Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 7382 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 7382 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 13/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto nel procedimento a carico di: COGNOME NOME nata ad Atessa il 21/03/1974
avverso la sentenza del 19/09/2024 del Tribunale di Vasto Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
letta la memoria difensiva dell’Avv. NOME COGNOME che ha chiesto , in l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso.
l’Avvocato generale tesi,
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 19 settembre 2024, il Tribunale di Vasto assolveva NOME COGNOME -titolare dello stabilimento balneare ‘RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE‘ sul lungomare INDIRIZZO – dal reato di occupazione non autorizzata di suolo demaniale marittimo perché il fatto non sussiste e da quello di innovazioni in difformità
dal titolo demaniale per non aver commesso il fatto, reati commessi secondo le modalità esecutive e spazio – temporali meglio descritte nel capo di imputazione.
Avverso la predetta sentenza ha proposto ricorso per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto, deducendo un unico, articolato, motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, disp. Att., cod. proc. pen.
2.1. Deduce, con tale unico motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 54 e 1161 cod. nav.
In sintesi, richiamato il passaggio della motivazione contenuto a pagina 4 della sentenza, si osserva come il giudice si sarebbe manifestamente contraddetto riconoscendo quelle che, con locuzione impropria, cita quali innovazioni, ammettendone l’esistenza, per ritenerne un’indebita e illegittima istantaneità del reato, nonostante l’evidenza di manufatti abusivi che renderebbero invece, con le dovute conseguenze, il reato di natura permanente. Dagli atti acquisiti era emerso che l’ufficio circondariale marittimo di Vasto il 19 gennaio 2023 aveva stabilito che vi erano opere difformi e costruite in eccesso rispetto al permesso di costruire 4175/2020, con inizio lavori il 14 ottobre 2021. Si era constatato che il 23 dicembre 2022 l’eccesso volumetrico realizzato per il piano seminterrato era pari a 138 mq., per il piano rialzato pari a 88,30 mq. e per il piano terra del manufatto insistente pari a 132,40 mq. Da qui, secondo il pubblico ministero, la necessaria natura permanente del reato contestato con ogni conseguenza per le opere abusive realizzate e per i tempi decorsi dal permesso ai lavori e per l’inizio accertato di esse. Ricorda il pubblico ministero che, in tema di demanio marittimo, il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale è configurabile anche nel caso di ristrutturazione in assenza di autorizzazione della competente autorità marittima di un manufatto preesistente, autorizzato all’epoca della sua realizzazione in quanto tale autorizzazione legittima il mantenimento ex post del manufatto preesistente ma non la nuova opera realizzata. Si premette ancora come, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo ha natura permanente e cessa solo quando vengono meno l’uso o il godimento illegittimi. In sostanza, il reato contestato all’imputato cessa in altri termini solo quando venga meno l’esercizio del potere di fatto sul bene, ovvero si protrae fino a quando persistano con la conservazione del possesso dell’immobile l’uso ed il godimento illegittimi. Sono invece irrilevanti le vicende esterne di natura amministrativa o giurisdizionale sicché, continuando l’occupazione senza titolo, il titolo illegittimo dell’area demaniale, persiste il reato in quanto il bene viene mantenuto nell’esclusiva disponibilità di chi lo utilizza e questo perché l’offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l’invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto.
In data 27 gennaio 2025 sono state trasmesse le conclusioni scritte del Procuratore generale, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
In sintesi, secondo il Procuratore generale, va premesso che ‘in tema di tutela del demanio qualora le innovazioni non autorizzate su area demaniale non determinino una occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata, si configura il solo reato di realizzazione abusiva di innovazioni nell’area demaniale e non anche quello di arbitraria occupazione a natura permanente, con conseguente sua consumazione al momento di ultimazione delle opere che costituiscono l’innovazione non autorizzata’ (Sez. 3, n. 26249/2018) ; in secondo luogo, va ulteriormente premesso che tuttavia ‘la realizzazione di inno vazioni non autorizzate può integrare, in concreto, gli estremi della occupazione arbitraria di suolo demaniale laddove l’opera sottragga una porzione di area al godimento della collettività. In questo caso, il reato – altrimenti istantaneo, che si consuma con l’ultimazione dell’opera – può assumere i caratteri dell’illecito permanente’ (Sez. 3, n. 33105/2022). Orbene, considerato che il PM ricorrente invoca la natura permanente dell’illecito sulla base del solo eccesso volumetrico rispetto al permesso di costruire, senza dedurre le circostanze fattuali sintomatiche o della qualifica del fatto come occupazione arbitraria, o dell’incidenza negativa dell’innovazione sul godimento della collettività che consentono di qualificare la condotta nei termini invocati e delle quali il giudice di merito avrebbe dovuto tenere conto, il ricorso andrebbe dichiarato inammissibile.
