Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 15078 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 15078 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Cividale del Friuli (UD) il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 12/04/2023 della Corte di appello di Trieste;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; udito il difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Tramite il proprio difensore, NOME COGNOME impugna la sentenza della Corte di appello di Trieste che ne ha confermato la condanna per il delitto di peculato.
In due motivi il ricorso denuncia:
I) la violazione dell’art. 507, cod. proc. pen., nella parte in cui la senten impugnata ha respinto il motivo di appello con il quale si eccepiva la nullità dell’ordinanza emessa dal Tribunale a mente di tale disposizione di rito: l’integrazione istruttoria – si sostiene – sarebbe stata irritualmente emessa nella completa inerzia probatoria del Pubblico ministero, che aveva tardivamente
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depositato la propria lista testimoniale e non aveva nemmeno chiesto di assumere a prova contraria il testimone poi ammesso ad iniziativa del Tribunale; tale teste, inoltre, non poteva ritenersi assolutamente necessario, non rinvenendosi riferimenti a lui nelle restanti risultanze dibattimentali;
//) la mancata assunzione di una testimonianza chiesta dalla difesa, di valenza decisiva per l’esito del giudizio.
2. Nessuno dei suddetti motivi può essere ammesso.
Il primo è generico, poiché si limita a reiterare la doglianza proposta in appello, senza alcun confronto critico con la diffusa motivazione spesa dai giudici del gravame per disattenderlo.
Inoltre, esso è manifestamente infondato, per le ragioni correttamente illustrate dalla sentenza impugnata, con pertinenti richiami alla giurisprudenza costituzionale e di legittimità da tempo sedimentatasi sulla questione dell’iniziativa probatoria officiosa del giudicante e sulla compatibilità della stessa con la funzione riconosciuta al processo penale nel nostro ordinamento, quella, cioè, di metodo per la ricerca e l’accertamento della verità e non di semplice strumento regolatore di liti tra parti contrapposte (per tutte: Corte cost., sentenza n. 111 del 1993; Sez U, n. 41281 del 17/10/2006, COGNOME, Rv. 234907).
4. Egualmente generico è il secondo motivo di ricorso.
La sentenza d’appello spiega puntualmente perché la testimonianza richiesta dalla difesa fosse superflua, vale a dire perché sul relativo tema di prova erano già stati acquisiti plurimi contributi testimoniali; ed il ricorso, anziché esporre ragioni per cui tale valutazione si sia rivelata erronea e, di conseguenza, la motivazione della sentenza debba reputarsi manifestamente illogica o viziata da un travisamento per omissione di una prova decisiva, si limita a ripetere che tale dovesse considerarsi la prova non ammessa, senza tuttavia spiegare per quale motivo.
L’inammissibilità del ricorso comporta obbligatoriamente – ai sensi dell’art. 616, cod. proc. pen. – la condanna del proponente al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi una sua assenza di colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (vds. Corte Cost., sent. n. 186 del 13 giugno 2000). Detta somma, considerando la manifesta assenza di pregio degli argomenti addotti, va fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2024.