Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 12726 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 12726 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a ANZIO il 02/04/1984
avverso l’ordinanza del 09/10/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
letta la memoria depositata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che ha concluso per la dichiarazione di inammissibilità ovvero per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Roma ha rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione formulata da NOME COGNOME in relazione alla misura cautelare della custodia in carcere applicata nei suoi confronti dal 22/09/2004 al 14/12/2004 dal GIP presso il Tribunale di Catanzaro, in relazione al reato previsto dall’art.416bis, commi 1-6, cod.pen., per avere (secondo l’ipotesi accusatoria) partecipato all’associazione per delinquere di tipo mafioso “ndrangheta” nell’ambito del “Locale” di Guardavalle, gestita da NOME COGNOME e NOME COGNOME; imputazione dal quale era stato assolto i in data 13/09/201 dal Tribunale di Velletri, con pronuncia divenuta irrevocabile, per non aver commesso il fatto.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art.315 cod.proc.pen., ha osservato che il ricorrente aveva contribuito a dare corso alla propria carcerazione con colpa grave.
In punto di fatto, la Corte territoriale ha rilevato che il COGNOME era st coinvolto in una complessa attività di indagine condotta dalla direzione distrettuale antimafia presso i Tribunali di Catanzaro e di Roma; che, dagli accertamenti svolti, era emerso che, a partire dal 2001, in una zona del catanzarese si fosse radicata un’associazione a delinquere di tipo mafioso finalizzata alla commissione di una pluralità di delitti e al controllo de gestione di attività economiche, al cui vertice vi era NOME COGNOME padre del ricorrente.
Con riferimento alla posizione del ricorrente medesimo, la Corte ha valorizzato i contatti sussistenti con NOME COGNOME / condannato a 8 anni di reclusione nell’ambito del medesimo processo; ha rilevato che l’COGNOME aveva incontrato personalmente il COGNOME in data 1° Aprile 2022 e che quest’ultimo aveva chiesto espressamente allo stesso COGNOME e a NOME COGNOME di fargli da tramite presso NOME COGNOME altro soggetto al vertice dell’associazione, al fine di ottenere delle fatture retrodatate risp all’epoca dell’arresto del padre, allo scopo di avvalorare la sua tesi finalizz a giustificare la sua presenza presso una cena conviviale, in cui il padre e stato arrestato.
Ha altresì esposto che il GIP aveva pure valutato ulteriori elementi a carico del ricorrente, quali due intercettazioni ambientali riguardant conversazioni con l’Origlia; nella prima delle quali il COGNOME si era lamentat con altro associato (NOME COGNOME dell’ingerenza dell’associazione negli affari di famiglia e, in particolare, dell’intervento del COGNOME finalizzat dirimere questioni lavorative che riguardavano la sospensione dal lavoro di
un cugino di NOME COGNOME assunto dal titolare di un’impresa (Paparo) dietro intermediazione del Novella stesso.
Ha rappresentato altresì che, in altre occasioni, il ricorrente aveva pres posizione in nome e per conto del genitore; facendo riferimento a un’intercettazione del 17/01/2003, tra l’COGNOME e NOME COGNOME, dall quale si evinceva che NOME COGNOME fosse considerato dagli interlocutori come portavoce del padre, in quel momento latitante.
Ha quindi concluso che, anche se per un breve periodo, il COGNOME aveva intrattenuto numerosi rapporti con affiliati ma anche con altri soggetti, come emergeva dalla conversazione intercettata il 1°/01/2003, in cui gli interlocutori trattavano di come ordire una truffa mediante l’impiego di carte di credito rubate.
Ha evidenziato che emergeva dagli atti come l’istante si fosse messo in contatto con il padre durante il periodo di latitanza, eseguendo per conto d quest’ultimo ordini volti ad incontrarsi con soggetti terzi in sua vece
Ha quindi ritenuto che sussistesse una fattispecie di colpa grave attesa la consapevolezza dell’attività criminale altrui g’ la messa in atto comportamenti percepibili come indicativi di una contiguità rispetto al sodalizio.
Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, articolando un unitario motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto – ai sensi dell’art.606, comma 1, lett.b) ed e), cod.proc.pen. – l’erronea applicazione degli artt. 314 e cod.proc.pen. e il vizio di motivazione sul punto. ,
Ha ritenuto che il giudice della riparazione ~b i é incorso in violazione di legge,ponendo alla base del provvedimento di rigetto elementi ritenuti non provati da parte del giudice di merito, valorizzando atti non muniti di valenza probatoria o comunque non dirimenti ai fini di comprovare un comportamento doloso o colposo, in tal modo escludendo il diritto all’indennizzo consacrato anche da disposizioni di rango costituzionale e negando il ristoro rispetto a danni patrimoniali ed extrapatrimoniali soffert a causa della detenzione.
Ha dedotto che, esaminando le intercettazioni citate dal giudice della riparazione, le stesse dovevano considerarsi del tutto innocue e per nulla riconducibili agli affari illeciti della cosca capeggiata dal padre dell’ista ha ritenuto le argomentazioni utilizzate dalla Corte di appello incoerenti illogiche, apparendo. particolare / carente la dimostrazione di
comportamenti specifici idonei a costituire condizione ostativa per il riconoscimento dell’indennizzo.
