Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5087 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5087 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato ad Andria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza dell’ 08/06/2023 del Tribunale di Bari
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
sentita la relazione svolta dalla Consigliera NOME COGNOME;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del motivo di ricorso relati all’inutilizzabilità delle intercettazioni alla luce dell’art. 1 del d. I. 10 agosto n. 105, convertito con la I. del 9 ottobre 2023, n. 137 da ritenersi norma di interpretazione autentica e per l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata limitatamente all’attualità delle esigenze cautelari;
sentito l’ avvocato COGNOME, anche in sostituzione dell’avvocato COGNOME, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso e in subordine, con riferimento al primo motivo, ha chiesto di rimettere alle Sezioni unite la questione relativa all’inutilizzabilità delle intercettazioni alla luce del 1 del d. I. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con la I. del 9 ottobre 2023, n. 137 di cui contesta la legittimità costituzionale in relazione all’art. 15, comma secondo, Cost.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Bari, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere, applicata al ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, per il reato di cui all’ art. 74, commi 1,2, 3 e 4 d.P.R. n. 309 del 1990 aggravato anche dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo 1) quale partecipe del RAGIONE_SOCIALE operante ad Andria con il compito di dirigere e organizzare l’RAGIONE_SOCIALE nei periodi di libertà e diritto di periodica percezione di una quota degli illeciti prof
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore, articolando cinque motivi, di seguito indicati nei limiti strettamente necessari alla motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. coord. cod. proc. pen.
2.1. Il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 266, 267 e 271 cod. proc. pen. per inutilizzabilità del intercettazioni ambientali eseguite presso l’abitazione privata del coindagato NOME COGNOME, ritenute erroneamente confermate dalle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia NOME COGNOME, prive di attendibilità e risco i nd ivid ualizzanti.
Il ricorso ha riportato il contenuto della memoria difensiva depositata al Tribunale del riesame in cui si contesta la sussistenza delle condizioni di applicazione del regime derogatorio previsto dall’art. 13 d. I. n. 152 del 1999 nonché l’assenza delle ragioni sottese alla necessità di procedere all’intercettazione ambientale. Infatti, nella specie, il fatto storico delle imputazi provvisorie riguardava il reato di detenzione e utilizzo di sostanze esplosive ed il delitto di danneggiamento, aggravati dal metodo RAGIONE_SOCIALE, tanto da difettare il presupposto del fondato motivo che nell’abitazione di NOME COGNOME si stesse svolgendo l’attività criminosa e in assenza della formale contestazione della fattispecie associativa alla luce della delimitazione operata dalla sentenza della Corte di cassazione numero 34895 del 30 marzo 2022. Il Tribunale del riesame ha erroneamente rigettato l’eccezione rilevando l’applicabilità del nuovo regime di cui all’art. 266, comma 2-bis, cod. proc. peri., entrato in vigore il 1 settembre 2020, visto che il decreto autorizzativo di cui si eccepisce l’inutilizzabilità è st emesso il 2 marzo 2020 cioè in un procedimento la cui iscrizione è certamente anteriore.
Il ricorso, inoltre, contesta il requisito della necessità di svolgere indagini e il collegamento tra l’originaria contestazione cautelare (relativa all’attentat dinamitardo in danno del carabiniere COGNOME, aggravata dal metodo RAGIONE_SOCIALE),
per la quale il pubblico ministero aveva richiesto le intercettazioni all’intern dell’abitazione di NOME, che all’epoca si trovava agli arresti domiciliari, e fattispecie associativa contestata al COGNOME.
Infatti, i decreti autorizzativi erano privi di una motivazione che comprovasse il coinvolgimento di NOME nell’attentato, come peraltro dimostrato con gli esiti del primo periodo di intercettazione, ciononostante il Tribunale del riesame, con argomenti apparenti ed inconferenti, aveva evidenziato che i presupposti indiziari per l’autorizzazione delle intercettazioni risultassero dalla denuncia della vittima che, peraltro, aveva fatto riferimento non a NOME COGNOME, ma al padre NOME.
2.2. Il secondo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 cod. proc. pen. e 74 d. P.R. n. 309 del 1990 in quanto il provvedimento impugnato si era limitato a ritenere sussistente la piattaforma indiziaria della partecipazione associativa in base alle dichiarazioni della collaboratrice di giustizia NOME COGNOME, prive di attendibilità e risco individualizzanti, specie considerando che aveva riferito di essere entrata nel RAGIONE_SOCIALE dal 2017 inoltrato; che NOME COGNOME dal 7 dicembre 2018 era stato incessantemente in stato di detenzione e non vi erano interlocuzioni dirette tra NOME COGNOME e NOME COGNOME o altri coindagati.
