Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23270 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23270 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/12/2023 del TRIB. LIBERTA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
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RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con decreto in data 6/12/2023 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli disponeva il sequestro preventivo preordinato alla confisca di cui all’art. 240 comma 2 n. 1 bis cod. pen. nei confronti di COGNOME NOME NOME altri coindagati in relazione ai reati di cui agli 615 ter e 640 ter cod. pen. in relazione al delitto di partecipazione, con il ruolo di organizzato ad un’associazione per delinquere, ed a numerosi episodi di frode informatica ex art. 640ter commi 1 e 3 cod. pen. allo stesso ascritti, reati con riferimento ai quali il GIP ravvisava anc gravi indizi di colpevolezza del predetto, tanto da disporre contestualmente, nei suoi confronti anche la misura della custodia cautelare in carcere.
Riconoscendo il pericolo che lo COGNOME potesse spogliarsi dei propri beni allo scopo di sottrar ad una futura confisca, e richiamando anche valutazioni espresse con riferimento alle esigenze cautelari di cui all’art. 274 lett. c) cod. proc. pen., il giudice per le indagini preliminari dis pertanto, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca diretta del profitto dei reati ipo fino alla concorrenza della somma di euro 16.246,45 ovvero nei limiti dell’importo ricavato dallo COGNOME o, in subordine, il sequestro finalizzato alla confisca per equivalente di beni mobil immobili e di altre utilità di cui disponga l’indagato per valore corrispondente al suddetto profi
Nell’eseguire il provvedimento, la P.G. sottoponeva a sequestro un braccialetto modello tennis con etichetta staccata recante l’importo di euro 5.618,00, con astuccio, e la somma in contanti di euro 2.000,00, beni consegnati alla P.G. dallo stesso indagato.
COGNOME proponeva istanza di riesame, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato per carenza dei presupposti di legge, assumendo che tali beni appartenevano alla moglie NOME, titolare di un bar e percettrice di autonomo reddito. Il Tribunale del riesame con ordinanza del 27/12/2023 ha confermato il provvedimento impugnato.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione lo COGNOME, deducendo di essere legittimato al ricorso, anche se non titolare dei beni, dalla lettera degli artt. 322 e 322 bis proc. pen. che individuano anche l’imputato ed il suo difensore tra i legittimati al ricors prospettando, quindi, l’erronea applicazione della legge penale per avere il Tribunale valutato la titolarità dei beni caduti in sequestro sulla base della mera consegna degli stessi alla P.G. d parte dell’indagato, circostanza ritenuta dal ricorrente non significativa, alla luce del contest cui la consegna è avvenuta.
Con requisitoria scritta il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore Generale NOME COGNOME, ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il ricorso è inammissibile per il difetto di interesse del ricorrente, in quanto vol prospettare proprio il difetto di titolarità dei beni sequestrati.
La giurisprudenza di questa Corte di legittimità è, infatti, assolutamente costante ne riconoscere che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo è legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare solo allorché vanti un interesse concreto e attuale alla proposizione del gravame che, dovendo corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale, va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro. Tale principio trova fondamento non solo nelle norme settoriali che disciplinano le impugnazioni cautelari reali (quali gli artt. 322 e bis cod. proc. pen.) ma anche in quelle generali sull’interesse all’impugnazione (artt. 538, comma quarto, e 591, comma primo, lett. a) cod. proc. pen.) (Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, Rv. 266713; conf. Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019, Rv. 274992, Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Rv. 277753; Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, Rv. 281098) .
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue, per il disposto dell’art. 616 co proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, considerati i profili di colpa emergenti dal ricorso, si determina equitativamente in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 4 aprile 2024
L’estensore