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Intercettazioni estere: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 31252/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due fratelli condannati per traffico di cocaina. I ricorrenti contestavano l’uso di intercettazioni estere ottenute dalla Francia, l’identificazione dei parlanti e l’applicazione della recidiva. La Corte ha confermato la piena utilizzabilità delle captazioni straniere secondo l’art. 270 c.p.p., ha ribadito che la perizia fonica non è obbligatoria per l’identificazione e ha ritenuto corretta la valutazione sulla recidiva, basata sulla continuità criminale e la pericolosità sociale degli imputati.

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Pubblicato il 23 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni Estere: la Cassazione Dichiara Legittimo l’Uso delle Prove dalla Francia

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha affrontato temi cruciali della procedura penale, in particolare l’utilizzabilità delle intercettazioni estere ottenute tramite cooperazione giudiziaria europea. La pronuncia chiarisce i requisiti per l’acquisizione di tali prove e ribadisce i principi consolidati in materia di identificazione dei parlanti e di valutazione della recidiva, offrendo importanti spunti di riflessione per gli operatori del diritto.

I Fatti del Processo

Il caso riguarda due fratelli condannati in primo e secondo grado per l’acquisto e la commercializzazione di un chilogrammo di cocaina. La Corte di Appello di Reggio Calabria aveva integralmente confermato la sentenza del Tribunale di Locri, basando la decisione anche sulle risultanze di captazioni acquisite dall’autorità giudiziaria francese tramite un Ordine europeo di indagine. Tramite il loro difensore, i due imputati hanno proposto ricorso per cassazione, articolando tre distinti motivi di censura.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha contestato la sentenza d’appello su tre fronti principali:

1. Illegittimità delle intercettazioni: Si lamentava la violazione di legge e il vizio di motivazione riguardo all’uso delle captazioni francesi. Secondo i ricorrenti, non sarebbero state rispettate le condizioni minime di tutela dei diritti degli imputati, con particolare riferimento alle modalità di acquisizione e alla conservazione delle registrazioni originali.
2. Inaffidabilità dell’identificazione: Veniva messa in dubbio l’affidabilità dell’identificazione dei due fratelli come i soggetti parlanti nelle conversazioni intercettate, definendo gli elementi utilizzati dall’autorità giudiziaria italiana come estremamente equivoci.
3. Errata applicazione della recidiva: Si contestava il riconoscimento dell’aggravante della recidiva, sostenendo che per uno dei fratelli i precedenti erano troppo risalenti e non indicativi di specifica pericolosità, mentre per l’altro, sebbene recente, il precedente era relativo a una vicenda del tutto sconnessa da quella in esame.

La Disciplina delle Intercettazioni Estere

La Corte di Cassazione, nel dichiarare i ricorsi inammissibili, ha fornito chiarimenti decisivi sull’uso delle intercettazioni estere. I giudici hanno stabilito che l’acquisizione delle risultanze di captazioni eseguite da un’autorità straniera trova la sua disciplina nell’art. 270 del codice di procedura penale e non nell’art. 234-bis. La sentenza impugnata aveva correttamente applicato i principi già affermati dalle Sezioni Unite (sent. n. 23756 del 2024), secondo cui i requisiti di legge erano stati ampiamente soddisfatti. Inoltre, la Corte ha respinto la doglianza sulla mancata trasmissione della copia forense del supporto informatico, precisando che una tale censura acquista rilevanza solo se accompagnata da una specifica allegazione sull’erroneità della decrittazione, cosa che nel caso di specie non è avvenuta.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha ritenuto i ricorsi manifestamente infondati. Per quanto riguarda l’identificazione dei parlanti, è stato ribadito il principio consolidato secondo cui il giudice non è obbligato a disporre una perizia fonica, potendo basare il proprio convincimento su altri elementi, come il contenuto delle conversazioni, il riconoscimento delle voci da parte della polizia giudiziaria o le intestazioni delle schede telefoniche. L’onere di fornire elementi oggettivi di segno contrario spetta alla parte che contesta l’identificazione. Nel caso specifico, la Corte ha giudicato logica e ben argomentata la motivazione della Corte d’appello, anche riguardo all’identificazione di uno dei fratelli come ‘il grande’.

Anche il motivo sulla recidiva è stato respinto. Per il primo fratello, la Corte ha evidenziato come, nonostante un precedente per droga fosse risalente, le successive condanne per rapine aggravate, mirate al conseguimento di un vantaggio economico, dimostrassero una pericolosità sociale non dissimile da quella del reato di spaccio. Per il secondo fratello, la pluralità di precedenti specifici in materia di droga, sia risalenti sia recenti, documentava una chiara continuità nel traffico di stupefacenti, giustificando pienamente il giudizio di maggiore allarme sociale.

Le Conclusioni

In conclusione, la Suprema Corte ha dichiarato entrambi i ricorsi inammissibili, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La sentenza rafforza la validità degli strumenti di cooperazione giudiziaria europea, come l’Ordine europeo di indagine, e conferma che le prove così acquisite, se conformi ai principi stabiliti dall’art. 270 c.p.p., sono pienamente utilizzabili nel processo penale italiano. La decisione ribadisce inoltre l’approccio pragmatico della giurisprudenza sull’identificazione vocale e sulla valutazione della pericolosità criminale ai fini della recidiva.

Come vengono disciplinate le intercettazioni estere nel processo penale italiano?
Secondo la Corte di Cassazione, l’acquisizione di risultanze di attività di captazione eseguite da un’autorità giudiziaria straniera trova la sua disciplina nell’art. 270 del codice di procedura penale e non nell’art. 234-bis. Se i requisiti di tale norma sono soddisfatti, le prove sono pienamente utilizzabili.

È sempre necessaria una perizia fonica per identificare chi parla in un’intercettazione?
No. La giurisprudenza consolidata afferma che il giudice non è obbligato a disporre una perizia fonica. Può basare la sua convinzione su altre circostanze, come il contenuto delle conversazioni, il riconoscimento delle voci da parte della polizia giudiziaria o le intestazioni delle schede telefoniche. Spetta a chi contesta l’identificazione fornire elementi oggettivi contrari.

Come viene valutata la recidiva quando i precedenti penali sono diversi dal reato attuale?
La Corte valuta la pericolosità sociale complessiva dell’imputato. Anche se i reati precedenti sono di natura diversa (es. rapina rispetto a spaccio), possono essere considerati rilevanti se appaiono giustificati da uno scopo simile (es. il conseguimento di un vantaggio economico) e indicano un’abitudine a delinquere, giustificando così l’aggravante della recidiva.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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