Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13604 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SERSALE il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 26/02/2024 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni ex art. 611 c.p.p. del PG in persona del Sostituto Proc. Gen. NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso e la memoria degli AVV_NOTAIO. AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Catanzaro, con ordinanza del 26/02/2024, ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata ex art. 314 cod. proc. pen. a mezzo di procuratore speciale dall’odierno ricorrente NOME COGNOME, subita in custodia cautelare in carcere dal 29/11/2016 al 16/11/2020 per un totale di 1450 giorni a seguito RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza del GIP del tribunale di Catanzaro i emessa il 10/11/2016 nel procedimento penale N.RGNR 2585/2013 per il reato di cui all’articolo 416 bis commi 1, 2, 3, 4, 5, 6 cod. pen. sub capo 1) RAGIONE_SOCIALE‘editt cautelare, con l’asserito ruolo di partecipe del sodalizio mafioso capeggiato da COGNOME NOME. Più precisamente lo stesso veniva accusato di partecipare e alla sottoarticolazione che fa capo a suo cognato COGNOME NOME, e condannato in secondo grado nel procedimento penale de quo, sostituendolo in diverse attività nel periodo in cui costui si trovava ristretto Tregime detentivo domestico.
NOME COGNOME il 02/12/2016 era stato sottoposto ad interrogatorio garanzia e si era avvalso RAGIONE_SOCIALEa facoltà di non rispondere.
Il Tribunale del riesame di Catanzaro,con ordinanza n. 1344/2016 1 aveva rigettato la richiesta di annullamento RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza applicativa RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare in carcere e la Corte di Cassazione con sentenza del 26/04/2017 aveva rigettato il ricorso proposto avverso l’ordinanza del tribunale del riesame.
Con sentenza del 18/12/2018 il Gup del tribunale di Catanzaro aveva condannato l’odierno ricorrente alla pena di anni 10 e mesi 8 di reclusione.
Con successiva sentenza del 16/11/2020,divenuta irrevocabile il 01/04/2021, la Corte di appello di Catanzaro lo aveva assolto la formula perché il fatto non sussiste.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, NOME COGNOME deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Il ricorrente deduce violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. B) in relazione all’articolo 314 comma 1 cod. proc. pen., contestando la sussistenza RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa alla riparazione RAGIONE_SOCIALEa colpa grave. Deduce altresì illogicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione perché contraddittoria rispetto alla sentenza n. 1907/2020 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Catanzaro che ha assolto il ricorrente. Richiama le specifiche vicende in relazione alle quali lo stesso ricorrente era stato assolto anche nel diverso procedimento 2331/13 RGNR e l’ordinanza n. 13123 del 28/2/22-11/1/23 con la quale era stata riconosciuta la riparazione per l’ingiusta detenzione subita dall’COGNOME nell’ambito del proc. 2331/13 RGNR, nell’ambito del quale era stato arrestato sulla
base degli stessi elementi (fonti dichiarative) poi posti a fondamento del procedimento conclusosi con la sentenza assolutoria n. 1907/2020 RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Catanzaro.
Per il ricorrente la decisione di diniego resa dal giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione risul terebbe fondata su elementi già valutati come non ostativi alla riparazione rispetto al principale rimprovero mossogli nel procedimento 2331/13 RGNR (ove si sostiene che fossero in verifica le medesime circostanze oggi rivalutate in chiave associativa).
D tesi che si sostiene in ricorso è che, qualora la Corte territoriale che ha emesso l’ordinanza che si impugna con il presente atto avesse tenuto in considerazione il suo provvedimento che ha valutato gli stessi elementi in maniera completamente opposta, sarebbe senz’altro giunta a conclusioni altrettanto opposte e, conseguentemente, avrebbe anche in questo caso riconosciuto la riparazione per l’ingiusta detenzione subita dal ricorrente.
Sarebbe evidente, dunque, come manchi, nella fattispecie in oggetto, una reale verifica RAGIONE_SOCIALE‘esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare un grave quadro indiziario nei suoi confronti rispetto al reato associativo mafioso.
