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Intercettazioni SkyEcc: la Cassazione conferma validità

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili i ricorsi contro l’uso di prove da chat criptate in un procedimento per traffico di stupefacenti. La sentenza stabilisce che le intercettazioni SkyEcc, ottenute tramite ordine di indagine europeo dalle autorità francesi, sono utilizzabili, basandosi sul principio di reciproca fiducia tra Stati UE e le recenti decisioni delle Sezioni Unite. La difesa non ha provato la violazione di diritti fondamentali né superato la “prova di resistenza”.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni SkyEcc: la Cassazione ribadisce la loro validità

Con la sentenza n. 37220 del 2024, la Corte di Cassazione torna a pronunciarsi sulla questione cruciale dell’utilizzabilità delle prove derivanti da sistemi di comunicazione criptati. In particolare, il caso esaminato riguarda le intercettazioni SkyEcc, ottenute tramite cooperazione giudiziaria internazionale. La Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, consolidando un orientamento giurisprudenziale ormai chiaro e definito, soprattutto dopo i recenti interventi delle Sezioni Unite.

I Fatti del Caso: Il Contesto delle Indagini

Il procedimento trae origine da un’ordinanza del Tribunale del riesame che aveva confermato la custodia cautelare in carcere per alcuni indagati, accusati di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Il quadro indiziario a loro carico si fondava in larga parte sull’analisi delle chat scambiate tramite la piattaforma criptata, i cui contenuti erano stati acquisiti dalle autorità giudiziarie francesi e successivamente trasmessi all’Italia tramite un Ordine di Indagine Europeo (OEI).

Le Doglianze della Difesa e le intercettazioni SkyEcc

Gli indagati, attraverso i loro difensori, hanno proposto ricorso per cassazione lamentando la violazione di norme processuali e del diritto di difesa. Le censure si concentravano principalmente su due aspetti.

La Tesi dell’Inutilizzabilità della Prova

Secondo la difesa, l’acquisizione massiva delle comunicazioni relative a un intero sistema informatico, come avvenuto in Francia, configurerebbe una sorta di “intercettazione preventiva” o “a strascico”, non ammessa dall’ordinamento italiano. Tale attività, volta più alla ricerca di notizie di reato che alla prova di reati già individuati, sarebbe in contrasto con i principi fondamentali di necessità e proporzionalità, ledendo in modo sproporzionato la riservatezza delle comunicazioni.

La Violazione del Diritto di Difesa

Un secondo motivo di ricorso riguardava l’impossibilità per la difesa di accedere ai cosiddetti “dati grezzi” e all’algoritmo utilizzato per decriptare le comunicazioni. Questa indisponibilità, a dire dei ricorrenti, avrebbe impedito di verificare l’autenticità e l’integrità dei dati e di contestare efficacemente il materiale probatorio, con una conseguente lesione del diritto al contraddittorio e a un giusto processo.

Le Motivazioni della Sentenza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato tutte le argomentazioni difensive, dichiarando i ricorsi inammissibili per manifesta infondatezza e aspecificità. Le motivazioni della decisione si articolano su diversi punti chiave.

Inammissibilità per Genericità e Mancata “Prova di Resistenza”

In via preliminare, la Corte ha sottolineato che i ricorrenti non hanno adeguatamente argomentato la cosiddetta “prova di resistenza”. Non hanno dimostrato, cioè, che l’eventuale eliminazione delle chat dal materiale probatorio avrebbe reso insufficienti gli altri elementi indiziari a sostegno della misura cautelare. Il Tribunale del riesame, infatti, aveva dato atto di una piattaforma indiziaria composita, non basata esclusivamente sulle conversazioni criptate.

Il Principio del Reciproco Riconoscimento e l’Ordine di Indagine Europeo

Il cuore della decisione risiede nell’applicazione dei principi che governano la cooperazione giudiziaria europea. Quando una prova viene acquisita tramite OEI, vige una presunzione di conformità dell’attività svolta all’estero ai diritti fondamentali. Spetta alla difesa, pertanto, fornire allegazioni specifiche e concrete sulla violazione di tali diritti da parte dello Stato di esecuzione (in questo caso, la Francia), cosa che nel caso di specie non è avvenuta. L’attività di intercettazione, hanno chiarito i giudici, non è stata “generalizzata”, ma regolarmente autorizzata dall’autorità giudiziaria francese sulla base di indizi relativi a gravi reati.

La Circolazione della Prova e il Ruolo delle Sezioni Unite

La Corte ha ribadito quanto già stabilito dalle Sezioni Unite nelle sentenze “Gjuzi” e “Giorgi” del 2024. L’acquisizione di dati già raccolti da un’autorità straniera non riguarda la “formazione” della prova, ma la sua “circolazione”. Pertanto, la disciplina applicabile è quella dell’art. 270 cod. proc. pen. (relativa all’uso di intercettazioni in procedimenti diversi), che non richiede il deposito degli atti autorizzativi del procedimento originario. Inoltre, la Corte ha escluso che l’impossibilità di accedere all’algoritmo di decriptazione costituisca una lesione del diritto di difesa, in quanto la correlazione biunivoca tra chat e chiave di cifratura scongiura, in linea di principio, il pericolo di alterazioni.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione

La sentenza consolida un indirizzo ormai pacifico: le prove digitali provenienti da sistemi di comunicazione criptati, acquisite legittimamente in un altro Stato membro dell’UE e trasmesse tramite OEI, sono pienamente utilizzabili nel processo penale italiano. La decisione riafferma la centralità del principio di reciproca fiducia nello spazio giuridico europeo e pone un onere probatorio specifico sulla difesa che intenda contestare la legittimità di tali acquisizioni. Viene così tracciata una linea netta tra la disciplina della formazione della prova, soggetta alle rigide regole del codice di procedura penale italiano, e quella della circolazione della prova in ambito europeo, governata da principi di cooperazione e mutuo riconoscimento.

Le prove ottenute da piattaforme di comunicazione criptate come SkyEcc, acquisite da un altro Stato UE, sono utilizzabili in un processo italiano?
Sì. La Corte di Cassazione, conformemente alle decisioni delle Sezioni Unite, ha stabilito che tali prove sono utilizzabili. L’acquisizione tramite Ordine di Indagine Europeo (OEI) riguarda la “circolazione” della prova, non la sua “formazione”, e si basa sul principio di reciproca fiducia tra Stati membri, presumendo la legittimità dell’operato dell’autorità straniera.

È necessario per la difesa avere accesso ai “dati grezzi” e all’algoritmo di decriptazione per garantire il diritto di difesa?
No. Secondo la sentenza, le modalità operative con cui le autorità inquirenti eseguono la decriptazione non sono rilevanti ai fini della verifica della legittimità delle intercettazioni. Il diritto di difesa non è leso, a meno che non si alleghi e dimostri un concreto pregiudizio, come un’effettiva alterazione del contenuto delle chat.

Cosa significa che un ricorso è inammissibile per mancata allegazione della “prova di resistenza”?
Significa che la difesa non ha dimostrato che, anche se la prova contestata (in questo caso, le chat) venisse eliminata dal fascicolo processuale, le restanti prove non sarebbero comunque sufficienti a giustificare la decisione impugnata (ad esempio, la misura cautelare). È un onere della parte dimostrare che la prova ritenuta illegittima è stata decisiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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