Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 23055 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 23055 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 22/11/2023 del TRIB. LIBERTA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sentite le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE ha confermato l’ordinanza con la quale il Giudice per le Indagini Preliminari di RAGIONE_SOCIALE aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura della ‘t 2custodia cautelare in carcere in ordine reato di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309, commesso in Grottafferrata sino al 2020 e tutt’ora in corso e in ordine a plurimi delitti scopo (n.18) di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/90, commessi in Rocca di Papa nel mese di marzo e aprile 2020.
Il Tribunale ha dato atto che le indagini, attuate attraverso intercettazioni telefoniche e ambientali, geolocalizzazioni GPS, servizi di osservazione e pedinamento, sequestri ed arresti, avevano consentito di accertare l’esistenza di un’associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, capeggiata dai coindagati NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, operante in Grottaferrata. Nell’ambito di tale associazione era emersa la figura del ricorrente COGNOME, quale partecipe, incaricato di custodire e confezionare la sostanza stupefacente e di smerciarla al minuto.
Contro l’ordinanza, l’indagato, a mezzo del difensore, ha proposto ricorso e formulato cinque motivi.
2.1.Con il primo motivo ha dedotto la violazione di legge ed in specie degli artt. 270 e 271 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per avere l’ordinanza impugnata ritenuto infondata la questione della inutilizzabilità delle intercettazione telefoniche ed ambientali autorizzate nel diverso procedimento. Il difensore osserva che l’ordinanza impugnata ha esordito escludendo che le fonti indiziarie a carico del ricorrente siano costituite dalle intercettazioni disposte nel proc. n. 9430/2018, per poi affermare in ogni caso la sussistenza della connessione qualificata ex art. 12 cod. proc. pen, e richiamare la sentenza delle Sezioni Unite Cavallo, senza spiegare in che termini i due procedimenti siano connessi.
In proposito il difensore osserva che le Sezioni Unite Cavallo, nell’individuare il criterio di connessione che deve sussistere tra il reato in relazione al quale l’autorizzazione all’intercettazione era stata disposta ed il reato emerso grazie ai risultati di tale intercettazione, ha ritenuto che solo nel caso in cui fra fatti, storicamente diversi, ricorra la connessione c.d. forte o sostanziale prevista dall’art. 12 cod. proc. pen., e sempre che i reati emersi rientrino nei limiti di ammissibilità previsti dall’art. 266 cod. proc. pen., non si versi nell’ipotesi d diverso procedimento e che a tale fine non rileva il mero collegamento ex art. 371 cod. proc. pen. comma 2 lett. b) e c) cod. proc. pen..
Il Tribunale, dunque, non avrebbe spiegato in che senso i reati per i quali erano state autorizzate le intercettazioni e i reati ascritti al ricorrente fossero legati da connessione qualificata.
Anche con riferimento al requisito della indispensabilità delle intercettazioni disposte nel diverso procedimento ai fini dell’accertamento dei reati per cui si procede in questa sede, la motivazione dell’ordinanza sarebbe carente.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge per avere la ordinanza impugnata ritenuto utilizzabili le intercettazioni x pur in assenza delle iscrizioni dell’indagato nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. e dei provvedimenti di proroga delle indagini. Il ricorrente osserva che le iscrizioni erano, comunque, successive rispetto al momento in cui l’attività investigativa era stata svolta: alla data di iscrizione, 10 febbraio 2020, erano già state svolte indagini, in violazione della normativa europea ed in particolare dell’ art. 6 par. 1 Cedu, che detta i principi della ragionevole durata del processo e del diritto di difesa. Il difensore richiama la sentenza sez. 5 n. 32767 del 2021, con cui è stata sancita la inutilizzabilità degli esiti di indagini non preceduti dalla iscrizione dell’indagato; sentenza ez. 2,n. 17214 del 13.2.2020 secondo cui la questione sulla irritualità della iscrizione è immediatamente incidente sulla validità ed utilizzabilità degli atti posti a base del giudizio di responsabilità; la sentenza Sez U. del 24.6.2020, COGNOME, secondo cui il difetto di autorizzazione alla riapertura delle indagini mediante reiscrizione determina l’inutilizzabilità degli atti di indagine compiuti dopo il provvedimento di archiviazione e prima ancora sullo stesso tema la sentenza Sez U n. 9 del 22.3.2000, COGNOME.
