Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 42973 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 42973 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 17/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Milano il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 23/2/2024 del Tribunale di Roma lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo di dichiarare
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 23 febbraio 2024 il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame presentata da NOME COGNOME nei confronti del decreto di sequestro preventivo del 18 settembre 2023 del Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, disposto in relazione al delitto di cui all’art. 10-quater del d.lgs. n. 74 del 2000 (di cui al capo V della rubrica provvisoria, contestato a COGNOME per avere, quale amministratore della RAGIONE_SOCIALE e in concorso con altri, omesso di versare somme dovute per imposte da detta società utilizzando in compensazione crediti fiscali inesistenti, per complessivi euro 858.111,00 nell’anno 2018 ed euro 1.382.912,00 nell’anno 2019, in quanto derivanti dalla simulata realizzazione di progetti di ricerca e sviluppo a favore della società da parte della RAGIONE_SOCIALE e del CONSORTIUM FOR RESEARCH ON INTELLIGENCE AND SECURITY SERVICES, da cui derivavano inesistenti crediti fiscali).
Avverso tale ordinanza l’indagato ha proposto ricorso per cassazione, mediante l’AVV_NOTAIO, che lo ha affidato a un unico motivo, con il quale ha denunciato, a norma dell’art. 606, comma 1, lett. B), cod. proc. pen., la violazione degli artt. 321, 322, 324, 325, 568 e 591 cod. proc. pen., a causa della erroneità del rilievo della carenza di interesse del ricorrente a chiedere la revoca del sequestro del conto corrente bancario intestato al figlio del ricorrente medesimo, in relazione al quale quest’ultimo aveva solo una delega a operare, tra l’altro revocata dopo l’adozione del provvedimento di sequestro, tanto che ne era stata contestata la riconducibilità al ricorrente. Proprio l’affermazione della riconducibilità di tale conto al ricorrente aveva consentito, nonostante l’opposizione del COGNOME, di disporne il sequestro per equivalente nei confronti dello stesso, con la conseguente illogicità e contraddittorietà della affermazione della carenza di interesse a domandare la revoca di tale sequestro (fondata sul rilievo che i beni sequestrati, ossia le somme a credito sul conto, apparterrebbero al figlio del ricorrente e non a questi, che quindi non avrebbe interesse a dolersi del loro sequestro), in quanto logicamente inconciliabile con il rilievo della riconducibilità al ricorrente di detto conto (si richiama sul punto la sentenza n. 4456 del 2021). 17i
Il AVV_NOTAIO Generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, sottolineando l’inammissibilità della richiesta difensiva relativa alla revoca del sequestro disposto sul conto del figlio dell’indagato, posto che i rilievi svolti sostegno di tale richiesta avrebbero dovuto essere svolti dal medesimo nella qualità di terzo interessato. GLYPH (C7
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
2. Il Tribunale di Roma ha rigettato la richiesta di riesame, volta, tra l’altro, a ottenere la revoca del sequestro per equivalente del conto corrente bancario intestato al figlio del ricorrente, NOME COGNOME, a causa della mancanza in capo al ricorrente medesimo del necessario interesse a impugnare, richiesl:o ineludibilmente a pena di inammissibilità dell’impugnazione dall’art. 591 cod. proc. pen., in quanto i rilievi svolti dall’indagato avrebbero dovuto essere sollevati dal figlio di questi, quale titolare del conto sottoposto a sequestro, giacché il ricorrente avrebbe, con la richiesta di riesame, fatto, in realtà, valere in nome proprio doglianze spettanti a un terzo (unico legittimato a chiedere la revoca del sequestro e la restituzione dei beni assoggettati al vincolo).
Si tratta di rilievi corretti, avendo, in sostanza, il ricorrente agito per ottene la restituzione di un bene che, secondo la sua stessa prospettazione, non gli appartiene e di cui non ha la disponibilità, con la conseguente insussistenza del diritto a domandarne la restituzione e, quindi, a dolersi del mantenimento del vincolo del sequestro sullo stesso.
E’ proprio la prospettazione del ricorrente, secondo la quale il bene sequestrato, ossia le somme a credito derivanti dal rapporto di conto corrente bancario in essere tra il figlio del ricorrente medesimo e l’istituto di credito, no gli apparterrebbe, in quanto la delega a operare sul conto sarebbe spiegabile con le condizioni di salute del figlio e sarebbe comunque stata revocata a seguito del sequestro, che esclude la sua legittimazione a domandare la revoca di un vincolo su un bene che gli non appartiene e di cui non ha la disponibilità, non avendo diritto alla sua restituzione e quindi neppure interesse alla rimozione del vincolo e, dunque, neppure interesse a impugnare, interesse che, per consolidata giurisprudenza, sussiste quando il gravame sia in concreto idoneo a determinare, con l’eliminazione del provvedimento impugnato, una situazione pratica più favorevole per l’impugnante, la cui sussistenza va verificata con riferimento alla prospettazione rappresentata nel mezzo di impugnazione e non alla effettiva fondatezza della pretesa azionata (cfr. Sez. U, n. 28911 del 28/03/2019, COGNOME, Rv. 275953 – 02, e Sez. 3, n. 5509 del 04/10/2019, dep. 2020, Panarese, Rv. 278669 – 02): nel caso in esame dalla rimozione del vincolo del sequestro non può derivare alcun effetto favorevole per il ricorrente, dovendo in tale evenienza i beni sequestrati essere restituiti al figlio del ricorrente medesimo, secondo quanto dallo stesso ricorrente sostenuto.
Ne consegue, in definitiva, l’inammissibilità del ricorso, essendo corretti i rilievi di carenza di legittimazione e di interesse a impugnare formulati nell’ordinanza impugnata e manifestamente infondati i rilievi sollevati sul punto dal ricorrente, che non tengono conto di quanto dallo stesso sostenuto circa l’assenza di disponibilità in capo al ricorrente delle somme assoggettate al sequestro.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento, nonché del versamento di una somma in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende, che si determina equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di euro 3.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Così deciso il 17/9/2024