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Intercettazioni in auto: non è reato per la Cassazione

Un uomo, accusato di aver installato un GPS con microfono nell’auto dell’ex moglie, è stato definitivamente assolto dalla Corte di Cassazione. La sentenza stabilisce che le intercettazioni in auto non costituiscono reato di interferenza illecita nella vita privata (art. 615-bis c.p.) perché il veicolo che si trova sulla pubblica via non è qualificabile come luogo di privata dimora. Questa decisione riforma la condanna iniziale del Tribunale, confermando l’assoluzione già pronunciata in Appello.

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Pubblicato il 9 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni in Auto: Non è Reato Secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3446 del 2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di privacy: le intercettazioni in auto tramite microspie non integrano il reato di interferenze illecite nella vita privata. Questa decisione chiarisce che un’automobile, quando si trova sulla pubblica via, non può essere considerata un luogo di ‘privata dimora’ ai sensi dell’art. 615-bis del codice penale. Analizziamo insieme la vicenda e le motivazioni della Corte.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine dalla denuncia di una donna, di professione avvocato, nei confronti del suo ex coniuge. L’uomo era accusato di aver installato di nascosto un dispositivo GPS dotato di microfono all’interno dell’autovettura dell’ex moglie. Tale strumento gli avrebbe permesso di ascoltare le conversazioni, sia personali che professionali, che avvenivano all’interno del veicolo, procurandosi così indebitamente notizie sulla vita privata della donna.

Il Percorso Giudiziario e le Diverse Interpretazioni sulle Intercettazioni in Auto

Il caso ha visto esiti opposti nei diversi gradi di giudizio, evidenziando un dibattito giuridico sulla qualificazione dell’abitacolo di un’auto come spazio di vita privata tutelato penalmente.

La Condanna in Primo Grado

Inizialmente, il Tribunale di Taranto aveva ritenuto fondata l’accusa. Con una sentenza del 18 maggio 2022, emessa a seguito di giudizio abbreviato, l’uomo era stato condannato alla pena di sei mesi di reclusione e al risarcimento del danno a favore della parte civile. Il giudice di primo grado aveva evidentemente considerato l’azione come una chiara violazione della privacy tutelata dall’art. 615-bis c.p.

L’Assoluzione in Appello

Successivamente, la Corte di Appello di Lecce, con sentenza del 24 aprile 2023, ha ribaltato completamente la decisione. I giudici di secondo grado hanno assolto l’imputato ‘perché il fatto non sussiste’, revocando anche le statuizioni civili. La motivazione cardine dell’assoluzione risiedeva nel fatto che l’autoveicolo non poteva essere qualificato come luogo di privata dimora, elemento essenziale per la configurabilità del reato contestato.

Le Motivazioni della Cassazione

La parte civile ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo che una giurisprudenza più recente avrebbe ampliato il concetto di privata dimora fino a includere l’automobile, specialmente quando in essa si svolgono colloqui personali e professionali. Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso, confermando l’assoluzione.

I giudici hanno chiarito che la tutela penale offerta dall’art. 615-bis c.p. è strettamente legata ai luoghi indicati nell’art. 614 c.p. (violazione di domicilio), ovvero l’abitazione, un altro luogo di privata dimora o le appartenenze di essi. Citando un proprio precedente consolidato (sentenza n. 28251 del 2009), la Corte ha ribadito che ‘non rientra l’autovettura che si trovi sulla pubblica via’ in questa categoria. L’oggetto della tutela, quindi, è la riservatezza della persona in relazione a specifici luoghi fisici, tra cui non è annoverabile un’automobile in un contesto pubblico. La condotta di installare un dispositivo di ascolto in un’auto, per quanto possa essere moralmente discutibile, non integra gli elementi costitutivi del reato di interferenze illecite nella vita privata.

Conclusioni

La sentenza della Corte di Cassazione traccia una linea netta sulla portata applicativa dell’art. 615-bis c.p. Stabilisce che, ai fini di questo specifico reato, la protezione della privacy non si estende all’abitacolo di un’automobile quando questa circola o sosta in un luogo pubblico. Sebbene l’installazione di microspie possa ledere la riservatezza, tale condotta non è penalmente rilevante secondo la fattispecie delle interferenze illecite nella vita privata. Resta fermo che comportamenti simili potrebbero essere perseguiti sotto altre fattispecie di reato, a seconda delle circostanze specifiche, ma non per la violazione della ‘privata dimora’ all’interno di un veicolo.

Installare una microspia in un’auto è reato secondo l’art. 615-bis c.p.?
No, secondo questa sentenza della Corte di Cassazione, tale condotta non costituisce il reato di interferenze illecite nella vita privata previsto dall’art. 615-bis c.p., poiché l’automobile non è considerata un luogo di privata dimora.

Perché un’automobile non è qualificabile come ‘privata dimora’ in questo contesto?
La Corte di Cassazione ha stabilito che un’autovettura che si trova sulla pubblica via non rientra nei luoghi specificamente tutelati dall’art. 614 del codice penale (come l’abitazione o altri luoghi privati), a cui l’art. 615-bis fa esplicito riferimento.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte ha rigettato il ricorso della parte civile e ha confermato la sentenza di assoluzione emessa dalla Corte d’Appello, stabilendo che il fatto non costituisce reato. Di conseguenza, ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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