Anche la percezione di somme di denaro non risultava dimostrata, non bastando a tal fine che le avesse percepite la moglie per il richiamo generico alle numerose intercettazioni.
2.3. Il terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 416-bis.1 cod. pen., sia nella forma della finalità agevolativa ch in quella del metodo RAGIONE_SOCIALE. Quest’ultimo in ordine al reato associativo riguarderebbe esclusivamente il metodo RAGIONE_SOCIALE che, secondo la giurisprudenza di legittimità, richiede l’evocazione della forza intimidatrice del vincolo capace d determinare una coartazione psicologica non risultante nella specie visto che il provvedimento impugnato si è limitato ad indicare una serie di elementi di fatto di non univoco significato risalenti a trent’anni prima la consumazione dei delitti e comunque riferibili alla sola natura ambientale e territoriale. Anche il richiamo allo svolgimento continuativo delle attività illecite del RAGIONE_SOCIALE non risulta comprovato in assenza di sequestri o cessioni al dettaglio, così come non è bastevole né che 2 dei 15 indagati fossero coinvolti in procedimenti di mafia, ré la conversazione citata alle pagine 47-49 rappresentativa di un’organizzazione RAGIONE_SOCIALE dedita al narcotraffico e non di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Inoltre, la volontà di NOME di mantenere i rapporti equilibrati con le contrapposte fazioni dimostra che l’RAGIONE_SOCIALE non aveva mire espansionistiche con modalità violente come risulta a pagina 119 dell’ordinanza. Anche gli episodi riportati a pagina 50 del provvedimento non risultano connessi con il delitto di cui
al capo 1) trattandosi di un litigio per questioni personali estranee al programma associativo e che comunque non hanno mai coinvolto NOME COGNOME.
Il ricorrente, infatti, risponde del delitto associativo per i profitti acqu senza che risulti la sua consapevolezza ed il metodo RAGIONE_SOCIALE.
In ordine all’aggravante nella forma del fine di agevolare l’RAGIONE_SOCIALE mafiosa il provvedimento impugnato richiama il RAGIONE_SOCIALE ed una serie di fatti di sangue estranei al fatto oggetto di esame e agli indagati di esso. Inoltre, il richiamo operato alla cosiddetta operazione Caste! del Monte era del tutto improprio vista l’estraneità del ricorrente da quel RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE operante in Andria sino al 2006 e considerato che tutte le sentenze successive riguardavano il traffico di stupefacenti senza l’aggravante mafiosa.
2.4. Il quarto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 125, comma 3, e 309 cod. proc. pen. e 416-bis.1 cod. pen. per motivazione apparente in quanto il provvedimento impugnato non ha motivato, se non in modo assertivo, circa la consapevolezza e la volontà del ricorrente, all’epoca delle condotte contestate detenuto, di volere accrescere la capacità operativa dell’RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE di appartenenza.
2.5. Il quinto motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’ art. 274 cod. proc. pen. in quanto il Tribunale ha valutato le esigenze cautelari in modo cumulativo e in assenza di motivazione.
3. In data 6 novembre 2023 sono pervenute due memorie.
Nella prima viene approfondito il tema delle intercettazioni svolte nel presente processo con il NUMERO_DOCUMENTO alla luce del d.l. n. 105 del 2023, come convertito, sostenendosi, innanzitutto, la non qualificabilità dei delitti contestati al ricorre come di criminalità organizzata non bastando a tal fine la sola contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che prescinde dall’esistenza di un qualsiasi collegamento con una stabile organizzazione; in secondo luogo, dopo avere delineato lo stato della giurisprudenza e della dottrina sulla definizione di criminalità organizzata, ha ritenuto che il d.l. n. 105 del 2023, come convertito, abbia valenza innovativa e non interpretativa e, in forza del dato letterale, esclude qualsiasi convalida e sanatoria per le prove acquisite sotto la vigenza della precedente normativa, tale da determinarne l’inutilizzabilità; in terzo luogo ha censurato il decreto autorizzativo del Giudice per le indagini preliminari in assenza di qualsiasi rapporto tra colui che era intercettato (NOME COGNOMECOGNOME e i fatti oggett delle indagini.