2.2. Con il terzo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato associativo. Il ricorrente richiama i principi dettati dalla giurisprudenza di legittimità in relazione alla distinzione fra reato associativo e concorso di persone del reato ed agli elementi che devono sussistere affinché sia configurabile il primo e conclude nel senso che il Tribunale non avrebbe indicato alcuna circostanza specifica indicativa della partecipazione consapevole e volontaria del ricorrente alla associazione contestata.
2.4. Con il quarto motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. Il difensore osserva che, stante la distanza temporale fra i fatti e l’applicazione della misura, il Tribunale avrebbe dovuto soffermarsi in ordine alla attualità delle esigenze cautelari.
2.5. Con il quinto motivo, ha dedotto la violazione di legge per non avere l’ordinanza impugnata motivato in ordine alle ragioni della ritenuta inadeguatezza
della misura degli arresti domiciliari accompagnata da idonei strumenti di controllo.
Nel corso della discussione orale le parti hanno concluso come indicato in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso deve essere rigettato.
Il primo motivo, relativo alla inutilizzabilità delle risultanze del intercettazioni telefoniche, è inammissibile in quanto reiterativo della stessa censura già formulata in sede di impugnazione, in assenza di confronto con il percorso argomentativo della ordinanza impugnata.
2.1.11 Tribunale ha premesso che il procedimento aveva preso avvio con un provvedimento di stralcio del Pubblico Ministero del 7 ottobre 2019 sulla scorta delle risultanze acquisite in altra indagine denominata “Tritone” e compendiate nell’informativa del RAGIONE_SOCIALE del 4 ottobre 2019, da cui era emersa l’esistenza di sodalizio finalizzato al traffico di stupefacent5 operante in Anzio, Nettuno e territori limitrofi dal marzo 2019, per il quale erano stati iscritti nel registro degli indagati diversi soggetti; con il provvedimento d stralcio era stata disposta l’acquisizione al presente procedimento della citata informativa e della copia dei fascicoli delle intercettazioni RIT nn. 2729/18 e 1315/19, relativi all’utenza in uso all’indagato NOME COGNOME ed alla autovettura nella sua disponibilità.
In ordine alla eccezione di inutilizzabilità delle intercettazioni disposte nel procedimento originario, per difetto della connessione qualificata fra i reati ivi contestati e quelli oggetto del presente procedimento, il Tribunale ha ritenuto dirimente il dato per cui le fonti indiziarie a carico del ricorrente non erano costitute dalle intercettazioni disposte nel procedimento originario (n. 9430/18 RGNR di cui ai RIT nn. 2729/18 e 1315/19 ), bensì dall’attività di indaginP e di intercettazione disposte nel presente procedimento (RIT nn. 5573/19, 7137/19, 5644/19, 7140/19, ROS n. 55/20). Sebbene quest’ultimo fosse stato originariamente iscritto in data 7 ottobre 2019 in ordine al reato associativo di cui all’art. 74 d.P.R t GLYPH .titi n. 309/90 of:,>,e,5i-.9.t . GLYPH Anzio iNettuno e territori limitrofi nei confronti di COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, le successive indagini, ivi comprese le operazioni di intercettazione, avevano consentito di accertare l’esistenza di un diverso sodalizio finalizzato al traffico di stupefacenti, operante in Grottaferrata e il ricorrente è stato ritenuto
partecipe. Ne consegue- ha osser ,, , ato H Tribunale- che le intercettazioni disposte nel procedimento originario avevano riguardato altri indagati e non facevano parte del compendio indiziario a sostegno della applicazione della misura nei confronti di COGNOMECOGNOME
In ogni caso -ha proseguito il Tribunale- la utilizzabilità delle intercettazioni dell’originario procedimento nel presente procedimento discendeva non già dalla connessione fra i reati, bensì dalla loro indispensabilità per l’accertamento di reati per cui era previsto arresto obbligatorio in flagranza e la motivazione sulla indispensabilità poteva essere desunta anche implicitamente attraverso l’attribuzione di specifica rilevanza alle risultanze indicate. Al momento della formazione del nuovo procedimento ricorreva, secondo i giudici, il requisito della indispensabilità, posto che dalle intercettazioni disposte nel diverso procedimento sulle utenze in uso a NOME COGNOME e sulla sua vettura erano emersi sufficienti indizi di un sodalizio dedito al traffico di droga, radicato nel litorale romano, di cui facevano parte gli indagati già identificati e ulteriori soggetti in corso d identificazione, in grado di importare ingenti quantitativi dal Sud America.
