Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 21536 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 21536 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 05/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 23/11/1976 contro
Ministero dell’Economia e Finanze avverso l’ordinanza del 22/01/2024 della Corte d’appello di Catanzaro
Letto il ricorso ed esaminati gli atti;
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
letta la memoria depositata dal Procuratore Generale che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di Catanzaro, con l’ordinanza indicata in epigrafe, ha respint l’istanza di riparazione per l’ingiusta detenzione subita da COGNOME NOMECOGNOME per complessivi gior 455 in regime di custodia cautelare in carcere, in forza del decreto di fermo emesso dall Procura della repubblica DDA di Catanzaro in data 17/04/2024, convalidato dal GIP del Tribunale di Foggia con l’ordinanza del 24 aprile 2024, che contestualmente disponeva la misura cautelare. Tale ordinanza veniva successivamente rinnovata, ai sensi dell’art. 27 cod.proc.pen., dal GIP del Tribunale di Catanzaro, in data 12 maggio 2018.
All’esito del giudizio di merito dinanzi al GUP del Tribunale di Catanzaro, il COGNOME veni assolto da tutti i reati ascrittigli, con la formula per non aver commesso il fatto, con sen del 31 luglio 2019, divenuta irrevocabile il 26 maggio 2020.
COGNOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione avverso la suddetta ordinanza, censurandola attraverso un unico complesso motivo.
2.1 II ricorrente, dopo aver ampiamente illustrato i principi affermati da questa Corte tema di riparazione per ingiusta detenzione, censura per violazione di legge e vizio motivazione il provvedimento impugnato, osservando che i giudici della riparazione hanno ritenuto ravvisabile la colpa grave del comportamento del soggetto sottoposto a misura, senza tener conto che la sentenza di assoluzione ha escluso la rilevanza degli stessi elementi posti base del diniego dell’indennizzo.
In particolare, con riferimento alle conversazioni tra il COGNOME e il padre è stato accer in maniera chiara e inequivocabile che i due stessero parlando del bonifico da effettuare i favore di una struttura alberghiera di Ischia e che il versamento dovesse essere necessariamente effettuato dal padre per l’impossibilità per il figlio di disporre di un corrente, a seguito di un’esposizione debitoria nei confronti di Equitalia. Tra l’al conversazione riguardava una modestissima somma di danaro.
In relazione alla perquisizione eseguita il 25/7/2017 presso l’abitazione dei genitori do fu trovata una pistola, una radio scanner e sostanza stupefacente, la stessa non risulterebbe i alcun modo collegata ai fatti in contestazione, anche in considerazione del contenuto della pronuncia assolutoria.
Il Procuratore Generale ha depositato memoria scritta ed ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è manifestamente
1.1 È opportuno premettere, con estrema sintesi, l’indicazione delle linee portanti dell disciplina di riferimento, così come delineata dalla giurisprudenza di legittimità.
Il consolidato insegnamento di questa Corte è nel senso che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice di merito, per valutare se chi l’ha patita vi abbia d concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussisten condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (ex multis, Sez. 4, Sentenza n. 27458 del 05/02/2019 Rv. 276458).
Le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione dell’ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa – e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi dell’art. 314, primo comma, c proc. pen. – non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentat nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparato con il parametro dell’ “id quod plerumque accidit”, secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in peri (Sez. Unite n. 43 del 13/12/1995 dep. i11996, COGNOME ed altri, Rv. 203637).
Sempre le Sezioni Unite, hanno affermato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiust detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della colpa grave dell’interessat rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condott tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. Unite, n. 32383 del 27/5/2010, COGNOME, Rv. 247664).
A tal fine, possono essere considerate condotte, dolose o gravemente colpose, tanto extraprocedimentali quanto tenute nel corso del procedimento, comprese le dichiarazioni dallo stesso richiedente rese (con particolare riferimento alla possibile rilevanza delle dichiaraz rese dall’indagato/imputato si vedano, ex plurimis, Sez. U, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606 – 01, nonché, in fattispecie successive alla modifica dell’art. 314, comma 1, cod pen., Sez. 4, n. 30056 del 30/06/2022, in motivazione, e Sez. 4, n. 3755 del 20/01/2022, Pacifico, Rv. 282581).
Allo stesso modo, tra le condotte di cui innanzi si annoverano anche le «frequentazioni ambigue» con soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici il
necessitando sempre un’adeguata motivazione della loro oggettiva idoneità a essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti co persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 20963 del 14/03/2023, Tare, cit., motivazione; Sez. 4, n. 21308 del 26/04/2022, Fascia, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 260397 – 01; si vedano altresì, ex plurimis, circa la possibile rilevanza delle «frequentazioni ambigue» con soggetti condannati nel medesimo procedimento, Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498 – 01, nonché in merito alle frequentazioni con condannati in diverso procedimento, Sez. 4, n. 850 del 20/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565 – 01, oltre che Sez. 4, n. 29550, 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277475 – 01, per la quale rilevano le dette frequentazioni con soggetti condannati nello stesso procedimento anche nel caso in cui intervengano con persone legate da rapporto di parentela, purché siano accompagnate dalla consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti e siano assolutamente necessitate).
Si rammenta, altresì che il giudice della riparazione il quale, pur dovendo operare eventualmente, sullo stesso materiale del giudice del processo penale, deve seguire un “iter” logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo compito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, ma se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel concorso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione”.
