Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10398 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10398 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 20/12/2023
SENTENZA
sui ricorsi proposti nell’interesse di COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA NOME nato in MAROCCO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 07/03/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentite le richieste del PG NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che entrambi i ricorsi siano dichiarati inammissibili;
sentite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, per il ricorrente COGNOME, che ha insistito nei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Milano ha integralmente confermato la pronuncia di condanna emessa in data 25 maggio 2021 dal Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Busto Arsizio nei confronti, per quanto qui rileva, di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, per i reati di minacciata aggravata e continuata e di rapina aggravata (COGNOME) e di estorsione in concorso (COGNOME).
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione i suddetti imputati, formulando i motivi di censura di seguito sinteticamente esposti.
2.1. Ricorso di COGNOME
2.1.1. Vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dell’ingiusto profitto del reato di rapina. Il percorso argomentativo dei giudici di appello sarebbe contraddittorio e comunque inadeguato, non essendo stata accertata la spontaneità o meno della consegna del telefono da parte della persona offesa, né la natura materiale o immateriale del presunto profitto. Sarebbero stati, d’altronde, incongruamente disattesi significativi elementi a discarico, quali la distruzione della cosa dopo breve tempo che l’imputato ne era entrato in possesso e la volontà di usare il telefono per scongiurare un «agguato» e salvaguardare la propria incolumità fisica.
3.2. Illogicità della motivazione, in via subordinata, laddove si esclude la riqualificazione dei fatti ai sensi dell’art. 393 cod. pen. L’attività capta dimostrerebbe la cordialità dei rapporti tra il ricorrente e la persona offesa, sin alla sottrazione del portafoglio del primo da parte del secondo. Solo questa circostanza, e non preesistenti debiti per stupefacenti, starebbero alla base della condotta, che quindi sarebbe stata diretta a tutelare un proprio diritto all restituzione.
2.2. Ricorso di COGNOME
2.2.1. Violazione di legge in relazione all’art. 192 cod. proc. pen. e vizi congiunti di motivazione riguardo alla erronea qualificazione di NOME COGNOME, persona offesa, quale testimone e non quale indagato in reato connesso o collegato. Il dichiarante, a detta della difesa, avrebbe apportato un non trascurabile contributo concorsuale alla condotta predatoria di COGNOME in danno di COGNOME e, qualora ciò avesse comportato la doverosa diversa qualificazione giuridica, con conseguente necessità di riscontri individualizzanti, anche in tema di elemento soggettivo. Tali riscontri, mancanti, nel caso di specie, imporrebbero di prendere atto dell’insussistenza del dolo di concorso in capo al ricorrente, unitosi ai còrrei al solo fine di impartire una punizione a COGNOME, ma inconsapevole dei successivi sviluppi dell’aggressione. Ciò considerato, si eccepisce anche la carenza di motivazione in merito al motivo di gravame inerente l’applicabilità dell’art. 116 cod. pen.
2.2.2. Violazione di legge in relazione agli artt. 62-bis e 133 cod. pen., riguardo alla mancata valutazione del comportamento successivo al reato, significativo per desumerne la resipiscenza.
All’odierna udienza, le parti presenti hanno concluso come da epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Posizione di Del COGNOME
1.1. Quanto al primo motivo, si rileva come i giudici di appello distinguano chiaramente come, accanto al dissidio per la presunta sottrazione del portafoglio, si ponga l’autonoma condotta di rapina, avente ad oggetto il telefono della persona offesa, sorretta eziologicamente dal medesimo contesto di violenze fisiche e minacce a mano armata e del tutto indipendente da ogni distinta pretesa restitutoria. L’impossessamento del cellulare, anche quand’anche al fine di scongiurare il rischio paventato di richiesta di soccorsi istituzionali o di altro tip integra la fattispecie di cui all’art. 628 cod. pen., poiché l’elemento dell’ingiust profitto può consistere anche in un vantaggio di natura non patrimoniale (Sez. 2, n. 37861 del 09/06/2023, COGNOME, Rv. 285190; Sez. 2, n. 23177 del 16/04/2019, Gelik, Rv. 276104, nonché – in tema di furto – Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, C., Rv. 285145). Non può neppure invocarsi l’art. 54 cod. pen.: lo stato di necessità è, infatti, incompatibile con situazioni di pericol volontariamente o colposamente cagionate dallo stesso soggetto attivo.
A nulla rileva, infine, la circostanza che l’impossessamento abbia avuto durata minima ovvero la mera temporaneità della condizione di dominio sulla refurtiva (Sez. 2, n. 7500 del 26/01/2017, COGNOME, Rv. 269576; Sez. 2, n. 14305 del 14/03/2017, COGNOME, Rv. 269848; Sez. 2, n. 5512 del 22/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258207, nonché, in tema di furto, Sez. 5, n. 33605 del 17/06/2022, Rv. 283544).
1.2. Come sopra illustrato, il delitto di rapina, per come contestato e per come ritenuto dai giudici di merito con congrua motivazione, concerne solo la sottrazione del cellulare, non correlata alla richiesta di riavere il portafoglio o a precedent debiti per spaccio, e non discende da una pretesa legittimamente tutelabile in giudizio.
1.3. Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME deve pertanto essere rigettato, in quanto infondato, e il ricorrente condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
2. Posizione di El COGNOME
2.1. In ordine al primo motivo, occorre rilevare preliminarmente come lo statuto giuridico del dichiarante non sia stato oggetto di motivi di gravame; la specifica doglianza e tutti gli ulteriori profili di censura che la presuppongono, sono dunque inammissibili, ai sensi dell’art. 606, comma 3, cod. proc. pen.
Il percorso giustificativo della Corte lombarda chiarisce – pp. 23-24 – altresì la sussistenza di un apporto causale non minimale offerto anche dal concorrente El COGNOME, che, come fidato collaboratore di COGNOME, era stato anche previamente incaricato di cercare la persona offesa in giro.
2.2. La sentenza impugnata motiva congruamente sulla impossibilità di riconoscere le circostanze attenuanti generiche e sul trattamento sanzionatorio, confermando le statuizioni di primo grado, sul presupposto che la ridotta ma non minima partecipazione è stata considerata ai fini della dosimetria e ciò è sufficiente per adeguare la pena alla concreta offensività del fatto, in assenza di altre rilevanti circostanze. Il Giudice dell’udienza preliminare aveva sottolineato anche la gravità dei fatti, tali da destare allarme sociale in un contesto di elevata violenza metropolitana, con atti intimidatori e di sopraffazione diretti a impressionare, oltre alla vittima anche i coetanei della zona, in una pura logica da branco.
Le censure del ricorrente, di fronte a tali argomentazioni non illogiche né contraddittorie, postulano un’inammissibile nuova ponderazione del compendio istruttorio.
2.3. Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), nella misura indicata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso di COGNOME NOME che condanna al pagamento delle spese processuali.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 20 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
La Presidente