Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27146 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27146 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/06/2025
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da:
1.NOME Orlando nato a Torino il 17/06/1967
2.NOME NOME nata a Torino il 03/09/1991
avverso la sentenza emessa in data 10/10/2024 dalla Corte di appello di Torino visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
preso atto che il procedimento si celebra con contraddittorio scritto, senza la presenza delle parti, in mancanza di rituale richiesta di trattazione orale secondo quanto disposto dagli artt. 610, commi 1 e 5 e 611, comma 1, cod. proc. pen.; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte depositate in data 19/05/2025 con le quali la Sostituta Procuratore generale, NOME COGNOME ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata limitatamente ai reati commessi sino al 12 marzo 2017 perché estinti per intervenuta prescrizione e declaratoria di inammissibilità del ricorso nel resto;
lette le conclusioni scritte depositate in data 19/05/2025 e 26/05/2025 dall’avv. NOME COGNOME dall’avv. NOME COGNOME e dall’avv. NOME COGNOME
nell’interesse delle parti civili rispettivamente rappresentate, con relative not spese; preso atto che il difensore dei ricorrenti, avv. NOME COGNOME non ha depositato conclusioni scritte.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Torino confermava la pronuncia emessa in data 03/05/2023 dal Tribunale di Torino che, all’esito di giudizio dibattimentale, aveva dichiarato NOME COGNOME e NOME COGNOME responsabili, in concorso tra loro, del delitto di insolvenza fraudolenta aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 7 cod. pen, così riqualificate le originarie imputazioni truffa (ad eccezione delle condotte contestate in danno delle persone offese indicate ai numeri 12-18-37-46-47 e 267 per le quali era intervenuta declaratoria di non doversi procedere per intervenuta remissione di querela), con conseguente irrogazione della pena, a ciascuno, di anni tre, mesi, giorni quattro di reclusione ed euro 1808,00 di multa.
Hanno proposto ricorso per cassazione, tramite il difensore di fiducia, entrambi gli imputati articolando due motivi che si illustrano nell’ordine in cui sono stati proposti.
2.1. Con il primo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. b), cod. proc. pen. la violazione degli artt. 161 cod. pen. e 129 cod. proc. pen. con riferimento alla mancata declaratoria di estinzione dei reati commessi sino al 12 marzo 2017 per prescrizione, maturata anteriormente alla data della sentenza di appello, segnatamente i fatti elencati in imputazione ai numeri 10-11-76- 111157-162-172-174-178-184-185-194-196-203-207-248-249-256-268-276-278281-285-286-290-291 e 299.
2.2. Con il secondo motivo si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1 lett. e), cod. proc. pen., l’illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto giudizio di responsabilità.
Rilevano i ricorrenti che, con riferimento alle obbligazioni assunte dagli imputati sino al giugno- luglio dell’anno 2018, non si configura il delitto d insolvenza fraudolenta atteso che gli imputati, fino a tale epoca, avevano regolarmente pagato i fornitori (in tal senso, le testimonianze del fiorista COGNOME, del gioielliere COGNOME e del negoziante COGNOME) e che, in ogni caso, la crisi economica non si era manifestata in maniera eclatante.
Il costrutto argomentativo della sentenza impugnata è illogico laddove valorizza il fatto che gli imputati erano evasori totali (circostanza che nulla ha
che vedere con la situazione di insolvenza) e laddove afferma che il sistema imprenditoriale fosse insostenibile in ragione della scontistica applicata ai clienti che non lasciava alcun margine di ricavo (assunto smentito dalle risultanze processuali da cui emerge che tale pratica commerciale aveva perfettamente funzionato dal 2014 al 2018).
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Entrambi i ricorsi sono inammissibili.
Ragioni di priorità logico giuridica impongono di esaminare il secondo motivo di ricorso con il quale si deduce l’illogicità e contraddittorietà de motivazione in punto di gìudizio di responsabilità.
La censura è, per un verso, generica e, per altro verso, non consentita.
Le prospettazioni sono, infatti, meramente reiterative di quelle dedotte in appello e già motivatamente disattese dal giudice di secondo grado, senza una reale articolata critica agli argomenti sui quali la Corte di appello ha fondato l conferma del giudizio di responsabilità; in ogni caso, sollecitano una rivalutazione delle risultanze probatorie che è estranea al giudizio di legittimità.
Con lineare ed adeguata motivazione, strettamente aderente alle risultanze probatorie, il collegio di merito, in risposta alle doglianze difensive, ha osservato che il sistema di vendita di “pacchetti” di organizzazione di matrimoni a prezzi particolarmente vantaggiosi – connotato da una illogica politica commerciale che non generava alcun margine e in ragione della quale era logico e prevedibile il verificarsi di una mancanza di liquidità – aveva effettivamente funzionato per un certo periodo, salvo determinare, inevitabilmente, ad un certo punto, una situazione di insolvenza ben manifesta agli occhi degli imputati i quali, tuttavia l’avevano dissimulata, continuando a concludere contratti di wedding plaining e introitando i pagamenti in anticipo versati dalle coppie di futuri sposi, utilizza tuttavia, non per fornire il servizio richiesto dai clienti, ma per pagare pregres debiti ( pagg. 26 e 27 della sentenza impugnata).
A fronte di tale costrutto argomentativo, compiuto e privo di manifeste illogicìtà, i ricorrenti si limitano a richiamare le testimonianze di tre fornitor avevano dichiarato di essere stati, per un certo tempo, regolarmente pagati, così valorizzando un dato che la Corte di appello non ha affatto ignorato ma ha ritenuto non idoneo ad escludere la responsabilità degli imputati poiché la pratica commerciale perseguita aveva consentito un iniziale aumento del volume di affari e, quindi, l’adempimento delle obbligazioni assunte, ma era stata poi foriera di una eclatante crisi di liquidità.
