Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8160 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3   Num. 8160  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/01/2024
SENTENZA
Oggi,
sul ricorso proposto da
IL
COGNOME NOME, nato a Genova il DATA_NASCITA
2 5  FEB, 2024
avverso l’ordinanza del 26/9/2023 del Tribunale del riesame di Potenza; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; sentita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiarare inammissibile il ricorso;
udite le conclusioni del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso, anche con memoria
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 26/9/2023, il Tribunale del riesame di Potenza rigettava l’appello cautelare proposto da NOME COGNOME avverso l’ordinanza emessa il 21/6/2023 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lagonegro, che aveva rigettato l’istanza di revoca o sostituzione della misura degli
arresti domiciliari disposta con riguardo a plurime violazioni – cd. frode carosello – del d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74.
Propone ricorso per cassazione il COGNOME, deducendo i seguenti motivi:
manifesta illogicità della motivazione. Il Tribunale non avrebbe fatto corretta applicazione di principi affermati da questa Corte, in forza dei quali il pericolo di inquinamento probatorio potrebbe essere riscontrato soltanto con riferimento ai medesimi fatti contestati e allo stesso imputato; diversamente, l’ordinanza avrebbe fondato l’esigenza cautelare su fatti diversi, ormai oggetto di stralcio. Anzi, il G.i.p. ed il Tribunale avrebbero maturato al riguardo una differente convinzione: mentre per il primo le condotte oggi in contestazione sarebbero solo alcune di quelle originariamente addebitate, per il Tribunale sarebbero sempre le stesse. Per entrambi, tuttavia, sussisterebbe il pericolo di inquinamento probatorio, con argomenti, dunque, evidentemente utilizzati secondo necessità. Si contesta, peraltro, che la fattispecie associativa di cui all’art. 416 cod. pen., pu esclusa dal Tribunale del riesame, sarebbe stata indebitamente “recuperata” per confermare attualità e concretezza del pericolo di inquinamento probatorio. Sotto altro profilo, poi, si censura che l’ordinanza non specificherebbe quali prove potrebbero essere inquinate, dato che l’attività investigativa sarebbe ormai definita e cristallizzata, e nel giudizio di merito il ricorrente avrebbe fatto richie di rito abbreviato “secco”, che il Giudice dovrà dunque ammettere senza consentire all’imputato alcuna integrazione;
si contesta, poi, la motivazione dell’ordinanza quanto al pericolo di reiterazione dei reati, che sarebbe stato riconosciuto per il possibile coinvolgimento di altri complici, diversi da quelli indagati, con argomento del tutto congetturale; specie, peraltro, considerando che le intercettazioni avrebbero dato conto, invece, di contatti sempre e soltanto con i coindagati. L’ordinanza, peraltro, non avrebbe considerato che le società coinvolte non sarebbero più operative, così ulteriormente smentendo qualsiasi concreta possibilità di reiterare i reati. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso risulta manifestamente infondato.
Con riguardo al pericolo di inquinamento probatorio, si osserva che la censura attiene, in primo luogo, non alle ragioni che ne hanno giustificato il riconoscimento, ma all’identità o meno dei fatti qui in oggetto rispetto a quelli che avevano sostenuto la misura genetica. Ebbene, il Tribunale ha affermato che letto il provvedimento del G.i.p. del Tribunale di Lagonegro del 30/6/2023 doveva ribadirsi la persistenza del periculum per i reati in rubrica, “laddove le contestazioni mosse al COGNOME permangono integralmente coincidenti con quanto
vagliato in sede di Riesame da questo Collegio”; pertanto, “le predette contestazioni sono tuttora oggetto del presente procedimento e non di procedimenti separati, contrariamente a quanto dedotto dalla difesa”.
4.1. Tale affermazione risulta corretta, ed è stata riscontrata in questa sede attraverso l’esame del citato provvedimento di stralcio emesso dal G.i.p. del Tribunale di Lagonegro il 30/6/2023, presente in atti: ebbene, il ricorrente ha formulato richiesta di giudizio abbreviato con riguardo alle stesse contestazioni (di cui al d. Igs. n. 74 del 2000) che sostengono la misura cautelare fin dal provvedimento genetico ed a seguito del riesame, e sulla medesima istanza sarà chiamato a pronunciarsi il giudice designato nella camera di consiglio che verrà fissata.