La seconda memoria difensiva, invece, riguarda la chiamata di correo di NOME COGNOME sulla quale il Tribunale del riesame non ha operato la necessaria valutazione di attendibilità, intrinseca ed estrinseca, delle dichiarazioni oltre ch
di credibilità soggettiva visto che la collaborazione è intervenuta dopo l’esecuzione del provvedimento cautelare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Il primo motivo deduce questioni concernenti le intercettazioni, ambientali e con captatore informatico, poste a fondamento del quadra indiziario che ha determinato l’emissione del titolo cautelare.
2.1. Per rispondere alle doglianze è opportuno delineare lo sviluppo dell’attività investigativa che ha condotto all’emissione della misura cautelare confermata dal provvedimento impugnato.
Dopo avere subìto un attentato dinamitardo, NOME COGNOME, vice brigadiere dell’arma dei carabinieri, aveva denunciato di avere condotto negli ultimi anni indagini che avevano portato all’arresto di appartenenti all’RAGIONE_SOCIALE mafiosa facente capo alle famiglie RAGIONE_SOCIALE, nonché al sequestro di armi e droga, ritenendo, pertanto, che sussistessero propositi vendicativi e ritorsivi in particolare per le attività compiute nei confronti di NOME COGNOME, della famiglia COGNOME e di NOME COGNOME, padre di NOME NOME già condannato quale partecipe di un’RAGIONE_SOCIALE dedite al narcotraffico e all’epoca ristretto in regime di detenzione domiciliare.
In forza di detti elementi il Pubblico ministero il 2 marzo 2020 otteneva dal Giudice per le indagini preliminari il decreto autorizzativo (che a pag. 5 riportava ampi stralci della denuncia del vice brigadiere COGNOME) sia per svolgere intercettazioni ambientali tra presenti nell’abitazione di NOME COGNOME – all’epoca in regime di detenzione domiciliare – sia per utilizzare un captatore informatico, formulando, contro ignoti, imputazioni per delitti in materia di armi, aggravati dall’art. 416-bis.1 cod. pen..
Nel corso di dette intercettazioni, anziché emergere elementi per individuare gli autori dell’attentato dinamitardo, era emerso un ricco compendio indiziario in ordine alla sussistenza del RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dedito al traffico d stupefacenti nel territorio di Andria.
Il ricorso sostiene che, nella specie, mancassero i presupposti per svolgere le intercettazioni poste a base della misura cautelare applicata a NOME COGNOME e svolte secondo il regime derogatorio previsto per i delitti di crimnalità organizzata in quanto i delitti per i quali le intercettazioni erano state autorizzate non rientravano tra quelli di “criminalità organizzata”.
2.2. Per affrontare la questione, è necessario delineare il quadro, giuridico ed interpretativo, dell’intercettazione di comunicazioni tra presenti (ambientale o mediante l’installazione di un captatore informatico in un dispositivo elettronico) nei procedimenti per delitti di “criminalità organizzata”.
Come è noto, per questi trova applicazione la disciplina di cui all’art. 13 del d.l. n. 151 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, che consente la captazione anche nei luoghi di privata dimora, senza necessità di preventiva individuazione ed indicazione di tali luoghi e prescindendo dalla dimostrazione che siano sedi di attività criminosa in atto. Diversamente, ai sensi dell’art. 266, comma 2, codice di rito, se detti delitti avvengono in uno dei luoghi ndicati dall’art. cod. pen., le intercettazioni tra presenti sono consentite solo se vi sia fondato motivo di ritenere che ivi si stia svolgendo l’attività criminosa.
A fronte dell’indeterminatezza del dato normativo di cui all’art. 13 e dell’assenza di una nozione giuridica unitaria di “criminalità organizzata”, in sede applicativa si è posto il problema di individuare, in termini di certezza, la categori dei delitti riconducibili a tale nozione per delimitare l’area operativa dello specia regime derogatorio delle intercettazioni.
Il contrasto che ha visto opposti orientamenti è stato composto dalle Sezioni Unite con la sentenza COGNOME che ha sancito il seguente principio di diritto: “per reati di criminalità organizzata devono intendersi non solo quelli elencati nell’art 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., ma anche quelli comunque facenti capo a un’RAGIONE_SOCIALE per delinquere, ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato”.
Sulla base di tale pronuncia il regime derogatorio previsto dall’art. 13 cit. stato ritenuto applicabile, oltre che ai reati associativi, anche ai re monosoggettivi indicati all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., o a quelli aggravati dal metodo RAGIONE_SOCIALE, dalla finalità di agevolare un’RAGIONE_SOCIALE mafiosa o commessi con finalità di terrorismo.
