Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15466 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15466 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a REGGIO CALABRIA il 15/05/1964
avverso l’ordinanza del 05/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRI/
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ori linanza impugnata;
letta la memoria depositata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di RE ggio Calabria ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detem ione formulata da NOME COGNOME in relazione alla misura cautelare degli ai resti domiciliari applicata nei suoi confronti dal GIP presso il Tribunale di RE ggio Calabria dal 15/07/2015 sino al 16/07/2015, data nella quale la misuri era stata sostituita con quella dell’obbligo di dimora presso il Comurl2 di residenza, in relazione a un capo di imputazione provvisorio ipotizzar te il reato di detenzione illegale di armi e munizioni e dal quale il ricorrentr. era stato assolto dal Tribunale di Reggio Calabria con sentenza del 22/03/2)21, divenuta definitiva.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art 315 cod.proc.pen., ha osservato che il ricorrente aveva contribuito a dare corso alla propria carcerazione con colpa grave.
In particolare, il Collegio ha elencato gli elementi fattuali su cui s era fondato il provvedimento restrittivo della libertà personale esponendo cl ie, a seguito di una perquisizione operata presso il domicilio di NOME COGNOME, la polizia giudiziaria aveva rinvenuto armi e munizioni; che all’esitc del giudizio il tribunale aveva assolto l’odierno ricorrente da alcune lelle imputazioni elevate a suo carico, evidenziando talora la riconducibilità iene armi al fratello NOME COGNOME o comunque la non configura )ilità giuridica di detti reati.
Mentre in relazione ad altri reati ne aveva dichiarata l’estinzionE per l’intervenuta prescrizione, vertendosi in materia di contravvenzioni me -enti al possesso di munizioni per le quali era stata omessa la denuncia; rilev indo altresì una condotta relativa al mancato obbligo di custodia ai ensi dell’articolo 20 della legge 110 del 1975, avente oggetto due pi ;tole legalmente denunciate e sei fucili, tutte armi trovate nei locali della ca ;a in vari punti della stessa.
Ha ritenuto che la domanda non potesse trovare accoglimento in qu anto i fatti erano, seppure parzialmente, riconducibili comunque all’odi amo istante e tali da generare l’apparenza della sua penale responsat ilità, considerando altresì che alcune fattispecie erano statescji,Lhcat ,5 -” er itg) dichiarate prescritte.
Ha quindi ritenuto che il comportamento tenuto dall’indagato si il osse posto in diretta relazione sinergica rispetto all’adozione della m sura cautelare con connotato psicologico della colpa grave, in quanto tale ost diva al riconoscimento dell’indennizzo.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME. )rio COGNOME, a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivi ) di impugnazione, con il quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, commi 1, lett.b), c.) ed e), cod.proc.pen. – l’erronea applicazione della legge pena – le e il vizio di motivazione in relazione agli artt. 314 e 125 cod.proc.pen..
Ha dedotto che la Corte non avrebbe adeguatamente esplicitato q Jale fosse il comportamento ascrivibile al ricorrente e idoneo a far apparire una sua responsabilità al momento dell’adozione della misura, apparendo s Ato tale profilo il provvedimento già viziato per difetto di motivazione; ha ded )tto l’erroneità della ordinanza nella parte in cui aveva valorizzato la dichiaraz one di prescrizione di alcune fattispecie, tra cui quella prevista dall’art. 697 cod.pen., per le quali non era comunque prevista l’applicabilità di alcuna misura cautelare e derivanti dalla riqualificazione dei fatti conte tati originariamente ai sensi degli artt.2 e 7 della I. n.895/1967; rilevando ali resì che, in ordine ai fatti specificamente contestati al capo A), l’imputato era stato comunque assolto per insussistenza del fatto; ha dedotto che, sin dall’inizio della perquisizione, l’istante aveva esibito le denunce di arti li in proprio possesso; ha quindi dedotto che non potesse configurarsi a cun elemento sintomatico del coefficiente psicologico del dolo o della colpa gr )ve.
Il Procuratore generale ha depositato conclusioni scritte, nelle c uali ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite l’Avvocatura ello Stato, ha depositato memoria nella quale ha chiesto di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Va premesso che, in tema di riparazione per ingiusta detenzi costituisce causa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo la sussisten. a di un comportamento – da parte dell’istante – che abbia concorso a darvi li, ogo con dolo o colpa grave.
In particolare, la condizione ostativa al riconoscimento del di ritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa all’ingi asta carcerazione, deve concretarsi in comportamenti, non esclusi dal gii dice della cognizione, di tipo extra-processuale (grave leggerezza o macrosce pica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione) o process: uale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi), in or dine
alla cui attribuzione all’interessato e incidenza sulla determinazione iena detenzione il giudice è tenuto a motivare specificamente (Sez.4, n.3465 i del 3/6/2010, COGNOME, RV. 248074; Sez.4, n. 4372 del 21/10/2014, dep.2 315, COGNOME, RV. 263197; Sez.3, n. 28012 del 5/7/2022, COGNOME‘ RV. 283411); in particolare, il giudice di merito, per stabilire se chi ha pati:o la detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o (:olpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stat :lire, con valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del utto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presuppostc che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez.4, n. 359 del 22/9/2016, dep.2017, COGNOME, RV. 268952), con particolare riferimento alla commissione di condotte che rivelino eclatant e o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolari’ enti (Sez.4, n.27548 del 5/02/2019, COGNOME, RV. 276458).
