Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 12130 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 12130 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME nato a Catania il 03/06/1978; nel procedimento a carico del medesimo; avverso la ordinanza del 27/09/2024 del tribunale del riesame di Siracusa; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udita la requisitoria del Sost. Procuratore Generale dr. NOME COGNOME c chiesto il rigetto del ricorso; udite le conclusioni del difensore del ricorrente avv.to COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con ordinanza di cui in epigrafe, il tribunale del riesame di Sira Sassari, adito nell’interesse di COGNOME avverso il decreto di seq preventivo del Gip del medesimo tribunale, disposto il 5.9.2024, in ordine a edilizi e paesaggistici oltre che ex art. 518 duodecies c.p., conferm decisione impugnata.
Avverso la predetta ordinanza COGNOME propone ricorso per cassazione, deducendo tre motivi di impugnazione.
I
GLYPH 3. Si rappresenta, con il primo, il vizio di violazione di legge, sost l’assenza di interventi edili sulle aree in sequestro e quindi la mancanza profilo di incompatibilità tra la destinazione agricola delle stesse e utilizzazione a parcheggio, come emergente nel caso in esame.
Con il secondo motivo, deduce il vizio di motivazione siccome mancante, in quanto non si spiegherebbero le ragioni giuridiche per cui l’indagat avrebbe potuto adibire a parcheggio le aree interessate, nel quadro peralt pertinenti titoli autorizzativi. Si contesta anche la sussistenza della fatt art. 518 duodecies c.p., in assenza di ogni uso improprio dell’area, già da peraltro adibita a parcheggio temporaneo.
Con il terzo motivo deduce il vizio di motivazione con riferimento periculum in mora, in realtà insussistente anche a fronte di una p autorizzazione rilasciata.
Il ricorso è inammissibile. Per essere stato sottoscritto dal dif dell’indagato, COGNOME che non risulta proprietario del terreni in v e come tale non è titolato alla restituzione dei medesimi in caso di esito p del ricorso, e quindi risulta privo dell’interesse legittimante il ricorso m Come noto il requisito dell’interesse, richiesto dall’art. 568 cod. proc. applica anche alle impugnazioni dei provvedimenti cautelari, e si identifica l’interesse al risultato del giudizio sull’impugnazione; ne consegue che valutazione della sussistenza o meno dell’interesse della parte ad impugna necessario prendere in esame i due aspetti di tale interesse e cioè processuale e quello sostanziale. Quest’ultimo deve risolversi in un “vantag in una “utilità” in senso obiettivo, per la parte impugnante. Se du l’impugnazione proposta dall’imputato o indagato, per una qualsiasi causa, può portare ad una modificazione degli effetti del provvedimento impugnato, n può cioè conseguire il risultato di porre riparo al pregiudizio dedotto, n interesse (cfr. Sez. 6, n. 1473 del 02/04/1997 Rv. 207488 – 01 Pacifico) ulteriormente precisato che l’interesse ad impugnare deve essere colto finalità, perseguita dal soggetto legittimato, di rimuovere lo svan processuale e, quindi, il pregiudizio derivante da una decisione giudiziale o deve essere individuato, il che non muta il risultato, facendo leva sul co positivo di utilità che la parte mira a conseguire, attraverso l’esercizio d di impugnazione e in coerenza logica con il sistema legislativo. Sono quest elementi qualificanti dell’interesse ad impugnare, e il criterio di misurazio stesso, visto sia in negativo (rimozione di un pregiudizio) che in po (conseguimento di una utilità), è un criterio comparativo tra dati proce
concretamente individuabili: il provvedimento impugnato e quello che il giudice ad quem potrebbe emanare in accoglimento dell’impugnazione (cfr. Sez. U, n. 6624 del 27/10/2011 (dep. 17/02/2012) Rv. 251693 – 01 Marinaj). Invero, alla luce degli atti allegati dalla difesa, come tali esaminabili da questa Corte, i terreni in questione (fg. mappa 373 p.11a 362 e 166 ) appartengono a COGNOME NOME e COGNOME NOME, e solo di fatto sarebbe ivi presente, quale mero gestore, COGNOME in qualità di titolare della omonima azienda agricola ( cfr. pag. 5 del decreto di sequestro preventivo del P.M.).
7. Può comunque evidenziarsi che roccupazione con veicoli senza le necessarie autorizzazioni, di un’area sottoposta a vincoli ambientali integra il reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, a nulla rilevando che le vetture possano essere rimosse perché il semplice stazionare di esse su superfici aventi diversa destinazione, con intrinseco valore ambientale, può cagionare una lesione del bene protetto. (Fattispecie in cui l’imputato aveva stabilmente destinato un terreno agricolo, sottoposto a vincolo paesaggistico, a rimessaggio di roulottes). (Sez. 3, n. 43173 del 05/07/2017, COGNOME, Rv. 271335 – 01). E’ stato altresì stabilito che la occupazione disordinata senza le necessarie autorizzazioni con veicoli di un’area sottoposta a vincoli ambientali integra il reato di violazione delle norme a tutela del paesaggio, a nulla rilevando che le vetture possano essere rimosse perché il semplice stazionare di esse su superfici aventi diversa destinazione, con intrinseco valore ambientale, può cagionare una lesione del bene protetto (Sez. 3, n. 4707 del 15/02/1994, COGNOME, Rv. 198724).
Dunque, la condotta che determini una permanente compressione del bene tutelato dalla norma, ancorchè pregiudicato esclusivamente dall’esercizio di attività e non dall’esecuzione di lavori può integrare il reato contravvenzionale ex art. 181 del Dlgs. 42/04 che non presuppone necessariamente la realizzazione di interventi edili, diversamente dalla disciplina dettata in materia edilizia. In ta senso è chiaro il dettato dell’art. 146 del Dlgs. 42/04, norma di riferimento per la disposizione ex art. 181 citata, secondo cui “i proprietari, possessori o detentori a qualsiasi titolo di immobili ed aree di interesse paesaggistico, tutelati dalla legge, a termini dell’articolo 142, o in base alla legge, a termini degli articoli 136, 143, comma 1, lettera d), e 157, non possono distruggerli, né introdurvi modificazioni che rechino pregiudizio ai valori paesaggistici oggetto di protezione”. Come già sottolineato da questa Corte, le modificazioni non autorizzate di cui all’art. 146, dlgs. n. 42 del 2004, si identificano esattamente con l’uso non occasionale del terreno per scopi diversi da quelli consentiti e a servizio di un’attività stabile e duratura (in motivazione cfr. sez. 3, n. 43173 del 05/07/2017, cit.) Rv. 271335 – 01). Consegue che il reato di cui all’art. 181,
comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, ha carattere permanente e la permanenza cessa in concomitanza della cessazione della condotta o, in alternativa, con il sequestro del bene o, in mancanza, con la sentenza di primo grado quando la contestazione sia di natura “aperta”.
Ritiene il collegio che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale in data 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025 Il C sigliere estènsore