La I Sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34895 del 2022, ha diversamente interpretato la decisione delle Sezioni Unite, ritenendo che la parte enunciativa della pronuncia richiamasse l’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, codice di rito che “non può che intendersi riferito ai delitti associativi annoverat quell’elenco, e non, anche, ai delitti non associativi, per quanto commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p., ovvero al fine agevolare l’attività delle associazioni previste nel suddetto articolo” (Sez. U, n 26889 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266906-01).
Secondo tale pronuncia, pertanto, ai fini dell’art. 13, d.l. n. 152 del 1991, delitti riconducibili alla nozione di criminalità organizzata richiedono, qua indefettibile elemento, una fattispecie associativa, anche comune, non potendo, in
assenza di questa, ritenersi consentito disporre le intercettazioni ai sensi della citata disposizione.
Nonostante il menzionato orientamento fosse rimasto del tutto isolato, ma temendosi una situazione di incertezza in ordine all’esatto ambito applicativo dell’art. 13 è stato emanato il d. I. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con la I. del 9 ottobre 2023, n. 137 («Conversione in legge del decreto-legge 10 agosto 2023, n. 105, recante disposizioni urgenti in materia di processo penale, di processo civile, di contrasto agli incendi boschivi, di recupero dalle tossicodipendenze, di salute e di cultura, nonché in materia di personale della magistratura e della pubblica amministrazione»), che senza modificare direttamente l’art. 13 del d.l. n. 152 del 1991, convertito con modificazioni, in I. n. 203 del 1991, è intervenuto per definirne con precisione il perimetro.
Con l’art. 1, comma 1, d.l. n. 105 del 2023, il legislatore,, senza fornire una definizione della locuzione “delitti di criminalità organizzata”, ha stabilito in termi univoci che l’art. 13 include anche i reati monosoggettivi indicati all’art. 51, commi 3-bis e 3quater cod. proc. pen., e cioè i delitti di cui all’art. 452-quaterdecies e 630 cod. pen. nonché ogni altro delitto commesso con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall’ari:. 416-bis cod. pen. o al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste da tale disposizione. In base al comma 2 dell’art. 1, la disposizione del primo comma si applica “anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore” del decreto legge. Nella relazione illustrativa del disegno di legge di conversione è stato evidenziato che la nuova disciplina mira a rafforzare gli strumenti di contrasto con riferimento a reati di particolare gravità e che ” estensione” della disciplina prevista all’ar 13, d.l. n. 152/91 “realizza un allineamento di sistema, in quanto relativo ad istituti comuni alle investigazioni in materia di criminalità organizzata. L’inclusione dei reati di criminalità organizzata e di quelli indicati nell’articolo 1 in esame ne catalogo previsto dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, c.p.p. rende irragionevole il disallineamento della disciplina in materia di intercettazioni, determinando la necessità di introdurre senza ritardo la norma in commento, per garantire un’efficace azione di contrasto a gravi forme di criminalità e rendere più organico il sistema processuale, anche in ragione dei numerosi procedimenti in corso in cui si registrano indirizzi non univoci. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
In sostanza il legislatore si è limitato a recepire e codificare l’indirizz interpretativo fatto propria dalle Sezioni Unite, dalla sentenza COGNOME in poi, secondo cui i delitti indicati nel primo comma dell’art. 1, d.l. n. 105 del 2023 sono tutti ricompresi nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen.
A conferma di questo il comma 2 dell’art.1 detta una disciplina transitoria che stabilisce l’applicazione della disposizione anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Il problema che si pone riguarda l’inquadramento dell’art. 1, comma 1, come disposizione di interpretazione autentica o, viceversa, novativa in quanto la soluzione assume ricadute rilevanti in ordine alla sua efficacia retroattiva e dunque all’effetto sui procedimenti pendenti nei quali, prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione, siano state effettuate intercettazioni sulla base della disciplina speciale relativa ai delitti di cui all’art. 1, comma 1, d.l. n. 103 del 2023.
L’intervento normativo è stato motivato dalla finalità di superare le incertezze interpretative relative all’ambito di applicabilità dell’art. 13 e di evitare che es abbiano ricadute nei procedimenti in corso. Ne consegue che la citata disposizione va qualificata come meramente interpretativa cioè volta a delimitare l’ambito applicativo dell’art. 13, d.l. n. 152/91, in maniera del tutto coincidente con quell definito dalla giurisprudenza di legittimità nel suo più ampio consesso, con la sentenza COGNOME, sulla base innanzitutto del dato testuale per come ulteriormente valorizzato e delineato dalla Relazione illustrativa sopra richiamata ìche fa espresso riferimento alla necessità di sanare il contrasto successivamente insorto per altro diverso orientamento.
