Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 35802 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 35802 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
LA SCALA NOME NOME a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 30/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con estensione dei relativi effetti al coimputato non impugnante NOME COGNOME;
udito il difensore:
AVV_NOTAIO, per il ricorrente, ha concluso chiedendo l’accoglimento dell’impugnazione;
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe, emessa il 30 novembre 2023, la Corte di appello di Milano, decidendo all’esito dell’annullamento senza rinvio da parte della Corte di cassazione della precedente decisione resa in sede predibattimentale in data 24 settembre 2019, ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Como del 19 giugno 2018 e, per l’effetto, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, in ordine al reato di cui all’art. 416 cod. pen. loro ascritto al capo A) della rubric per essersi il reato estinto per intervenuta prescrizione.
1.1. La Corte di appello di Milano, con la sentenza resa il 24 settembre 2019 in sede predibattimentale e senza l’istituzione del contraddittorio con gli imputati, aveva, in corrispondente riforma della sentenza del Tribunale, dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati, in ordine al reato di cui al capo A), per la sua intervenuta prescrizione.
Impugnata questa decisione, la Corte di cassazione (con ordinanza n. 24110 del 27/04/2021) aveva sollevato la questione di costituzionalità dell’art. 568 cod. proc. pen. e la Corte costituzionale, con sentenza n. 111 del 2022, aveva i dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 568, comma 4, cod. proc. pen.,en ) quanto interpretato nel senso che è inammissibile, per carenza di interesse ad impugnare, il ricorso per cassazione proposto avverso sentenza di appello che, in fase predibattimentale e senza alcuna forma di contraddittorio, abbia dichiarato non doversi procedere per intervenuta prescrizione del reato.
RiesamiNOME il caso, la Corte di cassazione (Sez. 1, n. 15137 del 08/11/2022, dep. 2023), ritenuti ammissibili i ricorsi, aveva annullato senza rinvio la sentenza impugnata per la mancata istituzione del contraddittorio con gli imputati e disposto la trasmissione degli atti alla Corte di appello.
1.2. La Corte di appello, istituito il contraddittorio, ha, con la decisio indicata in principio, riformato nuovamente la sentenza di primo grado nei medesimi sensi, dichiarando non doversi procedere nei confronti degli imputati, in ordine al reato di cui al capo A), per la prescrizione maturata il 31 marzo 2018, dopo aver considerato che non ricorresse una situazione di evidenza che il fatto non sussistesse, che gli imputati non lo avessero commesso, che il fatto non costituisse reato o non fosse previsto dalla legge come reato.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso il difensore di NOME chiedendone l’annullamento sulla base di un unico motivo con cui deduce la violazione degli artt. 416 cod. pen. e 129 cod. proc. pen. e il vizio dell motivazione in relazione al mancato proscioglimento per insussistenza del fatto o perché il fatto non costituisce reato.
Al riguardo la difesa osserva che le circostanze idonee a escludere l’esistenza del fatto oggetto della contestazione e comunque la sua irrilevanza penale erano emerse dagli atti in modo incontestabile: già in sede di udienza preliminare il Giudice aveva dichiarato non doversi procedere nei confronti degli imputati dei reati sub B), C) e D) per insussistenza del fatto, facendo venir meno le corrispondenti fattispecie a cui avrebbe dovuto coordinarsi il programma criminoso oggetto della dedotta associazione; all’esito del primo grado, il Tribunale aveva assolto gli imputati dal reato sub F), derubricato a tentativo di esportazione, per non aver commesso il fatto; di conseguenza, residuava il solo fatto di cui al capo E), inerente all’esportazione dei respiratori subacquei, pure dichiarato prescritto, una volta esclusa l’aggravante della transnazionalità; sicché per le posizioni dei due imputati COGNOME e COGNOME, ma anche per quella del terzo imputato, COGNOME (per il quale si era proceduto separatamente, a seguito dell’accertata irreperibilità), si era determinata l’assoluta mancanza di elementi di prova idonei a riscontrare l’accusa della predisposizione da parte loro di un programma criminoso votato alla commissione di più delitti nel settore suindicato, come d’altronde aveva segnalato già il Pubblico ministero nella requisitoria resa all’esito del giudizio di primo grado.
