Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44987 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44987 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 15/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato a SAN MARTINO DI FINITA il 23/05/1960
avverso l’ordinanza del 26/02/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME
lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
la
RITENUTO IN FATTO
NOME impugna l’ordinanza n. 72 del 2024 emessa dalla Corte di appello di Catanzaro in data 26/02/2024, con cui veniva rigettata l’istanza volta ad ottenere l’indennità per l’ingiusta detenzione subita dal ricorrente.
Il primo motivo di ricorso lamenta la violazione di legge e la manifesta illogicità della motivazione nonché l’inosservanza della legge penale in relazione agli artt. 125 e 314 cod. proc. pen. considerando l’erronea determinazione della Corte di appello nel ritenere non accoglibile l’istanza per l’indennizzo dovuto a ingiusta detenzione patita dal Gentile rispetto alla pena definitiva applicata dal giudice dell’esecuzione attraverso il riconoscimento del vincolo della continuazione. In sede di sentenza di primo grado veniva chiesto al Gup di riconoscere il vincolo della continuazione tra la sentenza emessa nell’ambito del procedimento c.d. RAGIONE_SOCIALE e quella per la quale era pendente il procedimento, richiesta che veniva rigettata (in quanto il procedimento c.d. RAGIONE_SOCIALE attiene alla costituzione dell’associazione ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen. in un perio temporale a cavallo tra gli anni ’70 e ’80 e comunque a fatti accaduti fino al 1994, mentre la contestazione di cui al procedimento nel quale è stata pronunciato il rigetto della richiesta di ritenere il vincolo della continuazione riguarda fatti accaduti fino al 2013).
In virtù dell’ordine di esecuzione n. 238 del 2018 emesso il 27/06/2018 dalla Procura generale presso la Corte di appello di Catanzaro ) veniva portata in esecuzione la pena di anni 8 di reclusione in virtù della sentenza n. 2791 del 2017, emessa dalla Corte di appello di Catanzaro il 12/10/2017, in riforma della sentenza emessa dal gibunale ordinario di Catanzaro in data 13/02/2017, divenuta definitiva il 12/06/2018.
A seguito del passaggio in giudicato della sentenza di condanna n. 2791 del 2017 la difesa di COGNOME,con istanza ai sensi dell’art. 671 cod. proc. pern i chiedeva alla Corte di appello di Catanzaro, in funzione di giudice dell’esecuzione, di riconoscere il vincolo della continuazione tra quest’ultima sentenza divenuta esecutiva e la sentenza emessa dalla Corte di assise di Catanzaro del 06/11/19981definitiva il 22/03/1999, nell’ambito del procedimento c.d. Garden, in forza della quale COGNOME era stato condannato ad anni quattro per il reato di associazione di stampo mafioso.
Con ordinanza n. 167 del 2021 la Corte di appello di Catanzaro il 21/06/2021 riconosceva il vincolo citi:iena continuazione tra le suddette sentenze e rideterminava la pena complessiva in anni 9 e mesi sei di reclusione a fronte di anni 12 derivanti dal cumulo
materiale delle due condanne. Tuttavia, con provvedimento di esecuzione di pene concorrenti del 25/06/2021 la Procura generale presso la Corte di appello di Catanzaro riteneva che nel caso di specie non ricorressero i presupposti di cui all’art. 657, comma 4, cod. proc. pen., e conseguentemente non provvedeva a rideterminare la pena così come risultante dall’ordinanza della Corte di appello di Catanzaro con cui era stato riconosciuto il vincolo della continuazione.
La difesa di COGNOME avversava tale ultimo provvedimento di esecuzione con incidente di esecuzione davanti alla Corte di appello di Catanzaro per richiedere l’applicazione e di conseguenza l’esecuzione della pena così come rideterminata per effetto del riconoscimento del vincolo della continuazione, ma la Corte di appello rigettava l’istanza avallando la tesi della Procura generale per cui non poteva darsi esecuzione alla pena così come rideterminata in virtù dell’ordinanza n. 167 del 2021 della Corte di appello di Catanzaro.