Viene precisato e ribadito come la descritta condizione non possa essere attribuita ad alcuna condotta del ricorrente.
Nella situazione data, per il difensore ricorrente non si comprende quale sia stato il criterio che ha spinto la Corte di merito a considerare la condotta posta i essere da COGNOME NOME quale presupposto che abbia ingenerato la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale. Non vi sarebbe, infatti, nessuna condotta che possa dirsi caratterizzata da evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza dkleggi, regolamenti o norme disciplinari, in uno al necessario collegamento con la condizione indiziaria contenuta nell’ordinanza che ha disposto la restrizione cautelare per il reato di associazione mafiosa. Nessuna situazione, dunque, che possa costituire una non voluta ma prevedibile ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘Autorità giudiziaria attraverso provvedimenti re strittivi RAGIONE_SOCIALEa libertà personale.
Ritiene il ricorrente che difetti in questo giudizio di riparazione, proprio l’ stenza di un comportamento del ricorrente che possa essere considerato ostativo al riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo. In ciò si concretizzerebbe la macroscopica erroneità RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata. Non ci sarebbe alcuna condotta che possa essere rimproverata all’COGNOME come causativa RAGIONE_SOCIALE‘errore compiuto dall’autorità giudiziaria nel sottoporlo a misura cautelare. Il rimprovero invocato a motivo di diniego RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo si risolve nel solo richiamo alle dichiarazioni di terzi e non ad u comportamento posto in essere dal ricorrente.
Con una ragione in più che potrà utilmente invocarsi nel caso di specie e cioè la circostanza che vede lo stesso inquirente che aziona la domanda cautelare di cui si discute (emessa in data 10.11.2016) assolutamente consapevole del fatto che quelle condotte oggetto di rimprovero in questo giudizio ricavate, per come detto, dalle dichiarazioni dei soggetti indicati, sono state escluse o ritenute non provate dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione nel proc. 2331/13 RGNR, definito con sentenza di assoluzione in data 25/09/2014.
Nella indicata situazione per il ricorrente non si comprende come l’Autorità Giudiziaria possa essere stata indotta in errore dal ricorrente che, rispetto alla scena investigativa di questo giudizio, per come pure attestato dalla Corte RAGIONE_SOCIALEa cognizione, risulta completamente assente.
Ed allora, in tema di verifica RAGIONE_SOCIALE‘ingiustizia sostanziale RAGIONE_SOCIALEa privazione RAGIONE_SOCIALE libertà patita dal ricorrente, con la necessaria considerazione RAGIONE_SOCIALE‘antinomia strutturale tra custodia e assoluzione, il dato relativo all’assenza di comportamenti, dolosi o gravemente colposi, direttamente incidenti nella scelta RAGIONE_SOCIALE‘adozione o mantenimento del provvedimento restrittivo, costituiva l’essenza su cui doveva fondarsi la decisione in tema di indennizzo.
Per il ricorrente non v’è dubbio che la valutazione effettuata al momento RAGIONE_SOCIALE‘intervento restrittivo, pur a fronte di ipotizzata e pretesa apparenza RAGIONE_SOCIALEa fon datezza del rimprovero sotto il diverso profilo associativo, poi smentita dal giudizio, non trova il suo fondamento o il suo contributo in una condotta dolosa o gravemente colposa del ricorrente al quale, si ribadisce, non è riferibile alcun comportamento che possa aver avuto efficienza causale nel «determini-ismo RAGIONE_SOCIALE‘evento» cautelare.
In ricorso si ribadisce più volte che il ricorrente non ha posto in essere alcuna condotta successiva a quella già verificata nel diverso procedimento 2331/13 NUMERO_DOCUMENTO. Quelle condotte sono state smentite dalla verifica giudiziale sfociata nell’esito assolutorio del 25.9.2014. Quella detenzione patita a seguito di quelle contestazioni è stata interamente riparata dalla Corte catanzarese con l’ordinanza n. 13/23 – RID 4/2019.
