Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11626 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11626 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME TonyCOGNOME nato a Maratea il 23/06/1992, avverso l’ordinanza in data 15/11/2024 della Corte di appello di Napoli; letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
letta la memoria con cui l’Avvocatura Generale dello Stato, nell’interesse del Ministero dell’economia e delle finanze, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile o, in subordine, sia rigettato;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria di replica presentata, in data 29/01/2025, dal difensore di COGNOME Tony, avv.to NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 15/11/2024, la Corte di appello di Napoli ha rigettato la richiesta di riparazione per l’ingiusta detenzione presentata nell’interesse di COGNOME TonyCOGNOME sottoposto alla misura cautelare della custodia in carcere dal 15/02/2011 al 18/02/2011 e dal 25/04/2014 all’08/1 /2016, nonché a quella degli arresti domiciliari dal 15/10/2012 al 29/01/2013 e Jal 07/11/2013
al 14/11/2013, in relazione al delitto di tentato omicidio e dal con sentenza della Corte di appello di Napoli del 18/03/2019, in irrevocabile. o stesso assolto seguito divenuta
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato due motivi di ricorso, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di denegato riconoscimento della riparazione per la detenzione subita.
Sostiene, in particolare, che il giudice della riparazione, nel proprio provvedimento reiettivo, avrebbe, per un verso, erroneamente affermato l’ascrivibilità ad un’aggressione perpetrata dal richiedente delle lesioni subite dalla persona offesa, smentendo l’assunto il dictum dei giudici di appello, che avevano ritenuto, invece, indimostrato il coinvolgimento nei fatti del predetto e, per altro verso, illegittimamente valorizzato il suo iniziale mendacio in ordine alla causa dell’aggressione (riscontrabile nelle prime sommarie informazioni assunte il 15/02/2011), atteso che tale comportamento non aveva inciso sull’adozione del vincolo cautelare, avendo il giudice per le indagini preliminari reiteratamente respinto la richiesta del rappresentante della pubblica accusa.
2.2. Con il secondo motivo si duole, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen., dell’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 191 e 314 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di denegato riconoscimento della riparazione per la detenzione subita.
Assume, in specie, che, nell’ordinanza oggetto d’impugnativa, il denegato riconoscimento dell’indennità riparatoria sarebbe stato illegittimamente ed irragionevolmente motivato anche con la valorizzazione di quanto dichiarato dal richiedente nelle sommarie informazioni rese in data 15/02/2011, ossia di un elemento probatorio affetto da inutilizzabilità patologica per essere già insorti elementi indizianti a carico del propalante.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e,
da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con mcdificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Tony è manifestamente infondato per le ragioni che di seguito si espongono.
Privo di pregio è, innanzitutto, il primo motivo di ricorso, con cui si lamenta l’erronea applicazione della norma processuale di cui all’art. 314 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di denegato riconoscimento della riparazione per la detenzione subita, sostenendo che nel provvedimento impugnato, da un canto, si sarebbe erroneamente affermata l’ascrivibilità delle lesioni patite dalla persona offesa ad un’aggressione del richiedente, in palese contrasto col dictum dei giudici di appello, che avevano ritenuto indimostrato il coinvolgimento nei fatti del predetto e, d’altro canto, si sarebbe illegittimamente valorizzato il suo iniziale mendacio in ordine alla causa dell’aggressione, atteso che tale comportamento non aveva inciso sull’adozione del vincolo cautelare, come attestava il fatto che il giudice per le indagini preliminari aveva reiteratamente respinto la richiesta del rappresentante della pubblica accusa.
Ritiene il Collegio che le doglianze fatte valere con il motivo in oggetto siano del tutto infondate, risultando l’ordinanza reiettiva del giudice della riparazione corredata da motivazione congrua, lineare e tutt’altro che illogica, rispettosa, oltretutto, del disposto di cui all’art. 314 cod. proc. pen., nell’ermeneusi offertane dalla giurisprudenza di legittimità.
Ciò perché il giudice della riparazione ha correttamente ritenuto che il richiedente abbia concorso a dar causa all’adozione del provvedimento custodiale che l’ha riguardato con comportamento gravemente colposo, individualF00,cliat, puntualmente nell’aggressione dal medesimo perpetrata nei confronti della persona offesa e nelle dichiarazioni mendaci rese, in più occasioni, agli inquirenti nella fase iniziale dell’attività investigativa, valse a determinare i giudici del cautela a ritenerlo scarsamente credibile.
