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Intercettazioni tra terzi: prova valida nel processo

La Cassazione conferma la validità delle intercettazioni tra terzi come prova sufficiente per una misura cautelare. Analisi della sentenza che ha respinto il ricorso di un indagato per detenzione di arma, basato su una conversazione registrata tra altre persone che discutevano della sua offerta di vendita.

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Pubblicato il 15 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni tra Terzi: la Cassazione ne Conferma la Piena Valenza Probatoria

Le intercettazioni tra terzi rappresentano uno degli strumenti investigativi più discussi nel panorama giuridico. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 19722 del 2024, torna sul tema, chiarendo con fermezza il loro valore probatorio, anche quando costituiscono l’elemento principale a carico di un indagato. Il caso analizzato riguarda una misura di custodia cautelare in carcere per detenzione di arma da sparo, fondata quasi esclusivamente su una conversazione intercorsa tra soggetti diversi dall’indagato.

I Fatti del Caso: un’Arma Offerta in Vendita

Il Tribunale del Riesame di Taranto aveva confermato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di un uomo, indagato per detenzione di un’arma comune da sparo. La gravità indiziaria a suo carico derivava da un’intercettazione ambientale in cui due persone discutevano dell’offerta di vendita di una pistola proveniente proprio dall’indagato.

La difesa aveva impugnato il provvedimento in Cassazione, sostenendo la debolezza del quadro probatorio. Secondo il ricorrente, un’unica intercettazione tra terzi, generica e di dubbia interpretazione, non poteva bastare a fondare una misura così afflittiva, in assenza di riscontri diretti sulla reale disponibilità dell’arma da parte del suo assistito.

La Decisione della Corte di Cassazione sulle intercettazioni tra terzi

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, ritenendolo infondato. La decisione si articola su due punti fondamentali: la valenza probatoria delle intercettazioni e la valutazione delle esigenze cautelari.

La Valenza delle Dichiarazioni Etero-accusatorie

Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, culminato nella sentenza delle Sezioni Unite ‘Sebbar’ del 2015, la Corte ha ribadito un principio cruciale: le dichiarazioni auto ed etero-accusatorie registrate durante un’intercettazione regolarmente autorizzata hanno piena valenza probatoria. A differenza della chiamata in correità fatta da un co-imputato, queste conversazioni captate non necessitano degli elementi di corroborazione esterni previsti dall’art. 192, comma 3, del codice di procedura penale. Devono, ovviamente, essere attentamente interpretate e valutate dal giudice, ma non sono soggette alla stessa regola di cautela.

L’Analisi delle Esigenze Cautelari

Anche le censure relative alle esigenze cautelari sono state respinte. La difesa lamentava il notevole tempo trascorso (oltre quattro anni) dai fatti contestati, sostenendo che ciò avrebbe dovuto indebolire la presunzione di pericolosità. La Cassazione, tuttavia, ha avallato il ragionamento del Tribunale del Riesame, il quale aveva sottolineato la natura di reato permanente della detenzione di armi e la recente reiterazione di un reato analogo da parte dell’indagato, elementi sufficienti a dimostrare l’attualità e la concretezza del pericolo di recidiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda sulla distinzione netta tra una testimonianza o una chiamata in correità e il contenuto di un’intercettazione. Le conversazioni intercettate sono considerate genuine e spontanee, poiché gli interlocutori non sono consapevoli di essere ascoltati e parlano in un contesto che ritengono sicuro. Questo conferisce alle loro dichiarazioni un’elevata attendibilità intrinseca.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente valutato la credibilità delle affermazioni registrate, considerandole reiterate, coerenti e provenienti da soggetti con una specifica caratura criminale, che discutevano seriamente dell’acquisto, lamentandosi solo del prezzo elevato. Questo, secondo la Corte, rendeva il quadro indiziario solido e il ragionamento dei giudici di merito logico e ineccepibile.

Per quanto riguarda le misure cautelari, la Corte ha specificato che la pericolosità dell’indagato era stata correttamente desunta non solo dalla permanente disponibilità dell’arma (mai rinvenuta e quindi potenzialmente ancora in suo possesso), ma anche dalla sua personalità, priva di lecita attività lavorativa e dedita alla commissione di reati della stessa indole, come dimostrato da un arresto successivo per fatti analoghi.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza consolida un principio di fondamentale importanza pratica: le intercettazioni tra terzi costituiscono una prova forte e autonoma, in grado di sostenere da sola un grave quadro indiziario e giustificare l’applicazione di misure cautelari personali. La pronuncia chiarisce che il focus del giudice deve essere sulla valutazione dell’attendibilità intrinseca della conversazione e sulla coerenza logica delle dichiarazioni, piuttosto che sulla ricerca di riscontri esterni, non richiesti dalla legge per questa specifica tipologia di prova. Per la difesa, ciò significa che contestare un’accusa basata su tali elementi richiede un’analisi critica mirata non alla mancanza di ‘corroborazione’, ma a eventuali vizi di interpretazione, illogicità o inattendibilità del dialogo captato.

Una conversazione registrata tra due persone che accusano un terzo può essere usata come prova contro di lui?
Sì. Secondo la sentenza, le intercettazioni di conversazioni intervenute tra soggetti diversi dall’imputato, che riferiscono elementi accusatori a suo carico, hanno piena valenza probatoria e possono essere utilizzate per fondare la gravità indiziaria.

Le dichiarazioni accusatorie registrate in un’intercettazione tra terzi necessitano di ulteriori elementi di riscontro per essere valide?
No. La Corte di Cassazione, richiamando le Sezioni Unite, ha stabilito che tali dichiarazioni, a differenza della chiamata in correità, non necessitano degli elementi di corroborazione previsti dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. Devono essere attentamente interpretate e valutate, ma sono considerate prova autonoma.

Il lungo tempo trascorso dal reato esclude automaticamente il pericolo di reiterazione per applicare una misura cautelare?
No. Nel caso di specie, nonostante fossero passati oltre quattro anni, il pericolo di reiterazione è stato ritenuto concreto e attuale. Ciò in base alla natura di reato permanente della detenzione di armi (non essendo stata provata la dismissione dell’arma) e alla recente commissione di un reato analogo da parte dell’indagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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