2.2. Il percorso argomentativo adottato dal Tribunale, coerente con i dati riportati, sfugge alle censure articolate dal ricorrente. Il difensore, nel ribadire l inutilizzabilità delle originarie intercettazioni, non si confronta con il passaggio della motivazione, dirimente e pertanto assorbente rispetto alle questioni giuridiche proposte, in cui si dà atto che i gravi indizi di colpevolezza nei confronti di COGNOME erano stati tratti dalle intercettazioni autorizzate e prorogate nel presente procedimento, né indica quali, fra le telefonate intercettate nel procedimento originario, sarebbero state ritenute rilevanti nei suoi confronti.
Il secondo motivo, con cui si censura la utilizzabilità delle intercettazioni in quanto disposte prima della iscrizione del ricorrente nel registro degli indagati, è infondato.
3.1. In proposito il Tribunale ha osservato che COGNOME era stato iscritto nel registro ex art. 335 cod. proc. pen. in ordine al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90 (accertato in Rocca di Papa e territori limitrofi in data 20 cembre 2019), in data 10 febbraio 2020 a seguito della informativa della polizia giudiziaria del 6 febbraio 2020. I termini delle indagini preliminari erano stati prorogati con successivi decreti, l’ultimo dei quali in data 16 febbraio 2023, quando il Pubblico Ministero aveva disposto l’aggiornamento delle iscrizioni a carico di tutti gli indagati e quindi anche di COGNOME, oltre che per il reato di cui all’art. 74, anche per le ipotesi di reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309/90. Ciò premesso, i giudici hanno, comunque, rilevato che dovevano essere considerati utilizzabili gli esiti delle intercettazioni autorizzate con i decreti in at
dell’attività di videosorveglianza, mediante installazione di telecamere nella zona antistante il garage all’interno del complesso residenziale in uso al coindagato NOME COGNOME, ove dimorava anche COGNOME, in conformità all’indirizzo della giurisprudenza di legittimità con riferimento alla disciplina vigente fino alla entrata in vigore della c.d. Riforma Cartabia, che ha introdotto un sistema di controllo giurisdizionale delle iscrizioni.
3.2. La motivazione adottata, anche sotto tale profilo, è esente dai vizi lamentati.
L’art. 88 bis del d.lgs n. 150/2022 prevede che le disposizioni di cui agli artt. 335 ter e quater, 407 bis e 415 ter cod. proc. pen. non si applicano ai procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2022) in relazione alle notizie di reato delle quali il Pubblico Ministero ha già disposto l’iscrizione nel registro di cui all’art. 335 cod. proc. pen. Nel caso di specie il presente procedimento era già pendente alla data di entrata in vigore della Riforma Cartabia e il nominativo del ricorrente era stato iscritto nel registro indagati in data 10 febbraio 2020 per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309/90, sicchè ai reati fine, collegati per ragioni di connessione qualificata con quello associativo, pure se iscritti in epoca successiva alla entrata in vigore del d.lgs n. 150/2022, non potevano comunque applicarsi le disposizioni sopra richiamate.
