Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 44330 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 44330 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI BARI
nel procedimento a carico di:NOME nato a FOGGIA il 18/06/1974
MINISTERO ECONOMIA E FINANZE
avverso l’ordinanza del 07/05/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, che ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 7 maggio 2024 la Corte di appello di Bari ha accolto la domanda formulata da NOME COGNOME per la liquidazione dell’equa riparazione dovuta ad ingiusta sottoposizione alla misura cautelare degli arresti domiciliari sofferta dal 22 agosto 2017 al 2 luglio 2018 e ha determinato l’indennizzo nella misura di C 50.000,00.
Come emerge dall’ordinanza della Corte di appello e dai motivi di ricorso, la misura cautelare fu disposta, con ordinanza del 26 agosto 2017, all’esito della convalida dell’arresto di Russo, eseguito il 22 agosto 2017 perché egli aveva ucciso il vicino di casa NOME COGNOME. L’assoluzione è intervenuta perché i giudici della cognizione hanno ritenuto che NOME avesse agito in stato di legittima difesa.
Il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Bari ha proposto ricorso contro l’ordinanza che ha riconosciuto il diritto all’indennizzo.
2.1. Col primo motivo, il ricorrente si duole che la Corte di appello abbia omesso di motivare sulla rilevanza, ai fini della assoluzione definitiva, delle modifiche introdotte agli artt. 52 e 55 cod. pen. dalla legge 26 aprile 2019 n. 36.
Secondo il ricorrente, l’ordinanza impugnata non avrebbe potuto limitarsi a constatare – come ha fatto – che la condotta realizzata da NOME era stata ritenuta non punibile per legittima difesa, ma avrebbe dovuto valutare se, in concreto, la modifica della scriminante, introdotta dalla legge n. 36/2019, avesse determinato la conferma della pronuncia assolutoria e, dunque, se fosse stata questa modifica ad escludere la possibilità di punire NOME a titolo di omicidio volontario o colposo.
A detta del ricorrente, la sentenza definitiva di assoluzione avrebbe affermato che il fatto non costituisce reato sulla base di una legge sopravvenuta all’applicazione della misura cautelare. Nel caso in esame, quindi, dovrebbe essere applicato l’art. 314, comma 5, cod. proc. pen. e, poiché la privazione della libertà personale è stata interamente sofferta prima della riforma, il diritto alla riparazione sarebbe escluso.
2.2. Col secondo motivo, il ricorrente si duole che l’ordinanza impugnata non abbia analizzato il comportamento di Russo, limitandosi a constatare che la condotta oggetto di imputazione è stata ritenuta non punibile. Secondo il ricorrente, nel caso di specie, i giudici della riparazione avrebbero dovuto tenere conto che l’assoluzione è intervenuta con formula dubitativa e la scriminante stata ritenuta applicabile «quantomeno» nella forma putativa. Il ricorrente afferma che l’assoluzione «nulla toglie alla gravità della condotta, che va valutata ex ante» ‘
e sottolinea che tale condotta ebbe «incidenza causale determinante» nell’arresto in flagranza e nell’applicazione della misura cautelare.
Con memoria scritta, tempestivamente depositata, il Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione ha chiesto l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata. A sostegno di tali conclusioni il PG ha citato la sentenza Sez. 4, n. 7225 del 12/12/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285828, secondo la quale «In tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, il giudice, per valutare la sussistenza del dolo o della colpa grave, è legittimato a tener conto degli elementi fattuali ritenuti provati nel giudizio di cognizione, essendogli precluso l’esame delle sole prove espressamente dichiarate inutilizzabili dal giudice di merito, ma non di quelle ritenute implicitamente tali o irrilevanti» e ha sottolineato che «nel procedimento di riparazione per ingiusta detenzione sono valutabili, per dimostrare la sussistenza del dolo o della colpa dell’istante ostativi alla riparazione, tutti gli elementi legittimamente considerati dal giudice della cautela, anche se non utilizzabili nelle ulteriori fasi processuali, rimanendo preclusa solo la valutazione di elementi non ritenuti provati nel loro accadimento fattuale dal giudice del merito».
Con memoria scritta depositata il 25 ottobre 2024 il difensore di NOME COGNOME ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso «con vittoria di spese nei confronti del MEF».
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non superano il vaglio di ammissibilità.