In data 28 gennaio 2025, è pervenuta memoria difensiva, con cui si chiede, in tesi, l’inammissibilità e, in subordine, il rigetto del ricorso del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Vasto.
In sintesi, secondo la difesa l ‘assoluzione dell’imputata riguardo all’occupazione non autorizzata di suolo demaniale marittimo ‘perché il fatto non sussiste’ risulta giustificata d al fatto che l’occupazione dello spazio demaniale marittimo non è risultata essere arbitraria ma legittimata da un titolo concessorio valido ed efficace (oggetto di prova documentale in sede dibattimentale) che le consentiva una occupazione addirittura superiore rispetto a quella oggetto di contestazione. Per quanto concerne, invece, l’assoluzione dell’imputata in merito alle innovazioni ‘per non aver commesso il fatto’, il Giudice di prime cure ha puntualmente evidenziato che: ‘…riguardo alle innovazioni c he si assume che l’imputata abbia realizzato preesistevano agli anni 2018 e 2019, secondo quanto riferito dall’Ing. Presenza, di tal che non è emerso, al di là di ogni ragionevole dubbio, se le stesse siano state realizzate dalla prevenuta o dal suo dante causa NOME NOME…’. In relazione ad entrambi i reati oggetto di imputazione, dunque, la COGNOME Margherita avrebbe ottenuto una assoluzione nel merito e non, invece, per prescrizione: pertanto, nel caso di specie, risulterebbe assolutamente irrilevante la natura istantanea o permanente del reato, dal momento che una diversa
caratterizzazione di quest’ultimo non avrebb e comunque influito in alcun modo sul processo decisionale del Giudicante, né tantomeno avrebbe condotto ad un esito diverso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso, trattato cartolarmente in assenza di una richiesta di discussione orale, è fondato nei limiti di cui si dirà oltre.
Ed invero, premessa l’ammissibilità del ricorso del Procuratore della Repubblica che attinge l’impugnata sentenza unicamente per il vizio di violazione di legge, si osserva come con riferimento al reato di occupazione non autorizzata di suolo demaniale marittimo, il ricorso non esplica alcuna censura. Per quanto, infatti, rilevabile da un’attenta lettura del ricorso, le doglianze della pubblica accusa sono rivolte unicamente alla pronuncia assolutoria relativa al reato di innovazioni non autorizzate.
2.1. Del resto, e non poteva che esser diversamente, in sede istruttoria era emersa l’esistenza di un titolo concessorio valido che consentiva un’occupazione superiore a quella accertata. Infatti, a seguito di due istanze avanzate dall’interessata, il 4/06/2020 ed il 10.06.2022 il responsabile del servizio del Comune di Torino di Sangro, autorizzava la ditta ‘RAGIONE_SOCIALE‘ ad occupare un’ulteriore zona demaniale marittima per la posa in opera delle proprie attrezzature balneari, ciò che consentiva all’imputata di poter occupare una superficie maggiore rispetto a quella autorizzata di 5.450 mq.
In particolare, in data 14/06/2022 -durante l’emergenza Covid la stessa aveva presentato una modifica planimetrica della concessione demaniale marittima rilasciata dalla regione Abruzzo n. 5/2002, la quale consentiva di aumentare lo spazio fronte mare di 13 mq. portandoli da 69 a 82 mq. Di conseguenza, potevano essere occupati un totale di 6395 mq. superiore a quelli di occupazione effettiva accertata di 6150 mq. Pertanto, l’occupazione dello spazio demaniale marittimo era ed è legittimata da un titolo concessorio valido ed efficace ch e consentiva un’occupazione superiore rispetto a quella oggetto di contestazione.
Esaminando, invece, l’unica doglianza che risulta essere rivolta avverso l’impugnata sentenza e concernente il residuo reato di innovazioni in difformità dal titolo demaniale, è evidente che il giudice ha erroneamente assolto l’imputata per non aver commesso il fatto.
3.1. Dalla lettura della motivazione, emerge, infatti , chiaramente che l’intenzione era quella di prosciogliere l’imputata per prescrizione, facendo appli cazione di quella giurisprudenza che ritiene che, qualora le innovazioni non autorizzate su area demaniale non determinino un’occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata, si configura il solo reato di realizzazione abusi va di innovazioni nell’area
demaniale e non anche quello di arbitraria occupazione a natura permanente, con conseguente sua consumazione al momento di ultimazione delle opere che costituiscono l’innovazione non autorizzata (Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, Rv. 273317-01).
3.2. Secondo il Tribunale, le innovazioni rinvenute presso lo stabilimento preesistevano agli anni 2018 e 2019, pertanto, non sarebbe emerso, al di là di ogni ragionevole dubbio, se le stesse fossero state realizzate dall’imputata o dal suo dante causa. Peraltro, il Tribunale sostiene che, non essendo emerso se le stesse abbiano costituito o meno un ampliamento abusivo dell’area demaniale già occupata, il reato deve considerarsi prescritto.
Orbene, deve, a tal fine, premettersi che l ‘art . 1161 cod. nav. sanziona le condotte di chiunque, «arbitrariamente»: a) occupa uno spazio del demanio marittimo o aeronautico o delle zone portuali della navigazione interna; b) impedisce l’uso pubblico degli spazi anzidetti; c) fa innovazioni non autorizzate sugli spazi anzidetti; d) non osserva i vincoli cui è assoggettata la proprietà privata nelle zone prossime al demanio marittimo od agli aeroporti.
Come è evidente, la norma incrimina quattro distinte condotte (di cui la prima e la quarta ai presenti fini non interessano ), che tra loro hanno in comune l’«arbitrarietà» della condotta.
4.1. La terza ipotesi, oggetto di contestazione alla Suriano, è rappresentata dal reato di «innovazioni» non autorizzate, che, in particolare, consistono in «tutte quelle opere che, indipendentemente dai materiali utilizzati e dal loro stabile ancoraggio al suolo, sono idonee a modificare i beni del demanio marittimo ovvero ad incidere sul loro uso» (Sez. 3, n. 48179 del 15/09/2017, COGNOME, Rv. 271546; Sez. 3, n. 15950 del 25/02/2020, COGNOME, n.m.), di talché per la loro realizzazione è necessario il rilascio della concessione da parte della competente autorità demaniale.
Si è in sostanza in presenza di una difformità della situazione di fatto rispetto a quella prevista nella concessione demaniale, che integra una condotta suscettibile di incidere (anche solo modificandolo) sull’uso autorizzato del bene demaniale.
4.2. Qualora le innovazioni non autorizzate su area demaniale non determinino una occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata, si configura il solo reato di realizzazione abusiva di innovazioni nell’area demaniale e non anche quello di arbitraria occupazione (Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273317; Sez. 3, n. 11541 del 16/02/2006, Giuliano ed altro, Rv. 233676; Sez. 3, n. 10642 del 30/01/2003, COGNOME, Rv. 224356).
4.3. Si è, ad esempio, ritenuta la sussistenza del l’ipotesi di reato in esame nel caso di opere consistenti: a) nella pavimentazione di una area di vaste dimensioni, nella posa in opera di un gazebo e nell’installazione di docce, in assenza di preventiva autorizzazione da parte della competente autorità demaniale (Sez. 3, n. 48179 del
15/09/2017, COGNOME e altro, Rv. 271546); b) nella realizzazione di un gazebo in legno, di un container frigo utilizzato come deposito e di un palco in legno, posti in opera in previsione di serate musicali (Sez. 3, n. 10184 del 26/06/2014, dep. 2015, Guido, Rv. 263006); c) nella posa di ombrelloni e sdraio, in zona adibita a viabilità e parcheggi, in previsione del loro utilizzo per la stagione estiva. (Sez. 3, n. 36884 del 30/06/2016, COGNOME, non mass.).
4.4. A differenza dell’occupazione arbitraria, nel caso di «innovazioni» non autorizzate su area demaniale (che non determinino una occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata), la consumazione del reato è istantanea, e cessa al momento di ultimazione delle opere che costituiscono l’innovazione non autorizzata (Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273317 -01: fattispecie di chiusura di una tettoia mediante la costruzione di un muretto ed il posizionamento di vetrate scorrevoli da parte del gestore di uno stabilimento balneare, già titolare di licenza demaniale).
Il permanere delle innovazioni, infatti, è un semplice effetto naturale della condotta dell’agente e non già, come l’occupazione, un evento che si protrae nel tempo con la permanente violazione della legge, sicché il termine prescrizionale comincia a decorrere dall’ultimazione dell’innovazione abusiva (Sez. 3, n. 39455 del 22/05/2012, COGNOME, Rv. 254332 – 01).
La residua ipotesi, prevista dall’articolo 116 1 cod. nav., ossia quella di chi, arbitrariamente, «impedisce l’uso pubblico» degli spazi demaniali, interferisce con quella delle innovazioni abusive (v. ad esempio, Sez. 3, n. 15268 del 16/02/2001, COGNOME, Rv. 219015 -01, in cui si contestava la realizzazione di opere su un fondo privato, le quali impedivano l’esercizio di una servitù di passaggio pubblico per l’accesso al mare e cioè di usufruire del bene demaniale secondo la destinazione che gli è propria).
In questo caso, quanto alle possibili interferenze con la condotta di cui al punto che precede, questa Corte ritiene che «le innovazioni non autorizzate che limitino il godimento del bene da parte della collettività, determinando un’occupazione abusiva dell’area od un ampliamento di quella autorizzata, integrano il reato permanente di abusiva occupazione di cui all’art. 1161, comma primo, prima parte, cod. nav.» (Sez. 3, n. 33105 del 22/06/2022, COGNOME, Rv. 283418 – 01).
Si è, in particolare, affermato, che (v. anche Sez. 3, n. 39455 del 22/05/2012, COGNOME, Rv. 254332 -01) che il discrimine tra l’ipotesi di occupazione abusiva di suolo demaniale e la realizzazione di innovazioni non autorizzate, «è dato dall’essersi o non essersi determinata, a seguito della innovazione non autorizzata, una nuova occupazione di una area demaniale marittima, a prescindere dalla circostanza -di per sé non decisiva -dell’essere o non essere intervenuta la nuova opera in una area già lecitamente occupata».
5.1. Sul punto, Sez. 3, n. 31290 del 11/04/2019, Bellia, Rv. 276290 -01, analizzando il rapporto tra le due norme incriminatrici, ha anzitutto escluso che l’ipotesi dell’illecita innovazione «potrebbe configurarsi soltanto da parte di chi abbia ottenuto il provvedimento di concessione e, per altro verso, non determinerebbe alcuna limitazione al godimento comune del bene proprio perché necessariamente realizzata su un’area già limitata/concessa».
Secondo la pronuncia citata, si tratterebbe di un’interpretazione riduttiva della disposizione, non legittimata dalla lettera della norma e contrastante con la ratio della medesima, dovendosi ritenere, piuttosto, che l’ipotesi di reato delle innovazioni illecite su beni demaniali – le quali di per sé mettono in pericolo il bene penalmente protetto sottraendo all’autorità amministrativa il potere di valutarne la conformità al miglior utilizzo collettivo del bene ed agli altri interessi pubblici – da un lato può essere effettuata da chiunque (concessionario o meno) e, d’altro lato, proprio perché realizza un’anticipata tutela del bene penalmente protetto secondo lo schema del reato di pericolo, non necessita la verifica che da essa sia derivata una (apprezzabile) limitazione del godimento del bene demaniale da parte della collettività».
Inoltre, la citata sentenza Bellia (n. 31290 del 2019) ha posto in evidenza che, «proprio perché si tratta di condotte che ugualmente ledono il medesimo bene penalmente protetto, la realizzazione di innovazioni non autorizzate può altresì integrare, in concreto, gli estremi della occupazione arbitraria di suolo demaniale laddove l’opera sottragga una porzione di area al godimento della collettività. In questo caso, il reato altrimenti istantaneo, che si consuma con l’ultimazione dell’opera (cfr. Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, COGNOME, Rv. 273317; Sez. 3, n. 39455 del 22/05/2012, COGNOME, Rv. 254332) – può assumere i caratteri dell’illecito permanente».
Tanto premesso in diritto, le censure del Procuratore della Repubblica meritano accoglimento, pur dovendosi rettificare giuridicamente i rilievi mossi.
Dagli atti valutabili da questa Corte è infatti emerso che le opere realizzate sull’area demaniale, come detto legittimamente occupata, erano state eseguite sulla base di un titolo edilizio n. 4175 del 30.10.2020, con inizio lavori il 14 ottobre 2021. Si era constatato che il 15 giugno 2022 l’eccesso volumetrico realizzato per il piano seminterrato era pari a 138 mq (autorizzati mq. 68,45; occupati: mq. 192,87), per il piano rialzato pari a 88,30 mq (autorizzati mq. 143; occupati mq. 221,60), per il piano terra del manufatto insistente pari a c.ca 61 mq. (autorizzati mq. 33,80; occupati mq. 94,40), nonché infine, erano state eseguite opere esterne costituite da un camminamento pari a 132,40 mq.
6.1. Da qui, secondo il pubblico ministero, la necessaria natura permanente del reato contestato con ogni conseguenza per le opere abusive realizzate e per i tempi decorsi dal permesso ai lavori e per l’inizio accertato di esse. Ricorda il pubblico ministero
che, in tema di demanio marittimo, il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale è configurabile anche nel caso di ristrutturazione in assenza di autorizzazione della competente autorità marittima di un manufatto preesistente, autorizzato all’epoca della sua realizzazione in quanto tale autorizzazione legittima il mantenimento ex post del manufatto preesistente ma non la nuova opera realizzata (Sez. 3, n. 17981 del 04/04/2008, COGNOME, Rv. 240043 -01). Inoltre, secondo consolidata giurisprudenza di legittimità, prosegue il pubblico ministero, il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale marittimo ha natura permanente e cessa solo quando vengono meno l’uso o il godimento illegittimi (Sez. 3, n. 6732 del 09/01/2019, Pmt, Rv. 275837 -01). In sostanza, per il Pubblico Ministero, il reato contestato all’imputato cessa in altri termini solo quando venga meno l’esercizio del potere di fatto sul bene, ovvero si protrae fino a quando persistano con la conservazione del possesso dell’immobile l’uso ed il godimento illegittimi. Sono invece irrilevanti le vicende esterne di natura amministrativa o giurisdizionale sicché, continuando l’occupazione senza titolo legittimo dell’area demaniale, persiste il reato in quanto il bene viene mantenuto nell’esclusiva disponibilità di chi lo utilizza (Sez. 3, n. 12151 del 04/11/1985, Caselli, Rv. 171377 -01) e questo perché l’offesa al patrimonio demaniale perdura sino a che continua l’invasione arbitraria del terreno al fine di occuparlo o di trarne profitto.
6.2. La tesi del pubblico ministero non può essere seguita nella sua interezza, perché si fonda sulla natura permanente del reato di innovazioni non autorizzate, laddove, diversamente, la giurisprudenza di questa Corte ha sempre ritenuto che la realizzazione di un’opera senza autorizzazione su area demaniale può integrare il reato permanente di abusiva occupazione se il godimento dell’area viene sottratto alla fruibilità collettiva, mentre, configura il reato istantaneo di illecita innovazione nel caso in cui la nuova opera non determini alcuna limitazione al godimento comune del bene (Sez. 3, n. 39455 del 22/05/2012, COGNOME, Rv. 254332 -01).