Né tale decisione contrasta con la pronunzia assolutoria emessa in sede di merito, ove si consideri che questa, a fronte di un dato processualmente acclarato , qual è il pestaggio della vittima ad opera del predetto e del proprio genitore;4onda sull’interpretazione, conforme ai dettami della giurisprudenza della Corte EDU, del disposto dell’art. 526-bis cod. proc. pen., secondo cui la
decisione di condanna non può fondarsi sulle sole dichiaraZioni di persona deceduta, acquisite in quanto irripetibili.
D’altro canto, costituisce principio consolidato della giurisprdenza di questa Suprema Corte, che in questa sede s’intende ribadire, quello secondo cui «Nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione sono utilizzabili, per dimostrare la sussistenza del dolo o della colpa dell’istante ostativi alla riparazione, le dichiarazioni rese dalla persona offesa in sede di sommarie informazioni testimoniali, anche nel caso in cui la stessa si sia successivamente sottratta all’esame dibattimentale, con conseguente inutilizzabilità ai sensi dell’art. 526, comma 2, cod. proc. pen., dovendo la condotta del/Indagato essere vagliata, ai fini della riparazione, tenendo conto degli elementi legittimamente considerati dal giudice della cautela» (così: Sez. 4, n. 40281 del 23/05/2019, COGNOME, Rv. 278284-01).
Da ultimo, mette conto evidenziare che non coglie nel segno la lamentazione fondata sull’eccessivo rilievo, in tesi, erroneamente attribuito all’iniziale mendacio del richiedente, atteso il rigetto, da parte del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lagonegro, della richiesta cautelare avanzata dal pubblico ministero, essendo stata, per converso, valorizzata la circostanza de qua dal Tribunale del riesame di Potenza, allorquando, in sede di appello cautelare, ebbe ad accogliere il gravame della parte pubblica avverso l’iniziale provvedimento reiettivo.
3. Destituito di fondamento è anche il secondo motivo, con cui ci si duole dell’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 191 e 314 cod. proc. pen. e del vizio di motivazione per carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità, in punto di denegato riconoscimento della riparazione per la detenzione patita, assumendo che la decisione sarebbe stata erroneamente ed irragionevolmente motivata anche con la valorizzazione di quanto dichiarato dal richiedente nelle sommarie informazioni del 15/02/2011, ossia di un elemento probatorio affetto da inutilizzabilità patologica per essere già insorti a carico del propalante elementi indizianti.
Ritiene il Collegio che la decisione oggetto d’impugnativa, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non sia viziata dall’inosservanza delle evocate norme processuali, né presenti il dedotto vizio motivazionale, non emergendo dalla disamina degli atti, consentita per la natura di error in procedendo del primo tra i vizi denunziati, che, in fase di cognizione, sia stata formalmente dichiarata l’inutilizzabilità delle sommarie informazioni rese dal richiedente alle ore 10,40 del 15/02/2011.
Tale circostanza comporta l’insussistenza del divieto di stesso nel giudizio di cui trattasi, avendo autorevolmente chia Corte che «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, tilizzo dell’atto ito la Suprema il giudice, per valutare la sussistenza del dolo o della colpa grave, è legittimato a tener conto degli elementi fattuali ritenuti provati nel giudizio di cognizione, essendogli precluso l’esame delle sole prove espressamente dichiarate inutilizzabili dal giudice di merito, ma non di quelle ritenute implicitamente tali o irrilevanti» (così: Sez. 4, n. 7225 del 12/12/2023, dep. 19/02/2024, COGNOME, Rv. 28582801).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza «versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
Non può, invece, essere disposta la rifusione delle spese sostenute, nel presente grado di giudizio, dal Ministero resistente, posto che la memoria difensiva rassegnata, nel suo interesse, dall’Avvocatura Generale dello Stato, per la genericità del contenuto, non consente di individuare riferimenti specifici al caso in concreto esaminato e induce a concludere che la parte resistente non abbia fornito alcun apporto alla materia del contendere.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Nulla per le spese in favore del Ministero resistente.
Così deciso il 12/02/2025