altrettanto essenziale, requisito. L’eventuale accoglimento del ricorso non avrebbe quindi portato a un risultato pratico utile per l’accusa, rendendo l’impugnazione priva di un interesse concreto ed effettivo. L’interesse del PM non può coincidere con il mero interesse astratto all’esatta applicazione della legge, ma deve essere parametrato al raggiungimento di un risultato concreto, che in questo caso era l’emissione di un provvedimento cautelare valido.

Conclusioni

La sentenza in esame ribadisce un’importante lezione per tutti gli operatori del diritto: un’impugnazione deve essere strutturata in modo completo e funzionale allo scopo. Quando si contesta un provvedimento che nega una misura cautelare, non è sufficiente dimostrare la probabile esistenza del reato. È indispensabile argomentare anche sulla presenza del pericolo che la misura intende prevenire. In assenza di una contestazione su entrambi i fronti, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile per carenza di interesse ad impugnare, trasformandosi in un esercizio puramente teorico e privo di effetti pratici.

Perché il ricorso del Pubblico Ministero è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile per carenza di ‘interesse ad impugnare’. Il PM ha contestato solo la sussistenza del reato (‘fumus commissi delicti’), omettendo completamente di argomentare sul pericolo di dispersione dei beni (‘periculum in mora’), un requisito altrettanto necessario per il sequestro.

Cosa significa ‘interesse ad impugnare’ in materia cautelare?
Significa che l’impugnazione deve essere finalizzata a ottenere un risultato pratico e concreto, non solo una correzione teorica della legge. Nel caso del sequestro, il risultato pratico è il ripristino del vincolo sui beni, possibile solo se si dimostra la sussistenza di tutti i requisiti di legge, sia il ‘fumus’ che il ‘periculum’.

È sufficiente contestare solo il ‘fumus commissi delicti’ per impugnare un’ordinanza che annulla un sequestro?
No. La sentenza chiarisce che non è sufficiente. L’impugnazione, per essere ammissibile, deve contestare tutti i punti che hanno portato alla decisione sfavorevole e dimostrare la presenza di tutti i presupposti necessari per la misura richiesta. Un ricorso parziale, che non affronta il requisito del ‘periculum’, non può portare al risultato pratico del ripristino del sequestro e risulta quindi inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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