Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7995 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 7995  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Bari il DATA_NASCITA avverso il decreto del 13/04/2023 della Corte di appello di Bari
Lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
Con decreto depositato il 16 giugno 2022 il Tribunale di Bari, nell’ambito del procedimento di prevenzione patrimoniale instaurato nei confronti di NOME COGNOME, ha disposto la confisca dell’immobile ubicato in INDIRIZZO intestato a NOME COGNOME.
 Il sottoposto a misura di prevenzione ha, quindi, proposto appello avverso tale decreto, lamentando l’assenza dei presupposti oggettivi e soggettivi della misura di prevenzione.
NOME COGNOME, a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione avverso il decreto, emesso il 12 maggio 2023, con il quale la Corte di Appello di Bari ha rigettato l’appello avanzato dal ricorrente.
 Con il primo motivo di impugnazione, il ricorrente lamenta violazione degli artt. 1, 4, 24 e 28 del d.l.gs. 159/2011 e motivazione apparente e manifestamente illogica in ordine alla sussistenza dei presupposti per l’emissione del provvedimento di confisca.
Il giudice dell’appello, limitandosi alla mera reiterazione del percorso argomentativo contenuto nel provvedimento genetico ed ignorando le doglianze difensive, avrebbe omesso ogni autonoma valutazione, affermando, con motivazione del tutto apodittica, che il COGNOME avrebbe posto in essere una condotta sistematica di evasione fiscale nel periodo 2008-2012 mediante artifici costituiti da versamenti sui conti dei congiunti, da depositi presso una cassetta di sicurezza e da versamenti sui suoi conti correnti per poi reimpiegare il profitto dell’evasione fiscale «veicolandoli sul conto corrente del padre».
La Corte di merito non avrebbe tenuto conto dell’incensuratezza del proposto e del fatto che il ricorrente è stato condannato in primo grado esclusivamente in relazione alle dichiarazioni fraudolente poste in essere negli anni 2011 e 2012 stante la sopravvenuta assoluzione in ordine alle condotte relative all’anno 2008 e la prescrizione RAGIONE_SOCIALE condotte relative all’anno 2009.
Secondo il ricorrente il versamento dei ricavi non fatturati sui conti correnti accesi dai genitori del ricorrente non costituirebbe mezzo fraudolento nel senso previsto dall’art. 3 del d.l.gs. 74/2000 in quanto la condotta ipotizzata non porrebbe alcun ostacolo all’accertamento RAGIONE_SOCIALE violazioni tributarie da parte del Fisco.
La difesa ha lamentato la carenza di prova in ordine all’ipotizzato reimpiego dei risparmi di imposta dal momento che il ricorrente, anche negli anni 2008-20092010-2011-2012, avrebbe dichiarato redditi leciti che gli avrebbero consentito di adempiere al pagamento RAGIONE_SOCIALE rate di mutuo.
La motivazione sarebbe manifestamente illogica nella parte in cui i giudici di appello hanno affermato la sproporzione rispetto a redditi del genitore pensionato e  non rispetto ai redditi del proposto, senza tenere conto RAGIONE_SOCIALE giustificazioni fornite dal ricorrente in ordine alle ragioni dell’intestazione dell’immobile al genitore e del fatto che l’immobile è stato acquistato a seguito dell’ottenimento di un mutuo ventennale.
Ulteriore profilo di illogicità sarebbe ravvisabile nell’affermazione della provenienza illecita RAGIONE_SOCIALE somme in contanti fornite al genitore del proposto in quanto tale argomentazione non tiene conto che il COGNOME, oltre ai redditi da lavoro dipendente, effettuava prelievi per migliaia di euro dai conti correnti a lui intestati.
La difesa ha eccepito che, diversamente da quanto affermato dai giudici di appello, l’acquisto dell’immobile confiscato non sarebbe stato effettuato in corrispondenza della manifestazione di pericolosità sociale del ricorrente; detto acquisto si sarebbe infatti realizzato il 16 aprile 2009 e, quindi, nel periodo in relazione al quale il COGNOME è stato assolto o prosciolto per sopravvenuta prescrizione.