Non si comprende, dunque, come quei medesimi elementi possano oggi considerarsi ostativi alla ric! -iiesta di indennizzo nel diverso procedimento 2885/13 NR la cui “rinnovazione” cautelare è stata determinata dalla sola scelta RAGIONE_SOCIALE‘inquirente di assegnare a quegli stessi elementi una prospettazione associativa senza che si sia assistito ad un comportamento ulteriore del ricorrente rispetto a quello già verificato nel diverso giudizio 2331/13 RGNR e oggetto di completa riparazione nella relativa domanda di indennizzo.
Ed è ciò che secondo il ricorrente rileva ai fini RAGIONE_SOCIALEa odierna verifica.
L’ordinanza – ci si duole – non si cura di verificare quali siano, cioè, i comportamenti gravemente colposi RAGIONE_SOCIALE‘istante (e non quelli di altri protagonisti RAGIONE_SOCIALEa vicenda) che possano porsi in relazione causale col provvedimento cautelare emesso.
L’ordinanza impugnata non farebbe buon governo dei principi di diritto più volte affermati in tema di ingiusta detenzione, non confrontandosi con le motivazioni poste a fondamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione che pure chiarisce la specificità RAGIONE_SOCIALEa vicenda processuale del ricorrente.
Si evidenzia che la decisione del giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione segnala un elemento di assoluta e decisiva portata rispetto al giudizio riparatorio e cioè la circostanz secondo cui l’odierno ricorrente è completamente assente dalla scena investigativa oggetto di attenzione cautelare.
L’ordinanza impugnata, in sostanza, espone il quadro indiziario,sulla base del quale la privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale è stata disposta, ma solo sommariamente, anzi quasi per nulla, il contenuto RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione, con la quale, deliberatamente, omette di confrontarsi. Vi è la necessità, invece, che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione guardi rt tutti gli elementi del procedimento e del processo, fornendo del convincimento conseguito motivazione adeguata e congrua valutando se la condotta del ricorrente sia stata il presupposto che abbia ingenerato la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale (il richiamo è al dictum di Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016).
L’ordinanza gravata trascurerebbe, dunque, che il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione non ha il compito di accertare se il quadro indiziario fosse grave e sussistessero i presupposti per l’applicazione RAGIONE_SOCIALEa misura, ma se l’imputato abbia dato causa, o concorso a dar causa, con dolo o colpa grave,alla privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, la cui “ingiustizia” discende dalla irrevocabilità RAGIONE_SOCIALEa sentenza di proscioglimento quando la stessa è pronunciata perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato.
Per le ragioni esposte, il ricorrente chiede l’annullamento RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata con ogni conseguenziale statuizione.
Il P.G. e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE per il RAGIONE_SOCIALE hanno reso le conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. riportate in epi g rafe
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati sono infondati e, pertanto, il proposto ricorso rigettato.
Va premesso che è principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte Suprema che nei procedimenti per riparazione per ingiusta detenzione la cognizione del giudice di legittimità deve intendersi limitata alla sola legittimità d provvedimento impugnato, anche sotto l’aspetto RAGIONE_SOCIALEa congruità e logicità RAGIONE_SOCIALEa motivazione, e non può investire naturalmente il merito. Ciò ai sensi del combinato disposto di cui all’articolo 646 secondo capoverso cod. proc. pen., da ritenersi applicabile per il richiamo contenuto nel terzo comma RAGIONE_SOCIALE‘articolo 315 cod. proc. pen.
Dalla circostanza che nella procedura per il riconoscimento di equo indennizzo per ingiusta detenzione il giudizio si svolga in un unico grado di merito (in sede di orte di appello) non può trarsi la convinzione che la Corte di cassazione giudichi anche nel merito, poiché una siffatta estensione di giudizio, pur talvolta prevista dalla legge, non risulta da alcuna disposizione che, per la sua eccezionalità, non potrebbe che essere esplicita. Al contrario l’art. 646, comma terzo cod. proc. pen. (al quale rinvia l’art. 31.5 ultimo comma cod. proc. pen.) stabilisce semplicemente che avverso il provvedimento RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello, gli interessati possono ricorrere per Cassazione: conseguentemente tale rimedio rimane contenuto nel perimetro deducibile dai motivi di ricorso enunciati dall’art. 606 cod. proc. pen., con tutte le limitazioni in essi previste (cfr. ex multis, Sez. 4, n. 542 del 21/4/1994, Bollato, Rv. 198097, che, affermando tale principio, ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso ordinanza del giudice di merito in materia, col quale non si deduceva violazione di legge, ma semplicemente ingiustizia RAGIONE_SOCIALEa decisione con istanza di diretta attribuzione di equa somma da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte).
