Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 19003 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 19003 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/03/2025
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
R.G.N. 4229/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a Vittoria il 16/10/1957 contro: Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso l’ordinanza del 26/10/2023 della Corte d’appello di Milano. Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del P.G.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Milano, quale giudice della riparazione, con l’ordinanza impugnata ha respinto la domanda con la quale NOME COGNOME ha chiesto la riparazione per la custodia cautelare subita nell’ambito di un procedimento penale per il reato di estorsione aggravata ai danni di NOME COGNOME delitto dal quale Ł stato definitivamente assolto.
Avverso la suddetta ordinanza, tramite il difensore di fiducia, propone ricorso l’interessato, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 314 cod. proc. pen.
Si deduce la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla riconosciuta sussistenza della colpa grave ostativa. La misura era stata emessa a seguito delle ipotizzate condotte violente e minacciose perpetrate dal richiedente, identificate nell’incendio dell’autovettura di COGNOME NOME e nel lancio di una ‘bomba carta’ all’indirizzo dell’abitazione del Marasco, condotte di cui il COGNOME era considerato mandante. In sede di cognizione l’incendio dell’autovettura non Ł mai stato connesso alle dimissioni del COGNOME dalla carica di vicepresidente della coop. RAGIONE_SOCIALE ma era stato accertato che l’incendio era stato ordinato dallo stesso COGNOME per motivi di gelosia. Non vi era mai stato alcun nesso tra l’incendio dell’autovettura della COGNOME, di matrice diversa (gelosia) da quella ipotizzata, e le dimissioni del COGNOME dalla carica indicata; nØ l’istante aveva avuto alcun ruolo tanto nell’incendio dell’autovettura quanto nel lancio della bomba carta. La ritenuta ‘ambiguità’
della posizione del COGNOME all’interno della Ma.re.si. non ha avuto alcuna incidenza causale con la custodia cautelare patita, nØ tale effetto sinergico Ł stato motivato.
Si eccepisce anche la violazione del diritto di difesa dell’istante, non avendo il giudice della riparazione indicato nØ i RIT delle conversazioni trascritte o sintetizzate nell’ordinanza, nØ indicato la fonte delle apodittiche asserzioni motivazionali, rispetto alle quali si censura il vizio di motivazione sull’incidenza causale delle indicate conversazioni con il COGNOME nell’aprile del 2014 sulla detenzione patita dall’istante dal luglio 2016 all’ottobre 2017.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Si Ł costituito il Ministero dell’Economia e delle Finanze, concludendo per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł fondato e meritevole di accoglimento.
In linea generale, si deve osservare che il dolo o la colpa grave idonei ad escludere l’indennizzo per ingiusta detenzione devono sostanziarsi in comportamenti specifici che abbiano “dato causa” all’instaurazione dello stato privativo della libertà o abbiano “concorso a darvi causa”, sicchØ Ł ineludibile l’accertamento del rapporto causale, eziologico, tra tali condotte ed il provvedimento restrittivo della libertà personale. Al riguardo si deve innanzitutto rilevare che Ł sempre necessario che il giudice della riparazione pervenga alla sua decisione di escludere il diritto in questione in base a dati di fatto certi, cioŁ ad elementi «accertati o non negati» (Sez. U, n. 43 del 13/12/1995, dep. 1996, COGNOME, Rv. 203636 – 01). Tale valutazione, quindi, non può essere operata sulla scorta di dati congetturali, non definitivamente comprovati non solo nella loro ontologica esistenza, ma anche nel rapporto eziologico tra la condotta tenuta e la sua idoneità a porsi come elemento determinativo dello stato di privazione della libertà, in riferimento alla fattispecie di reato per la quale il provvedimento restrittivo venne adottato (v. anche, in motivazione, Sez. 4, n. 10684 del 26/01/2010, Morra, non mass.). ¨ altrettanto evidente che giammai, in sede di riparazione per ingiusta detenzione, potrà essere attribuita decisiva importanza, considerandole ostative al diritto all’indennizzo, a condotte escluse o ritenute non sufficientemente provate (in senso accusatorio) con la sentenza di assoluzione (cfr. Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350; Sez. 4, n. 21598 del 15/4/2014, Teschio, non mass.; Sez. 4, n. 1573 del 18/12/1993 – dep. 1994, COGNOME, Rv. 198491).
Nel caso in esame, la Corte territoriale non si Ł attenuta a tali principi, limitandosi a valorizzare asseriti comportamenti ‘ambigui’ dell’istante, desumendoli da fatti che in sede di cognizione non sono stati neanche attribuiti al Feratti, con conseguente impossibilità di trarre dagli stessi elementi idonei a ravvisare comportamenti ostativi del medesimo aventi specifica incidenza causale in ordine all’emissione della misura cautelare.
Secondo la Corte della riparazione, l’ambiguità della posizione di COGNOME all’interno della società RAGIONE_SOCIALE sarebbe stata conseguenza dello svolgimento da parte dello stesso di funzioni di amministratore di fatto, a fronte di una formale assunzione in qualità di ‘magazziniere’ e di un suo affermato ruolo di ‘controllore’ di altri dipendenti, in tal modo creando la falsa rappresentazione in capo agli inquirenti di un suo coinvolgimento nel delitto di estorsione in danno di COGNOME COGNOME. La
Corte territoriale cita anche alcune conversazioni telefoniche fra il COGNOME e COGNOME NOME, assumendo che la cripticità delle stesse lasci ‘trasparire l’intento di COGNOME di dare indicazioni a COGNOME in ordine all’incendio dell’autovettura di COGNOME NOME‘, persona quest’ultima sentimentalmente legata a COGNOME COGNOME. L’incendio dell’autovettura della COGNOME, aggiungono i giudicanti, costituisce la ‘condotta in cui si Ł sostanziata l’estorsione ai danni di COGNOME NOME‘ (v. pag. 4 ordinanza impugnata).
In definitiva, il comportamento gravemente colposo tenuto dall’istante sarebbe rappresentato ‘sia dall’opacità del suo ruolo all’interno di RAGIONE_SOCIALE (…) sia dai rapporti – mai chiariti – intrattenuti dallo stesso con COGNOME COGNOME e altri soggetti, ‘esecutori materiali dell’incendio della vettura di COGNOME‘ (v. pag. 6 ordinanza impugnata).
Tale percorso argomentativo, tuttavia, risulta del tutto incompatibile con quanto accertato in sede di cognizione nella sentenza assolutoria, con particolare riguardo al fatto che l’incendio dell’autovettura della COGNOME era stato ordinato (non dal COGNOME ma) dallo stesso COGNOME COGNOME, per motivi di gelosia, e non era in alcun modo connesso alle dimissioni del COGNOME dalla carica di vicepresidente della cooperativa (dimissioni che, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero state estorte dal COGNOME).
In altri termini, le suddette conversazioni intercettate e l’asserita ‘ambiguità’ della posizione del COGNOME all’interno dell’azienda sono state erroneamente e illogicamente valorizzate per ritenere sussistente un comportamento del medesimo (quale possibile mandante dell’incendio) che Ł stato radicalmente escluso in sede di merito; nØ – va aggiunto la Corte territoriale ha motivato in ordine all’effettiva incidenza causale di tali condotte ai fini dell’emissione della misura cautelare per il reato di estorsione aggravata.
Le superiori considerazioni impongono l’annullamento dell’ordinanza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano, che provvederà anche alla regolamentazione fra le parti delle spese di questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Milano cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 27/03/2025.
Il Presidente COGNOME