Nella vigenza della disciplina anteriore rispetto a quella introdotta dalla Riforma Cartabia, come rilevato nello stesso provvedimento impugnato, la giurisprudenza di legittimità aveva chiarito che “Il termine di durata delle indagini preliminari decorre dalla data in cui il pubblico ministero ha iscritto, nel registro delle notizie di reato, il nome della persona cui il reato è attribuito, senza che al G.I.P. sia consentito stabilire una diversa decorrenza, sicché gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall’art. 407, comma terzo, cod. proc. pen., fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l’iscrizione (Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244376 01; sez. 6, n. 4844 del 14/11/2018, dep. 2019. Ludovisi, Rv. 275046).
Il terzo motivo, con cui si contesta la ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo, è inammissibile per difetto di specificità o comunque manifestamente infondato.
4.1.Si deve ricordare che “in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso
ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito” (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01). L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è, quindi, rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato. Ne consegue che non sono consentite censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze esaminate dal giudice dì merito (quanto al contenuto essenziale dell’atto di impugnazione, pare sufficiente richiamare il consolidato orientamento di questa Corte di legittimità, rinviandosi sez. 6 n. 8700 del 21/01/2013, Rv. 254584, in motivazione; Sezioni Unite n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822, sui motivi d’appello, ma i cui principi possono applicarsi anche al ricorso per cassazione).
4.2. Così ricostruito il perimetro del sindacato di legittimità, si osserva che il Tribunale ha tratto la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato associativo da plurimi elementi ed in particolare ( pagg. 8 e 9 della ordinanza):
dalla stabilità del vincolo fra i consociati, comprovata dalla pluralità di reati scopo (oltre cinquanta nel periodo compreso fra il novembre 2019 e l’aprile 2020), indicativa di una organizzazione operativa da tempo;
dalla capacità operativa del sodalizio, in grado di riorganizzarsi prontamente a fronte di sopravvenute difficoltà, come dimostrato in occasione dell’arresto di COGNOME, dei fratelli COGNOME (tra cui il ricorrente) e di NOME COGNOME avvenuto il 2 aprile 2020, quando gli indagati si coordinavano rapidamente per fronteggiare il processo e per informare il capo anche del sequestro dello stupefacente;
dalla disponibilità di mezzi atti lo scopo tra cui telefoni, alcuni criptati associati a schede sinn attivate presso lo stesso dealer e rinnovate in modo costante; autovetture a noleggio intestate a terze persone che venivano sistematicamente bonificate per verificare l’eventuale installazione di apparati di intercettazione; immobile deputato alla custodia e al confezionamento dello stupefacente sito in Rocca di Papa;
dalla sussistenza di diversi e stabili canali di approvvigionamento dello stupefacente comprovati dalla disponibilità di significativi quantitativi di sostanza stupefacente;
dalla esistenza di un preciso organigramma, in cui i ruoli dei singoli associati erano ripartiti e delineati.
Con riferimento al ruolo di COGNOME COGNOME interno della compagine associativa, il Tribunale ha richiamato le plurime conversazioni telefoniche nel corso delle quali t si rapportava con il capo COGNOME (con cui peraltro condivideva anche l’appartamento adibito, oltre che ad abitazione, anche a luogo di custodia e confezionamento dello stupefacente) in relazione alla gestione dello spaccio, alla tenuta della contabilità, all’acquisto e prelievo della droga presso il principale fornitore, NOME COGNOME, nonché i diciotto reati scopo in cui era risultato coinvolto in concorso con COGNOME e, in alcune occasioni, anche con altri associati.
4.3. La motivazione adottata è esaustiva e coerente con le risultanze riportate, sicché non si presta ad essere censurata. Il motivo, di contro, richiama i precedenti di legittimità relativi alla configurabilità del reato associativo, senza alcuno specifico aggancio al caso concreto e senza contrapporre al percorso argomentativo del Tribunale alcuna ragione di fatto e di diritto.
Il quarto motivo, con cui si censura la ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari, è infondato.