La Corte territoriale avrebbe, pertanto, violato il principio di necessaria relazione pertinenziale e temporale tra la pretesa manifestazione della pericolosità sociale e l’acquisizione del bene mediante i proventi dell’attività illecita, anche in considerazione del fatto che il COGNOME disponeva di significati redditi leciti derivanti da 30 anni di libera professione.
I giudici di merito avrebbero erroneamente qualificato il COGNOME come soggetto socialmente pericoloso con lo status di «evasore seriale» così andando ultra petita in quanto il Pubblico ministero avrebbe posto a fondamento della pretesa cautelare solo la fattispecie incriminatrice di cui all’art. 12 -quinquies dl. 306/1992 con conseguente indebito esercizio di attribuzioni e prerogative della sola Pubblica accusa.
Peraltro, il provvedimento impugnato si porrebbe in contrasto con il consolidato indirizzo della giurisprudenza di legittimità secondo cui la pericolosità sociale non può essere desunta esclusivamente dallo status di «evasore seriale» laddove non emerga che il soggetto, per un significativo periodo di tempo, viva in parte unica o quanto meno rilevante dei redditi illeciti, dovendo l’attività criminosa accertata assumere una tale rilevanza economica da giustificare l’ammontare di bene, ed in quanto acquistati con quei profitti, siano confiscabili.
Nel caso di specie la sentenza posta a fondamento della confisca sarebbe relativa a soli due anni di evasione fiscale, non investendo un periodo apprezzabile del percorso di vita e di lavoro del COGNOME e mancando la prova che il ricorrente vivesse abitualmente dei proventi dell’evasione fiscale ovvero che questi utili illeciti ne rappresentassero una componente preponderante per soddisfare le esigenze di vita del proposto.
La motivazione sarebbe del tutto apparente nella parte in cui i giudici di appello hanno affermato il carattere sistematico RAGIONE_SOCIALE condotte illecite del COGNOME, senza tenere conto che  il ricorrente non avrebbe canalizzato o impiegato capitali provento di evasione in operazioni speculative suscettibili di incrementare il suo patrimonio.
La Corte territoriale avrebbe omesso di confrontarsi con la consulenza di parte che avrebbe, puntualmente, documentato il mancato superamento RAGIONE_SOCIALE soglie di punibilità per tutte le annualità con conseguente irrilevanza penale RAGIONE_SOCIALE condotte ipotizzate.
I giudici di appello avrebbero, inoltre, ignorato il principio di diritto secondo cui la pericolosità sociale è misura temporale del suo ambito applicativo sicché con riferimento alla pericolosità generica sono suscettibili di ablazione soltanto i beni acquistati nell’arco temporale in cui si è manifestata la pericolosità sociale (Sez. U.  n. 4880/15, Spinelli, Rv. 262605). La Corte di merito non si sarebbe confrontata con il fatto che l’immobile è stato acquistato in un periodo (anno
2009) di gran lunga anteriore a quello di commissione RAGIONE_SOCIALE condotte per le quali è intervenuta la condanna non ancora definitiva (annualità 2011 e 2012).
La motivazione sarebbe erronea ed apparente in quanto il giudizio di proporzione non cadrebbe sul prezzo versato al momento del rogito notarile ma sulla sostenibilità del pagamento dei ratei che avrebbero dovuto essere effettuati in un arco temporale di venti anni e sarebbe, inoltre, fondata sul mero sospetto che i ratei del 2011 e 2012 sarebbero stati corrisposti con denaro di provenienza illecita, denaro peraltro che costituirebbe una frazione minimale del valore dell’immobile e non potrebbe giustificare la confisca dell’intero immobile.
La Corte di appello, stravolgendo l’esito del processo penale, avrebbe erroneamente considerato illeciti una serie di versamenti di denaro contante realizzati dal proposto sui propri conti correnti del tutto svincolati dall’acquisto dell’appartamento, senza specificare in alcun modo quali comportamenti delittuosi integrerebbero tali versamenti e per quale ragione gli stessi manifesterebbero l’esistenza di evasione sopra-soglia.
