Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5089 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5089  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME NOME
Data Udienza: 30/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato ad Andria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/06/2023 del Tribunale di Bari
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; sentita la relazione svolta dalla AVV_NOTAIO NOME COGNOME; sentito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso, sentito l’AVV_NOTAIO COGNOME, nell’interesse di NOME COGNOME, che ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza di cui in epigrafe il Tribunale di Bari, decidendo sulla richiesta di riesame, ha confermato la misura cautelare della custodia in carcere, applicata al ricorrente dal Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale, per il reato di cui all’ art. 74, commi 1,2, 3 e 4 d.P.R. n. 309 del 1990 aggravato anche dall’art. 416-bis.1 cod. pen. (capo 1) quale partecipe del RAGIONE_SOCIALE operante ad Andria con il compito di gestire le piazze di spaccio.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, tramite il suo difensore, articolando un unico motivo con cui deduce violazione di legge in relazione all’art. 266, 271 e 51 cod. proc. pen. per inutilizzabilità dell intercettazioni ambientali eseguite presso l’abitazione privata del coindagato NOME COGNOME (RIT 494/20) mancando le condizioni di applicazione del regime derogatorio previsto dall’art. 13 d. I. n. 152 del 1999 e le ragioni sottese alla necessità di procedere all’intercettazione ambientale. Infatti, nella specie, il fatto storico delle imputazioni provvisorie riguardava il reato di detenzione e utilizzo di sostanze esplosive ed il delitto di danneggiamento, aggravati dal metodo mafioso, a carico di ignoti tanto da difettare il presupposto del fondato motivo che nell’abitazione di NOME COGNOME si stesse svolgendo l’attività criminosa e in assenza della formale contestazione della fattispecie associativa alla luce della delimitazione operata dalla sentenza della Corte di cassazione numero 34895 del 30 marzo 2022.
In data 21 novembre 2023 sono pervenute note difensive in cui viene approfondito il tema delle intercettazioni svolte nel presente processo con il NUMERO_DOCUMENTO alla luce del d.l. n. 105 del 2023, convertito in legge, sostenendosi, innanzitutto, la non qualificabilità dei delitti contestati al ricorrente come criminalità organizzata non bastando a tal fine la sola contestazione dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che prescinde dall’esistenza di un qualsiasi collegamento con una stabile organizzazione; in secondo luogo, dopo avere delineato lo stato della giurisprudenza e della dottrina sulla definizione di criminalità organizzata, deduce la valenza innovativa e non interpretativa dello ‘ stesso decreto-legge insuscettibilédi .e.aeltithere . convalida e/o sanatoria ali2 prove acquisite sotto la vigenza della precedente normativa. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato.
Per rispondere alle doglianze è opportuno delineare lo sviluppo dell’attività investigativa che ha condotto all’emissione della misura cautelare confermata dal provvedimento impugnato.
2.1. A seguito di un attentato dinamitardo ai danni del vice brigadiere dell’arma dei Carabinieri NOME COGNOME questi veniva sentito a sommarie informazioni denunciando di avere svolto indagini che avevano condotto all’arresto
di appartenenti all’associazione mafiosa facente capo alle famiglie RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE suo t (,,,),;;Ai,..20, , ,,t(‘ al sequestro di armi e droga, ritenendo, pertanto,..zropositi vendicativi e ritorsivi ,in particolare per le attività compiute nei confronti di NOME COGNOME, della famiglia COGNOME e di NOME, padre di NOME* già condannato quale partecipe di un’associazione dedite al narcotraffico e all’epoca ristretto in regime di detenzione domiciliare.
In forza di detti elementi, il Pubblico ministero il 2 marzo 2020 otteneva dal Giudice per le indagini preliminari decreto autorizzativo per disporre sia intercettazioni ambientali tra presenti nell’abitazione di NOME – all’epoca in regime di detenzione domiciliare, sia con uso del captatore informatico, sulla base di imputazioni contro ignoti per delitti in materia di armi, aggravati dall’art. 416 bis.1 cod. pen..