6.3. Nella specie, non risultando che l’area venne sottratta al godimento della fruibilità collettiva, anche in ragione dell’esistenza di un tit olo legittimo che ne consentiva l’occupazione per mq. 6395, a fronte di un’occupazione di mq. 6150 accertati, deve ritenersi la natura istantanea dell’illecito penale in questione.
6.4. Non vi è, peraltro, alcun contrasto nel ritenere non configurato il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale e sussistente quello di innovazione non autorizzate: questa Corte ha già affermato infatti che in tema di tutela del demanio, qualora le innovazioni non autorizzate su area demaniale non determinino una occupazione abusiva dell’area o un ampliamento di quella legalmente autorizzata, si configura il solo reato di realizzazione abusiva di innovazioni nell’area demaniale e non anche quello di arbitraria occupazione a natura permanente, con conseguente sua consumazione al momento di ultimazione delle opere che costituiscono l’innovazione non autorizzata (Sez. 3, n. 26249 del 26/04/2018, Fabbri, Rv. 273317 – 01).
6.5. Tanto considerato, dunque, palesemente erronea è la formula terminativa impiegata dal giudice per pervenire a giudizio assolutorio in relazione a tale ultimo reato di innovazioni non autorizzate, in quanto la motivazione del giudice è, come anticipato, chiara nel ritenere accoglibile la tesi difensiva dell’estinzione del reato per prescrizione e non già per l’estraneità dell’imputata alla vicenda. Peraltro, proprio con riferimento alla prescrizione, occorre osservare che i relativi termini di prescrizione di tale reato contravvenzionale sono pari, nel massimo, ad anni 5, donde il reato di innovazioni in difformità dal titolo demaniale non può considerarsi prescritto alla data della sentenza (19/09/2024), con la conseguenza che la sentenza non può essere annullata per prescrizione del reato.
6.6. Sul punto deve, infatti, essere ricordato che, trattandosi di lavori iniziati, per quanto emerso dall’istruttoria, in data 14/10/2021 ( l’affermazione contenuta in sentenza secondo cui le innovazioni rinvenute presso lo stabilimento preesistevano agli anni 2018 e 2019, infatti, non risulta avere alcuna base fattuale, non emergendo dalla sentenza impugnata, unico atto valutabile da questa Corte, da quale elemento probatorio il giudice abbia tratto tale conclusione) ma di cui non si conosce la data di cessazione (donde, stante la natura istantanea, individuando la data più favorevole al reo, il dies a quo è quello dell’inizio dei lavori indicato nel 14 ottobre 2021), al reato di cui all’art. 1161, cod. nav., si applica il disposto dell’art. 161 -bis , cod. pen. in forza del quale la pronuncia della sentenza di primo grado – sia essa di condanna o di assoluzione – comporta, non la sospensione, ma la definitiva cessazione del corso della prescrizione (Sez. 1, n. 2629 del 29/09/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285724 – 01).
6.7. Ne discende, pertanto, che trova applicazione, nel caso in esame, il secondo comma dell’art. 161bis cod. pen., il quale ha previsto che se la sentenza di primo grado viene annullata con regressione del procedimento al primo grado o ad una fase anteriore, la prescrizione riprende il suo corso dalla data della sentenza di annullamento. Come osservato in dottrina, la regressione del procedimento per effetto dell’annullamento della sentenza di primo grado non determina, dunque, un azzeramento del ” timer ” della prescrizione, ma segna il momento a partire dal quale la prescrizione ricomincia a decorrere, dal punto in cui, con l’emissione della sentenza di primo grado, si era fermato.
6.8. Il termine quinquennale di prescrizione, pertanto, è decorso dal 14/10/2021 al 19/09/2024 (pari a gg. 1071, equivalenti a 2 anni, 11 mesi ed 11 giorni), e riprende dunque a decorrere nuovamente dalla data di pronuncia della presente sentenza di annullamento (13.02.2025).
Deve, conclusivamente, essere disposto l’annullamento della sentenza, limitatamente al reato di innovazioni non autorizzate, con rinvio al Tribunale di Vasto in diversa composizione personale, attesa l’inappellabilità della sentenza impugnata ex art. 593, comma 3, cod. proc. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di innovazioni non autorizzate con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Vasto, in diversa persona fisica. Così deciso, il 13/02/2025