Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 15467 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 15467 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NOME COGNOME il 03/07/1957
avverso l’ordinanza del 21/11/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRI/
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG , che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria depositata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
letta la memoria depositata dalla difesa del ricorrente, che ha insist to per l’accoglimento dell’impugnazione.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Re ggio Calabria ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenz one formulata da NOME COGNOME in relazione alla misura cautelare della custodia in carcere applicata nei suoi confronti dal GIP presso il Tribuna e di Velletri e poi confermata, a seguito di dichiarazione di incompetenza, dal GIP presso il Tribunale di Reggio Calabria, dal 26/11/2013 sino al 10/09/2 )18, data nella quale l’imputato era stato assolto, in grado di appello, con sentenza divenuta irrevocabile, per non avere commesso il fatto in riferimento a un capo di imputazione ipotizzante il reato pre) isto dall’art.416bis, commi 1-6, cod.pen., 605 cod.pen., art.7, 1.152/1991, ìrtt. 2, 4 e 7, 1.895/1967, art.7 1.203/1991 e art.575 e 577, nn.3 e 4, cod.p( n..
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art 315 cod.proc.pen., ha osservato che il ricorrente aveva contribuito a dare c )rso alla propria carcerazione con dolo o colpa grave; ciò dopo a ‘ere integralmente riportato i più essenziali passaggi motivazionali della senti nza di assoluzione e nei quali era stato dato atto dell’assenza della prova crta in ordine alla partecipazione dello COGNOME al sodalizio criminale.
Ha quindi ritenuto che l’ordinanza impugnata non avesse esclix o il gravitare dell’istante in contesti di natura criminale con le consegi. enti frequentazioni, specificamente con il clan riconducibile al COGNOME, sia con il titolare e sia con altri esponenti; rilevando come le conversa ioni intercettate dimostrassero comunque una conoscenza specifica in ordine alla progettazione di comuni attività economiche, tali da denotare un rappori o di consolidata fiducia reciproca; ha quindi ritenuto che tali frequentazioui si ponessero in rapporto sinergico con la detenzione sofferta, giustificam lo il rigetto del ricorso.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motiv D di impugnazione con il quale ha dedotto – in relazione all’art.606, comnn 3 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – l’inosservanza ed erronea applicazione ( ella legge penale nonché l’illogicità della motivazione, in riferimento all’art.314 cod.proc.pen. e con specifico riferimento alla valutazione degli elerr enti ostativi rispetto al riconoscimento dell’indennizzo.
Ha esposto che la Corte territoriale si sarebbe limitata a elencare al( une circostanze di fatto mutuate sul giudizio di merito e rivalutando il mate l iale probatorio in senso difforme rispetto a quanto operato in sede di sent( nza
di assoluzione; non esplicitando in quale modo si sarebbero concretiz GLYPH i rapporti con il COGNOME e senza fornire adeguata motivazione in ordini alla loro idoneità a essere percepiti come elementi di contiguità, non emerg ?rido quindi un’adeguata motivazione in ordine alla concausalità di tali comportamenti rispetto alla detenzione subìta.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella c uale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e della Finanze ha depositato memoria iella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha fatto pervenire memoria illustrativa, iena quale ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
L’unitario motivo di impugnazione articolato dal ricorrente ha opt rato una contestazione dell’apparato argomentativo dell’ordinanza impug nata nella parte in cui ha riconosciuto la sussistenza della causa °stati a al riconoscimento dell’indennizzo rappresentata dalla colpa grave del ricorrente, in relazione al disposto dell’art.314, comma 1, cod.proc.pen .