Nel corso di dette intercettazioni, anziché emergere elementi per individuare gli autori dell’attentato dinamitardo, era emerso un ricco compendio indiziario in ordine all’esistenza del RAGIONE_SOCIALE dedito al traffico di stupefacenti nel territo di Andria.
Il ricorso sostiene, tuttavia, che mancassero i presupposti per svolgere le intercettazioni poste a base della misura cautelare applicata alla ricorrente in quanto svolte secondo il regime derogatorio previsto per i delitti di criminalità organizzata dal momento che quelli per i quali le intercettazioni erano state autorizzate non rientravano in detta categoria.
2.2. Prima di affrontare la questione, è necessario delineare il quadro, giuridico ed interpretativo, dell’intercettazione di comunicazioni tra presenti (ambientale o mediante l’installazione di un captatore informatico in un dispositivo elettronico) nei procedimenti per delitti di “criminalità organizzata”.
Come è noto, per questi trova applicazione la disciplina di cui all’art. 13 del d.l. n. 151 del 1991, convertito dalla legge n. 203 del 1991, che consente la captazione anche nei luoghi di privata dimora, senza necessità di preventiva individuazione ed indicazione degli stessi e prescindendo dalla dimostrazione che in essi vi sia un’attività delittuosa in atto. Diversamente, ai sensi dell’art. 26 comma 2, cod. proc. pen., se detti delitti avvengono in uno dei luoghi indicati dall’art. 614 cod. pen., le intercettazioni tra presenti sono consentite solo se vi sia fondato motivo di ritenere che vi si stia svolgendo l’attività criminosa.
A fronte dell’indeterminatezza del dato normativo di cui all’art. 13 e dell’assenza di una nozione giuridica unitaria di “criminalità organizzata”, in sede applicativa si è posto il problema di individuare, in termini di certezza, la categoria dei delitti riconducibili a tale nozione al fine di delimitare l’area operativa del speciale regime derogatorio.
Pr risolvere il contrasto insorto con riferimento all’utilizzo del captatore informatico in questo tipo di delitti, sono intervenute le Sezioni Unite COGNOME che, aderendo ai principi già statuiti dalle sentenze Petrarca (Sez. U, n. 17706 del 22 marzo 2005) e NOME NOMEn. 17706 del 22 marzo 2005), hanno accolto una definizione ampia di «delitti di criminalità organizzata», in una prospettiva teleologica volta a valorizzare gli obiettivi perseguiti dalla norma al fine d consentire l’uso di uno strumento efficace di repressione di reati più gravi.
La sentenza COGNOME ha, dunque, sancito il seguente principio di diritto: «per reati di criminalità organizzata devono intendersi non solo quelli elencati nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., ma anche quelli comunque facenti capo a un’associazione per delinquere, ex art. 416 cod. pen., correlata alle attività criminose più diverse, con esclusione del mero concorso di persone nel reato» (Sez. U, n. 26889 del 28/04/2016, COGNOME, Rv. 266906-01).
Sulla base di tale pronuncia, il regime derogatorio previsto dall’art. 13 cit. dalla giurisprudenza successiva è ritenuto applicabile, oltre che ai reati associativi, anche ai reati monosoggettivi indicati all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., aggravati dal metodo mafioso, dalla finalità di agevolare un’associazione mafiosa e per finalità di terrorismo.
Con la sentenza n. 34895 del 2022 la I Sezione della Corte di Cassazione ha, tuttavia, diversamente interpretato la decisione delle Sezioni Unite, ritenendo che la parte enunciativa della pronuncia richiamasse l’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., riferibile «ai delitti associativi annoverati in quell’elenco, e no anche, ai delitti non associativi, per quanto commessi avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis c.p., ovvero al fine di agevolare l’attività del associazioni previste nel suddetto articolo» (Par. 6.4 di Sez. 1, n. 34895 del 30/03/2022, COGNOME, Rv. 283499).
