Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 19722 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 19722 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a TARANTO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/11/2023 del TRIBUNALE DEL RIESAME di TARANTO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
udito il difensore AVV_NOTAIO COGNOME AVV_NOTAIO, in sostituzione dell’AVV_NOTAIO in difesa di COGNOME NOME, che si riporta ai motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato, il Tribunale di Taranto, in funzione di tribunale del riesame, ha rigettato la richiesta di riesame presentata nell’interesse di NOME COGNOME avverso l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Taranto in data 5 ottobre 2023 con la quale è stata applicata la misura della custodia cautelare in carcere per il reato di detenzione di un’arma comune da sparo a norma degli articoli 2 e 7 della legge 2 ottobre 1967, n. 895, fatto accertato in data anteriore e prossima al 29 agosto 2019.
Secondo la concorde valutazione di entrambi i giudici della fase cautelare, la gravità indiziaria deriva da un’intercettazione tra presenti, che coinvolge terzi soggetti (COGNOME NOME e COGNOME NOME) i quali discutono dell’offerta in vendita di un’arma da parte dell’indagato, nonché dalla successiva accertata disponibilità di armi da sparo in capo a uno dei conversanti.
Le esigenze cautelari sono desunte dal pericolo di reiterazione, derivante dalla permanente disponibilità dell’arma, nonché dalla circostanza che nell’agosto 2023 l’indagato è stato arrestato per analogo reato.
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando:
la violazione di legge, in riferimento alle norme incrimiriatrici e all’art. 2 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione con riguardo alla gravità indiziaria che è stata desunta da un’unica intercettazione ambientale, tra terzi, che ha un significato generico ed è di dubbia interpretazione, fermo restando che manca qualunque tipo di riscontro in ordine alla effettiva disponibilità dell’arma da parte dell’indagato. Le considerazioni, svolte dal tribunale del riesame, circa la serietà delle dichiarazioni rese da NOME nel corso della intercettazione non sono sufficienti a dimostrare l’effettiva disponibilità dell’arma, mentre il prezz richiesto, di per sé spropositato, sembra piuttosto deporre per una offerta di intermediazione. D’altra parte, la circostanza che il successivo 12 settembre 2019 il conversante COGNOME sia stato arrestato in flagranza per la detenzione di armi, non consente di riscontrare, in capo all”indagato, il possesso dell’arma per la quale si procede;
la violazione di legge, in riferimento agli articoli 274 e 275 cod. proc. pen., e il vizio della motivazione con riguardo alle esigenze cautelari e all’adeguatezza della custodia cautelare in carcere. Il notevole lasso di tempo trascorso, oltre quattro anni, impone una valutazione specifica del pericolo di reiterazione che
deve essere concreto e attuale. Del resto, il provvedimento impugnato non tiene in considerazione, quanto alla scelta della misura, che COGNOME, arrestato in flagranza il 2 agosto 2023 per l’attenzione di altre armi, è stato avviato in data 6 ottobre 2023 agli arresti domiciliari in considerazione delle affievolite esigenze cautelari, sicché manca una specifica motivazione in ordine alla specifica misura applicata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è nel complesso infondato.
Sarà, innanzitutto, esaminato il motivo di ricorso sotto il profilo della valenza probatoria delle intercettazioni di conversazioni di terzi, per poi passare ad analizzare il medesimo motivo con riguardo alle specifiche censure attinenti alle singole captazioni.
2.1. L’infondatezza del motivo di ricorso concerne, innanzitutto, le censure mosse al criterio probatorio seguito dai giudici di merito con riguardo alle intercettazioni di conversazioni intervenute tra soggetti diversi dall’imputato che riferiscono elementi accusatori a suo carico.
Il canone probatorio seguito dai giudici di merito è pienamente aderente ai principi espressi in sede di legittimità, ribaditi nella sentenza delle Sezioni Unit Sebbar nella quale si è affermato che «le dichiarazioni auto ed etero accusatorie registrate nel corso di attività di intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria e, pur dovendo essere attentamente interpretate e valutate, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.» (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263714, che richiama, peraltro, il costante orientamento di legittimità già affermato da Sez. 5, n. 13614 del 19/01/2001, Primerano, Rv. 218392 e da altre decisioni, tra cui Sez. 2, n. 4976 del 12/01/2012, Soriano, Rv. 25181).
In particolare, si è affermato che «il contenuto di un’intercettazione, anche quando si risolva in una precisa accusa in danno dell’imputato che non vi ha preso parte, indicato come autore di un reato, non è equiparabile alla chiamata in correità e, pertanto, se anch’esso deve essere attentamente interpretato sul piano logico e valutato su quello probatorio, non è però soggetto, in tale
valutazione, ai canoni di cui all’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen.» (in questo senso, si veda Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015 dep. 2016, COGNOME, Rv. 265747).
2.2. Così ricostruito il panorama giurisprudenziale, è possibile, innanzitutto, superare la censura che denuncia la gravità indiziaria.
In proposito, è sufficiente evidenziare che l’ordinanza impugnata, allorquando trae le conclusioni sulle captazioni ambientali, formula un giudizio di assoluta attendibilità, sia dal punto di vista della credibilità soggettiva, sia d punto di vista di quella oggettiva e della coerenza del narrato che il ricorso non contesta specificamente.
Con riferimento alla credibilità soggettiva, i giudici di merito hanno evidenziato che le conversazioni si svolgevano in un ambiente che gli interlocutori ritenevano senza alcun dubbio sicuro.
Quanto all’intrinseca credibilità delle dichiarazioni etero accusatorie, i giudici di merito hanno evidenziato che si trattava di affermazioni reiterate e sempre coerenti nell’attribuire a COGNOME la disponibilità di una pistola offerta in vendita a NOME.
La credibilità delle dichiarazioni era comprovata, secondo i giudici di merito, dalla circostanza che NOME è un soggetto dotato di specifiche caratteristiche criminali, tanto che pochi giorni dopo sarà trovato in possesso di armi da sparo, e che anche l’interlocutrice non dubitava affatto della serietà dell’offerta di COGNOME, discutendosi, semmai, dell’esosità del prezzo.
Alla luce dei richiamati canoni ermeneutici, le indicate conversazioni effettuate nei confronti del soggetto, che aveva ricevuto l’offerta di cessione dell’arma per la quale si procede, riguardano elementi a p p re s i dai diretti protagonisti, come si desume proprio dal contenuto delle conversazioni, tanto che il ragionamento indiziario appare del tutto congruo e logicamente ineccepibile.
Il motivo di ricorso, sulle esigenze cautelari e sull’adeguatezza di quella prescelta, è inammissibile.
3.1. Circa la attualità e concretezza del pericolo di reiterazione, il tribunal del riesame richiama le caratteristiche di reato permanente del delitto di
detenzione di armi da sparo, non essendo stata allegata la dismissione dell’arma, nonché la recente reiterazione di analogo reato da parte dello stesso indagato.
Si tratta di logiche considerazioni che il ricorso omette di criticare in modo specifico.
3.2. Quanto alla scelta della misura, il tribunale ha evidenziato la personalità dell’indagato, privo di lecita attività lavorativa e dedito alla commissione di reat dello stesso tipo, risultando irrilevante, a questi fini, la disposta sostituzione del misura cautelare applicata per il reato commesso il 2 agosto 2023 in quanto derivante dalla applicazione di una pena inferiore ai tre anni di reclusione.
Il ricorso sul punto è meramente confutativo.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 28 marzo 2024.