Va quindi premesso che la predetta condizione ostativa deve concr€ [arsi in comportamenti, non esclusi dal giudice della cognizione, di tipo e traprocessuale (grave leggerezza o macroscopica trascuratezza tali da aver dato causa all’imputazione) o processuale (autoincolpazione, sili nzio consapevole sull’esistenza di un alibi), in ordine alla cui attribu; ione all’interessato e incidenza sulla determinazione della detenzione il giud ce è tenuto a motivare specificamente (Sez.4, 3/6/2010, n.34656, Davoli’ RV. 248074; Sez.4, 21/10/2014, n.4372/2015, COGNOME, RV. 263197; Sez.3, 5/7/2022, n.28012, COGNOME, RV. 283411); in particolare, il giudi :e di merito, per stabilire se chi ha patito la detenzione vi abbia dato o z bbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tut i gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ani e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a q Jello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estrei ni di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorc ié in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez.4, 22/9/2016, n.3359/201 – i, La
COGNOME, RV. 268952), con particolare riferimento alla commissio te di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti (Sez.4, 5/2/2019, n.27548, Hosni RV. 276458).
Deve altresì essere ricordato che, sulla base dell’arresto espres1 o da Sez.un., 13/12/1995, n.43/1996, COGNOME, RV. 203638, nel procedin lento per la riparazione dell’ingiusta detenzione è necessario distin( uere nettamente l’operazione logica propria del giudice del processo penale, volta all’accertamento della sussistenza di un reato e della sua commissior e da parte dell’imputato, da quella propria del giudice della riparazione il q , pur dovendo operare, eventualmente, sullo stesso materiale, deve se guire un iter logico-motivazionale del tutto autonomo, perché è suo coi pito stabilire non se determinate condotte costituiscano o meno reato, n a se queste si sono poste come fattore condizionante (anche nel coni orso dell’altrui errore) alla produzione dell’evento “detenzione”; ed in relazi( ne a tale aspetto della decisione egli ha piena ed ampia libertà di esamin, ire il materiale acquisito nel processo, non già per rivalutarlo, bensì al fine di controllare la ricorrenza o meno delle condizioni dell’azione (di n tura civilistica), sia in senso positivo che negativo, compresa l’even uale sussistenza di una causa di esclusione del diritto alla riparazi)ne; derivandone, in diretta conseguenza di tale principio, quello ulteriore in )ase al quale il giudice del procedimento di riparazione per ingiusta detem ione può rivalutare fatti emersi nel processo penale, ivi accertati o non es( lusi, ma ciò al solo fine di decidere sulla sussistenza del diritto alla riparai ione (Sez.4, 10/06/2010, n.27397, COGNOME, RV. 247867; Sez.4, 14/12/2)17, n.3895/2018, P., RV. 271739); con il solo limite di non potere rite – rere provati fatti che tali non sono stati considerati dal giudice della cogni2ione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimosi rate (Sez. 4, Sentenza n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039).
In relazione ancora più specifica rispetto alla fattispecie concre a in esame deve rilevarsi come il giudice, nell’accertare la sussistenza o n eno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazion( per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della c)lpa grave dell’interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di cust cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriorm nte che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generali!, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico; il giudice di merito deve, in modo autonomo e in modo comp sto,
apprezzare tutti gli elementi probatori a sua disposizione e rilevare, ;e la condotta tenuta dal richiedente abbia ingenerato o contribuito a ingene -are, nell’autorità procedente, la falsa apparenza della configurabilità della si essa come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di causa ad effetto (Sez.Un., 27/5/2010, n.32383, COGNOME, RV. 247664).
4. Altresì – e in relazione a profilo strettamente attinente al caHo di specie – costituisce giurisprudenza del tutto consolidata quella in base alla quale la frequentazione ambigua, da parte del ricorrente, di soggetti coir volti in traffici illeciti si presta oggettivamente ad essere interpretata come in izio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al dirittc alla riparazione a condizione che emerga, quanto meno, una concaus alità rispetto all’adozione, nei suoi confronti, del provvedimento applicativo Iena custodia cautelare (Sez.4, 18/12/2014 n.8914/2015; COGNOME Rv. 262436; Sez.4, 21/11/2018, n.53361, COGNOME, RV. 274498; Sez.4, 28/9/2 )21, n.850/2022, COGNOME, RV. 282565); frequentazioni, a propria volta, ben desumibili dal compendio di intercettazioni telefoniche o ambientali valt tate da parte del giudice che ha emesso la misura applicativa (Sez.4, 26/9/2 )17, n.48311, COGNOME, RV. 271039; Sez.4, 5/2/2019, n. 27458, COGNOME, RV. 276458).
