LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Intercettazioni captatore informatico: quando sono lecite?

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un indagato per spaccio di droga, confermando la legittimità delle intercettazioni tramite captatore informatico (trojan). La decisione si basa sulla specificità del decreto autorizzativo, che legava l’uso del dispositivo al luogo esatto in cui si svolgeva l’attività illecita, e sulla carenza di interesse del ricorrente, poiché le registrazioni avvenivano nell’abitazione di un altro soggetto. La Corte ha ritenuto lecite anche le intercettazioni notturne data la continuità del reato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 6 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Intercettazioni con Captatore Informatico: la Cassazione fissa i paletti

Le intercettazioni con captatore informatico, comunemente noto come trojan, rappresentano uno degli strumenti investigativi più invasivi e discussi. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 30056/2024) torna sul tema, chiarendo i requisiti di legittimità per il suo utilizzo, specialmente quando le captazioni avvengono in luoghi di privata dimora. La Corte ha esaminato il caso di un indagato per spaccio di stupefacenti che contestava la validità delle prove raccolte tramite questo strumento.

I Fatti del Caso: Contesto e Ricorso

Il procedimento riguardava una complessa attività di indagine su diverse piazze di spaccio gestite da un gruppo familiare. Un indagato, destinatario di una misura di custodia cautelare in carcere, proponeva ricorso in Cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame. Il ricorrente sosteneva l’illegittimità delle intercettazioni con captatore informatico eseguite durante le indagini.

I motivi del ricorso si concentravano su due presunte violazioni:
1. Genericità del decreto autorizzativo: Si lamentava che il decreto del GIP non avesse specificato con precisione i luoghi e i tempi di attivazione del microfono, limitandosi a un’indicazione generica di “luoghi di privata dimora”.
2. Mancanza di limiti temporali: Si contestava l’assenza di una delimitazione oraria per le captazioni, in particolare quelle notturne, ritenuta ingiustificata.

Il Tribunale del Riesame aveva già respinto tali doglianze, ma la difesa ha deciso di portare la questione davanti alla Suprema Corte.

La Questione Giuridica: i limiti delle Intercettazioni con Captatore Informatico

Il cuore della questione giuridica verte sulla corretta applicazione degli articoli 267 e 271-bis del codice di procedura penale. La normativa impone requisiti molto stringenti per l’utilizzo del captatore informatico in luoghi di privata dimora, al fine di bilanciare le esigenze investigative con il diritto fondamentale all’inviolabilità del domicilio. L’autorizzazione del giudice deve essere motivata in modo rigoroso, specificando i luoghi e, ove possibile, i tempi della captazione, che deve essere “assolutamente indispensabile” ai fini della prova dei reati.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la correttezza della decisione del Tribunale del Riesame e la legittimità delle intercettazioni. La motivazione si articola su tre punti fondamentali.

La Specificità del Decreto Autorizzativo

Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte ha ritenuto che il decreto del GIP non fosse generico. Una lettura completa e organica del provvedimento rivelava che l’autorizzazione non si riferiva a un qualsiasi luogo di privata dimora, ma specificamente “all’interno dell’abitazione dove si consuma l’attività illecita”. Le indagini avevano infatti dimostrato che un altro indagato svolgeva prevalentemente l’attività di spaccio dalla propria casa. Pertanto, il riferimento era puntuale e legato al luogo del reato, nel pieno rispetto del dettato normativo.

La Carenza di Interesse del Ricorrente

Un passaggio cruciale della sentenza riguarda la cosiddetta “carenza di interesse”. La Corte ha sottolineato che le conversazioni erano state captate solo all’interno dell’abitazione di un altro indagato, e non del ricorrente. Di conseguenza, quest’ultimo non aveva un interesse diretto e concreto a dolersi di una presunta violazione del domicilio altrui, indebolendo significativamente la sua posizione processuale.

La Legittimità delle Intercettazioni Notturne

Anche la censura sulla mancanza di limiti orari è stata respinta. Il Tribunale aveva correttamente evidenziato che l’attività di spaccio veniva svolta senza soluzione di continuità, anche in orario notturno, come provato da specifiche conversazioni riportate negli atti. Di fronte a un’attività delittuosa continua, l’impossibilità di preordinare una limitazione oraria era giustificata dalla necessità di un monitoraggio costante per non compromettere l’esito delle indagini.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si fondano su un’interpretazione sostanziale e non meramente formale della legge. I giudici hanno chiarito che la valutazione sulla legittimità di un decreto autorizzativo deve essere condotta analizzando il provvedimento nella sua interezza, non soffermandosi su singole frasi decontestualizzate. L’argomento del Tribunale, secondo cui il riferimento all’abitazione dove si consumava il reato era dirimente, è stato considerato né illogico né incoerente. Inoltre, la Corte ha valorizzato la presenza di una solida “prova di resistenza”, ossia un quadro probatorio composto da altri elementi (videosorveglianza, sequestri, arresti in flagranza) che avrebbero comunque sostenuto l’impianto accusatorio, anche a prescindere dalle intercettazioni contestate. La difesa, secondo la Corte, ha proposto una lettura frammentaria del provvedimento, focalizzandosi su singoli passaggi senza coglierne la coerenza complessiva.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa sentenza ribadisce principi importanti per l’utilizzo delle intercettazioni con captatore informatico. Le conclusioni che possiamo trarre sono:
1. Specificità legata al luogo del reato: L’autorizzazione a captare in un’abitazione privata è legittima se il provvedimento del giudice la collega in modo inequivocabile al luogo in cui si presume si stia svolgendo l’attività criminale.
2. Rilevanza dell’interesse ad agire: Non chiunque può contestare un’intercettazione, ma solo chi subisce una lesione diretta del proprio diritto, come l’inviolabilità del domicilio.
3. Flessibilità degli orari: In caso di reati permanenti o continuati, come lo spaccio, non è richiesta una rigida predeterminazione degli orari di captazione, se ciò rischia di vanificare le indagini.

Quando è legittimo usare un captatore informatico in un’abitazione privata?
Secondo la sentenza, è legittimo quando vi è prova che l’attività criminale si stia svolgendo proprio in quel luogo. Il decreto di autorizzazione deve fare specifico riferimento a tale circostanza, indicando che le intercettazioni sono necessarie all’interno dell’abitazione “dove si consuma l’attività illecita”.

È possibile contestare l’intercettazione avvenuta nell’abitazione di un’altra persona?
La Corte ha evidenziato una “carenza di interesse” del ricorrente, in quanto le conversazioni erano state captate nell’abitazione di un altro indagato e non nella sua. Questo suggerisce che il diritto di contestare l’intercettazione spetta principalmente a chi subisce la violazione della propria dimora.

L’autorizzazione per le intercettazioni con captatore deve sempre specificare un orario limitato?
Non necessariamente. Se l’attività delittuosa, come lo spaccio di droga in questo caso, si svolge senza soluzione di continuità e anche di notte, la Corte ritiene giustificata un’autorizzazione al monitoraggio continuo, senza una limitazione oraria predeterminata, per non pregiudicare le indagini.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati