Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 8083 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 8083 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a CATANZARO il 05/02/1978
avverso l’ordinanza del 28/10/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 ottobre 2024, la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava l’istanza di riparazione presentata da NOME per la dedotta ingiusta detenzione patita per 232 giorni, dei quali 22 in carcere e 210 in regime di arresti domiciliari, per il reati di tentata estorsione ( poi riqualificato come minaccia in sede cautelare e dichiarato prescritto nel giudizio di secondo grado) e di tentato omicidio ai danni di COGNOME NOMECOGNOME dal quale era stato assolto dalla Corte d’appello di Catanzaro con sentenza divenuta irrevocabile il 29 aprile 2021.
In detta ordinanza la Corte territoriale riteneva che il richiedente avesse, con il proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla custodia cautelare e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art.314 cod.proc.pen.
Il giudice della riparazione valorizzava, ai fini della esclusione dell’indennizzo, gli elementi indicativi di un agire gravemente imprudente del ricorrente, richiamando le risultanze processuali relative al reato di cui all’art. 612 cod pen del reato di lesioni ex art. 582 cod. pen poi dichiarati prescritti. In particolare la Corte territoriale facev riferimento alle dichiarazioni dei testi escussi, dalle quali risultava che l’Allotta aveva posto in essere condotte aggressive, tali da integrare colpa grave ostativa al diritto all’indennizzo.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore dell’COGNOME per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta colpa grave ostativa al riconoscimento del richiesto indennizzo ed al mantenimento della detenzione. In particolare deduceva che la sentenza di assoluzione per il reato di tentato omicidio (unico titolo posto a fondamento della custodia cautelare) aveva ritenuto non attendibile la persona offesa, osservando altresì come le persone presenti al fatto avessero smentito il racconto del COGNOME, addirittura contraddicendolo. Pertanto, l’ordinanza impugnata aveva violato il consolidato principio secondo cui non possono essere posti a fondamento dell’esclusione del diritto alla riparazione fatti che non risultano accertati nel giudizio di cognizione.
Il Procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
L’Avvocatura generale dello Stato ha depositato memoria nella quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (S.U., 26 giugno 2002 n.34559, Rv.222263) la nozione di colpa grave di cui all’art.314, comma 1, c.p.p. ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tale riguardo, secondo il ragionamento sviluppato dal giudice di legittimità, il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta (sia extra processuale che processuale) tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto”.
Tanto premesso si rileva che i motivi di ricorso fanno leva esclusivamente sul percorso motivazionale della sentenza assolutoria, secondo parametri ben diversi da quelli che – come sopra ricordato – fondano il giudizio di riparazione. Orbene, in ossequio alla regola di giudizio illustrata, gli elementi indizianti che hanno portato all’adozione ed al mantenimento delle misure non sono stati ritenuti sufficienti per una pronuncia di condanna, ma la Corte territoriale li ha ben valorizzati ai fini del diniego del richiesto indennizzo. Va invero ribadito il principio secondo cui il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non esclusi, al fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 27397 del 10/06/2010, Rv. 247867 – 01; Sez. 4, n. 3895 del 14/12/2017, Rv. 271739 – 01).
Al riguardo, il provvedimento impugnato sottolinea la rilevanza di condotte aggressive e violente accertate nella sentenza di assoluzione, come emergenti dalla deposizione della teste indifferente NOME COGNOME presente ai fatti svoltisi il 30 agosto 2010 nel bar gestito dal Pugliese NOMECOGNOME L’ordinanza rileva che la teste ha confermato che l’COGNOME, entrato al bar, aveva violentemente sbattuto con forza delle mandate di caramelle sul bancone; si era rivolto al Pugliese con fare minaccioso proferendo le parole” devi stare zitto e dirmi perché ridi”, lo aveva udito rivolgersi al padre del Pugliese NOME, che lo aveva accompagnato fuori dal bar, dicendogli che voleva investire il NOME con la propria auto; che l’Allotta, uscito dal bar, aveva preso a percorrere la strada antistante al bar facendo sgommare le ruote e provocando forti rumori. Ancora, la Corte territoriale richiama la deposizione, ritenuta
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credibile nella sentenza di assoluzione, della teste COGNOME madre del Puglie secondo cui l’odierno ricorrente, qualche giorno dopo, entrato al bar, av violentemente scagliato il contenitore dello zucchero contro la vetrina, rompendo vetro, e la aveva poi colpita con un pugno procurandole lesioni.
Le descritte risultanze accertate nella sentenza dì assoluzione sono s correttamente valutate ai fini di evidenziare condotte integranti comportamen gravemente colposi, tali intendendosi i comportamenti che, valutati con il parametr dell’id quod plerumque accidit, siano tali da creare una situazione di allarme soc e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurezza colle renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria. stregua di tale impostazione è certamente corretto e conforme ai principi sop richamati il giudizio della Corte d’appello di Catanzaro, che ha considerato co l’aver posto in essere le condotte minacciose e aggressive sopra descritte int condotta ostativa all’istanza di riparazione.
4.Segue a quanto esposto il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrent pagamento delle spese processuali.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute Ministero resistente. La memoria depositata, infatti, si limita a riportare pr giurisprudenziali in materia di riparazione per ingiusta detenzione senza confronta con i motivi di ricorso, sicché non può dirsi che l’Avvocatura dello Stato ab effettivamente esplicato, nei modi e nei limiti consentiti, un’attività di contrastare la pretesa del ricorrente (sull’argomento, con riferimento alle s sostenute nel giudizio di legittimità dalla parte civile, da ultimo, Sez. U, n. 8 14/07/2022 dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886; Sez. U., n. 5466, del 28/01/2004, Gallo, Rv. 226716; Sez. 4, n. 36535 del 15/09/2021, A., Rv. 281923; Sez. 3, n 27987 del 24/03/2021, G., Rv. 281713).
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nu per le spese in favore del Ministero resistente.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 5 febbraio 2025