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Inidoneità del domicilio: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un individuo contro l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza che aveva negato una misura alternativa alla detenzione. La decisione si fonda sulla conclamata inidoneità del domicilio proposto, motivata sia dai rischi derivanti da una convivenza con il padre, sia dalla precarietà di una soluzione abitativa alternativa in comodato, per la quale mancava una formale dichiarazione di disponibilità da parte del proprietario. La Suprema Corte ha stabilito che il ricorso mirava a una rivalutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità, confermando così la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Inidoneità del Domicilio: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile

L’accesso a misure alternative alla detenzione è un momento cruciale nel percorso di esecuzione della pena, ma è subordinato a requisiti stringenti, tra cui la disponibilità di una residenza adeguata. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione affronta proprio il tema della inidoneità del domicilio, confermando la decisione di un Tribunale di Sorveglianza e dichiarando inammissibile il ricorso di un condannato. Questa pronuncia offre spunti fondamentali per comprendere i limiti del giudizio di legittimità e l’importanza di motivazioni solide nelle decisioni dei giudici di merito.

Il Caso: La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Un individuo, condannato per diversi reati tra cui evasioni, presentava ricorso contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Roma. Quest’ultimo aveva respinto la sua richiesta di una misura alternativa, basando il diniego sulla manifesta inidoneità del domicilio indicato. Le ragioni erano duplici:
1. Rischio nella Convivenza Familiare: La prima opzione, ovvero il ritorno a vivere con il padre, era stata scartata a causa dei rischi connessi alla “fragilità” del condannato in quel contesto specifico.
2. Precarietà dell’Alternativa: La seconda opzione, un alloggio offerto in comodato da un terzo, era stata giudicata precaria. Mancava, infatti, una dichiarazione formale di disponibilità da parte del proprietario dell’immobile, un documento essenziale per garantire la stabilità della sistemazione.

Il Tribunale, quindi, con una motivazione espressa e dettagliata, aveva concluso che nessuna delle soluzioni abitative proposte offriva le garanzie necessarie per un corretto svolgimento della misura alternativa.

Il Ricorso in Cassazione e l’Inidoneità del Domicilio

Di fronte a questa decisione, il condannato proponeva ricorso in Cassazione. Tuttavia, le sue argomentazioni, secondo la Suprema Corte, non contestavano efficacemente la logica giuridica della decisione impugnata. Invece di sollevare vizi di legittimità (cioè errori nell’applicazione della legge), il ricorso si concentrava su una richiesta di rivalutazione delle circostanze di fatto. In pratica, si chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e le valutazioni già compiute dal Tribunale di Sorveglianza riguardo all’inidoneità del domicilio, un’operazione preclusa nel giudizio di legittimità.

Le Motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, fondando la propria decisione su un principio cardine del nostro ordinamento processuale. Il ruolo della Cassazione non è quello di un “terzo grado” di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti, ma quello di garante della corretta applicazione del diritto. I giudici hanno osservato che le motivazioni del Tribunale di Sorveglianza erano “decisive” e non erano state scalfite in modo efficace dal ricorrente. La valutazione sulla fragilità del condannato e sulla precarietà del domicilio alternativo era stata logica e ben argomentata, e come tale non poteva essere messa in discussione in sede di legittimità. Il ricorso, pertanto, si risolveva in un tentativo inammissibile di ottenere una nuova valutazione del merito della questione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia

Questa ordinanza ribadisce due concetti fondamentali. In primo luogo, chi richiede una misura alternativa deve fornire prove concrete e inequivocabili della stabilità e adeguatezza del domicilio proposto; una semplice disponibilità verbale o un accordo precario non sono sufficienti. In secondo luogo, evidenzia i limiti invalicabili del ricorso per Cassazione: non è la sede per contestare l’apprezzamento dei fatti compiuto dal giudice di merito, a meno che la sua motivazione non sia palesemente illogica o contraddittoria. La conseguenza diretta di un ricorso inammissibile, come in questo caso, non è solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma, qui quantificata in tremila euro, alla Cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 616 del codice di procedura penale.

Perché il domicilio proposto è stato considerato inidoneo?
Il domicilio è stato ritenuto inidoneo per due motivi: la convivenza con il padre presentava rischi legati alla fragilità del condannato, e l’alternativa di un immobile in comodato era precaria, poiché mancava una dichiarazione di disponibilità da parte del proprietario.

Per quale motivo la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché mirava a una rivalutazione delle circostanze di fatto, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità, il quale si limita a verificare la corretta applicazione della legge e non riesamina il merito della vicenda.

Quali sono le conseguenze economiche di un ricorso dichiarato inammissibile in questo caso?
La dichiarazione di inammissibilità ha comportato la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’articolo 616 del codice di procedura penale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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