Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 46588 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 46588 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 27/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a GATTINARA il 01/02/1972
avverso l’ordinanza del 17/11/2023 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni ex art, 611 c.p.p. del PG in persona del Sostitu0 Proc. g NOME COGNOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso e dell’Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero dell’Economia e delle rinanze, che ha chiesto dichiararsi inammissibile o rigettarsi il ricorso, con vittoria di spese.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
RITENUTO IN FATTO
Il 25/1/2020 NOME COGNOME veniva associata alla Casa Cii -condariale di Milano in esecuzione dell’ordinanza impositiva della misura cautelar 0 della custodia in carcere, adottata dal G.I.P. del Tribunale di Milano 1’8/1/2020 per il reato furto in abitazione pluriaggravato in concorso.
L’emissione del provvedimento restrittivo era stata ‘determinata dal ritenuto coinvolgimento della predetta, perché in concorso con altri, approfittando dell’età delle persone offese, soleva introdursi sotto falsa qualifica di operatrici comuna nelle abitazioni private per ivi sottrarvi beni mobili di valore.
Il 6/5/2020, il GIP presso il Tribunale di Milano sostituiva la misura cautelare in carcere con quella degli arresti domiciliari.
Tratta a giudizio, la COGNOME veniva assolta dal Tribunale di Milano in composizione monocratica con sentenza del 9/3/2022 perché il fatto nOn sussiste e posta in libertà. La sentenza passava in giudicato il 23/7/2022.
Nel motivare la decisione, il Tribunale chiariva che il proscioglimento dell’imputata era dovuto alla mancanza ovvero alla contraddittorietà probatoria in ordine al profilo della credibilità delle persone offese ed alla conseguente attendibili delle dichiarazioni da queste rese, nonché all’insufficienza degli ulter ori elemen acquisiti. In particolare, le testimonianze delle persone offese erano accomunate dalle medesime condizioni psicofisiche per avanzata età anagrafica, he non consentivano di superare il vaglio di soddisfacente credibilità rispetto a q anto dichi rato in sede dibattimentale.
Ritenendo di non aver dato luogo per dolo o colpa grave all’instarazione e al mantenimento della custodia in carcere, l’istante si duole della carcerazione ingiustamente sofferta e dei pregiudizi – morali e patrimoniali – subiti a causa di essa ne aveva chiesto il ristoro, ai sensi degli artt. 314 e segg. c.p.p., nella misur euro 69.448,99 per 487 giorni di ingiusta detenzione di cui 102 in carcere e 385 agli arresti domiciliari.
Corte di Cassazione – copia non ufficiale
La Corte di Appello di Milano con ordinanza del 17/11/2023 ha rigettato l’istanza.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, la COGNOME deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art 173, comma 1, disp. att., Cod. proc. pen.
Il difensore ricorrente, con due separati motivi che poi tratta congitintamente, lamenta violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e vizio di motivazion laddove il
giudice della riparazione, muovendo da una lettura – che assume es ere stata decisamente superficiale – sia del compendio indiziario che portò all’emi sione dell’ordinanza cautelare, sia della ratio decidendi della sentenza assolut ria, sarebbe pervenuto con una motivazione manifestamente illogica ad affermare che la ricorrente avrebbe concorso a dare causa all’ingiusta detenzione, valorizzando elementi indiziari del tutto secondari per il GIP che ebbe ad applicare la misura cautelare e parimenti minimamente considerati dal tribunale, errando di conseguenza nell’addebitare alla propria assistita, quali comportamenti omissivi considerati gravemente colposi, e come tali ostativi all’accoglimento dell’istanza, fatti pacificament privi di rilevanza eziologica nella genesi della misura.
Quest’ultima, infatti si era fondata con tutta evidenza sugli esiti positivi de individuazioni fotografiche’ effettuate durante le indagini, che poi noh hanno trovato conferma indi dibattimento e hanno portato alla assoluzione dell’imputata. Malamente poi si farebbe riferimento nel provvedimento impugnato alle pendenze specifiche della COGNOME.