Il Procuratore Generale ha depositato requisitoria scritta, nella qual ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze, tramite l’Avvocatura dello Stato, ha depositato memoria nella quale ha chiesto di dichiarare inammissibile ovvero di rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato. 2. Deve premettersi che, in punto di individuazione dei principi regolatori del procedimento di riparazione per ingiusta detenzione, costituisce onere del giudice quello di valutare la sussistenza della condotta ostativ rappresentata dal dolo o dalla colpa grave sulla base di una valutazione necessariamente compiuta ex ante sulla scorta dei comportamenti processuali ed extraprocessuali tenuti dal ricorrente e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo da quello del processo di merito, valutando tutti gli elementi probatori disponibili, atti a dimostrare che la condotta stata il presupposto che abbia ingenerato, seppur in presenza di un errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (ex multis, Sez. 4, n. 39726 del 27/09/2023, COGNOME, Rv. 285069); conseguendo da tale presupposto che il giudice della riparazione, una volta preso atto dell’assoluzione dell’imputato nonostante la sottoposizione a misura cautelare detentiva, non possa sottrarsi ffiall’oner del necessario raffronto con le argomentazioni poste alla base del giudizio di assoluzione, per poi extrapolare gli eventuali elementi ostativi a perfezionamento del diritto all’indennizzo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Nel caso in esame, deve rilevarsi come il giudice della riparazione abbia omesso il necessario raffronto di cui sopra ma abbia comunque individuato – con argomentazioni complessivamente adeguate – gli elementi di fatto ritenuti idonei a escludere il diritto alla riparazione, sulla scorta valutazione compiuta a monte dal GIP procedente e come sopra riassunta; e, specificamente, ritenuti tali da far dedurre il dato della stretta contig del COGNOME con gli elementi inseriti nel sodalizio criminale, con particola riferimento a quelli considerati idonei a dimostrare che lo stesso, oltre
intrattenere rapporti con i relativi membri, avesse mantenuto stretti contatt con il padre durante i suoi periodi di latitanza, prestandosi anche a incontrar terze persone per conto di questi.
4. Deve quindi ricordarsi che, in punto di presupposti ostativi al riconoscimento del diritto all’indennizzo previsto dall’art.314 cod.proc.pen., questa Corte ha più volte ribadito che la frequentazione ambigua di soggetti coinvolti in traffici illeciti si presta oggettivamente ad essere interpre come indizio di complicità e può, dunque, integrare la colpa grave ostativa al diritto alla riparazione (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, Denar Rv. 282565; Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, Puro Rv. 274498; Sez. 4, n. 8914 del 18/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262436; Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258610; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257878); nella maggior parte dei casi, si trattava d detenzione cautelare disposta nei confronti di persone indagate quali partecipi di associazioni per delinquere, in un ambito investigativo in cui gl intrecci, gli interessi e le connivenze tra sodali assumono valore altamente indiziario proprio in rapporto ai tratti tipici del delitto associativo.
Dall’esame delle pronunce in cui il principio è stato affermato deve peraltro anche trarsi il limite all’applicazione del medesimo principio; se infatti, in linea astratta, la frequentazione di persone coinvolte in atti illecite è condotta idonea a concretare il comportamento ostativo al diritto alla riparazione, deve però anche chiarirsi che non tutte le frequentazioni sono tali da integrare la colpa ma solo quelle che (secondo il tenore letteral dell’art.314 cod. proc. pen., a mente del quale rileva il comportamento che, per dolo o colpa grave, abbia dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare subita) siano da porre in relazione, quanto meno, di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 25848601); al giudice della riparazione spetta, dunque, il compito di rilevare il tipo e la qualità di dette frequentazioni, lo scopo di evidenziare l’incidenza del comportamento tenuto sulla determinazione della detenzione (Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, COGNOME, Rv. 280547; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, COGNOME, Rv. 260397; Sez. 4, n. 34656 del 03/06/2010, COGNOME, Rv. 248074; Sez. 4, n. 8163 del 12/12/2001, COGNOME, Rv. 2209840).
rt concluderne, quindi, che integra la condizione ostativa della colpa grave la condotta di chi, nei reati associativi, abbia tenuto comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità al sodalizio criminale
mantenendo con gli appartenenti all’associazione frequentazioni ambigue, tali da far sospettare il diretto coinvolgimento nelle attività illecite (Se n. 574 del 05/12/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287302).
A fronte di tali elementi, va quindi rilevato che il ricorrente – senz entrare nel merito degli elementi extrapolati nell’ordinanza – si è limitato dedurre argomentazioni meramente oppositive te -5 -~, facenti leva sul dato – non certo decisivo in questa sede – costituito dalla svalutazion probatoria degli stessi operata da parte del giudice della cognizione.
Limitandosi pertanto a una contestazione, conseguentemente, generica (operata attraverso il solo richiamo ai principi generali posti alla ba dell’istituto della riparazione) e senza introdurre elementi tali da consent di formulare un giudizio di manifesta illogicità in capo al provvedimento impugnato.
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Nulla va provveduto in ordine alle spese relative al rapporto processuale con il Ministero resistente, atteso il carattere del tutto tautologico delle di spiegate nella relativa memoria t t -i – t ( L?L1 1LU
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese in favore del Ministero resistente
Così deciso il 28 febbraio 2025
Il Consigliere estensore
Il Presiqente ,