A fronte di tale sviluppo processuale – lamenta la difesa – la Corte di appello ha soltanto asserito la carenza delle condizioni previste dall’art. 129 cod. proc. pen. per il pieno proscioglimento degli imputati senza argomentare in merito, dopo che il Tribunale aveva ritenuto illogicamente raggiunta la prova della
colpevolezza degli imputati in ordine al reato associativo facendo leva anche sugli episodi per i quali era stata già ritenuta l’insussistenza; nel delibare conseguente censura specificamente articolata con l’atto di appello, la Corte territoriale ha dichiarato prescritto il reato dando dimostrazione di non aver preso cognizione del contenuto sostanziale delle ragioni del provvedimento di riferimento e non dando assolutamente conto delle doglianze svolte onde valutarne l’eventuale inconsistenza o non pertinenza.
In tale direzione la prospettiva volta all’annullamento della sentenza è dalla difesa di COGNOME RAGIONE_SOCIALE sorretta anche dalla precisazione dell’interesse a ricorrere, posto che egli a suo tempo aveva patito custodia cautelare per l’accusa di cui si tratta, sicché il proscioglimento avrebbe dato titolo all’imputato di formulare la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione, oltre che di rimborso delle spese legali, ex art. 1, comma 1015, della legge 30 dicembre 2020.
Il Procuratore generale ha prodotto memoria, con cui ha anticipato il contenuto della requisitoria da rassegnarsi nel corso della discussione orale, preannunciando la richiesta di annullamento senza rinvio della sentenza impugnata da COGNOME, con effetti anche per la posizione di COGNOME, per insussistenza del reato associativo di cui al capo A), in quanto, premessa l’evenienza dell’interesse a impugnare in capo al ricorrente, la carenza di elementi di prova della sussistenza dell’associazione è risultata effettivamente determinata dalla progressiva dissoluzione delle accuse relative ai prospettati reati fine, mancando d’altronde nella motivazione della sentenza impugnata, pur se coniugata con quella resa dai giudici di primo grado, il riferimento a un qualche concreto elemento idoneo a sorreggere l’accusa inerente al reato associativo, il quadro residuato non avendo offerto dati ulteriori rispetto a quell asseverativi di una mera conoscenza fra i soggetti imputati degli altri reati, ferma la carenza di ogni prova di un pactum sceleris finalizzato alla commissione di un numero indetermiNOME di reati.
Nel corso della discussione orale, il Procuratore generale, nella linea suindicata, ha chiesto annullarsi senza rinvio la sentenza impugnata, al pari del difensore della parte ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio ritiene doversi pervenire alla conclusioni prospettate dalle parti, con effetto anche per la posizione di NOME COGNOME, coimputato di NOME COGNOME e non impugnante.
La RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, con specifico motivo, l’erronea declaratoria di estinzione per prescrizione del reato associativo, oggetto della residua regiudicanda, per l’evidente assenza di elementi di prova idonei a far emergere un qualche fumus di sussistenza del contestato reato associativo, lamentando quindi che i giudici di appello avrebbero dovuto constatare l’insussistenza del fatto di cui al capo A).
Al riguardo, si deve, anzitutto, ritenere assodata, ai sensi dell’art. 607 cod. proc. pen., la legittimazione dell’imputato COGNOME a impugnare la sentenza di appello che ha dichiarato non doversi procedere per l’estinzione del suddetto reato determinata da prescrizione.
Tale legittimazione rinviene la sua base nell’indicata norma, che abilita l’imputato a impugnare anche le sentenze di proscioglimento.
Quel che rileva in tema di impugnazioni è che l’imputato – il quale, senza aver rinunciato alla prescrizione, proponga ricorso per cassazione avverso sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione – articoli, a pena di inammissibilità, specifici motivi a sostegno della ravvisabilità in atti, in mo evidente e non contestabile, di elementi idonei a escludere la sussistenza del fatto, la commissione del medesimo da parte sua e la configurabilità dell’elemento soggettivo del reato, affinché possa immediatamente pronunciarsi sentenza di assoluzione a norma dell’art. 129, comma 2, cod. proc. pen., ponendosi così rimedio all’errore inerente al mancato riconoscimento di tale ipotesi in cui sia incorso il giudice della sentenza impugnata (Sez. 4, n. 8135 del 31/01/2019, Pintilie, Rv. 275219 – 01).
