Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 30576 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 30576 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato a VIBO VALENTIA il 25/06/1970
avverso l’ordinanza del 12/12/2024 della CORTE APPELLO di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 12.12.2024 la Corte di appello di Reggio Calabria ha rigettato l’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. avanzata per NOME COGNOME in relazione alla sottoposizione del medesimo alla misura degli arresti domiciliari dal 19.7.2016 al 17.7.2019 in esecuzione dell’ordinanza emessa dal Gip del Tribunale di Reggio Calabria in quanto gravemente indiziato dei reati di cui agli artt. 416 bis cod.pen. (capo 2), per essere stato ritenuto appartenente alla cosca di ‘ndrangheta COGNOME–COGNOME, e del delitto di intestazione fittizia di beni cui all’allora art. 12 quinquies I. n. 356 del 1992, con l’aggravante di cui all’art I. n. 203 del 1991 (capo 34).
Quanto al merito, il Tribunale di Palmi con sentenza in data 18.7.2020, passata in giudicato il 3.11.2020, assolveva l’istante dal reato di cui al capo 2) perché i fatto non sussiste e dal delitto di cui al capo 34) perché il fatto non costituisc reato.
La Corte d’appello, quale giudice adito ai sensi dell’art.315 cod.proc.pen., ha motivato il diniego dell’istanza sul rilievo che l’Orlando si é prestato ad essere intestatario fittizio di una società in realtà facente capo a Gagliostro, non potendo certamente ignorare la natura illecita di tale operazione, come peraltro comprovato dal linguaggio criptico utilizzato nelle conversazioni captate, avendo tale condotta quanto meno contribuito a creare l’equivoco in ordine al proprio ruolo nelle vicende da cui erano scaturite le imputazioni a suo carico.
Avverso tale ordinanza h-a proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore di fiducia e procuratore speciale, articolando un solo motivo di ricorso.
Con detto motivo deduce la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) e c) cod.proc.pen. in relazione agli artt. 125 e 314 e ss. cod.proc.pen. ed in relazione agli artt. 416 bis cod.pen. e 512 bis cod.pen.
Si assume la sussistenza di un errore di interpretazione laddove l’ordinanza impugnata ha completamente sottaciuto la debita verifica in ordine alla stretta correlazione causale tra la condotta gravemente colposa posta in essere dall’indagato e l’errore del giudice procedente che lo ha tratto in arresto.
Si assume in altri termini che si é ritenuto di utilizzare ai fini del decidere un condotta che di per se stessa non avrebbe potuto assumere alcun significato così da ingenerare un erroneo convincimento da parte del giudice procedente.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha depositato memoria con cui ha chiesto il rigetto del ricorso.
NOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso é infondato.
In linea generale, deve ribadirsi che il giudice della riparazione per l’ingiust detenzione, per stabilire se chi l’ha patita vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (Sez. 4 n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, Maltese, Rv. 259082 – 01).
Infatti, in sede di verifica della sussistenza di un comportamento ostativo alla insorgenza del diritto azionato ai sensi dell’art. 314 cod. proc. pen., non viene in rilievo la valutazione del compendio probatorio ai fini della responsabilità penale, ma solo la verifica dell’esistenza di un comportamento del ricorrente che abbia contribuito a configurare, pur nell’errore dell’autorità procedente, un grave quadro indiziario a suo carico, ma ciò deve avvenire previo esame di tutti gli elementi probatori utilizzabili nella fase delle indagini, sempre che la loro utilizzabilità non sia stata espressamente esclusa in dibattimento (Sez. 4, n. 19180 del 18/02/2016, COGNOME, Rv. 266808 – 01).
Ciò al fine di apprezzare, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori disponibili, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti, fornendo del convincimento conseguito motivazione, che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 27458 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 276458 – 01).
A tali fini, peraltro, possono essere valorizzati anche elementi esterni alla incolpazione, purché abbiano contribuito a delineare il quadro indiziario posto a fondamento del titolo cautelare erroneamente emesso dall’A.G. (Sez. 4, n. 850 del 28/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565 – 01, in cui il principio è stato affermato con riferimento alle “frequentazioni ambigue”).
Pertanto, può costituire condotta colposa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo anche quella che, pur non sufficiente da sola a determinare la decisione cautelare, abbia comunque concorso a dar causa all’instaurazione dello stato privativo della libertà (Sez. 3, n. 39362 del 08/09/2021, Rv. 282161.
Inoltre, va ribadito che il giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione è de tutto autonomo rispetto al giudizio penale di cognizione, impegnando piani di
indagine diversi che possono portare a conclusioni del tutto differenti sulla base dello stesso materiale probatorio acquisito agli atti, il che, tuttavia, non consente al giudice della riparazione di ritenere provati fatti che tali non sono stat considerati dal giudice della cognizione ovvero non provate circostanze che quest’ultimo ha valutato dimostrate (Sez. 4, n. 11150 del 19/12/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 262957) e neppure di attribuire importanza decisiva a condotte escluse o ritenute non sufficientemente provate dal giudice della cognizione (Sez. 4, n. 46469 del 14/09/2018, COGNOME, Rv. 274350 – 01, in fattispecie nella quale la Corte ha censurato l’ordinanza con cui la corte d’appello aveva ritenuto ostativa una condotta nella quale il giudice della cognizione aveva escluso che potesse rinvenirsi non soltanto una precisa responsabilità penale ma finanche un comportamento “anomalo”; n. 12228 del 10/01/2017, Quaresima, Rv. 270039 – 01; n. 4952 del 24/01/2023, letto, n.nn., in motivazione). Infine, giova ricordare che è pur sempre necessario che emerga una concausalità degli elementi rispetto all’adozione, nei confronti dell’interessato, del provvedimento applicativo della custodia cautelare.
Tanto premesso, il giudice della riparazione ha nella specie individuato la condotta ostativa all’accoglimento dell’istanza ex art. 314 cod.proc.pen. nell’essersi l’Orlando prestato a farsi intestare in maniera fittizia la titolarità d RAGIONE_SOCIALE, di cui reale proprietario era COGNOME Candeloro, appartenente alla nota famiglia criminale COGNOME.
La sentenza assolutoria, pur avendo escluso la sussistenza del sodalizio criminoso di cui al capo 2), facente capo a COGNOME Candeloro, ha, invero, ritenuto comprovate le condotte di interposizione fittizia volontariamente realizzate dal ricorrente in contiguità con il COGNOME, anche se non al fine di eludere misure di prevenzione e sequestri antimafia.
Ebbene, la Corte territoriale ha applicato le coordinate ermeneutiche disciplinanti la materia de qua e quindi, valutando le condotte poste in essere dall’odierno ricorrente nell’ottica ex ante del giudice della cautela, come poi “filtrate attraverso il vaglio del giudice del merito, ha ritenuto incontestato che l’Orlando si sia fatto intestare la società RAGIONE_SOCIALE senza esserne né il proprietario né un socio.
Ne consegue, che in modo non manifestamente illogico il giudice della riparazione, contrariamente alla tesi sostenuta dalla difesa dell’Orlando nell’odierno ricorso che mira ad infirmare la valutazione circa la sussistenza della condotta ostativa negando il carattere colposo di detta intestazione e quindi la sua efficacia causale, ha ritenuto che detta condotta, lungi dall’essere neutra e priva di valenza, sia stata invece connotata dalla consapevolezza della finalità
illecita della stessa e che abbia assunto un’efficacia sinergica rispetto all’errore ingenerato nell’autorità giudiziaria.
A corroborare tale assunto, sottolinea l’ordinanza impugnata, militano altresì le conversazioni intercettate nel corso delle quali i conversanti, ovvero NOME e
COGNOME adottavano un linguaggio criptico, linguaggio che in modo non manifestamente illogico si è ritenuto non richiesto ove l’Orlando fosse stato
l’effettivo titolare della società o un socio del predetto, così contribuendo a creare l’equivoco sulle finalità illecite dei traffici della società e dei rapporti
Gagliostro.
Né, comunque, ha ancora rilevato la Corte d’appello, l’Orlando in sede di interrogatorio reso dinanzi al Gip del Tribunale di Siena il 27.7.2016 aveva
palesato una diversa ragione di tale intestazione, riferendo solo di essere stato l’effettivo titolare della società e che la aveva creata per assumere dei lavori
all’estero che gli sarebbero stati procurati dal COGNOME, come quelli relativi all case prefabbricate menzionate nelle intercettazioni, aggiungendo poi di essersi
dimesso in quanto la società non avrebbe prodotto redditi.
Sulla scorta di quanto fin qui esposto, il ricorso va rigettato. Segue la condanna al pagamento delle spese processuali.
Non si ritiene di dover procedere alla liquidazione delle spese sostenute dal