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Interesse a impugnare sequestro: quando sorge?

Una società si è vista negare il riesame di un sequestro perché non ancora eseguito formalmente. La Cassazione ha ribaltato la decisione, stabilendo che l’interesse a impugnare sequestro sorge già con il blocco del conto da parte della banca, poiché crea un pregiudizio immediato. Il caso è stato rinviato per una nuova valutazione.

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Pubblicato il 14 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Interesse a impugnare sequestro: quando è concreto e attuale?

L’interesse a impugnare sequestro preventivo è un tema cruciale nella procedura penale, specialmente quando la misura colpisce beni fungibili come il denaro su un conto corrente. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha chiarito un punto fondamentale: l’interesse ad agire non è legato solo all’esecuzione formale del provvedimento da parte della Polizia Giudiziaria, ma sorge nel momento in cui si manifesta un pregiudizio concreto per il destinatario della misura, come il blocco preventivo del conto da parte della banca.

I fatti del caso

Nel contesto di un’indagine per reati tributari, il Giudice per le Indagini Preliminari (G.I.P.) di Roma disponeva un sequestro preventivo, sia in via diretta che per equivalente, nei confronti di una società tecnologica e dei suoi rappresentanti. L’obiettivo era vincolare somme di denaro fino a quasi un milione di euro. La società, tramite il suo legale rappresentante, presentava un’istanza di riesame per contestare la legittimità del sequestro.

La decisione del Tribunale del riesame e il ricorso in Cassazione

Il Tribunale del riesame, tuttavia, dichiarava l’istanza inammissibile. La motivazione? Mancava un interesse concreto e attuale all’impugnazione. Secondo i giudici, al momento della proposizione del ricorso, la Polizia Giudiziaria non aveva ancora formalmente eseguito il sequestro, ma si era limitata a un’attività preliminare di ‘screening’ dei conti correnti della società. In assenza di una materiale apprensione dei beni, il Tribunale concludeva che non vi fosse un pregiudizio effettivo che giustificasse il riesame. Contro questa ordinanza, la società proponeva ricorso per Cassazione, sostenendo che il pregiudizio era già sorto, poiché i suoi conti correnti erano stati di fatto bloccati dall’istituto di credito, rendendo le somme indisponibili.

Le motivazioni della Cassazione: l’interesse a impugnare sequestro è legato al pregiudizio

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’ordinanza impugnata e rinviando il caso al Tribunale del riesame per un nuovo giudizio. Gli Ermellini hanno riaffermato un principio di diritto già espresso in precedenza (Cass. n. 40069/2021): il sequestro preventivo di somme di denaro su un conto corrente può produrre i suoi effetti pregiudizievoli anche prima della sua formale esecuzione. La procedura di sequestro di somme su un conto si articola in due fasi:
1. Il blocco dell’operatività del conto corrente da parte dell’istituto bancario.
2. Il successivo trasferimento delle somme sul fondo unico di giustizia (FUG).

Secondo la Corte, l’effetto principale della misura, ovvero l’indisponibilità dei beni (la res), si manifesta già nella prima fase. Quando una banca, informata dalla Polizia Giudiziaria dell’imminente sequestro, procede in via anticipata a bloccare il conto, questo atto produce effetti concretamente parificabili a quelli dell’esecuzione del provvedimento giudiziario. Le somme, pur essendo ancora formalmente sul conto, non sono più nella disponibilità del titolare. Da questo momento, sorge un interesse concreto, negativo (rimuovere una situazione di svantaggio) e positivo (ottenere una decisione più favorevole), a impugnare il provvedimento.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

La decisione della Cassazione ha importanti implicazioni pratiche. Stabilisce che non è necessario attendere il completamento formale di ogni fase esecutiva per poter contestare un sequestro. L’interesse a impugnare sequestro si fonda sulla logica utilitaristica di rimuovere un danno processuale. Il blocco de facto di un conto corrente rappresenta un danno immediato e tangibile per qualsiasi impresa, paralizzandone l’operatività. Pertanto, negare il diritto al riesame solo perché manca un atto formale di apprensione sarebbe contrario ai principi del giusto processo e del diritto di difesa. Il Tribunale del riesame, in sede di rinvio, dovrà ora verificare se, al momento del ricorso, i conti della società erano effettivamente stati bloccati e, in caso affermativo, procedere all’esame del merito della richiesta.

Quando sorge concretamente l’interesse a impugnare un sequestro preventivo su un conto corrente?
L’interesse sorge non solo con l’esecuzione formale del sequestro, ma già nel momento in cui l’istituto bancario, avvisato dell’indagine, procede autonomamente al ‘blocco’ dell’operatività del conto. Questo blocco, di fatto, rende i fondi indisponibili e crea un pregiudizio concreto per il titolare.

È necessario che la Polizia Giudiziaria abbia materialmente appreso le somme perché si possa fare ricorso?
No, non è necessario. La sentenza chiarisce che l’indisponibilità dei beni, causata dal blocco preventivo operato dalla banca, è sufficiente a fondare l’interesse all’impugnazione, anche se la procedura esecutiva formale (come il trasferimento delle somme) non è stata ancora completata.

Cosa succede se un’istanza di riesame viene dichiarata inammissibile per mancanza di interesse in queste circostanze?
La Corte di Cassazione, in questo caso, ha annullato la decisione di inammissibilità e ha rinviato il caso al Tribunale del riesame. Quest’ultimo dovrà verificare se, al momento della proposizione del ricorso, i conti erano stati di fatto bloccati dalla banca e, in caso positivo, dovrà procedere con l’esame del merito dell’impugnazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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