Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44338 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44338 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a TORINO il 17/03/1975
nei confronti di:
Ministero economia e finanze
avverso l’ordinanza del 02/07/2024 della Corte d’appello di Torino
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 2 luglio 2024, la Corte di appello di Torino ha respinto la domanda formulata da NOME COGNOME per la riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare della custodia in carcere dal 23 ottobre 2012 (data in cui veniva tratto in arresto) al 14 luglio 2014 ( data in cui la misura veniva revocata), per poi essere definitivamente assolto dall’addebito con sentenza emessa da questa Corte di cassazione in data 1 febbraio 2021, che annullava senza rinvio la decisione dei giudici di appello.
La misura cautelare nei confronti del NOME fu disposta in quanto gravemente indiziato di appartenere ad una associazione di stampo mafioso. Più in particolare, l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente la colpa grave di cui all’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., osservando che, nel giudizio di cognizione, pur conclusosi con pronuncia assolutoria, è emersa la partecipazione del COGNOME al sostentamento di detenuti intranei ad una cosca GLYPH di ‘ndrangheta,tale da poter essere ritenuta rilevante per l’applicazione eventuale di misure di prevenzione previste dalla normative in materia, essendo fuori discussione , secondo la sentenza della Corte di cassazione, l’esistenza di antiche e costanti frequentazioni con componenti di altre locali, come provato dagli accertamenti effettuati dalla Corte di appello in sede di rinvio, che aveva appurato la partecipazione a liste matrimoniali con elargizione di doni. Così facendo, in particolare, il Benedetto aveva preso parte alla c.d. colletta, promossa in favore degli affiliati in carcere, ponendo in essere una condotta gravemente colposa.
Avverso l’ordinanza propone ricorso per cassazione il NOMECOGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con un unico motivo si deduce inosservanza ed erronea applicazione della legge processuale penale (art. 314 cod. proc. pen.), e vizio della motivazione. I giudici della riparazione sarebbero incorsi in errore nel ritene gravemente colposa la condotta del ricorrente, in quanto la giurisprudenza di legittimità richiede una particolare connotazione della negligenza o imprudenza, ovvero che sia eclatante e macroscopica.
Connotazione non certo ipotizzabile nel caso in esame, in quanto il NOME aveva solo ricevuto, durante un colloquio in carcere con il fratello e la madre, i proventi pro quota di una raccolta di danaro effettuata da NOME Pietro e NOME NOME, circostanza quest’ultima emersa dalla conversazione ambientale del 14 dicembre 2011. In questa prospettiva non solo non sarebbe ipotizzabile l’esistenza di una frequentazione ambigua, ma nemmeno di
quel comportamen o gravemente colposo che la giurisprudenza di legittimità richiede quale riconoscimento dell’indennizzo.
Anche il comportamento tenuto dal richiedente prima della carcerazione subita, e dopo la sua rimessione in libertà, non avrebbe contribuito ali emissione del provvedimento restrittivo adottato.
Il Sostituto Procuratore generale ha presentato requisitoria scritta nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle finanze, attraverso l’Avvocatura dello Stato, ha depositato memoria difensiva, nella quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso, con il favore delle spese.
Il ricorrente, mediante il difensore, ha depositato motivi aggiunti mediante I quali ha specificato che il coimputato COGNOME COGNOME, indicato quale esponente di ‘ndrangheta vicino al ricorrente, era stato assolto dal reato di cui all’art. 416 bis cod.pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.. Il ricorso è infondato.
E’ compito del giudice della riparazione valutare se l’imputato, con una condotta gravemente negligente o imprudente, abbia colposamente indotto l’autorità giudiziaria in relazione alla GLYPH sussistenza dei presupposti per l’adozione di una misura cautelare.
In tal modo, la connotazione solidaristica dell’istituto viene quindi ad essere contemperata in rapporto al dovere di responsabilità gravante su tutti i consociati.
La Corte di cassazione ha più volte ribadito che il giudice della riparazione deve procedere ad GLYPH una autonoma valutazione delle risultanze processuali rispetto al giudice penale. Ciò in quanto è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’event “detenzione” (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 2036 ,8 – 01; conf., Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263 – 01 .
La valutazione deve essere effettuata ex ante, e ricalca quella eseguita al momento dell’emissione del provvedimento restrittivo, ed è volta a verificare, seppur in presenza di un errore dell’autorità procedente, se dal quadro indiziario a disposizione del giudice della cautela potesse desumersi l’apparenza della
fondatezza delle accuse, pur successivamente sme ntita dall’esito del giudizio; in secondo luogo, se a questa apparenza abbia contribuito il comportamento extraprocessuale e processuale tenuto dal ricorrete (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
Tali comportamenti possono essere, come detto, di tipo extra-processuale (ad es., grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione, violazione di legge o regolamenti) o processuale (ad es., autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi).
Il giudice della riparazione, quindi, non può ritenere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice della cognizione, ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, n. 46469 d i I 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv.270039; Sez. 3, n. 19998 del 20/04/2011, COGNOME, Rv. 250385- 01).
2.2. Nel caso in esame la Corte distrettuale si è attenuta a tali principi, avendo ritenuto, con motivazione adeguata e coerente sotto il profilo logico e nel rispetto delle norme applicabili, che la condotta del Benedetto aveva sostanzialmente contribuito ad ingenerare la rappresentazione di un agire illecito dal quale è scaturita, con rapporto di causa-effetto, la detenzione ingiustamente sofferta.
