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Intercettazioni diverso procedimento: quando sono valide?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un indagato per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, confermando la custodia cautelare in carcere. Il caso verteva sull’utilizzabilità di intercettazioni da un diverso procedimento. La Corte ha stabilito che le prove decisive provenivano dal procedimento in corso, rendendo irrilevante la censura. Ha inoltre confermato che, per reati di tale gravità, vige una presunzione legale di adeguatezza della misura carceraria.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni in Diverso Procedimento: la Cassazione ne Definisce l’Utilizzabilità

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23055 del 2024, affronta una questione cruciale in materia di prove penali: l’utilizzabilità delle intercettazioni in un diverso procedimento. La decisione offre importanti chiarimenti sui limiti e le condizioni per l’uso di tali prove, ribadendo principi fondamentali a tutela del diritto di difesa ma anche dell’efficacia delle indagini. Il caso esaminato riguarda un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, per la quale un indagato aveva sollevato plurime eccezioni procedurali.

I Fatti di Causa

L’indagine trae origine da un’operazione più ampia, da cui emergeva l’esistenza di un sodalizio criminale dedito al traffico di cocaina. A seguito di uno stralcio investigativo, veniva avviato un nuovo procedimento focalizzato su un gruppo specifico. Le indagini, condotte tramite intercettazioni telefoniche e ambientali, GPS, e servizi di pedinamento, portavano all’emissione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di diversi soggetti, tra cui il ricorrente, accusato di essere un partecipe dell’associazione con compiti di custodia, confezionamento e spaccio al dettaglio.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa dell’indagato ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su cinque motivi principali:
1. Inutilizzabilità delle intercettazioni: Si sosteneva che le intercettazioni provenissero da un diverso procedimento, senza che tra i reati contestati nei due fascicoli sussistesse la necessaria “connessione qualificata” richiesta dalla giurisprudenza.
2. Violazione di legge: Si lamentava l’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate prima dell’iscrizione formale dell’indagato nel registro delle notizie di reato (ex art. 335 c.p.p.).
3. Insussistenza dei gravi indizi: Si contestava la mancanza di prove sufficienti a dimostrare una partecipazione consapevole e volontaria al reato associativo.
4. Carenza delle esigenze cautelari: Si riteneva che il tempo trascorso dai fatti avesse reso non più attuali le esigenze cautelari.
5. Inadeguatezza della misura: Si criticava la scelta della custodia in carcere come unica misura idonea, senza un’adeguata motivazione rispetto a misure meno afflittive.

L’Analisi delle Intercettazioni in un Diverso Procedimento

Il punto centrale del ricorso riguardava le intercettazioni da un diverso procedimento. La Suprema Corte ha ritenuto il motivo inammissibile, evidenziando un aspetto dirimente emerso già nella decisione del Tribunale del Riesame: le fonti di prova a carico del ricorrente non erano le intercettazioni del procedimento originario, bensì quelle disposte ed eseguite all’interno del presente procedimento. Il Tribunale aveva chiarito che, sebbene l’indagine fosse nata da uno stralcio, le operazioni captative decisive erano state autonomamente autorizzate nel fascicolo riguardante specificamente il sodalizio di cui era accusato di far parte il ricorrente. Di conseguenza, la complessa questione sulla connessione tra procedimenti diversi diventava irrilevante, poiché la prova era stata acquisita ritualmente nel contesto processuale corretto.

La Questione della Tardi Iscrizione nel Registro degli Indagati

Anche il secondo motivo è stato respinto. La Corte ha ricordato che, secondo la disciplina vigente prima della Riforma Cartabia (applicabile al caso di specie), l’eventuale ritardo nell’iscrizione del nome di un soggetto nel registro degli indagati da parte del Pubblico Ministero non comportava l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti. Tale principio consolidato stabilisce che il termine delle indagini preliminari decorre dalla data di iscrizione, e un eventuale ritardo, pur potendo avere conseguenze disciplinari per il magistrato, non inficia la validità delle prove raccolte.

le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, ritenendo infondati o inammissibili tutti i motivi. Oltre a risolvere la questione delle intercettazioni, i giudici hanno confermato la solidità del quadro indiziario relativo al reato associativo. Il Tribunale aveva adeguatamente motivato sulla base di elementi concreti: la stabilità del vincolo tra i consociati, la capacità operativa del gruppo, la disponibilità di mezzi (telefoni criptati, auto a noleggio, immobili per la custodia della droga) e un preciso organigramma con ruoli definiti. Il ruolo del ricorrente era emerso chiaramente dalle conversazioni in cui si rapportava direttamente con il capo del sodalizio.

Per quanto riguarda le esigenze cautelari e l’adeguatezza della misura, la Corte ha ribadito che per il reato di cui all’art. 74 D.P.R. 309/90 opera una duplice presunzione legale (ex art. 275, comma 3, c.p.p.): si presumono sia la sussistenza delle esigenze cautelari sia l’adeguatezza della sola custodia in carcere. Tale presunzione non era stata superata da prove contrarie fornite dalla difesa. Anzi, il Tribunale aveva ulteriormente rafforzato la motivazione indicando elementi specifici di pericolosità, come la gravità dei fatti e il ruolo primario del ricorrente, che in occasione del suo arresto non aveva esitato a convincere il fratello incensurato ad assumersi la responsabilità per la droga trovata.

le conclusioni

La sentenza ribadisce l’importanza di fondare le eccezioni procedurali su un’analisi accurata degli atti processuali. La doglianza principale del ricorrente si è rivelata infondata non per un’interpretazione giuridica, ma perché basata su un presupposto di fatto errato, ovvero che le prove provenissero da un altro fascicolo. Inoltre, la decisione conferma la forza della presunzione di pericolosità prevista dal legislatore per i gravi reati associativi legati al narcotraffico, che rende particolarmente arduo per la difesa ottenere misure cautelari diverse dal carcere in assenza di elementi concreti che dimostrino un’effettiva rescissione dei legami con l’ambiente criminale.

Quando sono utilizzabili le intercettazioni provenienti da un diverso procedimento penale?
La sentenza chiarisce che la questione si pone solo se le prove decisive provengono effettivamente da un altro procedimento. In questo caso, è stato accertato che le intercettazioni a carico del ricorrente erano state disposte nel procedimento in corso, rendendo la questione irrilevante. Il principio generale, comunque, richiede un forte legame (connessione qualificata) tra i reati dei due procedimenti.

La tardiva iscrizione di un indagato nel registro delle notizie di reato rende inutilizzabili le indagini svolte prima?
No. Secondo la disciplina applicabile ai fatti (anteriore alla Riforma Cartabia), un ritardo nell’iscrizione da parte del Pubblico Ministero non determinava l’inutilizzabilità degli atti di indagine. La giurisprudenza consolidata ritiene che tale ritardo, pur se anomalo, non infici la validità delle prove raccolte.

Perché è stata confermata la misura della custodia cautelare in carcere per un’associazione dedita al traffico di droga?
Perché per il reato associativo finalizzato al traffico di stupefacenti (art. 74 D.P.R. 309/90) la legge prevede una duplice presunzione: la sussistenza delle esigenze cautelari e l’adeguatezza della sola misura carceraria. Il Tribunale ha ritenuto che la difesa non avesse fornito elementi concreti per superare tale presunzione, anzi ha evidenziato la particolare pericolosità dell’indagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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