Il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione motiva in maniera ampia e circostanziata sui motivi del rigetto.
L’art. 314 cod. pen., com’è noto, prevede al primo comma che “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”.
In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, dunque, costituisce causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione l’avere l’interessat dato causa, per dolo o per colpa grave, all’instaurazione o al mantenimento RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen.); l’assenza di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla
deduzione RAGIONE_SOCIALEa parte (cfr. sul punto questa Sez. 4, n. 34181 del 5/11/2002, Guadagno, Rv. 226004).
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa – e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, primo comma, cod. proc. pen. – non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro RAGIONE_SOCIALE‘ “id quod plerumque accidit” secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria a tutela RAGIONE_SOCIALEa comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo (Sez. U. n. 43 del 13/12/1995 dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 203637)
Poiché inoltre, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso.
In altra successiva condivisibile pronuncia è stato affermato che il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione non spetta se l’interessato ha tenuto consapevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbia posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosservanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sosta nzi nell’a dozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (Sez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, Maisano, Rv. 242034).
Ancora le Sezioni Unite, hanno affermato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico (Sez.
Unite, n. 32383 del 27/5/2010, D’Ambrosio, Rv. 247664). E, ancora, più recentemente, il Supremo Collegio ha ritenuto di dover precisare ulteriormente che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazione soltanto l’antinomia “strutturale” tra custodia e assoluzione, o quella “funzionale” tra la durata RAGIONE_SOCIALEa custodia ed eventuale misura RAGIONE_SOCIALEa pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la “ratio” solidaristica che è alla base RAGIONE_SOCIALE‘istituto (così Sez. Unite, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606, fattispecie in cui è stata ritenuta colpevole la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in sede di interrogatorio di garanzia, omettendo di fornire spiegazioni sul contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni telefoniche intrattenute con persone coinvolte in un traffico di sostanze stupefacenti, alle quali, con espressioni “travisanti”, aveva sollecitato in orario notturno la urgente consegna di beni).
4. Va poi osservato che vi è totale autonomia tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione uctle atteso che i due afferiscono piani di indagine del tutto diversi che ben possono portare a conclusioni affatto differenti pur se fondanti sul medesimo materiale probatorio acquisito agli atti, in quanto sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione del tutto differenti. perché è prevista in sede di riparazione per ingiusta detenzione la rivalutazione dei fatti non nella loro portata indiziaria o probatoria, che può essere ritenuta insufficiente e condurre all’assoluzione, occorrendo valutare se essi siano stati idonei a determinare, unitamente ed a cagione di una condotta negligente od imprudente RAGIONE_SOCIALE‘imputato, l’adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, traendo in inganno il giudice.
È pacifico (cfr. tra le tante Sez. 4, ord. 25/11/2010, n. 45418) che, in sede di giudizio di riparazione ex art. 314 cod. proc. pen. ed al fine RAGIONE_SOCIALEa valutazione RAGIONE_SOCIALE‘an debeatur occorra prendere in considerazione in modo autonomo e completo tutti gli elementi probatori disponibili ed in ogni modo emergenti dagli atti, al fine di valutare se chi ha patito l’ingiusta detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti. A tale fine è necessario che venga esaminata la condotta posta in essere dall’istante sia prima che dopo la perdita RAGIONE_SOCIALEa libertà personale e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un
procedimento a suo carico (cfr. Sez. U. n. 32383/2010), onde verificare, con valutazione ex ante, in modo del tutto autonomo e indipendente dall’esito del processo di merito, se tale condotta, risultata in sede di merito tale da non integrare un fatto-reato, abbia ciononostante costituito il presupposto che abbia ingenerato, pur in eventuale presenza di un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (cfr. anche la precedente Sez. Un. 26/6/2002, COGNOME). E a tal fine vanno prese in considerazione tanto condotte di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo), quanto di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione.efr. Sez. 4, n. 45418/2010).