Detta conclusione si fonda sui connotati attribuiti dalla Corte Costituzionale allo strumento legislativo di natura interpretativa che, per quelllo che interessa nel caso di specie, richiede la sussistenza di contrasti giurisprudenziali che diano luogo ad incertezza applicativa della disposizione (Corte Cost., sent. n. 170/08: “Questa Corte ha costantemente affermato nella sua giurisprudenza il principio secondo cui «il legislatore può emanare norme che precisino il significato di preesistenti disposizioni anche se non siano insorti contrasti giurisprudenziali, ma sussista comunque una situazione di incertezza nella loro applicazione, essendo sufficiente che la scelta imposta rientri tra le possibili varianti di senso del testo interpreta e sia compatibile con la sua formulazione». Nello stesso senso, sentenze nn. 209/10, 24/09, n. 170/08 e 234/07”).
Infatti, detti caratteri sono rinvenibili nella I. n. 137 del 2023 in quan l’intervento è derivato in via diretta dal contrasto giurisprudenziale, o meglio, dalla situazione di incertezza interpretativa successiva alla sentenza della Prima Sezione circa l’esatto ambito di applicabilità dell’art. 13 d.l. n. 152 del 1991 com confermato dall’essere la disposizione ricallcata sulla precedente lettura di legittimità anche alla luce della sua formulazione letterale.
Né può servire ad una diversa qualificazione giuridica del comma 1 dell’art. 1, quale norma interpretativa, il comma 2 della medesima disposizione in quanto questa non contiene una disciplina transitoria ma si limita a ribadire il criteri
regolatore della successione nel tempo di norme processuali, espresso dal princi tempus regit actum, in base al quale gli atti processuali sono soggetti al normativa vigente al momento della loro adozione. In sostanza, anche in assenz della disciplina posta al comma 2 dell’art. IL, il disposto del comma 1, p innovativo, sarebbe stato applicabile ai procedimenti pendenti per gli at adottarsi successivamente alla sua entrata in vigore.
2.3. Alla stregua di tali argomenti, visto che nel presente procediment intercettazioni sono state disposte per delitti aggravati dall’art. 416-bis pen., il Tribunale del riesame ha correttamente ritenuto applicabile il re derogatorio di cui agli art. 13 del d. I. n. del d.l. n. 152/91, conver modificazioni nella I. n. 203 del 1991, incluso quello dell’acquisizio conversazioni che si svolgono nei luoghi cli privata dimora senza richied necessariamente che in essi vi sia attività criminosa in corso, tanto da rende esiti intercettivi utilizzabili.
Il titolo di reato rende priva di incidenza la circostanza dell’emission decreto autorizzativo il 2 marzo 2020, cioè prima dell’entrata in vigore d riforma introdotta dal d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal d 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, in quant procedimenti in materia di criminalità organizzata iscritti anteriormente a tale si applica la disciplina precedente che non prevedeva una motivazione rafforzat quanto alle ragioni del ricorso all’utilizzo del captatore informatico.
2.4. Priva di pregio è anche la questione circa l’assenza Pi collegamento l’originaria contestazione cautelare – relativa al concorso in detenzione e abusivo di sostanze esplosive e danneggiamento, aggravati dal metodo RAGIONE_SOCIALE e la fattispecie associativa in questa sede contestata anche con riferimento figura di NOME COGNOME e alla necessità di svolgere nella sua casa le intercetta
Sono due gli elementi rilevanti: a) a pagina 5 del decreto autorizzati emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 2 marzo 2020, sono riportati st della denuncia della vittima dell’attentato clinamitardo in cui si fa es menzione del RAGIONE_SOCIALE, ipotizzando intenti ritorsivi di NOME – all’epoca in carcere -, padre di NOME COGNOME – all’epoca agli a domiciliari -; b) gli originari delitti in materia di armi prevedevano l’aggrava cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che, per ragioni di logica, sottintende un c associativo. Ne consegue l’utilizzabilità delle intercettazioni sia per i delitti ex art. 12 cod. proc. pen., sia per quelli emersi ex novo rispetto a quelli ab origine iscritto in quanto rientranti, come nella specie, nei limiti di ammissibilit all’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, Cavallo, Rv. 27739
Il secondo motivo, sulla gravità indiziaria per il delitto associat inammissibile perché privo di specificità, mancando qualsiasi concreto confront
con la motivazione dell’ordinanza impugnata, e generico. Infatti, anziché propo censure per motivazione mancante, contraddittoria o manii`estamente illogica quali vizi proponibili in questa sede, il ricorso censura il provvedimento impug perché fondato su valutazioni asseritamente erronee del compendio probatorio posto a fondamento della ritenuta appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME, di natura strettamente familistica visti gli stretti ra parentela tra capi e partecipi.