Dall’esame delle pronunce in cui il principio è stato affermato i leve peraltro anche trarsi il limite all’applicazione del medesimo; se, infatil i, in linea astratta, la frequentazione di persone coinvolte in attività è condotta idonea a concretare il comportamento ostativo al diritto alla riparazione, deve però anche chiarirsi che non tutte le frequentazioni ono tali da integrare la colpa ma solo quelle che (secondo il tenore lett( rate dell’art.314 cod. proc. pen., a mente del quale rileva il comportamento :he, per dolo o colpa grave, abbia dato o concorso a dare causa alla custdia cautelare subita) siano da porre in relazione, quanto meno, di concaus Aità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/21)13, dep. 2014, COGNOME, Rv. 25848601); al giudice della riparazione spetta, dunque, il compito di rilevare il tipo e la qualità di dette frequentazioni, con lo scopo di evidenziare l’incidenza del comportamento tenuto ulla determinazione della detenzione (Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, iep. 2021, COGNOME, Rv. 280547; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, Pisti irio, Rv. 260397; Sez. 4, n. 34656 del 03/06/2010, COGNOME, Rv. 248074; Se. 4, n 8163 del 12/12/2001, COGNOME, Rv. 2209840).
5. Nel caso di specie, deve quindi ritenersi che l’ordinanza del git dice della riparazione si sia adeguatamente confrontata con i predetti prin:ipi; risolvendosi il motivo di ricorso in una non consentita contestazione in p l nto di mero fatto dell’interpretazione conferita dalla Corte territoriali al compendio indiziario già posto alla base dell’ordinanza applicativa e rilevi: ndo – in specifico riferimento a una delle contestazioni difensive – che il giu dice della riparazione non ha operato un’interpretazione del compe dio probatorio in senso difforme rispetto a quanto operato dal giudice di mi !rito ma ha invece preso in esame lo stesso sotto la diversa angolazione richo ?sta dal giudizio in questione.
In particolare, il giudice della riparazione ha preso in esame gli elerr enti ritenuti univocamente idonei a far dedurre una costante e prolun jata frequentazione con il COGNOME, capo del clan omonimo, dando al resì compiutamente atto del contenuto delle conversazioni intercettate.
Dalle quali, oltre alla cointeressenza in attività economiche non ritel iute illecite, era emersa la piena conoscenza delle vicende giudiziarie riguarc anti l’interlocutore e delle complessive dinamiche criminali maturate nel cont ?sto di riferimento; essendo quindi, sulla base di una valutazione di merito c ella Corte non censurabile in questa sede, desumibile un rapporto confiden. iale e di assoluta fiducia con il COGNOME oltre che una conoscenza approfor dita del relativo contesto criminale.
Si tratta di elementi che – pure se ritenuti dal giudice di merito inid a perfezionare la prova dell’organico inserimento dello COGNOME nel soda izio criminale – sono senz’altro idonei a denotare un inserimento organic:) in dinamiche criminali tali da perfezionare il requisito ostativo rappresentat ) da frequentazioni ambigue con ambienti dediti a traffici illeciti; oltr ? a evidenziare, in relazione a un coefficiente psicologico da ritenersi pure necessario nel caso di specie, la piena consapevolezza in capo al ricorri!nte dello spessore criminale dell’interlocutore.
Deve quindi ritenersi immune dai denunciati vizi di illogicità t! di violazione di legge la valutazione del giudice della riparazione in ordine alla valenza concausale tra tali frequentazioni e la detenzione subìta.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagami!nto delle spese processuali.
Il ricorrente va altresì condannato al pagamento delle spese di qu sto giudizio di legittimità nei confronti del Ministero resistente, liquidati! in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s )es processuali nonché alla rifusione delle spese sostenute dal Mini5tero
resistente, che liquida in complessivi euro 1.000,00.
Così deciso 1’8 aprile 2025