La colpa RAGIONE_SOCIALE‘istante è ostativa al diritto per le argomentazioni espresse, tra le altre, da Sez. 4, n. 1710/2014 e da Sez. 4, n. 1422/2014: «… non potendo l’ordinamento, nel momento in cui fa applicazione RAGIONE_SOCIALEa regola solidaristica, … obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe su tutti i consociati, allorquando interagiscono nella società (trattasi, infondo, RAGIONE_SOCIALEa regola che trova esplicitazione negli arti. 1227 e 2056 c.c.), deve intendersi idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo … non solo la condotta volta alla realizzazione di evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso configgente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametr RAGIONE_SOCIALE‘id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria a tutela RAGIONE_SOCIALEa comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui ci interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla ri razione … quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, pe evidente, macroscopica, negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso …». Corte di Cassazione – copia non ufficiale
5. Nel provvedimento impugnato è stato congruamente e logicamente posto in evidenza come l’attività investigativa svolta abbia consentito di desumere che NOME COGNOME era al vertice del gruppo familiare e che aveva come centro di interesse la gestione del villaggio ALEMIA di Cropani Ma ina. GLYPH che riguardo alla it4 presenza di COGNOME NOME all’interno di tale villaggio GLYPH appresentanza del
cognato NOME COGNOME nel periodo in cui lo stesso era agli arresti domiciliari assumono rilievo per il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione le dichiarazioni di NOME COGNOME. Quest’ultimo, che per un periodo aveva svolto l’incarico di direttore del villaggio, ebbe a riferire di avere lavorato in tale struttura turistica nelle stagioni del 2010 del 2011 e di avere conosciuto COGNOME NOME per questioni di giardinaggio del complesso turistico, per poi avere avuto contatti con il cognato di questi, l’odierno ricorrente NOME COGNOME, nel corso del 2011 dal momento che il COGNOME era in quel periodo sottoposto agli arresti domiciliari: in quel periodo lo stesso COGNOME lo informò che avrebbe dovuto avere contatti direttamente con lui per le questioni di giardinaggio e di manutenzione del villaggio.
Tali circostanze – ricorda ancora il provvedimento impugnato – sono state confermate anche da NOME COGNOME in sede di sommarie informazioni.
In aggiunta, per ciò che emerge dalla lettura RAGIONE_SOCIALE‘attività captativa di cui provvedimento impugnato trascrive diversi stralci, il ruolo di rappresentante del cognato non era limitato alla gestione del villaggio turistico, in quanto l’COGNOME partecipava anche all’attività di riscossione estorsiva – o comunque usuraria dei prestiti concessi dal COGNOME, come risulta dalla conversazione captata tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, nella quale quest’ultimo riferisce di essere riuscito a “chiudere dei debiti” dopo aver parlato con “NOME NOME cognato”.
Per di più, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione dà atto che risulta da plurime dichiarazioni che ricorrente si era prestato per conto del cognato alla gestione del “RAGIONE_SOCIALE“, pure sito in Cropani Marina di cui era proprietaria NOME COGNOME, la quale tuttavia aveva accettato di trasferirne in maniera informale la gestione alla famiglia COGNOME,che la esercitava sia direttament9sia mediante soggetti a loro riconducibili.
Sul ruolo di COGNOME ancora il provvedimento impugnato ricorda come avesse riferito più specificamente COGNOME NOME ossia l’ultima conduttrice del bar in questione. E come del ruolo che l’COGNOME rivestiva nel “RAGIONE_SOCIALE bar”, oltre alla COGNOME e alla COGNOME, avesse precedentemente riferito anche il COGNOME.