Deve altresì essere ricordato che, sulla base dell’arresto espress ) da Sez. U, n.43 del 13/12/1995, dep.1996, COGNOME, RV. 203638, nel procedimento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è neces: ano distinguere nettamente l’operazione logica propria del giudice del proc ?sso penale, volta all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissione da parte dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il quale, pur dovendo operare, eventualmente, sullo st ?sso materiale, deve seguire un iter logico-motivazionale del tutto autonc: mo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituisca io o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (ai iche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione”; ed in relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia liber à di esaminare il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, t: ensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’aziorn (di natura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’event uale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazhne; derivandone, in diretta conseguenza di tale principio, quello ulteriore in )ase al quale il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenz one può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, ma ciò al solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparaz one (Sez.4, n.27397 del 10/06/2010, COGNOME, RV. 247867; Sez.4, n.3895 del 14/12/2017, dep.2018, P., RV. 271739); con il solo limite di non pctere ritenere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice della
cognizione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, Sentenza n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039).
In relazione ancora più specifica rispetto alla fattispecie concre :a in esame deve rilevarsi come il giudice, nell’accertare la sussistenza o r ieno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazioni per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della ( olpa grave dell’interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di cus odia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriorrr ente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generai e, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento E. suo carico; il giudice di merito deve, in modo autonomo e in modo completo, apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione e rilevare He la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingene .are, nell’autorità procedente, la falsa apparenza della configurabilità della si, essa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di caus a ad effetto (Sez.Un., n.32383 del 27/5/2010, COGNOME, RV. 247664).
Dovendosi altresì ricordare – con principio utilmente richiamabill: nel caso di specie – che il diritto all’indennizzo spetta a chi è stato proscioltc con sentenza irrevocabile di assoluzione con una delle formule indicate iella prima parte dell’art.314 cod. proc. pen. e ìa tal riguardo, non ha rilievo se a tale formula il giudice penale sia pervenuto per la accertata prova positi fa di non colpevolezza, ovvero per la insufficienza o contraddittorietà della prova (Sez. 4, n. 22924 del 30/03/2004, COGNOME, Rv. 228791).
Va quindi rilevato che, nel caso di specie, l’imputato – tratto a giu lizio per violazione della disciplina regolativa sulle armi – è stato assoltc per insussistenza del fatto in ordine alla fattispecie contestata al capc A), mentre, in riferimento a ulteriori condotte contestate (attinenti al poss esso di munizioni), le stesse sono state riqualificate sotto la specie di q delle previste dall’art.697 cod.pen. e quindi dichiarate estinte per effetil o di intervenuta prescrizione.
Sul punto, l’ordinanza gravata ha precisato che la pronuncia assolu:oria era stata emessa, in riferimento al suddetto reato contestato al capo A) per essere le armi in questione state ricondotte al fratello NOME COGNOME avendo entrambi i soggetti ricevuto le stesse dal defunto genitore.
Va quindi rilevato che la giurisprudenza di questa Corte ha rilevatc che non assume astratta decisività il dato rappresentato dalla dh. ersa
qualificazione, in sede di merito, del fatto di reato i cui limiti edittali di i )en non avrebbero consentito l’applicazione della misura custodiale; rilevi indo peraltro che la condizione ostativa al riconoscimento del d ritto all’indennizzo, integrata dall’avere dato o concorso a dare causa alla cusll odia cautelare per dolo o colpa grave, non opera se l’accertami mto dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della mi ;ura avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi al giudice chi: ha adottato il provvedimento cautelare, in quanto in tal caso la condotta dc losa o colposa dell’imputato è priva di efficienza causale in ordine all’emiss!one della misura (Sez. 4, n. 13559 del 02/12/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 253319; Sez. 4, n. 16175 del 22/04/2021, COGNOME, Rv. 281038).
Mentre, in relazione alla pronuncia di prescrizione, va ricordato cl e la stessa è ostativa rispetto al riconoscimento dell’indennizzo nel solo ca ;o non coincidente con quello di specie – in cui la fattispecie dichiarata es inta fosse astrattamente idonea a giustificare l’applicazione della mii;ura cautelare (Sez. 4, n. 5621 del 16/10/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258107; Sez. 4, n. 8300 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285871).
Nel caso in esame, la motivazione del giudice della riparazione – in accoglimento delle relative censure difensive – appare effettivann mte carente, in quanto non chiarisce quale sia stato l’effettivo coefficiente dc loso o colposo della condotta del ricorrente in ordine alla condotta contesta a al capo A) – unica legittimante l’applicazione della misura custodiale – at:eso che, come emerge della motivazione dell’ordinanza, il possesso dell’armí: era risultato, di fatto, riconducibile al fratello dell’imputato.
Mentre non possono essere prese in considerazioni le fattisr ecie contestate ai sensi dell’art.697 cod.pen., in quanto ab origine inidon , !e a giustificare l’applicazione della misura custodiale.
La motivazione dell’ordinanza impugnata appare quindi affetta dai lamentati vizi motivazionali – e, pertanto, non in linea con la giurisprudi !nza di questa Corte prima riassunta – non avendo provveduto a valorizzi ire i predetti elementi di fatto come idonei, in riferimento alla connotazione i Iella condotta del ricorrente e sulla base di una valutazione ex ante, a concretizzare una falsa apparenza della realtà oggettiva da porre in dii etto rapporto causale con la detenzione.
Il provvedimento impugnato deve essere, pertanto, annullato con ri nvio alla Corte di Appello di Reggio Calabria, che vorrà dare adeguatamente c )nto
n
dell’incidenza causale delle condotte ritenute gravemente colli ose
sull’applicazione e sul mantenimento del provvedimento restrittivo.
Al giudice del rinvio va altresì rimessa la regolazione delle spese ti a le parti di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio, per nuovo giudizio, alla Cort
a
di
Appello di Reggio Calabria, cui demanda anche la regolamentazione ti
a
le parti del presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 8 aprile 2025
Il Presidente