Secondo tale pronuncia, pertanto, ai fini dell’art. 13, d.l. n. 152 del 1991, i delitti riconducibili alla nozione di criminalità organizzata richiedono, quale indefettibile elemento, una fattispecie associativa, anche comune, non potendo, in assenza di questa, ritenersi consentito disporre le intercetta2:ioni ai sensi della citata disposizione.
Nonostante il menzionato orientamento sia rimasto isolato, per timore di una situazione di incertezza in ordine all’esatto ambito applicativo dell’art. 13 è stato emanato il d. I. 10 agosto 2023, n. 105, convertito con la I. del 9 ottobre 2023, n. 137, che senza modificarlo direttamente è intervenuto per definirne con precisione il perimetro di applicazione.
Con l’art. 1, comma 1, d.l. n. 105 del 2023, infatti, senza fornire una definizione della locuzione «delitti di criminalità organizzata», il legislatore h stabilito in termini univoci che l’art. 13 include anche i reati monDsoggettivi indicati
RAGIONE_SOCIALE
all’art. 51, commi 3-bis e 3-quater cod. proc. pen., e cioè i delitti di cui all’art. 452-quaterdecies e 630 cod. pen. nonché ogni altro delitto commesso con finalità di terrorismo o avvalendosi delle condizioni previste dall’art. 416-bis cod. pen. o al fine di agevolare l’attività delle associazioni previste da tale disposizione.
Inoltre, in base al comma 2 dell’art. 1, la disposizione del primo comma si applica «anche nei procedimenti in corso alla data di entrata in vigore» del decretolegge.
La relazione illustrativa del disegno di legge di conversione ha evidenziato che la nuova disciplina mira a rafforzare gli strumenti di contrasto con riferimento a reati di particolare gravità e che l’estensione della disciplina prevista all’art. 1 d.l. n. 152/91 «realizza un allineamento di sistema, in quanto relativo ad istituti comuni alle investigazioni in materia di criminalità organizzata. L’inclusione dei reati di criminalità organizzata e di quelli indicati nell’articolo 1 in esame ne catalogo previsto dall’articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. rende irragionevole il disallineamento della disciplina in materia di intercettazioni, determinando la necessità di introdurre senza ritardo la norma in commento, per garantire un’efficace azione di contrasto a gravi forme di criminalità e rendere più organico il sistema processuale, anche in ragione dei numerosi procedimenti in corso in cui si registrano indirizzi non univoci».
In definitiva la novella si è limitata a recepire e codificare l’indirizzo interpretativo fatto propria dalle Sezioni Unite, dalla sentenza COGNOME in poi, secondo cui i delitti indicati nel primo comma dell’art. 1, d.l. n. 105 del 2023 sono tutti ricompresi nell’art. 51, commi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen.
A conferma di quanto sopra il comma 2 dell’arti detta poi una disciplina transitoria che stabilisce l’applicazione della disposizione anche ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto-legge.
Il problema posto dal ricorso riguarda l’inquadramento dell’art. 1, comma 1, come disposizione di interpretazione autentica o, viceversa, novativa izisspisaita, crdal momento che la soluzione assume ricadute rilevanti in ordine alla sua efficacia retroattiva e, dunque, all’effetto sui procedimenti pendenti nei quali, prima dell’entrata in vigore della nuova disposizione, siano state effettuate intercettazioni sulla base della disciplina speciale relativa ai delitti di cui all’art comma 1, d.l. n. 103 del 2023.
Se la disposizione si limita, infatti, a delineare il contenuto che la norma aveva sin dall’origine è evidente la sua natura di interpretazione autentica dalla norma preesistente, con conseguente efficacia retroattiva; se, al contrario, ha un contenuto innovativo, essa può valere solo per l’avvenire.