Il ricorso insiste sul fatto che intanto il quadro indiziario è stato ritenuto gr e tale da supportare la misura cautelare applicata in quanto vi era stato il ricono scimento dell’odierna ricorrente e delle coimputate da parte delle p&sone offese. Ebbene, tale riconoscimento è venuto meno perché il giudice dell’asoluzione ha chiarito che per l’avanzata età anagrafica delle parti lese non era stto possibi ‘superare il vaglio di soddisfacente credibilità rispetto a quanto dicl -iarato dalle stesse in sede di dibattimentale.
Si sottolinea che i dati dell’intensificarsi delle chiamate tra le originarie coi putate al momento delle condotte oggetto dell’applicazione della misura cautelare ed in prossimità delle celle telefoniche corrispondenti ai varchi telematici delle are limitrofe alle abitazioni delle persone offese e la presenza delle vetture intesta alla figlia della ricorrente in almeno due dei casi oggetto di denuncia sono elementi del tutto secondari rispetto alla intervenuta applicazione della misura cautelare, Ciò in particolare dovendosi tener conto che, come si legge nella sentenza del tribunale, non è stato possibile identificare compiutamente gli occupanti dei veicoli ripresi.
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Il ricorrente segnala che con la sentenza numero 27 del 2024 di questa Corte è stata annullata l’ordinanza della Corte milanese riguardante la coimputata NOMECOGNOME in una situazione del tutto analoga a quella della Caplletto. Così come risulta annullata con rinvio anche l’ordinanza della Corte milan se riguardante l’altra coimputata NOMECOGNOME cui pure era stata rigettata la richiest di ingiusta detenzione.
Chiede, pertanto, l’annullamento della ordinanza impugnata.
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· 3. Il P.G. e l’Avvocatura Generale dello Stato per il Ministero dell’Economia e delle Finanze hanno reso le conclusioni scritte ex art. 611 cod. proc pen. riporta in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertanto, il proposto rico va rigettato.
Il ricorso si palesa generico ed aspecifico e teso a valutare la maggiore minore pregnanza . di un indizio piuttosto che di un altro posto alla base del provvedimento impositivo della misura piuttosto che a aintrastare criticamente le considerazioni in punto di colpa grave ritenuta dalla Corte territoriale inibente all tenimento del chiesto beneficio.
Per contro, il giudice della riparazione motiva in maniera ampia e circostanziata, oltre che correttamente in punto di diritto, sui motivi del rigetto.
L’art. 314 cod. pen., com’è noto,,, prevede al primo comma che “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla le come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qu lora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grlve”.
In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, dunque, costituisce causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione l’aver dato causa, per dolo o per colpa grave, all’instaurazione o al mant custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pe di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diri l’interessato nimento della n.); l’assenza o all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione della parte (cfr. sul punto questa Sez. 4, n. 34181 del 5/11/2002, COGNOME, Rv. 226004).
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In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione dell’ingiusta detenzione, deve intenders dolosa – e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza de diritto all’in dennizzo, ai sensi dell’art. 314, primo comma, cod. proc. pen. – non solo la con dotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato ne” suoi termin fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del Orocedimento riparatorio con il parametro dell’ “id quod plerurnque accidie second esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazio sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela de o le regole di e di allarme la comunità,
ragionevolmente ritenuta in pericolo (Sez. U. n. 43 del 13/12/1995 dep. 1996, COGNOME ed altri, Rv. 203637)
Poiché inoltre, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritene ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto pr comma dell’art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risulta ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tal da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervent dell’autori giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restritti o della libe personale o nella mancata revoca di uno già emesso.
In altra successiva condivisibile pronuncia è stato affermato che il diritto al riparazione per l’ingiusta detenzione non spetta se ;Interessato ha tenuto consa pevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbi posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosservanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituir una prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanzi nell dozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (Sez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, COGNOME, Rv. 242034). .
