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Interesse a ricorrere: annullata custodia cautelare

La Corte di Cassazione ha annullato un’ordinanza di custodia cautelare limitatamente a un capo d’imputazione per vendita di valuta falsa. La Corte ha riconosciuto l’interesse a ricorrere dell’indagato, anche se la misura restava valida per il reato associativo, poiché l’eliminazione del reato più grave incide sulla durata massima della custodia. La decisione del Tribunale del riesame è stata cassata per motivazione contraddittoria, in quanto affermava l’avvenuto scambio di denaro pur ammettendo che non fosse stato materialmente osservato.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse a Ricorrere: Sì all’Impugnazione Parziale della Custodia Cautelare

Con la sentenza n. 44121/2024, la Corte di Cassazione riafferma un principio fondamentale in materia di misure cautelari: l’indagato ha sempre interesse a ricorrere contro un’ordinanza di custodia anche solo per uno dei reati contestati. Questa pronuncia chiarisce che l’impugnazione è ammissibile anche se la misura restrittiva rimane in piedi per altre accuse, soprattutto quando l’eliminazione di un capo d’imputazione può incidere sulla durata della detenzione. Il caso analizzato riguarda un’accusa di cessione di banconote false, per la quale la Corte ha riscontrato una motivazione contraddittoria del Tribunale del riesame.

I Fatti del Caso

Una donna veniva sottoposta a custodia cautelare in carcere per due distinti reati: partecipazione a un’associazione a delinquere finalizzata alla circolazione di valuta falsa e un singolo episodio di cessione di banconote contraffatte. La difesa decideva di presentare ricorso in Cassazione non contestando l’accusa associativa, ma concentrandosi esclusivamente sul singolo episodio di cessione.

Secondo la difesa, il Tribunale del riesame aveva confermato la misura basandosi su un’interpretazione contraddittoria delle prove. Infatti, lo stesso provvedimento ammetteva che gli operatori di polizia non avevano assistito ad alcuno scambio di denaro o di buste tra l’indagata e i presunti acquirenti. Ciononostante, il Tribunale concludeva che lo scambio doveva essere avvenuto, pur senza prove dirette, basandosi su una ricostruzione presuntiva dei fatti.

L’Importanza dell’Interesse a Ricorrere

Il Procuratore Generale presso la Cassazione aveva chiesto di dichiarare il ricorso inammissibile per carenza di interesse a ricorrere, sostenendo che, essendo incontestata l’accusa di associazione a delinquere, l’annullamento della misura per il singolo episodio non avrebbe comportato la scarcerazione della donna.

La Suprema Corte ha respinto fermamente questa tesi, aderendo all’orientamento, anche delle Sezioni Unite, secondo cui l’interesse a ricorrere sussiste sempre. Il venir meno di un titolo di custodia, anche se parziale, rende meno gravosa la posizione difensiva e ha un impatto concreto sulla durata massima della misura cautelare. I termini di custodia, infatti, sono calcolati in base al reato più grave contestato. Nel caso di specie, il delitto di cessione di valuta falsa (art. 453 c.p.) prevede una pena edittale più alta (da 3 a 12 anni) rispetto a quella per la partecipazione all’associazione (art. 416 c.p., da 1 a 5 anni). Di conseguenza, far cadere l’accusa più grave riduce il termine massimo di detenzione preventiva.

La Motivazione Contraddittoria come Vizio Logico

Nel merito, la Cassazione ha accolto il ricorso, ravvisando una palese contraddittorietà nella motivazione del Tribunale del riesame. Il provvedimento impugnato, da un lato, riportava che gli operanti avevano monitorato l’incontro senza notare alcuno scambio di denaro, dall’altro, affermava che “pur non essendo stato visto materialmente lo scambio delle banconote, vi è stato lo scambio”.

Questa affermazione costituisce un vizio logico insanabile. Un giudice non può, nello stesso provvedimento, affermare un fatto e il suo contrario, ovvero riconoscere la mancanza di una prova diretta e, subito dopo, dare per certo l’evento che quella prova avrebbe dovuto dimostrare. La Corte ha sottolineato come la motivazione fosse insufficiente a spiegare il coinvolgimento dell’indagata nell’episodio, basandosi su ipotesi e non su elementi concreti.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha fondato la sua decisione su due pilastri giuridici. Il primo riguarda la sussistenza dell’interesse a ricorrere. La Corte ha chiarito che l’eliminazione anche di uno solo dei capi d’imputazione che sorreggono una misura cautelare comporta un vantaggio giuridicamente apprezzabile per l’indagato. Questo vantaggio non è solo potenziale, in vista del giudizio di merito, ma è immediato e concreto, poiché incide sui termini di durata massima della custodia cautelare, come disciplinati dall’art. 303 del codice di procedura penale. Un reato con una pena edittale più elevata giustifica termini di custodia più lunghi; la sua eliminazione impone un ricalcolo al ribasso.

Il secondo pilastro è il vizio di motivazione. Il provvedimento del Tribunale del riesame è stato ritenuto palesemente illogico e contraddittorio. La motivazione di un’ordinanza che limita la libertà personale deve essere rigorosa, coerente e basata su elementi di prova concreti. Non è ammissibile che un giudice costruisca un’ipotesi accusatoria (“lo scambio c’è stato”) partendo dalla premessa fattuale che non esistono prove dirette di tale scambio (“non è stato visto”). Questo cortocircuito logico viola l’obbligo di motivazione e rende il provvedimento illegittimo.

Le conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha annullato l’ordinanza impugnata limitatamente al capo di imputazione relativo alla cessione delle banconote false, con rinvio al Tribunale di Napoli per un nuovo esame. Il nuovo giudizio dovrà basarsi su una valutazione più rigorosa degli indizi, eliminando le contraddizioni logiche e chiarendo se gli elementi residui siano sufficienti a sostenere la gravità indiziaria. Questa sentenza ribadisce due principi cardine dello stato di diritto: il diritto dell’indagato a contestare ogni singola accusa che lo colpisce e l’obbligo per l’autorità giudiziaria di fondare le proprie decisioni, specialmente quelle che incidono sulla libertà personale, su motivazioni logiche, coerenti e scevre da palesi contraddizioni.

È possibile impugnare un’ordinanza di custodia cautelare solo per uno dei reati contestati?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che l’indagato ha sempre interesse a impugnare un provvedimento restrittivo anche solo per uno dei capi d’imputazione. L’accoglimento del ricorso, infatti, rende meno gravosa la posizione difensiva e può incidere sulla durata massima della custodia cautelare.

Perché la motivazione del Tribunale del riesame è stata considerata contraddittoria?
La motivazione è stata giudicata contraddittoria perché, da un lato, ammetteva che gli agenti di polizia non avevano osservato alcuno scambio materiale di banconote tra l’indagata e gli acquirenti; dall’altro, concludeva che lo scambio di una busta contenente il denaro era comunque avvenuto. Questa affermazione è un’insanabile contraddizione logica.

Qual è l’effetto pratico della decisione della Cassazione?
La Corte ha annullato l’ordinanza di custodia cautelare limitatamente al reato di cessione di valuta falsa e ha disposto un nuovo giudizio su questo punto davanti al Tribunale di Napoli. La misura cautelare per l’indagata rimane efficace per il reato di associazione a delinquere, ma il Tribunale dovrà riesaminare la sussistenza dei gravi indizi per il reato annullato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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