Poiché l’intervento normativo è stato motivato dalla finalità di selezionare uno dei possibili significati che possono ricavarsi dalla disposizione interpretata, così
superando le incertezze interpretative relative all’ambito di applicabilità dell’art 13 ed evitando che esse avessero ricadute nei procedimenti in corso, si ritiene che la disposizione debba essere qualificata come meramente interpretativa, volta cioè a delimitare l’ambito applicativo dell’art. 13, d.l. n. 152/91, in maniera del tutt coincidente con quello definito dalla giurisprudenza di legittimità a Sezioni unite.
La Corte Costituzionale, proprio per evitare abusi della funzione legislativa in chiave interpretativa a danno del potere giudiziario, ha imposto precisi limiti a questo tipo di strumento legislativo che non solo deve essere retroattivo, ma può essere adottato «non soltanto in presenza di incertezze nell’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, c rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (Corte cost. n. 271 del 2011). Inoltre, «il legislatore può emanare norme che precisino il significato di preesistenti disposizioni anche se non siano insorti contrasti giurisprudenziali…, ma sussista comunque una situazione di incertezza nella loro applicazione…., essendo sufficiente che la scelta imposta rientri tra le possibili varianti di senso del testo interpretato e sia compatibile con la sua formulazione» (Corte cost. n. 170 del 2008).
La Corte costituzionale oltre a fissare i presupposti per emanare una norma di interpretazione autentica, ha individuato anche i limiti generali alla sua efficacia retroattiva costituiti dai principi generali di ragionevolezza e di uguaglianza, di tutela dell’affidamento legittimamente posto sulla certezza dell’ordinamento giuridico, di coerenza e di certezza di questo e del rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (Corte cost. n. 209 del 2010), tutti principi rispettati nella specie.
Alla luce dei menzionati parametri può concludersi che la I. n. 137 del 2023 è qualificabile come legge di interpretazione autentica in quanto: a) la sua approvazione è derivata, in via diretta, dalla situazione di incertezza interpretativa derivante dalla sentenza della I Sezione 34895 del 2022 in ordine all’esatto ambito applicativo dell’art. 13 dl. n. 152 del 1991; b) la formulazione letterale della disposizione è ricalcata sulla precedente lettura offerta da questa Corte, con la sentenza delle Sezioni unite COGNOME.
La portata meramente ricognitiva del significato già presente nell’originaria disposizione e l’evidenza dell’occasio legis che l’ha determinata non possono essere messe in discussione dal dato, meramente formale, dell’assenza nel testo sia del decreto-legge che della legge di conversione dell’essere la norma di interpretazione autentica.
Né può portare ad una diversa qualificazione giuridica del comma 1 dell’art. 1, il comma 2 della medesima disposizione che non contiene una disciplina
transitoria, ma si limita, da un lato, a ribadire il criterio regolatore de successione nel tempo di norme processuali, espresso dal principio tempus regit actum, in base al quale gli atti processuali sono soggetti alla normativa vigente al momento della loro adozione, e, dall’altro lato, a regolare il regime delle intercettazioni in corso o già effettuate alla data di entrata in vigore del decreto disponendo che la loro legittimità ed utilizzabilità vadano esaminate alla stregua del comma 1, in tal modo rafforzando l’effetto retroattivo attribuito ad ogni norma di interpretazione autentica.
2.3. Una volta escluso il carattere innovativo della disciplina in esame non è ipotizzabile la violazione del parametro costituzionale dell’art. 15 Cost. evocato dalla difesa.
Il diritto all’inviolabilità delle comunicazioni, volto alla tui:ela della libe della segretezza, è soggetto a limitazioni purché disposte per atto motivato dell’autorità giudiziaria con le garanzie stabilite dalla legge, in ragion «dell’inderogabile soddisfacimento di un interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante, sempre che l’intervento limitativo posto in essere sia strettamente necessario alla tutela di quell’interesse e sia rispettata la duplice garanzia della riserva assoluta di legge e della riserva di giurisdizione» (Corte cost. n. 20 del 2017).
