Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 31674 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 31674 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a MESORACA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/03/2023 della CORTE APPELLO di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; sulle conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Catanzaroicon ordinanza del 27 marzo 2023 – 24 gennaio 2024/ ha rigettato la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata da NOME COGNOME, che è stato arrestato il 18 ottobre 2016, in esecuzione di ordinanza cautelare del G.i.p. del Tribunale di Catanzaryn relazione all’accusa di partecipazione ad associazione ex art. 74 del d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, ed è rimasto ristretto in carcere sino 29 marzo 2018 (per 527 giorni) e da tale data al 7 giugno 2018 in regime di arresti domiciliari (100 giorni), per essere, infine, assolto, con la formula per non avere commesso il fatto, dal G.u.p. del Tribunale di Catanzaro con sentenza del 6 luglio 2018, divenuta irrevocabile.
Ricorre per la cassazione dell’ordinanza NOME COGNOME, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un unico, complessivo, motivo con il quale lamenta vizio di motivazione, che sarebbe manifestamente illogica e contraddittoria.
Ad avviso del ricorrente la Corte territoriale avrebbe, ma – si ritiene – del tutto illegittimamente, effettuato una nuova valutazione nel merito del processo che si era concluso con l’assoluzione irrevocabile, mai impugnata dal Pubblico Ministero, in sostanza “riaprendo” un processo che era e che doveva rimanere chiuso.
Il ricorrente, in realtà, non avrebbe posto in essere alcun comportamento doloso o colposo concausativo della privazione della libertà ed i precedenti di legittimità richiamati nel provvedimento impugNOME, risalenti agli anni 20022006, sarebbero non attuali, dovendosi invece fare affidamento sulle più recenti pronunzie della S.C., tra cui Sez. 4, n. 19647 del 13/04/2023, COGNOME, non mass. Il ricorrente non andava arrestato, poiché non ricorrevano i presupposti per l’adozione di misura cautelare, sicchè, ad avviso della Difesa, mancando sin dall’origine le condizioni di applicabilità, non potrebbe nemmeno tenersi conto della eventuale condotta colposa lieve dell’imputato, come affermato da Sez. 4, n. 20967 del 03/05/2023, COGNOME, non mass.
Si domanda, dunque, l’annullamento dell’impugnata ordinanza.
Il Procuratore generale della S.Cfnella requisitoria scritta ex art. 611 cod. proc. pen. del 6 marzo 2024 / ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con memoria difensiva del 14 marzo 2024 il Difensore del ricorrente ha insistito nella richiesta di annullamento ed ha depositato copia della sentenza di Sez. 4, n. 2202 del 12/01/2022, ric. NOME, non mass.,
ritenendo che la stessa affermi principio di diritto pertinente rispetto al caso di specie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni.
L’ordinanza impugnata rileva essere stata la restrizione della libertà determinata da due elementi indiziari: 1) la chiamata di correo di un coimputato, COGNOME NOME (elemento questo non addebitabile a colpa del ricorrente); e 2) il contenuto di un’intercettazione ambientale in data 13 febbraio 2011 da cui risulta, secondo le informazioni fornite dalla Corte di merito, che COGNOME trattava con COGNOME cospicue quantità di stupefacente ponendosi i due interlocutori “alla pari” e con rapporto di fiducia, tanto che il promittente cedente COGNOME consentiva che il futuro cessionario COGNOME pagasse la droga non già alla consegna ma successivamente, circostanze da cui si è desunto l’inserimento dell’imputato in ambiente criminale (pp. 4-5 dell’ordinanza impugnata). Onde, in uno con l’errore dell’A.G., il comportamento colposo dell’odierno ricorrente.
Si tratta di ragionamento non illogico e non incongruo, immune da vizi rilevabili in sede di legittimità, con cui il ricorso non si confronta adeguatamente, ed inoltre in linea con il tradizionaleprincipio secondo cui, in tema di riparazione per ingiusta detenzione, integra gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto, la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, benchè consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come indicativi di una sua contiguità (ex plurimis, Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Abbruzzese, Rv. 280547).
Ed è appena il caso di accennare che il cenno alla “ingiustizia formale” che si rinviene alla p. 3 del ricorso è assai vago e meramente assertivo.
Infine, la sentenza allegata con la memoria (Sez. 4, n. 2202 del 12/0172022, ric. COGNOME NOME, non mass.) esprime un principio di diritto certamente condivisibile, ma non applicabile nel caso di specie in quanto in quella occasione il giudizio sulla sussistenza o meno di colpa contausativa era basato sulla valutazione di attendibilità di dichiarazioni testimoniali, mentre qui è l’agire dello stesso imputato a venire in rilievo.
Discende dalle considerazioni svolte la reiezione del ricorso e la condanna del ricorrente, per legge (art. 616 cod. proc. pen.), al pagamento delle spese processuali.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 04/04/2024.