Nel caso di specie, COGNOME ha dedotto le sue doglianze sul punto con la necessaria specificità, sicché l’impugnazione risulta senz’altro ammissibile.
3. Il ricorso, inoltre, deve ritenersi fondato.
3.1. L’esame della sentenza impugnata e della sentenza di primo grado, per vero, non consente di rinvenire concreti elementi che possano sorreggere la stessa configurabilità della prospettiva accusatoria disegnata nel capo A) della rubrica.
Da un lato, ogni possibile collegamento fra quella ipotesi di accusa e le altre imputazioni è svanito fino a determinare la carenza di reati fine rispetto alla prospettata associazione per delinquere. Dall’altro, si riscontra nelle succitate decisioni l’assenza di indicazioni concrete inerenti all’eventuale emersione di prove, indizi o altri dati di fatto volti a fornire un qualche – pur embrionale ed ex se non sufficiente – supporto alla possibilità di riscontro degli elementi costituti del suddetto reato associativo.
Si consider& che l’imputazione sub A) ha fatto carico a COGNOME di aver preso parte, quale ideatore e organizzatore, all’associazione per delinquere finalizzata a commettere più delitti di illegale esportazione di materiali d armamento e comunque di illegale contrattazione finalizzata alla suddetta esportazione, nonché di esportazione non autorizzata di materiali a duplice uso, civile e militare, verso l’Iran, in violazione del corrispondente embargo.
Tale accusa, formulata nei confronti di una serie di imputati contestualmente ai configurati reati fine, nella vicenda sorta dopo il sequestro nell’anno 2008 di una partita di sistemi di puntamento a ingrandimento ottico spediti in Romania, ma diretti in Iran, e dal sequestro nell’anno 2009 di altri dispositivi puntamento, in quanto mancanti di idonea autorizzazione, ha contemplato la progressiva dissoluzione intera serie di reati fine.
Con riferimento ai reati di cui ai capi B), C) e D), il Giudice dell’udienza preliminare, all’esito della relativa udienza, aveva dichiarato non luogo a procedere per insussistenza dei fatti. Era stato ritenuto che i mirini oggetto delle imputazioni non potevano essere considerati materiali di armamento, né strumenti ottici suscettibili di rilievo penale.
All’esito del successivo dibattimento il reato di cui al capo F), relativ all’esportazione di elicotteri, spolette, paracadute e altro materiale, esso, derubricato nell’ipotesi di tentativo, veniva dal Tribunale di Como escluso a carico di COGNOME, il quale, al pari di NOME COGNOME e di altri imputati, veniva assolto dalla corrispondente accusa per non aver commesso il fatto.
Quanto al reato sub E), inerente all’esportazione di una partita di respiratori, il Tribunale, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 4 della legge n. 146 del 2006, aveva dichiarato non doversi precedere nei confronti di COGNOME, oltre che di NOME COGNOME, per essersi il reato estinto per prescrizione in ragione del decorso del tempo.
3.2. Pur avendo preso atto di tale progressione decisoria e senza evidenziare circostanze concrete idonee a dare sostanza alla configurazione dell’associazione per delinquere contestata, la Corte territoriale, senza indicare quali degli episodi contestati erano da ritenersi accertati in punto di fatto, al di là delle assoluzioni dei proscioglimenti che avevano raggiunto La COGNOME (al pari di COGNOME), si è limitata ad affermare, circa la verifica dei presupposti emersi al fine di non provvedere ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen., che occorreva dichiararsi la prescrizione del reato, siccome non ricorrevano situazioni di evidenza che il fatto non sussista, che l’imputato non lo abbia commesso, che esso non costituisca reato o non sia previsto dalla legge come reato.
