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Inoffensività della condotta: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sul principio di inoffensività della condotta. L’appello è stato ritenuto manifestamente infondato poiché in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza. Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, a una sanzione pecuniaria e al rimborso delle spese legali della parte civile.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inoffensività della Condotta: Quando non Basta a Evitare una Condanna

Il principio di inoffensività della condotta è un baluardo del diritto penale moderno, stabilendo che nessuna sanzione può essere applicata se un comportamento, pur rientrando formalmente in una norma incriminatrice, non ha leso né messo in pericolo il bene giuridico protetto. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci ricorda che appellarsi a tale principio non è una garanzia di successo, specialmente quando le argomentazioni sono in contrasto con orientamenti giuridici consolidati. Analizziamo insieme la decisione per comprendere meglio i limiti di questa difesa.

I Fatti del Caso

Un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Genova, ha presentato ricorso per cassazione. Il fulcro della sua difesa era un unico motivo: un presunto vizio di motivazione nella sentenza di secondo grado. Nello specifico, l’imputato sosteneva che la propria condotta fosse da considerarsi inoffensiva e che, di conseguenza, l’affermazione della sua responsabilità penale fosse ingiusta. La parte civile, una società di manifattura, si è costituita nel giudizio chiedendo che il ricorso fosse dichiarato inammissibile o rigettato.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. La decisione si basa sulla valutazione del motivo di ricorso come ‘manifestamente infondato’. La conseguenza diretta di tale declaratoria è stata la condanna del ricorrente a diverse sanzioni economiche: il pagamento delle spese processuali, il versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende e la rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile, liquidate in duemila euro oltre accessori.

Le Motivazioni: Inoffensività della Condotta e Contrasto con la Giurisprudenza

La Corte ha ritenuto che le argomentazioni presentate dal ricorrente a sostegno del principio di inoffensività della condotta fossero in ‘palese contrasto’ con la giurisprudenza di legittimità consolidata. In altre parole, la tesi difensiva si basava su interpretazioni giuridiche che la stessa Cassazione aveva già più volte disatteso in passato. I giudici hanno evidenziato che la Corte d’Appello aveva, nella sua sentenza, correttamente richiamato questi principi giurisprudenziali consolidati, rendendo la sua motivazione congrua e immune da censure. Il ricorso, pertanto, non presentava elementi di novità o argomenti validi per mettere in discussione l’orientamento dominante, risultando così privo della minima fondatezza richiesta per essere esaminato nel merito.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per chi opera nel diritto: un ricorso in Cassazione non può limitarsi a riproporre tesi già vagliate e respinte dalla giurisprudenza consolidata. Per avere una possibilità di successo, è necessario presentare argomentazioni solide, capaci di evidenziare vizi specifici della sentenza impugnata o, in casi più rari, di stimolare un ripensamento critico degli orientamenti esistenti. In assenza di ciò, il ricorso rischia di essere dichiarato inammissibile, con conseguenze economiche significative per il proponente. La declaratoria di inammissibilità per manifesta infondatezza, come in questo caso, comporta non solo la condanna alle spese processuali, ma anche al pagamento di una sanzione pecuniaria e al risarcimento delle spese legali della controparte.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché ritenuto manifestamente infondato. Le argomentazioni del ricorrente, basate sul principio di inoffensività della condotta, erano in palese contrasto con la consolidata giurisprudenza di legittimità.

Qual era il principale motivo di ricorso presentato dall’imputato?
L’imputato contestava un vizio di motivazione nella sentenza d’appello riguardo alla sua responsabilità penale, sostenendo che la sua condotta era da considerarsi inoffensiva e, quindi, non punibile.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente a seguito della decisione?
Il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali, a versare una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende e a rimborsare alla parte civile le spese di rappresentanza e difesa per un importo di 2.000 euro, oltre accessori di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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