In relazione a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di valutare materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controlla ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di natura civilistica), sia in senso positiv negativo, compresa l’eventuale sussistenza di una causa di esclusione del diritto all riparazione (in tal senso, espressamente, Sez. U, n. 43 del 13/12/1995 – dep. 09/02/1996, COGNOME ed altri, Rv. 203638; più di recente, tra le molte, Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016 dep. 23/01/2017, COGNOME, Rv. 268952).
Nel caso in esame, il giudice della riparazione, diversamente da quanto osservato dal ricorrente, ha valorizzato elementi non esclusi dalla sentenza assolutoria dai qualiVe -mergq,un comportamento gravemente colposo, sinergico rispetto all’adozione della cautela, e perciò ostativo al riconoscimento del diritto alla riparazione.
In particolare, nel provvedimento impugnato sono citate le intercettazioni da cui è emerso che, nel periodo immediatamente successivo alla rapina, il COGNOME disponesse di somme di danaro ingiustificate.
Viene valorizzato il ritrovamento di un’arma con caricatore, insieme a una radio scanner e a sostanza stupefacente in casa dei genitori del Mancino (punto 2.3.2. dell’ordinanza), indic della caratura criminale del Mancino, in ipotesi capace di prender parte ad azioni predatorie una certa complessità e spettacolarità.
E così pure, viene richiamata la conversazione numero 1420, registrata il 26. 07. 2017, intrattenuta con tale NOME il giorno dopo la perquisizione, in cui il COGNOME manifesta una for preoccupazione per il rinvenimento dell’arma in casa della madre e si fa riferimento ad una precedente rapina.
È inoltre indicata una conversazione intercettata (n.progr.1980), nel corso della quale i COGNOME e la moglie facevano riferimento a COGNOME NOME, moglie del COGNOME, la quale pretendeva di essere sostenuta e economicamente anche dopo taluni comportamenti impropri del marito.
Tale conversazione è stata ritenuta dimostrativa della contiguità dello stesso COGNOME al gruppo criminale caratterizzato da solidarietà economica tra gli aderenti, di certo riconducibi all’ambito delle frequentazioni ambigue, pacificamente ritenute ostative alla riparazione.
Sulla base dei suddetti elementi, complessivamente considerati, la Corte distrettuale ha ritenuto, con argomenti privi di illogicità, che il COGNOME avesse colposamente creato una situazione di apparente colpevolezza, tale da indurre l’autorità giudiziaria che dispose la misur cautelare per la partecipazione alla rapina ai danni della “RAGIONE_SOCIALE” perpetrata in qu medesimo contesto.
A fronte della logica ricostruzione contenuta nell’ordinanza, il ricorso appare privo autosufficienza e aspecifico.
Si rammenta che, al lume del principio di autosufficienza, il ricorrente avrebbe dovuto riportare nell’atto o allegare gli atti ivi menzionati, nella versione integrale, onde consent questa Corte di verificare quanto eccepito, tanto più a fronte della specifica indicazion nell’ordinanza impugnata, di dialoghi oggetto di intercettazione, posti a base della valutazio del comportamento gravemente colposo e sinergico rispetto all’adozione della misura.
In particolare, in ordine alla affermata preoccupazione di celare il possesso del denaro di cui il COGNOME disponeva nel periodo immediatamente successivo alla rapina, che gli inquirenti consideravano appunto la sua parte di bottino, il ricorrente lamenta che dalle intercettazio emergerebbe l’esatto contrario, ovvero che il riferimento riguardava somme versate dal padre per un soggiorno turistico; in proposito, il giudice della riparazione (punti 2.3.1 e dell’ordinanza) avrebbe fornito una valutazione diametralmente opposta a quella del giudice del merito.
Tuttavia, la deduzione è priva del requisito dell’autosufficienza, non essendo stat riportata testualmente la parte della sentenza da cui emergerebbe che le somme di cui si discute non provenissero da attività illecite del Mancino.
Allo stesso modo, quanto al ritrovamento di un’arma con caricatore, insieme a una radio scanner in casa dei genitori del Mancino (punto 2.3.2. dell’ordinanza), il ricorso è ugualment privo di autosufficienza, non essendo stato riportato, e neppure specificamente indicato, i passo della sentenza da cui risulterebbe che il possesso dell’arma non fosse in correlazione con fatti di rapina.
Dunque, non risulta in alcun modo che la sentenza di merito abbia escluso quei fatti che sono stati autonomamente valorizzati dal giudice della riparazione.
In ordine alle conversazioni intercettate, adeguatamente considerate dalla Corte distrettuale nei termini sopra riportati, il ricorso è aspecifico in quanto non aggredisce in a
modo i rilievi e le argomentazioni illustrate in ordinanza.
Infine, del tutto generica e aspecifica è la deduzione secondo cui i giudici della riparazion avrebbero ritenuto sinergiche rispetto all’adozione della misura, condotte ritenut
irrevocabilmente insussistenti dal giudice della assoluzione, non essendo state specificamente indicate quali altre circostanze sarebbero state valorizzate in sede cautelare e poi escluse dall
sentenza assolutoria.
3. All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non
versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a carico del medesimo, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di euro
3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende Così deciso il 5 marzo 2025