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Interesse a ricorrere del PM: la Cassazione decide

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un Pubblico Ministero avverso un’ordinanza che, pur confermando una misura cautelare, aveva escluso un’aggravante e riqualificato un reato. La decisione si fonda sulla mancanza di un interesse a ricorrere del PM, poiché l’eventuale accoglimento dell’impugnazione non avrebbe comportato alcuna modifica concreta della misura cautelare in atto, già sorretta da un’altra più grave imputazione non contestata.

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Pubblicato il 19 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse a Ricorrere del PM: Quando un’Impugnazione è Inammissibile

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 35348/2024, offre un’importante lezione sul principio dell’interesse a ricorrere del PM nel processo penale, specialmente in materia di misure cautelari. Il caso analizzato dimostra come un’impugnazione, anche se fondata nel merito, possa essere dichiarata inammissibile se non mira a un risultato pratico e concreto. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi affermati dalla Suprema Corte.

I Fatti del Caso: La Decisione del Tribunale del Riesame

Il procedimento nasceva da un’indagine complessa che vedeva un individuo accusato di gravi reati, tra cui associazione per delinquere (art. 416 c.p.), accesso abusivo a sistema informatico (art. 615-ter c.p.) e frode informatica (art. 640-ter c.p.). A seguito dell’applicazione della misura degli arresti domiciliari, la difesa si era rivolta al Tribunale del Riesame.

Questo organo, pur confermando la misura cautelare sulla base della gravità indiziaria per il reato associativo, aveva parzialmente modificato il quadro accusatorio. In particolare, aveva escluso l’aggravante dell'”interesse pubblico” per il reato di accesso abusivo al sistema informatico di una grande società di servizi postali e finanziari e aveva riqualificato la frode informatica in truffa semplice (art. 640 c.p.).

L’Impugnazione del Pubblico Ministero

Insoddisfatto di questa decisione, il Pubblico Ministero (PM) decideva di presentare ricorso per cassazione, contestando proprio i due punti modificati dal Tribunale del Riesame. Secondo l’accusa:
1. Il sistema informatico violato, gestendo polizze assicurative per conto di una società a partecipazione pubblica, doveva essere considerato di “interesse pubblico”, rendendo applicabile la relativa aggravante.
2. La condotta contestata configurava una frode informatica e non una semplice truffa, data la manipolazione del sistema informatico per ottenere un ingiusto profitto.

La Decisione della Cassazione: Analisi sull’Interesse a Ricorrere del PM

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dichiarato il ricorso del PM inammissibile senza entrare nel merito delle questioni sollevate. La decisione si è interamente concentrata su un aspetto procedurale fondamentale: la carenza di un “concreto ed attuale interesse” a impugnare da parte del PM. Questo principio, sancito dall’art. 568, comma 4, del codice di procedura penale, richiede che ogni impugnazione sia finalizzata a ottenere un risultato pratico e vantaggioso per chi la propone.

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha spiegato che, nel contesto specifico delle misure cautelari, l’interesse del PM a ricorrere deve essere correlato alla possibilità di ottenere l’applicazione, il ripristino o l’aggravamento di una misura restrittiva. Nel caso di specie, l’eventuale accoglimento del ricorso del PM non avrebbe prodotto alcun effetto pratico sulla misura degli arresti domiciliari.

La misura era infatti già stata confermata sulla base del reato più grave di associazione per delinquere, che non era stato oggetto di impugnazione. Pertanto, anche se la Cassazione avesse dato ragione al PM, ripristinando l’aggravante e la qualificazione originaria dei reati informatici, la situazione dell’indagato non sarebbe cambiata: sarebbe rimasto agli arresti domiciliari sulla base del titolo cautelare per il reato associativo.

Il ricorso del PM, quindi, non era diretto a un obiettivo sostanziale e immediato (come ottenere una misura più afflittiva), ma si traduceva in una mera richiesta di affermazione di principio, un’istanza di correzione giuridica astratta e priva di conseguenze pratiche nella fase cautelare. La Corte ha ribadito che il PM deve dimostrare non solo l’errore del giudice precedente, ma anche che la correzione di tale errore porterebbe a un risultato processuale concreto e favorevole all’accusa. In assenza di tale dimostrazione, l’impugnazione è priva di interesse e, di conseguenza, inammissibile.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un principio cruciale per l’economia processuale: le impugnazioni non possono essere utilizzate per mere dispute teoriche. L’interesse a ricorrere del PM, così come quello di ogni altra parte processuale, deve essere ancorato a un beneficio tangibile. In materia cautelare, ciò significa che l’appello deve essere strumentale alla gestione delle esigenze di cautela, e non alla semplice cristallizzazione di un’impostazione accusatoria che non incide sulla libertà personale dell’indagato in quel momento specifico. Un monito, dunque, a orientare le risorse della giustizia verso questioni che hanno un impatto reale e immediato sullo svolgimento del processo.

Quando è inammissibile il ricorso del Pubblico Ministero in materia cautelare?
Il ricorso del Pubblico Ministero è inammissibile per carenza di interesse quando il suo eventuale accoglimento non comporterebbe alcun effetto pratico sulla misura cautelare in atto, né ne consentirebbe l’applicazione o il ripristino. L’impugnazione deve mirare a un risultato concreto e attuale, non a una mera affermazione di principio.

Perché la Cassazione ha ritenuto che il PM non avesse interesse a impugnare l’esclusione di un’aggravante?
Perché la misura cautelare degli arresti domiciliari era già pienamente giustificata da un’altra imputazione più grave (associazione per delinquere), non oggetto del ricorso. Di conseguenza, reintrodurre un’aggravante su un reato concorrente non avrebbe modificato in alcun modo la misura restrittiva applicata all’indagato.

Cosa deve dimostrare il Pubblico Ministero per provare il suo interesse a ricorrere?
Il Pubblico Ministero deve dimostrare che l’accoglimento del suo ricorso produrrebbe un risultato processuale vantaggioso, immediato e concreto. In fase cautelare, ciò significa provare che la modifica del provvedimento impugnato è necessaria per sostenere l’applicazione, la durata o l’adeguatezza della misura restrittiva richiesta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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