Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 35244 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35244 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 07/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Bergamo il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 13/05/2025 del Tribunale del riesame di Brescia letti gli atti, il ricorso e il provvedimento impugnato; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero in persóna del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso; udite le conclusioni del difensore, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il difensore – di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Brescia, quale giudice del rinvio, ha confermato la misura custodiale applicata all’indagato per il reato di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati di riciclaggio, autoriciclaggio e reati fiscali, mediante la costituzione di società cartiere deputate all’emissione di fatture per operazioni inesistenti, di società parzialmente
operative che le annotavano a scopo di evasione fiscale e di società di diritto bulgaro, destinate al riciclaggio dei profitti illeciti.
Con un unico motivo di ricorso denuncia la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione in relazione alla ritenuta utilizzabilità dell intercettazioni telefoniche disposte in via d’urgenza dal P.m. e convalidate dal GIP il 3 dicembre 2024 per violazione del termine di durata delle indagini preliminari.
Deduce che il Tribunale ha ritenuto utilizzabili le intercettazioni in quanto il P.m. avrebbe documentato l’aggiornamento dell’iscrizione nel registro degli indagati avvenuta il 7 febbraio 2024 con nota scritta in calce alla copertina del fascicolo, confermata dalle annotazioni estratte dal registro delle notizie di reato con cui il P.m. disponeva l’iscrizione di nuovi indagati e nuovi reati, tra cui i reato associativo contestato a tutti gli imputati. Contesta la valutazione per la genericità dell’annotazione, che rimanda alla richiesta di misura cautelare senza specificare i soggetti per i quali occorreva procedere a nuova iscrizione. Segnala che per il ricorrente non si è proceduto a nuova iscrizione, risultando dal sistema informatico un’unica iscrizione originaria in data 18 maggio 2022, mentre all’esito della richiesta del P.m. in data 7 febbraio 2024 sono stati iscritti alt nuovi indagati, ma non il ricorrente. In assenza di nuova iscrizione le intercettazioni non sono utilizzabili perché eseguite fuori termine e, depurata dalle intercettazioni indicate, viene meno l’attualità delle esigenze cautelari che l’ordinanza impugnata ancora ad esse.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza del motivo.
Il ricorrente reitera l’eccezione di inutilizzabilità dei risultati d intercettazioni del dicembre 2024 perché disposte oltre il termine di conclusione delle indagini preliminari, senza tener conto né confrontarsi con le argomentazioni rese dal Tribunale. Egli, infatti, si limita ad insistere nella propria prospettazione, ancorata all’unica originaria iscrizione del 18 maggio 2022, e deduce la genericità della disposizione del 7 febbraio 2024 con cui il P.m. ordinava, con annotazione sulla copertina del fascicolo, l’iscrizione nel registro degli indagati di nuove ipotesi di reato, tra cui il reato associativo contestato a tutti gli indagati, ma trascura del tutto la documentazione menzionata nell’ordinanza, prodotta dal P.m. con il ricorso per cassazione accolto sul punto ed attestante l’iscrizione di nuovi indagati e nuovi reati, tra cui il reato di c all’art. 416 cod. pen., iscritto anche a carico del COGNOME.
A fronte di tale dato oggettivo, di cui dà atto la sentenza rescindente, ancor prima dell’ordinanza impugnata, ed anche riscontrato dall’esame degli atti, cui
questa Corte ha accesso in ragione della natura processuale dell’eccezione, e tenuto conto del termine di durata delle indagini per il reato associativo, è pacifica l’utilizzabilità delle intercettazioni disposte con decreto di urgenza del 2 dicembre 2024 perché compiute entro il termine di durata delle indagini.
Va evidenziato che proprio sulla scorta dei colloqui intercettati dal 3 al 6 dicembre 2024, risultate di massimo rilievo per la rilevante ricaduta sul piano delle esigenze cautelari, il P.m. depositava una richiesta cautelare integrativa in ragione delle nuove emergenze probatorie, attestanti l’attualità delle esigenze cautelari. In particolare, dall’attività captativa emergeva la persistenza del vincolo associativo, la posizione direttiva e di coordinamento del ricorrente e la perdurante intenzione di proseguire nel progetto illecito nonché la sussistenza del pericolo di inquinamento probatorio e di fuga, giustificativi di un immediato intervento cautelare.
Precisato che il ricorrente non contesta la gravità indiziaria, avendo parzialmente ammesso gli addebiti in sede di interrogatorio, le conversazioni intercettate, riportate nell’ordinanza, provano la prosecuzione dell’attività illecita e il ruolo direttivo del ricorrente, che espressamente ammetteva di essere riuscito “a spostare via tutto” prima che avessero inizio le perquisizioni del novembre 2024.
I colloqui riportati nell’ordinanza (pag. 15 e 16) dimostrano l’abilità e la scaltrezza del ricorrente nel tranquillizzare i complici circa il fatto che g inquirenti non erano riusciti ad accedere ai dati delle nuove società (“è tutta roba vecchia, di quella nuova non c’han niente”), assicurando che avrebbe rimediato al sequestro del denaro e dell’auto subito dal COGNOME, indicando il legale che lo avrebbe assistito in modo da concordare la linea difensiva e comunicando l’intento di far ricadere la responsabilità sul COGNOME, ormai “quasi morto”.
Elementi, questi, coerentemente ritenuti indicativi di un concreto pericolo di reiterazione e della ferma determinazione del ricorrente a proseguire il progetto illecito nonostante le perquisizioni subite.
Altrettanto correttamente valorizzata in punto di esigenze cautelari, in particolare in relazione al pericolo di inquinamento probatorio è l’ammissione del ricorrente di essere riuscito a far sparire tutto (“roba, computer, timbri, tessere e altro”) relativamente alle nuove società costituite nonché l’intento di far ricadere responsabilità sul COGNOME e di occultare prove, svuotando conti e distruggendo documentazione; in tale prospettiva assume decisivo rilievo la proposta corruttiva, rifiutata dalla direttrice di banca per ottenere la consegna di una cassetta di sicurezza, evidenziata dal Tribunale (v. pag. 16 ordinanza).
Risulta, inoltre, provata dal colloquio riportato nell’ordinanza (pag. 18) anche la sussistenza del pericolo di fuga, stante l’ammissione del ricorrente di volersi sottrarre all’interrogatorio preventivo, originariamente fissato dal GIP.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 7 ottobre 2025