Il ricorrente in questa sede impugna il provvedimento della Corte di appello che ha rigettato l’istanza di indennizzo per ingiusta detenzione perché, avuto riguardo alla considerazione che il Gentile ha scontato una pena superiore a quella prevista dal provvedimento che ha ritenuto il vincolo della continuazione, il ristoro richiesto non rientrerebbe nell’ambito di applicazione di cui all’art. 314 cod. proc. pen. in quanto trattas di norma che fa riferimento solo alla custodia cautelare subita da chi ha’,e –d -a -c –‘N è stato prosciolto o assolto (e salvo che il soggetto non vi abbia dato causa o concorso a darvi causa per dolo colpa grave). La difesa, innanzi tutto, ritiene che dalla disamina dell’ite esposto nessuna colpa grave o dolo possa essere attribuita al comportamento del ricorrente Gentile che ha subìto carcerazione non cautelare superiore a quella che avrebbe dovuto espiare.
Il ricorso aggredisce l’ordinanza impugnata anche laddove afferma che nel caso di specie si fa riferimento a vicende riguardanti le modalità di esecuzione della pena per cui non sarebbe configurabile il diritto all’equa riparazione per l’ingiusta detenzione subita. In proposito la difesa, invece, ritiene che la giurisprudenza si è orientata nel sens MA/ di riconoscere rilievo anche alle vicende successive alla condanna e inerenti ltlesecuzione della pena. Evidenzia al riguardo la difesa che la mancata applicazione dell’istituto della continuazione è dovuta a una erronea interpretazione da parte del giudice dell’esecuzione riguardo jis presupposti normativi’liurisprudenzialí in materia di continuazione con il paradosso che Gentile solo in fase esecutiva ha ottenuto il riconoscimento del vincolo della continuazione d’Ol giudice dell’esecuzione sulla base degli stessi elementi valutati dal giudice di primo grado; pertanto il ricorrente ha dovuto espiare una pena maggiore
rispetto a quella per la quale risultava essere condannato con il riconoscimento del vincolo della continuazione.
COGNOME Il Procuratore generale ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Collegio, atteso che oggetto dell’impugnativa è l’ordinanza di rigetto dell’istanza di indennizzo per ingiusta detenzione, ai fini di verificare la legittimità de stessa nella considerazione dei requisiti su cui si concentra il ricorso, osserva che i provvedimento del giudice dell’esecuzione ha carattere discrezionale e nel caso concreto non ha ritenuto di applicare il comma quattro dell’art. 657 cod. proc. pen.
In tema di ingiusta detenzione, occorre ribadire, in linea con la giurisprudenza di legittimità, che il diritto alla riparazione è configurabile anche ove l’ingiusta detenzion patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all’esecuzione della pena, ma purché sussista un errore dell’autorità procedente, e non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell’interessato che sia stato concausa dell’errore. L’ordinanza della Corte di appello ha ritenuto infondato il ricorso avverso l’ordinanza di rigetto dell’istanza di riparazione, ritenendo non configurabile un errore dell’autorit procedente, in relazione alla detenzione sofferta in esecuzione della pena inflitta con una sentenza irrevocabile, rilevando che l’errore dell’autorità procedente non può derivare dall’esercizio di un potere discrezionale, essendo configurabile soltanto nei casi di violazioni di legge (Sez. 4, Sentenza n. 25092 del 25/05/2021, Rv. 281735 -01).
Pertanto, non rientra tra i requisiti valutabili per l’accoglimento dell’istanza per indennizzare l’ingiusta detenzione, il provvedimento giurisdizionale emesso in fase di esecuzione che, sebbene abbia comportato un periodo di detenzione superiore a quello previsto dal provvedimento di cumulo giuridico per la ritenuta continuazione, sia emesso nel legittimo esercizio di una valutazione discrezionale, come nel caso di provvedimento emesso dal giudice in sede esecutiva che non fa applicazione dell’art. 657, comma 4, cod. proc. pen..
NOME Il ricorso iiene–rígett -ato Ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
· Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 15 ottobre 2024
il Consigliere estensore