Ancora le Sezioni Unite, hanno affermato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno della condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o della colpa grave dell’interessato rispetto all’applicazione del provved mento di cu stodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizíone alla misura e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. Unite, n. 32383 del 27/5/2010, COGNOME, Rv. 247664). E, ancora, più recentemente, il Supremo Collegio ha ritenuto di dover precisare ulteriorrnente che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento dell’inden nizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazione soltanto l’antinomia “strutturale” tra custodia e assoluzione, quella “funzionale” tra la durata della custodia ed eventuale misura della pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrim nti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione ripara orla, dissolvendo la “ratio” solidaristica che è alla base dell’istituto (così Sez. Uni e, n. 5 del 28/11/2013, Nicosia ; Rv. 257606, fattispecie in cui è stata ritenuta colpevole
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la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in !sede di interrogatorio di garanzia, omettendo di fornire spiegazioni sul contenuto delle conversazioni telefoniche intrattenute con persone coinvolte in un trafficp di sostanz stupefacenti, alle quali, con espressioni “travisanti”, aveva sollecitato in orario turno la urgente consegna di beni).
3. Va poi osservato che vi è totale autonomia tra giudizio penale e giudizio i per l’equa riparazione anche atteso che i due afferiscono piani di indagine del tutt diversi che ben possono portare a conclusioni affatto differenti pur se fondanti su i medesimo materiale probatorio acquisito agli atti, in quanto sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione del tutto differenti. perché è prevista in sede di riparazione per ingiusta detenzione la rivalutazion dei fatti non nella loro portata indiziaria o probatoria, che può essere ritenuta sufficiente e condurre all’assoluzione, occorrendo valutare se essi siano stati idon a determinare, unitamente ed a cagione di una condotta negligente od imprudente dell’imputato, l’adozione della misura cautelare, traendo in inganno il giudice.
È pacifico (cfr. tra le tante Sez. 4, ord. 25/11/2010, n. 45418) che, in sede giudizio di riparazione ex art. 314 cod. proc. pen. ed al fine della valutazione dell’ debeatur occorra prendere in considerazione in modo autonomo e completo tutti gli elementi probatori disponibili ed in ogni modo emergenti dagli atti, al fine valutare se chi ha patito l’ingiusta detenzione vi abbia dato o abbia concorso darvi causa con dolo o colpa grave, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti. A tale fine è necessario che venga esaminata la condotta posta in essere dall’istante sia prima che dopo la perdita della I bertà per nale e, più in generale, al momento della legale conoscenza della pe denza di un procedimento a suo carico (cfr. Sez. U. n. 32383/2010), onde verificare, con valutazione ex ante, in modo del tutto autonomo e indipendente dall’esito del processo di merito, se tale condotta, risultata in sede di merito tale da non integra un fatto-reato, abbia ciononostante costituito il presupposto che abbia ingenerato, pur in eventuale presenza di un errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (cfr. anche la precedente Sez. Un. 26/6/2002, COGNOME). E a tal fine vanno prese in considerazione tanto condotte di tipo extra processUale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo), guanto di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giu dice della cognizione (cfr. Sez. 4, n. 45418/2010).
La colpa dell’istante è ostativa al diritto per le argomentazioni espresse, tra altre, da Sez. 4, n. 1710/2014 e da Sez. 4, n. 1422/2014: «… non potendo l’or . dinamento, nel momento in cui fa applicazione della regola solidarist ca, … oblite rare il principio di autoresponsabilità che incombe su tutti i consociati, allorquand interagiscono nella società (trattasi, infondo, della regola che trova esplicitazio negli arti. 1227 e 2056 c.c.), deve intendersi idonea ad escludere la Sussistenza del diritto all’indennizzo … non solo la condotta volta alla reaiizzazione di evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso configgente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il paramet dell’id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso inte vento dell’autorità giudiziaria a tutela della comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui ci interessano, la nozione di colpa data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del dir tto alla razione … quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, evidente, macroscopica, negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento dell’autorità giudiziaria che si sostanz nell’adozione di un provvedimento restrittivo della libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso
4. Nel provvedimento impugnato è stato congruamente e logicainente posto in evidenza come la sentenza assolutoria abbia focalizzato alcuni elementi fattuali che, pur essendo insufficienti a dimostrare la colpevolezza dell’istante, attestan comunque un comportamento gravemente colposo da parte sua, tale da lasciare supporre agli inquirenti che fosse coinvolta a pieno titolo nel reato ascrittole e c conseguentemente dovesse essere sottoposta a misura cautelare.
Tali fatti possono essere sintetizzati come segue: a. la presenza delle vetture intestate ad una delle imputate (nella specie, la figlia della COGNOME) in almen · due dei casi oggetti di denuncia, utilizzate in circostanze di tempo . e luogo compatibili con i furti in abitazione; b. i tabulati telefonici che confermano la relaz tra le imputate e l’intensificarsi delle chiamate tra le originarie corree,a1 moment delle condotte oggetto dell’applicazione della misura custodiale ed in prossimità delle celle telefoniche corrispondenti ai varchi telematici delle aree limitrofe al abitazioni delle persone offese; c, il riconoscimento certo ed immediato dell’istante da parte delle persone offese (COGNOME NOME, COGNOME NOME e i coniugi COGNOME e . COGNOME) durante la fase istruttoria del procedimento.
Orbene, non corrisponde al vero la circostanza propugnata dal r corrente secondo cui l’ordinanza genetica della misura si fonderebbe unicamente su tale riconoscimento. Il riconoscimento, infatti, si è accompagnato agli elementi sopra ricordati sub a) e sub b) e il tutto ha contribuito a che il quadro indiziari O assumesse quel quadro di gravità atto a supportare la misura. E dunque gli eleménti sub a) e sub b), ascrivibili all’odierna ricorrente sotto il profilo della colpa grave, ha avuto una decisiva sinergia nella genesi della custodia cautelare.
Ininfluente ai fini che qui ci occupano appare, invece, la circostanza – che pure si legge nel provvedimento impugnato – che nell’ordinanza applicativa della misura cautelare si dà conto del carattere di abitualità della COGNOME nel com mettere illeciti analoghi (“COGNOME NOME e COGNOME NOME risultavano essere state arrestate in flagranza di reato per furti in abitazione commessi con modalità analoghe a quelle oggetto del presente procedimento”; “viene segnalata la pendenza di altri procedimenti Per fatti del tutto identici presso altre Procure del Repubblica”; “a loro carico vi sono plurime segnalazioni di polizia e n procedimenti iscritti presso altre Autorità Giudiziarie per fatti del tutt mer s altri similari”).
Decisivo, come si diceva, è che la Corte-di Appello (cfr. in particolare pag. 3) abbia evidenziato, con motivazione lineare e priva di discrasie logiche, l’esistenza di contatti ripetuti tra gli imputati, tutti pregiudicati, il giorno dei furti e vici abitazióni delle persone offese e la riconducibilità all’odierna imputata dell’aut vettura oggetto delle riprese.
La Corte territoriale, perciò, diversamente da quanto si opina in ricorso, ha fornito un’adeguata motivazione dell’oggettiva idoneità di queste condbtte a costituire colpa grave, che ben si prestava a indurre in errore gli inquirenti In partic lare, il giudice della riparazione dà atto di come, le anomale connessiorii telefoni che tra le imputate e la loro presenza nei pressi delle abitazioni delle p.o., fo idonea ad essere oggettivamente interpretata come complicità della ricorrente nella commissione dei furti in abitazione.
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Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il provvedimento impugnato, peraltro, nel momento in cui dà conto dei rapporti intercorrenti tra le coimputate, opera un buon governo della richiamata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui le frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non sono giustificate da rapporti di parentela e sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traff ci illecit le frequentazioni con soggetti gravati da specifici precedenti penali, ben possono dare luogo ad un comportamento gravemente colposo idoneo ad esclOdere la riparazione stessa” (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, Calò, Rv. 258610; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, M dep. 2014, !tese, Rv. 259082; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, COGNOME, Pv. 257878) e Che per tali
si intendono anche quelle con soggetti coinvolti nel medesimo procelimento penale.
Al rigetto del ricorso consegue, ex lege, la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
Il ricorrente va altresì condannato alla rifusione delle spese al reSistente Mi nistero dell’Economia e delle Finanze che, alla luce dei pertinenti e puntuali motivi versati in atti dall’Avvocatura dello Stato, tesi efficacemente a contrastare quel di cui al proposto ricorso, vengono liquidati come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché a rimborsare al Ministero resistente le spese sostenute per questo giudizio, che liquida in complessivi euro mille.
Così deciso il 27/11/2024