Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34805 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 34805 Anno 2025 Presidente: DOVERE SALVATORE
1.
Con la ordinanza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Catanzaro ha
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/06/2025
rigettato la domanda di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da NOME COGNOME
cui il 28 luglio 2010 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Vibo Valentia applicava la custodia cautelare in carcere per il reato di estorsione ex art. 629 cod. pen. (capo A) e per i delitti in materia di armi ex artt. 10, 12 e 14 Legge 14 ottobre 1974, n. 497, e 3 Legge 110/1975 (capo B). La misura carceraria veniva poi sostituita in data 15 settembre 2010 con quella degli arresti domiciliari. All’esito del giudizio di primo grado, l’imputa to era condannato per alcuni reati, essendo stati dichiarati prescritti gli altri. Veniva poi assolto dalla Corte di appello di Catanzaro ‘perché il fatto non sussiste’.
1.1. Il Giudice della riparazione – rilevato che il reato dichiarato prescritto era, anche con l’applicazione della diminuente di cui all’art. 14 L. 497/1974, idoneo a legittimare l’adozione della misura cautelare in carcere, attesi i relativi limiti di pena, e che la prescrizione era maturata successivamente alla cessazione della misura (non avendo l’imputato rinunciato alla stessa) – ha rigettato la domanda, facendo applicazione del principio per il quale, in materia di riparazione per l’ingiusta detenzione, se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola di queste, sempre che sia autonomamente idonea a legittimare la compressione della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno proscioglimento dalle altre imputazioni.
Avverso la prefata ordinanza, ha proposto ricorso il difensore dell ‘ istante che ha sollevato un unico motivo con cui deduce violazione degli artt. 157 cod. pen. e 314 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione e travisamento degli atti. Il Giudice della riparazione sarebbe partito da un assunto erroneo, perché la declaratoria di prescrizione si riferiva solo ad uno dei reati contestati al capo B) d’imputazione e, nello specifico, al solo reato previsto e punito dall’art. 3 L. 110/75, reato insuscettibile, in ragione dei limiti edittali, di applicazione di misura coercitiva personale.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
É tempestivamente pervenuta memoria dell’Avvocatura generale dello Stato che chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile, o in subordine, che sia rigettato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere rigettato.
Premesso che le contestazioni ascritte al ricorrente erano quelle di cui ai capi 3), 10) e 12), deve rilevarsi che, solo per mero errore materiale, il Tribunale di Vibo Valentia ha affermato (pp. 9 e 15) essere prescritto, unitamente al reato di detenzione di cui all’art. 10 L. 497/1974, quello di porto illegale di arma comune da sparo di cui all’art. 12 L. 497/1974 (per un fatto del 2011). In riferimento a quest’ultimo reato, invero, non era ancora decorso il relativo termine prescrizionale; del resto, la condanna dell’imputato in primo grado per l’anzidetto reato di porto emerge altresì dal calcolo della pena e dalla successiva assoluzione in sede di appello anche per questo reato.
In conclusione sul punto, l’interpretazione della sentenza del Tribunale di Vibo Valentia documenta che, al di là dell’anzidetto refuso, è stata dichiarata la prescrizione della detenzione di cui all’art. 10 L. 497/1974 e non soltanto quella del reato di cui all’art. 3 L. 110/75, diversamente da quanto assume il ricorrente secondo cui ad essere stato dichiarato prescritto dal Tribunale di Vibo Valentia sarebbe stato solo il reato di cui al l’art. 3 L. 110/75 (alterazione di armi). Ad essere stato dichiarato prescritto, pertanto, unitamente al menzionato reato di alterazione di armi di cui all’art. 3 L. 110/75 (insuscettibile di applicazione di misura coercitiva personale), è il reato di detenzione di cui all’art. 10 L. 497/1974 (per un fatto del 2010) che costituiva titolo per la misura cautelare.
Su tale premessa si è correttamente attestato il Giudice della riparazione il quale ha affermato che l’interven uta assoluzione nel merito per il reato di estorsione e per il reato di porto illegale di arma comune da sparo non incide ai fini dell’esclusione del diritto all’indennizzo richiesto, che non è appunto dovuto in quanto la restrizione della libertà risulta giustificata dai restanti titoli di reato poi dichiarati prescritti ma non oggetto di provvedimento di proscioglimento o assolutorio nel merito. Così decidendo, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione del consolidato principio di diritto espresso da questa Suprema Corte a mente del quale in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, in ipotesi di processo avente ad oggetto più imputazioni, allorché il provvedimento restrittivo della libertà personale sia fondato su più contestazioni, la condanna anche per una sola di queste – che sia stata comunque idonea, autonomamente, a legittimare la compressione della libertà – impedisce il sorgere del diritto alla riparazione, irrilevante risultando il proscioglimento dalle altre imputazioni ( ex multis, Sez. 4, n. 29623 del 14/10/2020, COGNOME NOME, Rv. 279713; più di recente, Sez. 4, n. 8300 del 10/01/2024, COGNOME, Rv. 285871 , massimata nei seguenti termini: ‘ Non è configurabile il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione sofferta in relazione a più reati nel caso in cui sia dichiarata l’estinzione per prescrizione di taluni soltanto di essi, pur se autonomamente idonei a legittimare l’adozione di misura cautelare ‘) .
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Le spese in favore del Ministero resistente non sono dovute, atteso che, in applicazione del condiviso principio di diritto, già enunciato dalle sentenze delle Sezioni Unite con riguardo alla parte civile (Sez. U, n. 877 del 14/07/2022, dep. 2023, COGNOME NOME; Sez. U, n. 5466 del 28/01/2004, Gallo), in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore dell’Avvocatura generale dello Stato non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso, ovvero il suo rigetto, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese al Ministero resistente.
Così deciso il 5 giugno 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME