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Insindacabilità consiglieri regionali: la Cassazione

Un consigliere regionale, indagato per diffamazione a seguito di dichiarazioni rese in aula, ha visto il suo procedimento archiviato per particolare tenuità del fatto. L’indagato ha però impugnato la decisione, sostenendo la necessità di un proscioglimento nel merito basato sull’insindacabilità consiglieri regionali. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, annullando l’archiviazione e rinviando gli atti al giudice di primo grado. La Suprema Corte ha stabilito che la prerogativa costituzionale dell’insindacabilità, che protegge le opinioni espresse nell’esercizio delle funzioni, deve essere valutata prioritariamente rispetto alla tenuità del fatto, poiché rappresenta una causa di non punibilità che esclude la stessa rilevanza penale della condotta.

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Pubblicato il 19 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Insindacabilità consiglieri regionali: la parola alla Cassazione

L’immunità per le opinioni espresse dai consiglieri regionali nell’esercizio delle loro funzioni è una garanzia fondamentale per la libera dialettica democratica. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato l’importanza di questa prerogativa, nota come insindacabilità consiglieri regionali, chiarendo la sua prevalenza su altre cause di non punibilità, come la particolare tenuità del fatto. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine dalla querela per diffamazione presentata da un imprenditore nei confronti di un consigliere regionale. Durante una seduta del Consiglio Regionale dedicata alla discussione di una relazione d’inchiesta sul sistema bancario locale, il consigliere aveva pronunciato frasi ritenute offensive. Nello specifico, aveva fatto allusioni a ‘strani flussi di risorse’ verso paradisi fiscali e a una persona ‘che non si veste bene’, un chiaro gioco di parole con il cognome del querelante, i cui interessi professionali erano stati trasferiti proprio in uno dei paesi menzionati.

La Decisione del Giudice di Primo Grado

Il Giudice per le indagini preliminari (GIP), chiamato a decidere sull’opposizione dell’indagato alla richiesta di archiviazione, aveva disposto l’archiviazione del procedimento ai sensi dell’art. 131-bis del codice penale, ovvero per ‘particolare tenuità del fatto’. In pratica, il giudice ha ritenuto che il fatto, pur costituendo reato, fosse di così lieve entità da non meritare una sanzione penale.

Il Ricorso in Cassazione e il Principio di Insindacabilità

Il consigliere regionale, non soddisfatto di questa formula di proscioglimento, ha proposto ricorso per cassazione. La sua difesa non mirava a contestare la valutazione sulla tenuità del fatto, bensì a ottenere un riconoscimento pieno della sua non punibilità sulla base dell’art. 122, quarto comma, della Costituzione. Tale norma sancisce l’insindacabilità consiglieri regionali per le opinioni espresse e i voti dati nell’esercizio delle loro funzioni.
Secondo il ricorrente, il GIP avrebbe errato nel non applicare questa prerogativa costituzionale, che avrebbe dovuto portare a un proscioglimento nel merito e non a una mera archiviazione per irrilevanza penale. L’intervento del consigliere era avvenuto intra moenia, cioè all’interno dell’aula consiliare, durante lo svolgimento di un’attività tipica della sua funzione, quale la discussione di una relazione di una commissione d’inchiesta di cui egli stesso era membro.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto fondato il ricorso. In primo luogo, ha confermato l’ammissibilità dell’impugnazione avverso un’ordinanza di archiviazione per tenuità del fatto. Sebbene non sia una condanna, tale provvedimento viene iscritto nel casellario giudiziale e può pregiudicare l’indagato in futuro, precludendogli di beneficiare nuovamente della stessa causa di non punibilità.

Nel merito, la Cassazione ha chiarito che l’immunità consiliare prevista dall’art. 122 della Costituzione è una ‘eccezionale deroga’ alla potestà punitiva dello Stato, funzionale a tutelare il libero processo di formazione della volontà politica e a proteggere l’autonomia degli organi rappresentativi da interferenze esterne.

La Corte ha stabilito che, quando le dichiarazioni sono rese nell’esercizio di funzioni tipiche del mandato consiliare (come vigilanza e controllo) e in un contesto istituzionale (intra moenia), la prerogativa dell’insindacabilità deve essere applicata. La discussione sulla relazione della commissione d’inchiesta rientra pienamente in questo ambito. Pertanto, il giudice di merito avrebbe dovuto valutare in via preliminare la sussistenza di tale immunità. Se riconosciuta, essa esclude la punibilità in radice, rendendo superfluo e logicamente errato procedere a una valutazione sulla gravità (o tenuità) del fatto. L’insindacabilità, infatti, non attenua la responsabilità, ma la esclude completamente, impedendo al giudice di entrare nel merito dell’accusa di diffamazione.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza di archiviazione e ha rinviato il procedimento al Tribunale per un nuovo giudizio. Il giudice del rinvio dovrà attenersi al principio di diritto enunciato dalla Suprema Corte: la verifica dell’operatività dell’insindacabilità consiglieri regionali è prioritaria e assorbente rispetto a qualsiasi altra valutazione sul fatto. Questa sentenza ribadisce con forza il valore costituzionale della libertà di espressione politica all’interno delle sedi istituzionali, considerandola un pilastro essenziale per il corretto funzionamento delle istituzioni democratiche.

Un consigliere regionale può essere processato per le opinioni espresse durante una seduta del Consiglio?
No, se le opinioni sono espresse nell’esercizio delle sue funzioni. L’articolo 122 della Costituzione prevede la prerogativa dell’insindacabilità, che lo protegge da azioni legali per le dichiarazioni rese durante atti tipici del suo mandato, come una discussione in aula. La Corte ha chiarito che questa immunità deve essere valutata prima di ogni altra considerazione sul merito della condotta.

È possibile impugnare un’ordinanza di archiviazione per ‘particolare tenuità del fatto’?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che l’indagato ha interesse a impugnare tale provvedimento. Anche se non è una condanna, l’archiviazione per tenuità del fatto viene iscritta nel casellario giudiziale e può costituire un precedente sfavorevole, impedendo in futuro di beneficiare della stessa causa di non punibilità.

Qual è la differenza tra archiviazione per ‘tenuità del fatto’ e un proscioglimento per ‘insindacabilità’?
L’archiviazione per tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) presuppone che un reato sia stato commesso, ma che sia talmente lieve da non giustificare una punizione. Il proscioglimento per insindacabilità, invece, stabilisce che la condotta non è punibile in radice perché protetta da una garanzia costituzionale, a prescindere dalla sua potenziale offensività. L’insindacabilità impedisce al giudice di valutare se il fatto costituisca reato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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