Obiettivamente, la valutazione espressa dai giudici di appello si è risolta nell’esternazione della formula normativa, adottata quale clausola di stile, non
adeguata a dare conto degli elementi di fatto idonei a suffragare (non la prova della sussistenza del reato, bensì) la persistente mancanza di evidenza dell’assenza di elementi di accusa a carico dell’imputato in ordine alla sussistenza dell’associazione per delinquere suindicata.
Per quanto concerne la sentenza di primo grado, è da rilevare che il Tribunale di Como, dopo che il Pubblico ministero aveva chiesto assolversi gli imputati dal reato sub A) per insussistenza del fatto, aveva ritenuto sussistente il reato associativo, ma aveva basato tale convincimento sul rilievo che riteneva raggiunta la prova, oltre ogni ragionevole dubbio, dell’attività di RAGIONE_SOCIALE e di COGNOME quali promotori e organizzatori della associazione finalizzata alla esportazione di materiale di armamento e di materiale dual use verso l’Iran, senza però tener conto che, proprio con riferimento al materiale di armamento, già in sede di udienza preliminare si era determiNOME il proscioglimento degli imputati dai corrispondenti reati sub B), C) e D) per insussistenza dei relativi fatti.
Ancora, come hanno segnalato la difesa del ricorrente e il Procuratore generale, la Corte territoriale, quanto agli elementi inerenti al contesto soggettivo in cui erano state inserite le accuse a carico di COGNOME, hanno fornito progressivamente ulteriori dati indicativi della dissoluzione della stessa configurazione della fattispecie associativa. Sono in tal senso emerse: in ordine al reato di cui al capo F), l’assoluzione di NOME COGNOME NOME e di NOME COGNOME sempre per insussistenza del fatto; l’assoluzione, oltre che di COGNOME RAGIONE_SOCIALE e del già citato COGNOME, anche di NOME COGNOME e NOME COGNOME dal’to stesso reato per non avere commesso il fatto; quanto al reato associativo il Tribunale di Como aveva condanNOME COGNOME e COGNOME ritenendo partecipe dell’associazione anche il coimputato COGNOME COGNOME cui posizione era stata stralciata per irreperibilità, senza che almeno questi potesse essere correttamente indicato quale responsabile dei reati fine di cui ai capi B), C) e D) per i quali era stata pronunciata sentenza di non luogo a procedere per insussistenza del fatto.
3.3. In definitiva, posto che ai fini della configurabilità del delitt associazione per delinquere è necessaria la predisposizione di un’organizzazione strutturale, sia pure minima, di uomini e mezzi, funzionale alla realizzazione di una serie indeterminata di delitti, nella consapevolezza, da parte dei singoli associati, di far parte di un sodalizio durevole, sia pure, se del caso, a tempo determiNOME, e di essere disponibili ad operare per l’attuazione del programma criminoso comune (Sez. 5, n. 41720 del 13/09/2019, COGNOME, Rv. 277531 01; Sez. 3, n. 2039 del 02/02/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 274816 – 02; Sez. 2, n. 20451 del 03/04/2013, COGNOME, Rv. 256054 – 01; Sez. 6, n. 3886 del
07/11/2011, dep. 2012, Papa, Rv. 251562 – 01), deve prendersi atto che dal discorso giustificativo espresso nella sentenza impugnata, pur come coordiNOME alla decisione di primo grado, non emerge l’evidenziazione di dati probatori o indiziari idonei alla configurazione della suddetta ipotesi di accusa inerente al reato associativo.
In tale quadro, è fondata la deduzione delle parti volta a far ritenere del tutto carente la base argomentativa su cui si sorregge la mancata pronuncia assolutoria nel merito e a segnalare l’ineludibilità – allo stato degli element reperibili nella sentenza resa dai giudici di appello – della constatazione dell’insussistenza dell’associazione per delinquere contestata, essendo risultati ascrivibili a La COGNOME, al solo livello di imputazione di reato di poi dichiara estinto per prescrizione, i soli fatti di cui al capo E), dopo che è stata esclus l’aggravante di cui all’art. 4 della legg n. 146 del 2006, essendo restato assente nella verifica di merito l’accertamento lementi fattuali in grado di comprovare la conclusione del pactum sceleris avente la finalità di commissione di un numero indetermiNOME di reati, tale da non risolversi nella mera conoscenza fra soggetti inerente al prefigurato concorso in uno o più dei reati indicati.