La motivazione sarebbe del tutto apparente e congetturale laddove i giudici di appello affermano che gli ulteriori versamenti in contanti in favore del padre sarebbero destinati ad essere restituiti in forma lecita con operazioni fittizie; a giudizio della difesa le risorse utilizzate per i bonifici e le rimesse in contanti proverrebbero da una disponibilità del proposto anteriore alla data RAGIONE_SOCIALE asserite dichiarazioni fraudolente ovvero dai ricavi dell’impegno professionale del COGNOME e dall’utilizzo parziale degli stipendi universitari.
La difesa ha, infine, segnalato che il COGNOME, previo versamento della somma di 1.347.000 euro, avrebbe ottenuto dall’RAGIONE_SOCIALE la rateizzazione del residuo importo di 240.148,16 euro a fronte di un risparmio di imposte pari a soli 174.000,00 euro conseguenti alle contestate evasioni fiscali. Per tale motivo, una volta eliminata l’imposta evasa mediante il pagamento del debito tributario, non sarebbe possibile ipotizzare un profitto ulteriore che giustificherebbe il permanere del sequestro e della successiva confisca, argomentazione che è stata affrontata dalla Corte con motivazione del tutto apparente.
La difesa ha, infine, eccepito l’insussistenza del reato di interposizione fittizia: il proposto assumendo la veste di garante/fideiussore non si sarebbe schermato dietro alcuna simulazione contrattuale idonea a mimetizzare l’identità del reale titolare del bene.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per carenza di interesse: non è rintracciabile in capo al ricorrente un qualunque interesse, concreto ed attuale -inteso quale
possibilità di conseguire un esito decisorio più favorevole- a lamentare il vizio di legge denunciato.
 Tutte le critiche svolte dal ricorrente sono finalizzate ad ottenere la restituzione del bene, con particolare riferimento alle ragioni dell’acquisto dell’immobile, all’asserita liceità RAGIONE_SOCIALE fonti ed all’utilizzo di risorse lecite da pa del padre per l’acquisto del bene confiscato.
Deve essere, in proposito, rimarcato che la riconducibilità a NOME COGNOME di parte del denaro utilizzato per l’acquisto dell’immobile non comporta di per sé un interesse del ricorrente ad impugnare la decisione finale, in quanto l’eventuale eliminazione del provvedimento ablatorio non gli recherebbe alcun beneficio diretto in considerazione della titolarità esclusiva dell’immobile in capo al padre.
Di conseguenza il ricorso, con il quale il COGNOME si è sostanzialmente limitato a contestare la sussistenza dei presupposti per la confisca di prevenzione, è stato proposto in carenza di interesse in quanto l’eventuale riforma della decisione gravata non renderebbe comunque possibile il conseguimento di un risultato a lui giuridicamente favorevole.
 Deve essere ricordato, in proposito, che la legittimazione astratta alla proposizione del ricorso per cassazione è subordinata alla sussistenza dell’interesse all’impugnazione, previsto dalle norme di carattere generale del libro IX sulle impugnazioni e nel Titolo I sulle «disposizioni generali», quale requisito necessario per tutte le impugnazioni.
L’interesse richiesto dall’art. 568, comma 4, cod. proc. pen. come condizione di ammissibilità di qualsiasi impugnazione, deve essere peraltro attuale e concreto, e cioè mirare a rimuovere l’effettivo pregiudizio che la parte asserisce di aver subito con il provvedimento impugnato. Esso, pertanto, deve persistere sino al momento della decisione e sussiste soltanto se il gravame sia idoneo a costituire, attraverso l’eliminazione di un provvedimento pregiudizievole, una situazione più vantaggiosa per l’impugnante rispetto a quella esistente.
Questo Collegio condivide il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo il quale, in materia di confisca di prevenzione di beni in relazione ai quali è ipotizzata una interposizione fittizia, è solo il terzo ad avere un interesse personale e diretto a provare la legittima acquisizione dei beni ovvero l’assenza di fittizia intestazione degli stessi e, di conseguenza, ad avanzare richiesta di restituzione (vedi Sez. 5, n. 8922 del 26/10/2015, dep. 2016, Poli Rv. 266141; Sez. 1, n. 20717 del 21/01/2021, COGNOME, Rv. 281389 – 01; da ultimo Sez. 5, n. 38618 dell’08/07/2022, COGNOME, non massimata).
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Ammende.
Così deciso il 21 novembre 2023
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La Presidente