Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4195 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4195 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NOMECOGNOME nato a Pomezia il 14/08/1966
avverso l’ordinanza del 19/06/2024 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
preso atto che l’Avv. COGNOME difensore di COGNOME COGNOME il quale aveva chiesto la trattazione orale, non è comparso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 19/06/2024, il Tribunale di Roma dichiarava inammissibile la richiesta di riesame che era stata proposta, ai sensi dell’art. 324 cod. proc. pen., da NOME COGNOME contro il decreto del 30/06/2023 del Giudice di pace di Velletri – con il quale era stato disposto, nei confronti del COGNOME, il sequestro preventivo di un immobile altrui che il medesimo COGNOME avrebbe arbitrariamente occupato.
In particolare, il Tribunale di Roma dichiarava l’inammissibilità della richiesta di riesame che era stata proposta dal COGNOME NOME per difetto di interesse a tale
impugnazione, per la ragione che il COGNOME, avendo occupato arbitrariamente l’edificio altrui, sul quale non vantava infatti alcun titolo, non ne avrebbe potuto conseguire la restituzione quale effetto dell’eventuale dissequestro.
Avverso tale ordinanza del 19/06/2024 del Tribunale di Roma, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME, NOME COGNOME, affidato a un unico motivo, con il quale deduce, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge e, in particolare, la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen.
Il ricorrente lamenta anzitutto che il Tribunale di Roma, pur avendo dato atto che egli aveva dedotto il difetto della querela, in quanto non sarebbe risultato che la denunciante, NOME COGNOME fosse l’effettiva rappresentante legale dell’ente proprietario dell’immobile, aveva poi omesso qualsivoglia scrutinio al riguardo, cosa che, invece, sarebbe stato necessario fare giacché, «al di là dell’interesse a impugnare andava pur sempre valutato il fumus commissi delicti: e poiché il reato è perseguibile a querela di parte, tale disamina era imprescindibile».
In secondo luogo, sempre con riguardo al fumus commissi delicti, il COGNOME lamenta che il Tribunale di Roma avrebbe «valutato apoditticamente l’inesistenza dello stato di necessità, senza alcun approfondimento al riguardo» e, in particolare, senza considerare che, nell’informativa di reato del 04/06/2023 dei Carabinieri di Ardea, era indicato che: «giova premettere che, a causa dello sfratto, avvenuto sul territorio di Ardea presso un complesso residenziale denominato INDIRIZZO, molteplici famiglie iniziavano ad occupare abusivamente varie abitazioni estive e/o in stato di abbandono»; circostanza che era stata «confermata dagli interessati, in costanza di accesso operato dai carabinieri in loco in data 29.5.2023».
In terzo luogo, il ricorrente deduce che egli era «senz’altro legittimat ad impugnare, in quanto senz’altro portat di interesse al riguardo», atteso che, «l di là della circostanza che ricorreva senz’altro il dedotto stato di necessità, parte istante era legittima posseditrice dell’immobile; e nonostante fosse decorso più di un anno dalla non era stata neppure proposta azione di spoglio». Sicché «era proprio la qualità di del bene sottoposto a sequestro che attribuiva la legittimazione all’impugnazione».
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. L’unico motivo è manifestamente infondato.
La Corte di cassazione è ferma nel reputare che l’indagato non titolare del bene oggetto di sequestro preventivo, astrattamente legittimato a presentare richiesta di riesame del titolo cautelare ai sensi dell’art. 322 cod. proc. pen., può proporre il gravame solo se vanta un interesse concreto e attuale
all’impugnazione, che deve corrispondere al risultato tipizzato dall’ordinamento per lo specifico schema procedimentale e che va individuato in quello alla restituzione della cosa come effetto del dissequestro (Sez. 3, n. 16352 del 11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098-01. In senso analogo, tra le tantissime: Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, COGNOME, Rv. 277753-04; Sez. 5, n. 35015 del 09/10/2020, COGNOME, Rv. 280005-01; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, COGNOME, Rv. 276545-01; Sez. 1, n. 6779 del 08/01/2019, COGNOME, Rv. 274992-01; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266713-01).
Richiamato tale principio – il quale è valido con riguardo a tutte le impugnazioni avverso i provvedimenti che dispongano una misura cautelare reale o che ne confermino l’applicazione (Sez. 5, n. 52060 del 30/10/2019, Angeli, cit.) -, si deve reputare che, nel caso in esame, il Tribunale di Roma abbia correttamente negato la sussistenza dell’interesse a proporre la richiesta di riesame in capo al ricorrente.
Ciò in quanto, come è stato esattamente ritenuto dal Tribunale di Roma, poiché il COGNOME aveva posseduto il bene immobile altrui senza alcun titolo, ma solo per averlo arbitrariamente occupato – e, quindi, non «legittima», come è erroneamente affermato nel ricorso -, egli, anche in caso di accoglimento della sua impugnazione, non avrebbe avuto titolo alla restituzione dello stesso bene immobile come effetto del dissequestro di esso, atteso che tale bene non poteva essere restituito che al suo legittimo proprietario (come il pubblico ministero aveva effettivamente fatto con decreto del 07/06/2024; pag. 2 dell’ordinanza impugnata). Con la conseguente parimenti esatta conclusione dell’insussistenza di un suo concreto e attuale interesse alla stessa impugnazione.
Né l’interesse all’impugnazione – la cui mancanza esclude in radice la legittimazione a proporla – può essere identificato con quello a ottenere una pronuncia favorevole in ordine all’insussistenza del fumus commissi delicti, giacché una tale pronuncia non determinerebbe alcun effetto giuridico vincolante nel procedimento di merito, attesa l’autonomia dell’incidente cautelare (Sez. 5, n. 22231 del 17/03/2017, COGNOME, Rv. 270132-01).
Ne discende che, avendo correttamente rilevato l’inammissibilità dell’impugnazione costituita dalla richiesta di riesame del decreto di sequestro preventivo per difetto dell’interesse specifico a tale impugnazione, il Tribunale di Roma, in modo parimenti corretto, non ha attribuito rilievo ai due profili di doglianza del ricorrente, concernenti il fumus commissi delicti, in punto di asserito difetto di querela e di asserita sussistenza di uno stato di necessità.
Quest’ultimo, comunque, in ogni caso correttamente escluso dal Tribunale di Roma, alla luce della giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui l’abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente
al pericolo di danno grave alla persona sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell’illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, qua l’assoluta necessità della condotta e l’inevitabilità del pericolo, con la conseguenza che la stessa esimente può essere invocata solo in relazione a un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa (Sez. 2, n. 10694 del 30/10/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278520-01; Sez. 2, n. 9655 del 16/01/2015, COGNOME, Rv. 263296-01; Sez. 2 n. 19147 del 16/04/2013, Papa, Rv. 25541201), come mostra invece di ritenere, in modo erroneo, il ricorrente.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto proposto per un motivo manifestamente infondato, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 14/01/2025.