Pertanto, muovendo dal condiviso principio di diritto secondo cui, a fronte di una sentenza di appello confermativa della declaratoria di prescrizione, il ricorso per cassazione che deduca la mancata adozione di una pronuncia di proscioglimento nel merito, ai sensi dell’ art. 129, comma 2, cod. proc. pen., deve individuare i motivi che permettano di apprezzare ictu oculi, con una mera attività constatativa, l’evidenza della prova di innocenza dell’imputato, idonea a escludere l’esistenza del fatto, la sua commissione da parte di lui, ovvero la sua rilevanza penale (Sez. 6, n. 33030 del 24/05/2023, COGNOME, Rv. 285091 01; Sez. 1, n. 43853 del 24/09/2013, COGNOME, Rv. 258441 – 01), deve prendersi atto che, alla stregua delle connotazioni del fatto oggetto di imputazione, per come valutate alla stregua dei dati emergenti dalla sentenza impugnata, non sono emersi dati idonei a corroborare l’evenienza degli elementi costituivi inerenti all’organizzazione, pur minima e rudimentale, alla sua stabilità, pur a durata temporanea, e al programma di una serie indeterminata di delitti che avrebbero dovuto connotare il reato di cui all’art. 416 cod. pen. oggetto di imputazione.
Questa constatazione avrebbe dovuto imporre ai giudici di secondo grado, rendendo evidente l’insussistenza del fatto contestato sub A), l’emissione della corrispondente pronuncia di merito ai sensi dell’art. 129 cod. proc. pen.
Non avendolo fatto la Corte di appello, diviene necessario l’annullamento della corrispondente statuizione, da pronunciarsi senza rinvio stante l’insussistenza del reato oggetto della residua imputazione.
La pronuncia pienamente liberatoria nei confronti di RAGIONE_SOCIALE deve estendere i suoi effetti nei confronti del coimputato non ricorrente NOME COGNOME.
La posizione di quest’ultimo, già ricorrente avverso la sentenza della Corte di appello resa il 24 settembre 2019 in sede predibattimentale e parte del processo di appello conclusosi con la sentenza ora impugnata, si profila identica, in primo e assorbente luogo con riferimento al reato associativo di cui si discute, a quella di La COGNOME.
Si considera assodato che l’effetto estensivo dell’impugnazione, in caso di accoglimento di un motivo di ricorso per cassazione non esclusivamente personale, su cui la sentenza impugnata ha fondato il giudizio di responsabilità per i concorrenti in un medesimo reato, giova agli altri imputati che non hanno proposto ricorso, ivi compresi coloro che hanno concordato la pena in appello, o che hanno proposto un ricorso originariamente inammissibile, o ancora che al ricorso hanno successivamente rinunciato (Sez. U, n. 30347 del 12/07/2007, Aguneche, Rv. 236756 – 01; in motivazione, Sez. U, n. 3391 del 26/10/2017, dep. 2018, Visconti, Rv. 271539 – 01; fra le successive, Sez. 2, n. 7977 del 25/01/2024, Nicosia, Rv. 286002 – 01; Sez. 3, n. 55001 del 18/07/2018, Cante, Rv. 274213 – 02).
Pertanto, al coimputato non impugnante COGNOME devono estendersi, ai sensi art. 587 cod. proc. pen., gli effetti favorevoli dell’annullamento senza rinvio determiNOME dall’emersione dell’insussistenza del reato associativo anche a lui contestato nei medesimi termini, con la conseguenza che l’annullamento senza rinvio qui deciso elide anche la declaratoria di non doversi procedere emessa dalla Corte di appello nei confronti di NOME COGNOME, in ordine al reato associativo di cui al capo A), per la sua estinzione determinata da prescrizione.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, perché il fatto non sussiste, nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e, per estensione dell’impugnazione, nei confronti di COGNOME NOME.
Così deciso il 19 giugno 2024
CORTE SUPREMA DI C.SSAMNE Il Consigliere estensore
Presidênte