Nel caso di specie «l’interesse pubblico primario costituzionalmente rilevante» è costituito dalla repressione dei reati, specie di quelli di maggiore allarme sociale e complessità, quanto al loro accertamento, quali sono quelli di criminalità organizzata (Corte cost. n. 366 del 1991) cosicché la norma interpretativa in esame, nella sua portata retroattiva, non può dirsi né irragionevole né lesiva di valori costituzionalmente protetti, ma pienamente conforme al quadro ordinamentale primario.
Sulla base di detti argomenti non si ritiene che vi siano neanche i presupposti per rimettere la questione alle Sezioni unite della Corte di cassazione come richiesto dalla difesa della ricorrente in assenza dei presupposti di cui all’art. 610, comma 2, cod. proc. pen. anche alla luce della pronuncia sopra richiamata della Sez. 2 n. 47643 del 28/09/2023, di cui si condivide integralmente l’argomentazione.
2.4. Alla stregua di tali argomenti, visto che nel presente procedimento le intercettazioni sono state disposte per delitti aggravati dall’art. 416-bis.1 cod. pen., il Tribunale del riesame ha correttamente ritenuto applicabile il regime derogatorio di cui agli art. 13 del d. I. n. del d.l. n. 152 del 1991, convertito co modificazioni nella I. n. 203 del 1991, incluso quello dell’acquisizione di conversazioni che si svolgono nei luoghi di privata dimora senza richiedere
necessariamente che in essi vi sia attività criminosa in corso, tanto da rendere gli esiti intercettivi utilizzabili.
Il titolo di reato rende, infatti, irrilevante che il decreto autorizzativo sia st emesso il 2 marzo 2020, cioè prima dell’entrata in vigore della riforma introdotta dal d.lgs. 29 dicembre 2017, n. 216, come modificato dal d.l. 30 aprile 2020, n. 28, convertito dalla legge 25 giugno 2020, n. 70, in quanto ai procedimenti in materia di criminalità organizzata iscritti anteriormente a tale data si applicava la disciplina precedente che non prevedeva una motivazione rafforzata quanto alle ragioni del ricorso all’utilizzo del captatore informatico.
2.5. Altrettanto infondata è la questione circa l’assenza di collegamento tra l’originaria contestazione cautelare – relativa al concorso in detenzione e porto abusivo di sostanze esplosive e danneggiamento, aggravati dal metodo mafioso e la fattispecie associativa in questa sede contestata anche con riferimento alla figura di NOME COGNOME e alla necessità di svolgere nella sua casa le intercettazioni.
Sono due gli elementi rilevanti: a) a pagina 5 del decreto autorizzativo, emesso dal Giudice per le indagini preliminari il 2 marzo 2020, sono riportati stralci della denuncia della vittima dell’attentato clinamitardo in cui si fa espressa menzione del RAGIONE_SOCIALE, ipotizzando intenti ritorsivi di NOME COGNOME – all’epoca in carcere -, padre di NOME COGNOME – all’epoca agli arresti domiciliari -; b) gli originari delitti in materia di armi prevedevano l’aggravante d cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. che, per ragioni di logica, sottintende un contesto associativo anche considerato che dette armi sono state poi effettivamente rinvenute.
Ne consegue la piena utilizzabilità delle intercettazioni sia per i delitti connessi ex art. 12 cod. proc. pen., sia per quelli emersi ex novo rispetto a quelli ab origine iscritto in quanto rientranti, come nella specie, nei limiti di ammissibilità di cu all’art. 266 cod. proc. pen. (Sez. U, n. 51 del 28/11/2019, Cavallo, Rv. 277395).
Alla stregua di tali argomenti il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 30 novembre 2023
La AVV_NOTAIO estensora
Il Pre
i1  RAGIONE_SOCIALE
te