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Interesse ad agire: quando l’indagato non può ricorrere

Un imprenditore, indagato per riciclaggio, ha impugnato il sequestro preventivo di alcuni assegni. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che manca il concreto interesse ad agire quando, anche in caso di annullamento del sequestro, i beni non verrebbero restituiti al ricorrente. La sentenza sottolinea la distinzione tra la legittimazione astratta a ricorrere, riconosciuta all’indagato, e l’effettivo vantaggio pratico necessario per l’ammissibilità dell’impugnazione.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse ad agire: la Cassazione spiega quando l’indagato non può impugnare un sequestro

Essere indagati in un procedimento penale conferisce il diritto di impugnare un sequestro preventivo, ma questo diritto non è incondizionato. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale della procedura penale: per contestare una misura cautelare reale, non basta essere un soggetto legittimato, ma è necessario avere un interesse ad agire concreto e attuale. Questo significa che l’eventuale accoglimento del ricorso deve tradursi in un vantaggio pratico per il ricorrente, ovvero la restituzione del bene sequestrato.

I Fatti del Caso: un intreccio tra affari immobiliari e riciclaggio

La vicenda riguarda l’impugnazione di un decreto di sequestro preventivo emesso su due assegni circolari per un valore complessivo di quasi 90.000 euro. Gli assegni provenivano dal conto di una società (la “Società A”), già sottoposta a sequestro perché ritenuta nella disponibilità di un soggetto legato alla criminalità organizzata.

Questi assegni erano stati utilizzati da un’altra azienda, la “Società Costruttrice”, come cauzione per partecipare a un’asta immobiliare per l’acquisto di una struttura alberghiera su un’isola turistica. La Società Costruttrice, rappresentata dall’imprenditore ricorrente, si era aggiudicata l’immobile ma non aveva poi versato il saldo del prezzo, perdendo di conseguenza la cauzione versata.

L’imprenditore, indagato per riciclaggio e autoriciclaggio, sosteneva che quegli assegni costituivano in realtà una caparra versata dalla Società A per un altro affare immobiliare e che, pertanto, il sequestro fosse illegittimo. Ha quindi presentato ricorso al Tribunale del Riesame, chiedendo la revoca del sequestro e la restituzione delle somme.

Il principio di diritto: l’interesse ad agire nel sequestro preventivo

La Corte di Cassazione, chiamata a decidere sul ricorso, ha chiarito la distinzione cruciale tra “legittimazione ad impugnare” e “interesse ad agire”.

* Legittimazione astratta: L’art. 322 del codice di procedura penale individua i soggetti che possono proporre riesame, tra cui l’indagato. Su questo punto, l’imprenditore era formalmente legittimato a presentare ricorso.

* Interesse concreto: L’art. 568 del codice di procedura penale richiede, però, un ulteriore requisito per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione: un interesse concreto e attuale. Nel caso di un sequestro, questo interesse si identifica con la possibilità che, in caso di annullamento della misura, il bene venga restituito al ricorrente.

La Corte ha rilevato che lo stesso imprenditore, nel suo ricorso, aveva chiesto che gli assegni fossero restituiti non a sé stesso o alla sua società, ma alla procedura esecutiva dell’asta immobiliare. Inoltre, non aveva fornito alcuna prova che il contenzioso civile sulla perdita della cauzione si fosse concluso a suo favore.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Suprema Corte sono state lineari e rigorose. Il Collegio ha stabilito che, allo stato attuale, anche se il sequestro penale fosse stato annullato, gli assegni non sarebbero tornati nella disponibilità dell’imprenditore o della sua società. Essi sarebbero rimasti vincolati alla procedura esecutiva civile, che li aveva incamerati a seguito del mancato saldo del prezzo dell’asta.

Di conseguenza, l’imprenditore non avrebbe ottenuto alcun vantaggio pratico dalla decisione. Il suo ricorso era quindi privo di un interesse concreto, requisito indispensabile per la sua ammissibilità. La Corte ha sottolineato che l’interesse a ricorrere non può essere presunto dalla sola qualità di indagato, ma deve essere specificamente dimostrato, delineando le ragioni di fatto e di diritto che legano il ricorrente al bene sequestrato e che giustificano la sua restituzione a suo favore.

Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Insegna che, per contestare efficacemente un sequestro preventivo, non è sufficiente essere l’indagato nel procedimento. È essenziale dimostrare al giudice di avere un interesse qualificato, ovvero che l’annullamento della misura cautelare comporterebbe un beneficio diretto e tangibile, consistente nella restituzione del bene. In assenza di tale prova, anche se le argomentazioni nel merito potessero apparire fondate, l’impugnazione verrà dichiarata inammissibile per carenza di interesse ad agire.

Un indagato può sempre impugnare un sequestro preventivo?
Sì, l’indagato è uno dei soggetti a cui la legge riconosce la legittimazione astratta a impugnare un sequestro (art. 322 c.p.p.). Tuttavia, per essere ammissibile, l’impugnazione deve essere supportata da un interesse concreto.

Cosa si intende per “interesse ad agire” in un ricorso contro un sequestro?
L’interesse ad agire consiste nel vantaggio pratico e attuale che il ricorrente otterrebbe dall’accoglimento della sua richiesta. Nel caso di un sequestro, questo interesse si traduce nella possibilità di ottenere la restituzione del bene sequestrato a proprio favore.

Perché in questo caso il ricorso è stato rigettato nonostante l’indagato avesse il diritto astratto di proporlo?
Il ricorso è stato rigettato perché il ricorrente non aveva un interesse concreto. Anche se il sequestro penale fosse stato annullato, gli assegni non sarebbero stati restituiti a lui o alla sua società, ma sarebbero rimasti nella disponibilità della procedura esecutiva civile che li aveva già incamerati. Mancava quindi il beneficio pratico che rende ammissibile l’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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