4.2. Ancora, e nel merito, il ricorso lamenta che lo stesso pericolo di inquinamento probatorio sarebbe stato confermato soltanto in forza della contestazione associativa, poi “caduta” in sede di riesame, e che “questo dato è facilmente ricavabile”. Ebbene, la censura non si confronta adeguatamente con l’ordinanza impugnata, che ha sì richiamato l’art. 416 cod. pen. e la sua sorte cautelare, ma solo con riguardo alla diversa esigenza del pericolo di reiterazione del reato, e peraltro sostenendo – come si dirà a breve – che quest’ultimo è comunque ravvisabile anche senza tener conto dello stesso delitto di associazione per delinquere.
4.3. Con riferimento, poi, alla richiesta di giudizio abbreviato “secco” formulata per i medesimi fatti, il ricorso contesta la mancata indicazione delle prove che potrebbero essere inquinate e delle possibili condotte al riguardo, tenuto conto di un’attività investigativa ormai cristallizzata ed insuscettibile di esser alterata dall’imputato. In senso contrario, e con argomento privo di illogicità manifesta, l’ordinanza impugnata ha però evidenziato, per un verso, che il COGNOME non era stato ancora ammesso al rito abbreviato (come emerge dal citato provvedimento di stralcio) e che, in ogni caso, “l’appellante ha più volte tentato di vanificare l’attività investigativa una volta appreso dei controlli di RAGIONE_SOCIALE sulle societ del proprio gruppo”, così da riscontrare il periculum, dunque tutt’ora sussistente. Ebbene, quest’ultima affermazione non risulta contestata nel ricorso, che, pertanto, sul punto non si confronta con l’ordinanza in esame.
4.4. Nessuna censura, dunque, può essere mossa al provvedimento impugnato quanto al pericolo di inquinamento probatorio.
La motivazione, di seguito, è stata contestata anche in ordine al pericolo di reiterazione del reato; la questione, tuttavia, è del tutto infondata.
5.1. Il Tribunale, con ampio e motivato argomento (pagg. 5-6), ha evidenziato la più che spiccata capacità criminale del COGNOME, risultato – in fase cautelare – il dominus di un sistema di società che per anni aveva perpetrato frodi carosello,
mostrando uno spessore delinquenziale particolarmente sofisticato, anche tenuto conto della complessità del meccanismo di frode fiscale realizzato “con l’ausilio di professionisti e teste di legno da lui guidate”. Il fatto, poi, che l’ultima fattura fo stata emessa nell’aprile 2022, è stato giustificato con la conoscenza, proprio in quel periodo, dell’indagine in corso (a causa di una perquisizione), così da evidenziare ulteriormente la scaltrezza criminale del ricorrente. Quanto, poi, alla possibile reiterazione dei reati, l’ordinanza ha sottolineato che se ciò risultava difficile con gli stessi indagati di questo procedimento, non altrettanto poteva sostenersi con riguardo ad altre persone, che ben potrebbero esser coinvolte dal COGNOME in attività illecite; d’altronde, ha evidenziato il Tribunale, l’indagato avev mostrato una notevole capacità di creare società diverse, di avvalersi di numerose persone “anche intercambiabili tra loro”, mutando così i propri complici e, dunque, mostrando una capacità di reiterazione dei reati che prescindeva dai collaboratori del momento. Ancora sulla medesima esigenza cautelare, infine, l’ordinanza ha evidenziato che, pur a fronte di un’ultima fattura datata aprile 2022, le intercettazioni avevano dato conto – fino a novembre 2022 – di condotte volte a riorganizzare l’attività fraudolenta; in particolare, sono state citate conversazioni con tale COGNOME, con il quale COGNOME aveva parlato proprio della possibilità di individuare un nuovo prestanome.
L’ordinanza, anche sul punto, non merita dunque censura.
6. Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00. 
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 19 gennaio 2024
gliere estensore
Il Presidente