Quanto al secondo motivo di ricorso con il quale si censura la mancata declaratoria di estinzione dei reati commessi sino al 12 marzo 2017 per intervenuta prescrizione, maturata anteriormente alla data della sentenza di appello, si osserva quanto segue.
Va in primo luogo richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte nella sua più autorevole composizione (Sez. U, sentenza n. 12602 del 17/12/2015, dep, 2016, COGNOME, RV. 266818) secondo cui l’inammissibilità del ricorso per cassazione preclude la possibilità di rilevare d’ufficio, ai sensi degli artt. 129 e 60 comma 2, cod. proc. pen., l’estinzione del reato per prescrizione maturata in data anteriore alla pronunzia della sentenza d’appello, ma non eccepita nel grado di merito, né rilevata da quel giudice e neppure dedotta con i motivi di ricorso; a diversa conclusione -si legge in motivazione a pag. 26- “deve pervenirsi nel caso in cui con il ricorso per cassazione sia dedotta l’estinzione del reato per prescrizione maturata prima della sentenza d’appello, ma non eccepita dalla parte interessata nel grado di merito né rilevata da quel giudice. In questa ipotesi, il ricorso non può ritenersi inammissibile e la causa estintiva erroneamente non dichiarata dal giudice di merito deve essere rilevata e dichiarata in sede di legittimità”.
Ne deriva che il motivo qui in esame è consentito, ancorchè dedotto per la prima volta in questa sede e non con l’atto di appello (ma neppure in sede di conclusioni scritte depositate per il giudizio di secondo grado che è stato celebrato in forma cartolare).
La censura, tuttavia, si connota per intrinseca genericità.
Questa Corte ha già avuto modo di affermare che è inammissibile, proprio perché carente del requisito della specificità dei motivi, il ricorso per cassazione che deduca l’omesso rilievo ex officio da parte del giudice di merito della prescrizione del reato, quando il ricorrente non fornisce compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostri, alla luce della stessa, l’intervenuta maturazione del termine di legge (Sez. 2, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, Rv. 277495; Sez. 1 n. 12595 del 13/03/201, Falco, n. 263206); si è condivisibilmente precisato che la prescrizione è un evento giuridico e non un mero fatto naturale, il cui accertamento involge primariamente il titolo del reato e l’epoca della sua consumazione.
Ebbene, nel caso in esame i fatti addebitati ai ricorrenti, costruit nell’imputazione in termini di truffa, sono stati riqualificati dai giudici di me nella fattispecie di insolvenza fraudolenta che si consuma non nel momento in cui viene contratta l’obbligazione con il proposito di non adempierla o in quello in cui viene a manifestarsi lo stato di insolvenza, bensì alla data dell’inadempimento da accertarsi secondo la disciplina civilistica, con particolare riguardo al termine pe
adempiere (Sez. U, n.7738 del 09/07/1997, Gueli, Rv. 208219, in motivazione, successivamente Sez. 2 n. 37909 del 28/10/2020, COGNOME, Rv. 280608 ed anche Sez. 6 n. 28117 del 26/03/2015, COGNOME e altro, Rv. 263930), che nella specie doveva individuarsi nella data delle nozze, o in quella successiva della omessa consegna del materiale fotografico e video (secondo la specifica inadempienza contestata).
Il ricorrente non ha allegato alcunchè in ordine al momento in cui si è realizzato l’inadempimento delle singole obbligazioni riferibili ai fatti (elencati alla pag. 8 dell’atto di impugnazione) asseritamente estinti per prescrizione, maturata in data antecedente alla sentenza di appello e ha erroneamente àncorato il momento consumativo alla data dei pagamenti dei servizi acquistati dalle coppie di futuri sposi, salvo per l’addebito di cui al n. 76 con riferimento al quale ha, invece, attribuito rilievo al momento di assunzione dell’obbligazione da parte degli imputati (anno 2014), omettendo di considerare le conseguenze della diversa qualificazione giuridica operata in sede di appello. Per quanto già esposto tale circostanza imponeva l’individuazione, per ogni singolo contratto, della data del matrimonio, o di quella successiva, relativa in ipotesi all’omessa consegna delle foto o altro, che, sulla base di quanto esposto, segnava il diverso momento consumativo dell’inadempimento.
Il dato non è rilevabile dal capo di imputazione né dagli atti, né indicato nel proposto ricorso, connotato, per l’effetto, da genericità sulla eccezione di estinzione del reato.
Alla inammissibilità dei ricorsi consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, al versamento della somma di euro tremila, ciascuno, in favore della Cassa delle ammende e, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili COGNOME e COGNOME che si liquidano in complessivi euro duemila, oltre accessori di legge; nell’interesse delle citate parti civili è stata depositata una memoria che ha richiamato elementi di fatto specifici, idonei ad escludere che, in relazione al reato consumato in loro danno, sia maturata l’eccepita causa estintiva.
Nulla va liquidato, a titolo di rifusione delle spese e di onorari, in favore delle ulteriori parti civili le cui conclusioni scritte difensive non hanno apportato un apprezzabile contributo, mancando la prospettazione di concreti argomenti diretti a contrastare l’iniziativa dell’imputato per la tutela dei propri interessi e limitandosi ad affermare la correttezza della sentenza impugnata (cfr., in motivazione, Sez. U, n. 877 del 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886).
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle
ammende. Condanna, inoltre, gli imputati, in solido tra loro, alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili
COGNOME e COGNOME che liquida in complessivi euro duemila, oltre accessori di legge. Rigetta le istanze di liquidazione delle ulteriori parti civili.
Così deciso il giorno 04/06/2025
DEPOSITATO IN CANCELLARIA