Contrariamente a quanto genericamente dedotto dal ricorso, la collaboratric di giustizia, NOME COGNOME, ha reso dichiarazioni sul ricorrente, conosce la personalità RAGIONE_SOCIALE, non solo per essere entrata nel RAGIONE_SOCIALE nel inoltrato, con il ruolo di «ritirare la spartenza», cioè i profitti dello sp anche per esserne la cognata dal 2015 in quanto moglie proprio del capo cla NOME COGNOMECOGNOME In questa qualità la collaboratrice ha dichiarato che NOME COGNOME, pur detenuto, non solo riceveva gli utili delle attività del RAGIONE_SOCIALE a 1000 euro – tramite la moglie NOME COGNOME COGNOME dava ordini al genero, NOME COGNOMECOGNOME che teneva i contatti con i fornitori – di Milano per l’acquisto di con quelli calabresi per la cocaina – da cui era riconosciuto come affidabile (p 178 sui rapporti con NOME COGNOME, poi arrestato). Si tratta di dichrarazioni che determinato una valutazione di attendibilità e credibilità della collaboratr giustizia, genericamente contestata nei motivi nuovi, in quanto riscontrate d intercettazioni telefoniche, riportate nell’ordinanza impugnata e distinte per s argomenti (RAGIONE_SOCIALElogie di sostanze e luoghi di custodia, gestione della ca contabilità, mutua assistenza, ripartizione degli utili tramite le mogli dei de reclutamento degli spacciatori, vari reati-fine), da cui emerge il fattivo e contributo di NOME COGNOME al RAGIONE_SOCIALE, condividendone le finalità e gli in attraverso la moglie ed il genero (si vedano in particolare quelle riportat pagg. 12 e 13). A fronte di questi univoci elementi non assume alcuna valenza la circostanz che NOME COGNOME abbia deciso di collaborare nel corso del procedimento. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il terzo motivo e il quarto motivo, possono essere trattati congiuntame in quanto entrambi riguardanti l’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen., sua doppia declinazione, sono inammissibili per carenza di interesse.
Costituisce orientamento costante di questa Corte quello secondo il quale i tema di impugnazioni avverso misure cautelari personali vi è carenza di interes al ricorso quando l’indagato tende ad ottenere l’esclusione cli una circost aggravante salvo che da tale esclusione derivi, per lui, una concreta utilità, o immediati riflessi sull’an o sul quomodo della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489; Sez. 3, n. 2089L del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508; Sez. 6, n. 5213 dell’11/12/2018, COGNOME, Rv. 275028).
Nel caso di specie già la mera partecipazione al RAGIONE_SOCIALE integra il fatto costitutivo della presunzione cautelare di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e, di conseguenza, l’esclusione dell’aggravante non produrrebbe per il ricorrente alcuna conseguenza favorevole risultando, peraltro, identico, il termine di fase (Sez. 3, n. 31633 del 15/03/2019, Irabor, Rv. 276237).
Il quinto motivo, sulle esigenze cautelali, è generico.
Il Tribunale ha dato atto, in modo specifico ed individualizzato, che COGNOME, oltre ad appartenere ad una compagine RAGIONE_SOCIALE che ha posto in essere gravi delitti nonostante i suoi componenti fossero detenuti, è gravato da numerosi precedenti anche per reati in materia di stupefacenti, è stato sottoposta alla misura di prevenzione personale che ha violato, a riprova della sua particolare propensione a commettere reati e, comunque, avendo commesso il delitto di cui all’art. 74 d. P.R. n. 309 del 1990, aggravato dall’art. 416-bis.1 cod. pen., vale la doppia presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia in carcere (Sez. 2, n. 23935 del 04/05/2022, Rv. 283176), rispetto alla quale la difesa non ha addotti elementi dimostrativi della recisione dei rapporti con il contesto RAGIONE_SOCIALE di riferimento.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 novembre 2023 La Consigliera estensora