Invero, è assorbente rilevare che il titolo cautelare concerne il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, in ordine al quale è sancita la ‘doppia’ presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza, prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.. In tale ipotesi, dunque, è la stessa presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere, salvo ‘prova contraria’, sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fondare un giudizio, formulato in astratto ed ex ante dal legislatore, di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 3, n. 33051 del 08/03/2016, Barra, Rv. 268664). Si è così messo in rilievo che in caso di contestazione dei reati per i quali opera la presunzione la stessa possa essere superata solo dalla prova della rescissione dei legami con l’organizzazione criminosa, non essendo invece richiesto un giudizio di attualità delle esigenze cautelari già insito nella disposizione speciale di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. ( Sez. 5, n. 35847 del 11/06/2018, C, Rv. 274174): in assenza di tali elementi, il giudice della cautela non ha l’onere di argomentare in ordine alla sussistenza o permanenza delle esigenze cautelari ancorché sia decorso un notevole lasso di tempo tra i fatti contestati in via provvisoria all’indagato e l’adozione della misura cautelare” ( Sez. 1, n. 24135 del 10/05/2019, COGNOME, Rv. 276193; Sez. 1, n. 23113 del 19/10/2018, dep. 2019, Fotia, Rv. 276316).
Ciò premesso, nel caso di specie il Tribunale ha richiamato la doppia presunzione, ma ha anche indicato in positivo gli elementi da cui trarre il pericolo di recidivanza. Dal punto di vista oggettivo sono stati valorizzati la gravita del fatto nelle sue modalità concrete, il ruolo di primo piano rivestito dal ricorrente,
quale diretto collaboratore del capo e promotore del sodalizio, la partecipazione ad una pluralità di reati fine, in uno alla sua risalente collaborazione nei traffici illeciti con COGNOME. Dal punto di vista soggettivo, sono stati rimarcati l’assenza di resipiscenza e di elementi concreti per ritenere che abbia preso le distanze dal circuito criminale dedito al narcotraffico, la particolare spregiudicatezza, come emerso in occasione del suo arresto, il 2 aprile 2020, allorché non aveva esitato convincere l’altro fratello, unico privo di precedenti, ad assumersi la responsabilità per lo stupefacente rinvenuto in casa. A fronte di tali elementi, la circostanza che il sodalizio fosse risultato operativo sino al 2020, peraltro solo in ragione degli arresti eseguiti, non consentiva- secondo il Tribunale- di ritenere venute le esigenze cautelari. Né il pericolo di recidiva poteva ritenersi escluso dalla documentata attività lavorativa, posto che dagli atti allegati dalla difesa emergeva che detta attività era stata intrapresa solo nel marzo del 2023.
5.1. La motivazione adottata è conforme ai principi sopra richiamati, mentre le censure del ricorrente non valgono a incrinare la tenuta logica delle analitiche e dettagliate valutazioni del provvedimento impugnato.
Il quinto motivo, con cui si contesta la carenza di motivazione in ordine alla ritenuta idoneità solo della misura massimamente afflittiva al soddisfacimento delle esigenze cautelari, è manifestamente infondato.
Come detto, il reato GLYPH associativo per cui si procede è assistito dalla presunzione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere, che il Tribunale ha ritenuto non essere stata vinta da alcuna concreta allegazione. I giudici hanno, anzi, sottolineato come solo il carcere possa inibire in concreto i contatti con i correi, tenuto conto anche dei legami famigliari esistenti fra molti degli associati e del radicamento del gruppo in una dimensione territoriale circoscritta, tale da favorire incontri e contatti e, indi, nuove occasioni di reiterazione del reato.
Il GLYPH giudizio del Tribunale del riesame GLYPH sull’inadeguatezza degli arresti domiciliari a contenere il pericolo della reiterazione criminosa, per la sua natura di valutazione assorbente e pregiudiziale, costituisce pronuncia implicita sulla impossibilità di impiego di uno degli strumenti elettroni4 di controllo a distanza previsti dall’art. 275-bis cod. proc. pen. (Sez. 2, n. 31572 del 08/06/2017 – dep. 26/06/2017, COGNOME, Rv. 270463; Sez. 3, n. 43728 del 08/09/2016 – dep. 17/10/2016, L, Rv. 267933).
6.AI rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Si dispone la trasmissione degli atti alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 94 ter disp. att. cod. proc. pen.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 94 ter disp. att. cod. proc. pen.
Deciso il 4 aprile 2024