Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 18445 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 18445 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a SAN CIPRIANO D’AVERSA il 22/09/1982
avverso l’ordinanza del 12/09/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette/sen e le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso l’ordinanza della Corte di appello di Napoli, depositata in data 21/1/2025, con cui è stata accolta la richiesta di riparazione per la dedotta ingiusta detenzione sofferta in carcere dai 25/5/2008 al 16/6/2008, nell’ambito di un procedimento penale nel quale era stata elevata a suo carico la contestazione di estorsione aggravata ai sensi dell’art. 7 I. 203/91.
L’istanza di riparazione per ingiusta detenzione è stata accolta dalla Corte di appello di Napoli, che ha riconosciuto l’indennizzo nella misura di euro 2.600,00.
L’importo è stato così quantificato dal giudice della riparazione riducendo dei 50% la somma dovuta con criterio aritmetico (pari a 5188,04) in considerazione della ricorrenza di una colpa lieve concorrente da parte di COGNOME.
Con motivo unico di ricorso, la difesa si duole del riconoscimento della colpa lieve, deducendo la nullità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge e vizio di motivazione anche sotto il profilo del travisamento della prova.
Assume .che la condotta tenuta dal ricorrente, consistita nel “parlare con altri” della vendita dei gadget pubblicitari e di come agevolarla sfruttando le conoscenze di COGNOME NOME con gli esercenti del centro commerciale “Polo di Aversa”, non integri gli estremi della colpa lieve a suo carico. COGNOME NOME,. infatti, era suocero del fratello del ricorrente ed il richiedente aveva interloquito con lui nell’interesse dell’amico COGNOME NOME e non per favorire l’associazione mafiosa dei “Casaiesi”. COGNOME deponendo come testimone, aveva confermato di essere amico d’infanzia del ricorrente e di avergli chiesto aiuto per la vendita del materiale pubblicitario.
Il giudice della riparazione avrebbe trascurato di considerare la favorevole testimonianza raccolta nel corso del giudizio da COGNOME Giuseppe, erroneamente attribuendo una condotta colposa, sia pure lieve, al richiedente.
In base ai principi più volte ribaditi’ dalla Corte di legittimità in materia, l’aver dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave non opera, quale condizione ostativa al riconoscimento del diritto, qualora l’accertamento della insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura avvenga sulla base di una diversa valutazione dei medesimi elementi trasmessi .al giudice che ha emesso il provvedimento cautelare; in tale ipotesi il giudice della riparazione non può valutare – nemmeno al diverso fine della eventuale riduzione dell’entità dell’indennizzo – la condotta colposa lieve.
Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta, ha concluso per ‘inammissibilità del ricorso.
L’Avvocatura di Stato, costituitasi nel giudizio per il Ministero dell’Economia e Finanze, ha concluso per l’infondatezza del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto nei termini di seguito precisati.
La Corte d’appello di Napoli ha riconosciuto nella ordinanza impugnata come si verta in una ipotesi di ingiustizia formale, ricadente nella previsione di cui all’art. 314, comma 2, cod. proc. pen., avendo Tribunale del riesame annullato il titolo cautelare emesso a carico del richiedente per assenza dei requisito della gravità indiziaria (cfr. pag. 2 dell’ordinanza). Per tale ragione ha accolto la richiesta dell’indennizzo, provvedendo tuttavia a decurtare l’importo liquidato, determinato sulla base del criterio aritmetico, ravvisando una colpa lieve nel comportamento serbato dal ricorrente.
La difesa di COGNOME pur avendo nel titolo del motivo di ricorso lamentato la violazione dell’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., nel corpo dell’impugnazione ha invocato l’applicazione dei principi stabiliti da questa Corte in materia d’ingiustizia formale, in base ai quali, in caso di riconosciuta insussistenza, ab origine, delle condizioni di applicabilità della misura, l’eventuale Colpa del richiedente oltre a non operare quale causa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo non può valere ai fini della sua riduzione.
Ciò premesso, secondo il pacifico indirizzo giurisprudenziale risalente a Sez. U, n. 32383 dei 27/05/2010, COGNOME Rv. 247663, più volte ribadito dalla Corte di legittimità a sezioni semplici, la circostanza di avere dato o concorso a dare causa alla custodia cautelare per dolo o colpa grave opera, quale condizione ostativa al riconoscimento dei diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 cod. proc. pen.; tuttavia tale operatività non può concretamente esplicarsi, in forza dei meccanismo causale che governa l’indicata condizione ostativa, nei casi in cui l’accertamento dell’insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura in oggetto avvenga sulla base dei medesimi elementi trasmessi ai giudice che ha reso il provvedimento cautelare, in ragione unicamente di una loro diversa valutazione. Siffatto limite trova spiegazione nel fatto che il sindacato sul comportamento (doloso o colposo) del . soggetto attinto da misura cautelare é logicamente incompatibile con una valutazione cautelare successiva, avente esiti
diversi rispetto a quella originaria, ma basata sugli stessi elementi, nella quale sia stata esclusa la sussistenza delle condizioni di applicabilità della misura ex
artt. 273 e 280 cod. proc.
In tali casi non vi è spazio per un giudizio relativo al comportamento dell’istante, ancorché lievemente colposo,
– in quanto viene negata in radice l’efficienza causale della condotta dell’indagato sull’adozione della misura
cautelare. Ciò é stato espressamente affermato da recenti arresti giurisprudenziali, in base ai quali si è riconosciuto che, in tale ipotesi, il giudice
della riparazione non può valutare – neppure al diverso fine della eventuale riduzione dell’entità dell’indennizzo – la condotta colposa lieve (Sez. 4, n. 5452
del 11/01/2019, COGNOME, Rv. 275021; Sez. 4, n. 22806 del 06/02/2018, Morante,
.Rv. 272993).
3. Deve essere dunque censurata l’ordinanza impugnata nella parte in cui, pur avendo riconosciuto che la misura era stata annullata per carenza dei gravi
indizi, ha ritenuto di ridurre l’importo liquidato ravvisando nel comportamento serbato dal richiedente una colpa lieve.
Ne consegue l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Napoli, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente a questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di appello di Napoii, cui demanda altresì la regolamentazione delle spese tra le parti relativamente al presente giudizio di legittimità.
In Roma, così deciso il 15 aprile 2025
Il Consigliere estensore
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Il residente