Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1861 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1861 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MESSINA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/06/2023 della CORTE APPELLO di CATANIA
svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, con le quali si è chiesto l’annullamento con rinvio.
Ritenuto in fatto
La Corte d’appello di Catania ha rigettato la richiesta presentata nell’interesse di COGNOME NOMENOME NOME a ottenere un indennizzo a titolo di riparazione per la ingiusta detenzione subita (prima in carcere, quindi agli arres domiciliari) nell’ambito di un procedimento, nel quale si era al medesimo contestato, nella qualità di sovrintendente di polizia, il reato di favoreggiamen personale, con l’aggravante di cui all’art. 378, comma 2, cod. pen. e di quella prevista dall’allora vigente art. 7 dl. n. 152/1991. Il predetto, già condannato primo grado, escluse le aggravanti, veniva assolto in appello perché il fatto non sussiste.
Il giudice della riparazione ha preliminarmente osservai:o che il giudice dell cognizione, nella sentenza assolutoria, aveva evidenziato come, dai dialoghi intercorsi tra il COGNOME e il coimputato COGNOME NOME, non fosse emersa una condotta dell’istante NOME ad intralciare o sviare l’attività investigativa forze di polizia, rilevando anche una genericità del capo d’imputazione, nel quale non era stato indicato il contenuto della notizia coperta da segreto d’ufficio che COGNOME avrebbe rivelato all’RAGIONE_SOCIALE.
Fatta tale premessa, la Corte territoriale ha ritenuto confermato però che il COGNOME avesse intrattenuto rapporti privati con l’RAGIONE_SOCIALE, al quale chiedeva piccoli favori, nella consapevolezza che si trattava di un soggetto pregiudicato per gravi reati, al quale in diverse occasioni richiedeva (e, in altre non rifiut regalie di beni ortofrutticoli, così legittimando da parte dell’RAGIONE_SOCIALE l’abitudine chiamarlo ripetutamente anche solo per saltare il turno per sporgere una denuncia. Inoltre, era pure emerso che il COGNOME aveva affittato un terreno di proprietà della sua familgia proprio all’COGNOME.
In tal modo, l’istante aveva tenuto un comportamento non consono al ruolo rivestito (di appartenente, cioè, alle forze dell’ordine), non essendosi astenut dall’avere rapporti, anche economici, e dall’accettare o richiedere favori, anche più piccoli a tale soggetto.
La difesa del COGNOME ha proposto ricorso avverso la decisione, formulando un unico motivo, con il quale ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, quanto al comportamento ostativo. La corte della riparazione, dopo aver elencato le frequentazioni ritenute rilevanti, avrebbe emesso di esplicare le ragioni per le quali esse potessero essere considerate sinergiche rispetto alla privazione della libertà, contestando la rilevanza assegnata agli episodi
richiamati, non contestualizzati e neppure menzionati nel capo d’imputazione, omettendo di considerare che l’COGNOME era stato assolto dalle fattispecie estorsive, non essendo stato neppure indicatom il grado della colpa.
Il Procuratore generale, in persona del sostituto NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l’annullamento con rinvio.
Considerato in diritto
Il ricorso va rigettato per infondatezza del motivo dedotto.
Ai fini del riconoscimento dell’indennizzo di cui si discute, può anche prescindersi COGNOME dalla COGNOME sussistenza COGNOME di COGNOME un COGNOME “errore COGNOME giudiziario”, COGNOME venendo COGNOME in considerazione soltanto l’antinomia “strutturale” tra custodia e assoluzione, o quella “funzionale” tra la durata della custodia ed eventuale misura della pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione della libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darv causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la ratio solidaristica che è alla base dell’istituto (Sez. U, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606). Pertanto, è richiesto al giudice della riparazione di valutare tutti gli elementi probatori disponibili, per stabilire valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri g estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (.sez. 4, n. 3359 del 22/9/2016, dep. 2017, La Fornara, Rv. 268952; n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 259082). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Con riguardo alla verifica della sussistenza di un comportamento ostativo alla insorgenza del diritto azionato ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., dunque, no viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabili penale, ma solo quella dell’esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell’errore dell’autorità procedente, quel grave quadr indiziante un suo coinvolgimento negli illeciti oggetto d’indagine.
Ai medesimi fini, inoltre, il giudice deve esaminare tutti gli elementi probato utilizzabili nella fase delle indagini, purchè la loro utilizzabilità non si espressamente esclusa in dibattimento (sez. 4 n. 19180 del 18/2/2016, Buccini, Rv. 266808) e apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatan
o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (sez. 4 n. 27458 del 5/2/2019, Hosni, Rv. 276458).
Fatte tali premesse, si osserva che la Corte etnea, nell’ordinanza impugnata, ha ritenuto una condotta gravemente colposa in capo al COGNOME, ravvisandola nell’atteggiamento di chiara negligenza e superficialità con il quale egli aveva intrattenuto, pur nella consapevolezza della caratura criminale del soggetto, rapporti ecomomici e altri intesi al mutuo scambio di favori, anche piccoli, venendo meno in tal modo ai propri doveri istituzionali, sì da contribuire evocare, secondo un canone di normalità, il suo coinvolgimento nelle condotte di reato. Già tale premessa smentisce l’assunto difensivo, per il quale i giudici del riparazione non avrebbero indicato in che modo il compertamento gravamente colposo fosse correlato alla detenzione.
Sul punto specifico, peraltro, deve ricordarsi che la violazione di regol deontologiche, proprie di una professione, qualificano di colpa la condotta dell’agente, secondo la nozione estraibile dall’art. 43, comma primo, codice penale, risolvendosi nella inosservanza di una data disciplina (sez. 4 n. 1516 del 17/12/1992, dep. 1993, Pasqua/in, Rv. 193228; n. 18152 del 9/2/2010, COGNOME, Rv. 247531; n. 4242 del 20/12/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269034; n. 26925 del 15/5/2019, COGNOME NOME, Rv. 276293, n. 52871 del 15/11/2016, Tavelli, Rv. 268685).
Del tutto generico, poi, è l’assunto secondo il quale la Corte della riparazione non avrebbe sindacato la gravità della colpa riconosciuta: ciò, invero, è smentito da una semplice lettura dell’ordinanza impugnata e dallo sviluppo del ragionamento esplicativo seguito dai giudici territoriali, i quali hanno stigmatizzato la violazione degli obb deontologici collegandola proprio al ruolo istituzionale di appartenente alle forz dell’ordine, a nulla rilevando, alla luce dei principi richiamati nel paragrafo che prece la mancata individuazione di una specifica regola violata dal COGNOME, la condotta ostativa potendo essere sorretta anche da una colpa generica, come sostanzialmente ritenuto, nella specie, dalla Corte d’appello.
Al rigetto segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Deciso il 16 novembre 2023.
Il Consigliere estensore
COGNOME
NOME COGNOME
COGNOME