6. Le doglianze dei ricorrente risultano generiche poiché si limitano a richiamare l’inattendibilità dei dichiaranti, senza precisare su quali circostanze di riliev ai fini del presente giudizio essi abbiano deposto in maniera inattendibile. Per contro, il provvedimento impugnato si fonda su precisi elementi di fatto, accertati nella sentenza di assoluzione, e motiva in modo congruo e logico in ordine alla idoneità RAGIONE_SOCIALEa condotta posta in essere dall’istante ad ingenerare nel giudice, che emise il provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale, il convincimento di un probabile concorso nell’associazione mafiosa.
Secondo il ricorrente, la sentenza assolutoria avrebbe riconosciuto come la vicinanza del ricorrente al cognato COGNOME NOME discendesse esclusivamente dal vincolo familiare e non dall’appartenenza comune al sodalizio criminale (accusa del reato di cui all’art. 416 bis cod. pen. che ha visto la condanna del cognato).
Ma, come si evince dalla la sentenza di assoluzione e come ricorda il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione j non è così. E non corrisponde al vero quanto sostenuto il ricorso secondo cui i comportamenti addebitati all’odierno ricorrente quali colposi ed ostativi al chiesto beneficio non sarebbero provati ma risulterebbero soltanto da dichiarazioni eteroaccusatorie di terzi.
Come ricorda il provvedimento impugnato, la Corte d’appello nella sentenza assolutoria afferma che: «Non è in discussione la contiguità, anche complice, RAGIONE_SOCIALE‘imputato al cognato COGNOME NOME o la cointeressenza in alcuni affari di costoro» ed ancora che «dunque esistono sicuramente stretti rapporti RAGIONE_SOCIALE‘COGNOME con il cognato COGNOME NOME e con gli altri COGNOME, egli ebbe a gestire il Villaggio ALEMIA nei periodi in cui COGNOME NOME era impossibilitato a gestire in prima persona i propri affari e partecipò alla gestione del “RAGIONE_SOCIALE“…» (il richiamo è a pagina 546 RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione emessa il 16/11/2020 dalla Corte d’appello di Catanzaro).
Sul punto correttamente il provvedimento impugnato richiama il dictum di Sez. 4 n. 45418 25/11/2010, Carere, Rv. 249233 che ha precisato che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione integra gli estremi RAGIONE_SOCIALEa colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto la condotta di chi, nei reati contestati in concorso abbia tenuto, pur consapevole RAGIONE_SOCIALE‘attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (cfr. anche Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Abbruzzese, Rv. 280547).
Si ricorda altresì che nella sentenza assolutoria non solo l’COGNOME è stato definito contiguo al covato COGNOME NOME– capofamiglia RAGIONE_SOCIALE‘omonima consorteria mafiosa e condannato nel procedimento penale dei quo – ma è stato anche ribadito che «non vi è dubbio che l’COGNOME fosse a conoscenza RAGIONE_SOCIALEa caratura criminale del cognato e degli altri COGNOME, non v’è dubbio del pari che fosse a conoscenza e forse anche correo degli affari, usurai e non, del COGNOME NOMENOME» (ancora una volta il richiamo è a pagina 546 RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione).
Ebbene come rileva il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione con una motivazione priva di aporie logiche e corretta in punto di diritto, tali elementi, benché ritenuti insuf cienti a fondare la responsabilità penale RAGIONE_SOCIALE‘COGNOME inon risultano smentiti dalla sentenza di assoluzione e pertanto si rivelano idonei a disvelare la condotta gravemente colposa del ricorrente idonea ad ingenerare nell’Autorità Giudiziaria un’apparenza di colpevolezza.
Né risultano fondate le doglianze di contraddittorietà rispetto a precedente ordinanza riparatoria emessa a seguito di assoluzione del ricorrente in diverso procedimento. I due procedimenti penali riguardano reati diversi, anche se relativi al medesimo contesto criminale (il reato associativo quello in esame, i reati-fine quell’altro) e si fondano solo in parte sullo stesso materiale probatorio (le dichiarazioni RAGIONE_SOCIALEe persone offese).
Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna RAGIONE_SOCIALEa parte ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese del procedimento
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Così deciso il 25/03/2025