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Insussistenza del fatto: Cassazione annulla condanna

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza di prescrizione per associazione a delinquere, accogliendo il ricorso di un imputato che chiedeva l’assoluzione piena per insussistenza del fatto. Decisiva la progressiva caduta di tutte le accuse per i reati-fine, che ha reso evidente l’assenza di prova di un patto criminoso. La decisione, basata sul principio che l’assoluzione prevale sulla prescrizione quando l’innocenza è palese, è stata estesa anche al coimputato non ricorrente.

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Pubblicato il 20 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Assoluzione per insussistenza del fatto: la Cassazione chiarisce quando prevale sulla prescrizione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 35802/2024) offre un’importante lezione sul rapporto tra prescrizione e assoluzione nel merito. La Corte ha stabilito che, di fronte a un’evidente insussistenza del fatto, il giudice deve pronunciare una sentenza di assoluzione piena, anche se il reato è già formalmente prescritto. Questo principio garantisce all’imputato il diritto a vedere riconosciuta la propria innocenza, superando una mera declaratoria di estinzione del reato.

I fatti del processo: l’accusa di associazione a delinquere

Il caso riguardava due imputati accusati di aver partecipato a un’associazione per delinquere finalizzata a commettere una serie di reati, tra cui l’esportazione illegale di materiale a duplice uso verso uno stato estero sotto embargo. Il Tribunale di primo grado li aveva condannati per il solo reato associativo, mentre le accuse per i singoli reati-fine erano state via via archiviate, prescritte o avevano portato ad assoluzioni già nelle fasi precedenti del giudizio.

La Corte d’Appello, pur riconoscendo la maturata prescrizione per il reato associativo, aveva confermato questa formula estintiva, ritenendo non sufficientemente “evidente” la prova dell’innocenza degli imputati per poterli prosciogliere nel merito.

La decisione della Cassazione sulla insussistenza del fatto

La Suprema Corte ha ribaltato completamente la decisione d’appello. Accogliendo il ricorso della difesa, ha annullato la sentenza impugnata “senza rinvio, perché il fatto non sussiste”. La Corte ha sottolineato come l’intero impianto accusatorio relativo al reato associativo fosse crollato a seguito della “progressiva dissoluzione” delle accuse per i reati-fine.

Il crollo dei “reati fine”

Senza i delitti da commettere (i cosiddetti reati-fine), l’associazione stessa perdeva la sua ragion d’essere. I giudici hanno constatato che, una volta venuti meno gli episodi specifici che l’associazione avrebbe dovuto realizzare, non restava alcun elemento concreto per sostenere l’esistenza di un pactum sceleris, ovvero di un accordo stabile e organizzato per delinquere.

La motivazione apparente della Corte d’Appello

La Cassazione ha criticato la Corte d’Appello per essersi limitata a una “clausola di stile”, affermando genericamente che non ricorressero le condizioni per un’assoluzione nel merito. Questa, secondo la Suprema Corte, non è una motivazione sufficiente. Il giudice d’appello avrebbe dovuto analizzare concretamente gli atti e dare conto delle ragioni per cui, nonostante il crollo delle altre accuse, potesse ancora sussistere un fumus del reato associativo.

Le motivazioni: quando l’assoluzione prevale sulla prescrizione

Il cuore della sentenza risiede nell’applicazione dell’art. 129 del codice di procedura penale. Questa norma impone al giudice di dichiarare d’ufficio determinate cause di non punibilità, ma stabilisce anche la prevalenza delle formule assolutorie più ampie (come l’insussistenza del fatto) quando dagli atti emerga con evidenza l’innocenza dell’imputato.

L’interesse ad impugnare

La Corte ha riconosciuto il pieno diritto dell’imputato a impugnare una sentenza di prescrizione per ottenere un’assoluzione piena. Tale interesse non è solo morale, ma anche concreto: un’assoluzione nel merito, a differenza della prescrizione, esclude ogni dubbio sulla condotta dell’imputato e può avere effetti pratici, come la possibilità di chiedere la riparazione per l’ingiusta detenzione subita durante le indagini.

La mancanza di prova del “pactum sceleris”

Analizzando le sentenze di merito, la Cassazione ha evidenziato l’assenza totale di elementi concreti (prove, indizi o altri dati di fatto) che potessero sostenere l’ipotesi di un’organizzazione stabile e di un programma criminoso indeterminato. La sola conoscenza tra i soggetti coinvolti non è sufficiente a provare un’associazione per delinquere.

Le conclusioni: implicazioni pratiche della sentenza

Questa decisione rafforza un principio di garanzia fondamentale: la prescrizione non può diventare una via d’uscita per evitare di accertare una palese innocenza. Quando l’impianto accusatorio si rivela infondato, come in questo caso in cui tutti i presunti reati-scopo sono venuti meno, il giudice ha il dovere di andare oltre la mera constatazione del decorso del tempo e di restituire all’imputato una piena affermazione di non colpevolezza. Infine, la Corte ha applicato l’effetto estensivo dell’impugnazione, estendendo l’assoluzione anche al coimputato che non aveva presentato ricorso, poiché il motivo dell’accoglimento non era di natura strettamente personale.

Quando un imputato può chiedere l’assoluzione piena anche se il reato è già prescritto?
Un imputato può impugnare una sentenza di prescrizione per chiedere un’assoluzione piena quando dagli atti processuali emerge in modo evidente che il fatto non sussiste, che non lo ha commesso, che il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato. L’assoluzione nel merito prevale sulla causa estintiva della prescrizione.

Cosa significa ‘insussistenza del fatto’ per un reato associativo?
Per un reato associativo, l’insussistenza del fatto si verifica quando mancano le prove degli elementi costitutivi dell’associazione stessa, come un’organizzazione stabile di uomini e mezzi e un accordo criminoso (pactum sceleris) finalizzato a commettere una serie indeterminata di delitti. Come evidenziato dalla sentenza, la caduta di tutte le accuse per i reati-fine può essere un indice decisivo di tale insussistenza.

Se un solo imputato fa ricorso e vince, cosa succede agli altri coimputati?
In base al principio dell’effetto estensivo dell’impugnazione (art. 587 c.p.p.), se il ricorso viene accolto per motivi che non sono strettamente personali (come in questo caso, dove è stata accertata l’insussistenza del fatto contestato a tutti), la decisione favorevole si estende anche ai coimputati dello stesso reato che non hanno presentato ricorso.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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