Il giudice della riparazione, in maniera tutt’altro che illogica, ha messo in evidenza come il ricorrente sia stato parte di un meccanismo solidale destinato ai consociati di stampo mafioso mediante la raccolta e la erogazione di quote di una colletta in favore dei sodali detenuti, per effetto della ordinanza emessa nel. procedimento convenzionalmente denominato “Minotauro”, poiché indiziati di a· partenere alla c.d. locale di Chivasso.
L’importo era predetermInato nel suo ammontare.
I giudici del merito, e la stessa Corte di cassazione chiamata a delibare il ricorso del ricorrente (cfr., Sez. 2, n. 53477 del 15/06/2017), hanno riconosciuto il carattere sostanzialmente obbligatorio del contributo, affermando ‘ che il prendere parte ad una simile raccolta – peraltro non in posizione marginale – integra un indizio particolarmente grave della condotta associativa che, se corroborato da altri elementi, può condurre alla condanna tanto del contribuente quanto del beneficiario.
Nel suo secondo intervento questa Corte di legittimità ha poi affermato che l’insieme degli GLYPH elementi emersi GLYPH a carico GLYPH del GLYPH Benedetto erano
dimostrativi dell’appartenenza ad un contesto mafioso, valuta bile per l’adozione di misure di prevenzione, anche alla luce di pregressi contatti con ambienti criminali (Sez. 6, n. 9520 del 1/02/2021, p. 8).
Pertanto, GLYPH come rilevato GLYPH anche dal GLYPH Sostituto GLYPH Procurat re Generale, l’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione dell’orientami nto di questa Corte secondo cui le frequentazioni ambigue possono integrare un comportamento gravemente colposo, ostativo al riconoscimento del diritto all’indenizzo, purché siano accompagnate dalla consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti e non siano assolutamente necessitate (Sez. 4, n. 29550 del 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277475).
A tal proposito basti considerare che è da ritenere gravemente colposo il comportamento imprudente o negligente che, valutato con il parametro dell’id quod plerumque accidit, “sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurez a collettiva” e renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria.
Alla stregua di tale impostazione è stata ritenuta l’incidenza causale delle frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non sono giustificati da rapporti di parentela (Sez. 3, n. 363 del 30/11/2007, dep. 2008, COGNOME, Rv 238782).
Nella specie, il giudice della riparazione, attraverso il richiamo all’esito del giudizio di merito, ha collocato la colletta nell’ambito degli strumenti solidaristici che contraddistinguono le associazioni di stampo mafioso (cfr., Sez. 2, n. 53477 del 15/06/2017, p. 23: “le numerose conversazioni.., rivelano la natura e la finalità di tale contribuzione, rendendone palese il significato di assistenza ai sodali”).
La Corte di appello, oltre all’importante elemento della fruizione della colletta, ha considerato come ostativa anche la condotta del ricorrente che si era reso concretamente disponibile, in carcere, in favore del gruppo, come dimostrato dalla lettera del 12 luglio 2010, scritta dal detenuto COGNOME a NOME COGNOME con la quale il primo dimostrava gratitudine al secondo, riconoscendogli di aver mostrato vicinanza a COGNOME NOME, certo appartenente alla ‘ndrangheta.
Altre lettere del ricorrente , evocative di attività svolte in favore di COGNOME NOME ( si parla di lezione data a qualcuno), erano state rinvenute durante la perquisizione dell’abitazione di COGNOME Pasquale. Si tratta di fatti riportati al fine di ulteriormente rafforzare il quadro emerso, ma non certo essenziali alla motivazione. In questo contesto, è evidente che la vicenda processuale relativa a
NOME COGNOME indicata nei motivi aggiunti, non sposta i termini del ragionamento giustificativo svolto dalla ordinanza impugnata
In definitive, la complessiva condotta, espressiva di contiguità mafiosa, ha avuto indu bia efficienza causale GLYPH rispetto alla GLYPH privazione della GLYPH libertà personale, in quanto aveva determinato una situazione tale da costituire prevedibile ragione dell’intervento dell’autorità giudiziaria, così da escludere il diritto alla riparazione.
2.3. Deve infine escludersi che la previsione dell’art. 314, comma I, cod. proc. pen. – nella parte in cui, come visto, limita l’accesso all’equa riparazione – sia in contrasto con l’art. 5 della Convenzione europea dei diritti dell’ uomo perché quest’ultima norma impone il riconoscimento dell’indennizzo soltanto per la detenzione preventiva formalmente illegittima (Sez. 4, n. 6903 del 02/02/2021, COGNOME, Rv. 280929 – 01; conf., Sez. 4, n. 35689 del 09/07/20 Farris, Rv.245311 – 01).
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali, mentre invece non vanno liquidate le spese sostenute dal Ministero resistente.
La memoria depositata, infatti, si limita a riportare principi giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione, senza confrontarsi con i motivi di ricorso, e quindi senza offrire un contributo alla dialettica processuale (sul punto, Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, COGNOME non mass; in argomento anche Sez. U, n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264; in riferimento alla costituzione della parte civile, .ma con principi estensibili, Sez. , n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, in motivazione).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese in favore del Ministero resistente.
Così è deciso, il 12 novembre 2024