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Ingiusto profitto: frode anche se il debito non c’è

Un imprenditore, gestore di un porto turistico, falsifica i documenti di pagamento dei canoni demaniali per evitare la revoca della concessione. Sebbene i canoni maggiorati siano stati poi dichiarati non dovuti da un giudice, la Cassazione conferma che il reato di truffa sussiste. L’ingiusto profitto, infatti, va valutato al momento della condotta fraudolenta e consiste nell’aver evitato le conseguenze legali dell’inadempimento. Confermata anche la condanna per calunnia nei confronti dei funzionari pubblici accusati ingiustamente.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingiusto profitto: è truffa anche se il debito è contestato?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, affronta un caso complesso che intreccia diritto penale e amministrativo. La questione centrale è se si possa parlare di ingiusto profitto, e quindi di truffa, quando un imprenditore altera documenti per simulare il pagamento di un debito verso la Pubblica Amministrazione, debito che poi, a seguito di un lungo contenzioso, viene dichiarato non dovuto. La risposta della Corte è affermativa e offre importanti spunti di riflessione.

I Fatti: La Controversia sui Canoni Demaniali

Un imprenditore, subentrato nella gestione di una società concessionaria di un porto turistico, si trova a dover fronteggiare un aumento significativo dei canoni demaniali imposto da una nuova legge finanziaria. L’imprenditore contesta fin da subito la legittimità di tali aumenti, dando inizio a un contenzioso.

Nel frattempo, per evitare la procedura di revoca della concessione per morosità, l’imprenditore adotta uno stratagemma: consegna al Comune competente dei modelli di pagamento (F23) apparentemente regolari, che attestano il versamento dei canoni maggiorati. In realtà, le somme effettivamente versate all’erario sono irrisorie, pari al 10% o addirittura all’1% del dovuto. Questo comportamento porta a un’accusa per i reati di falso e truffa.

La situazione si aggrava quando, a seguito dell’avvio della procedura di decadenza dalla concessione, l’imprenditore sporge diverse querele, accusando funzionari comunali e forze dell’ordine di reati gravi come abuso d’ufficio e peculato. Queste denunce, ritenute infondate, danno origine a un’ulteriore imputazione per calunnia.

La Decisione della Cassazione sull’ingiusto profitto

La Corte di Appello dichiara prescritti i reati di falso e truffa, ma conferma la condanna per calunnia. L’imprenditore ricorre in Cassazione, sostenendo principalmente l’insussistenza della truffa per mancanza dell’ingiusto profitto. La sua tesi è semplice: se i canoni non erano dovuti, come poi accertato dai giudici civili, non può esserci stato un profitto ingiusto né un danno per lo Stato.

La Suprema Corte rigetta questa tesi con argomentazioni nette. I giudici chiariscono che la valutazione sull’ingiustizia del profitto deve essere effettuata al momento della condotta fraudolenta, non con il senno di poi. All’epoca dei fatti, l’imprenditore non aveva alcun diritto di versare somme inferiori a quelle richieste, occultando il suo inadempimento con documenti falsi. Il suo ingiusto profitto non consisteva tanto nel risparmio economico sui canoni, ma nell’evitare la conseguenza legale immediata del suo inadempimento, ovvero la revoca della concessione. Di fatto, ha ingannato l’ente pubblico per mantenere un bene (la concessione) che altrimenti avrebbe perso. Anche la condanna per calunnia viene confermata, poiché l’imprenditore aveva accusato i funzionari pur essendo pienamente consapevole della loro innocenza e della propria condotta illecita.

Le motivazioni

La sentenza si fonda su principi giuridici consolidati, applicati con rigore al caso di specie.

Il Momento della Valutazione dell’Ingiusto Profitto

Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui la truffa è un reato istantaneo, che si perfeziona nel momento in cui si realizza la condotta fraudolenta e il conseguente danno patrimoniale. L’ingiustizia del profitto va quindi valutata ex ante, cioè in base alla situazione giuridica esistente al momento del fatto. L’esito futuro di un contenzioso civile o amministrativo è irrilevante per la configurabilità del reato. La condotta dell’imprenditore – falsificare i modelli di pagamento – era intrinsecamente illegittima e finalizzata a ottenere un vantaggio sine jure (senza diritto): paralizzare il potere dell’amministrazione di agire per l’inadempimento.

La Calunnia e la Consapevolezza dell’Innocenza

Per quanto riguarda la calunnia, la Corte sottolinea che le denunce dell’imprenditore non erano semplici contestazioni, ma accuse circostanziate di gravi reati. Egli ha artatamente omesso di menzionare il proprio comportamento ostruzionistico e fraudolento, presentando le legittime azioni dei funzionari pubblici come atti criminali. Questa consapevole alterazione della realtà, finalizzata a danneggiare persone che sapeva innocenti, integra pienamente il dolo richiesto dal reato di calunnia.

Le conclusioni

La pronuncia della Cassazione offre due importanti insegnamenti. Primo, contestare un debito con la Pubblica Amministrazione è un diritto, ma deve essere esercitato nelle sedi e con gli strumenti legali. Ricorrere a falsificazioni e artifizi per simulare un adempimento integra il reato di truffa, poiché l’ingiusto profitto si realizza nell’immediato vantaggio di evitare le sanzioni previste per la morosità. Secondo, la critica, anche aspra, all’operato della Pubblica Amministrazione è legittima, ma non deve mai travalicare nella falsa accusa di reati. La calunnia è un grave delitto che lede l’onore delle persone e il corretto funzionamento della giustizia, e non può essere giustificata da una situazione di esasperazione, soprattutto se auto-provocata da proprie condotte illecite.

È configurabile il reato di truffa se il debito che si è finto di pagare viene successivamente dichiarato non dovuto?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’ingiustizia del profitto e il danno vanno valutati al momento della condotta fraudolenta. Il profitto ingiusto, in questo caso, non è il risparmio sul debito, ma l’aver evitato le conseguenze legali immediate dell’inadempimento (come la revoca di una concessione), vantaggio ottenuto attraverso l’inganno.

Quando una denuncia contro un pubblico ufficiale diventa calunnia?
Diventa calunnia quando si accusa falsamente un funzionario di aver commesso un reato, pur essendo consapevoli della sua innocenza. Nel caso esaminato, l’imprenditore ha deliberatamente omesso circostanze a lui sfavorevoli e ha distorto la realtà per far apparire come criminali le azioni legittime dei funzionari, integrando così il reato.

La Corte di Cassazione può annullare solo una parte della sentenza impugnata?
Sì, la Corte può emettere una decisione di annullamento parziale. In questa vicenda, ha ritenuto inammissibile il ricorso per quanto riguarda le condanne penali, ma ha accolto il motivo relativo alla confisca di una specifica somma, annullando la sentenza solo su quel punto perché era stato provato che l’importo era stato effettivamente pagato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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