Si è già detto che la misura cautelare fu disposta, con ordinanza del 26 agosto 2017, all’esito della convalida dell’arresto di COGNOME, eseguito il 22 agosto 2017 perché egli aveva ucciso il vicino di casa NOME COGNOME. I fatti si verificarono alla periferia di Bari in un contesto di grave degrado ambientale e sociale. A seguito di una lite tra il nucleo familiare di NOME e quello di COGNOME, questi si armò di una mazza da golf e, dopo aver aggredito un’altra persona, si diresse verso l’abitazione di NOME, frantumò i vetri della sua auto, ruppe una finestra e sfondò il pannello inferiore della porta di ingresso. NOME, che si era rifugiato all’interno, prese la propria pistola (legalmente detenuta) e sparò due colpi. Entrambi attinsero la persona del COGNOME e il secondo fu mortale.
Tratto a giudizio per rispondere del reato di omicidio volontario, con sentenza del 2 luglio 2018, NOME COGNOME fu assolto da tale imputazione «perché il fatto non costituisce reato». La Corte di Assise di Bari ritenne, infatti, che egli avesse
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agito in stato di legittima difesa, quantomeno putativa. La sentenza fu impugna dal Pubblico Ministero, secondo il quale la causa di giustificazione di cui all’a cod. pen. non poteva trovare applicazione, neppure nella forma putativa, attes che, dopo il primo colpo, NOME ne aveva sparato un secondo senza avere verificato se il primo fosse stato sufficiente a interrompere l’aggressione e questo seco colpo fu mortale. Sostenne inoltre che, in ogni caso, difettava il requisito proporzione tra la difesa e l’offesa. Con sentenza del 22 maggio 2019 la Corte Assise di appello di Bari confermò l’assoluzione. Questa sentenza fu impugnata dalla sola parte civile e il ricorso fu dichiarato inammissibile il 22 gennaio 20
3. Da quanto esposto emerge che, nel caso oggetto del presente ricorso, non è in discussione che NOME abbia tenuto la condotta omicida ed è innegabile che proprio a causa di questa condotta, egli sia stato privato della libertà perso Secondo quanto definitivamente accertato nel giudizio di cognizione, tuttavia, condotta tenuta non fu antigiuridica e NOME agì perché costretto dalla necess di difendersi da un pericolo attuale di danno grave alla persona o, comunque, nel soggettiva – ma incolpevole – convinzione dell’esistenza di una tale situazione pericolo. Il giudizio di cognizione ha anche escluso che la reazione difensiva ab ecceduto colposamente i limiti stabiliti dall’art. 52 cod. pen. È stato dunque es il carattere antigiuridico della condotta accertata in giudizio e, proprio per q l’ordinanza impugnata ha ritenuto sussistente il diritto all’indennizzo.
4. Il ricorrente sostiene che il processo avrebbe avuto un esito diverso s dopo la pronuncia di primo grado (che tuttavia era anch’essa una pronuncia assolutoria), la legge 26 aprile 2019 n. 36 non avesse modificato gli artt. 52 cod. pen. Secondo questa tesi, la Corte di assise di appello di Bari avrebbe segu un percorso argomentativo diverso rispetto a quello adottato dai giudici di pri grado ritenendo la legittima difesa – ed escludendo l’eccesso colposo – solo a luce della legge n. 36/2019 e delle modifiche che la stessa ha apportato a artt. 52 e 55 cod. pen.
Il ricorso si fonda sull’assunto che la legge n. 36/2019, introducendo u norma scriminante più favorevole all’imputato, avrebbe avuto un ruolo decisivo nel giudizio di cognizione. Secondo il PG ricorrente, nel caso di specie successione di leggi nel tempo sarebbe stata rilevante nel giudizio di cognizio (avendone mutato l’esito) e lo sarebbe dunque anche ai fini del giudizio riparazione. In questo giudizio, inoltre, dovrebbe trovare applicazione l’art. comma 5, cod. proc. pen. in base al quale «quando con la sentenza o con i provvedimento di archiviazione è stato affermato che il fatto non è più previ dalla legge come reato per abrogazione della norma incriminatrice», il diritto a
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riparazione è escluso per la «parte di custodia cautelare sofferta prima dell’abrogazione».
5. Pur muovendo da queste premesse, il ricorrente non spiega quali elementi circostanziali della fattispecie concreta, inidonei a integrare la legittima difesa sulla base dell’art. 52 nel testo previgente, sarebbero invece stati decisivi ai fini dell’applicazione del nuovo testo degli artt. 52 e 55 cod. pen. e si limita a riferire che la legge n. 36/2019 è stata citata più di una volta nella sentenza della Corte di assise di appello di Bari del 22 maggio 2019. Com’è evidente, tuttavia, questo dato è da se solo insufficiente ad affermare che la definitiva assoluzione sia stata determinata dalla successione di leggi nel tempo conseguente alla riforma.
A ciò deve aggiungersi che il contenuto della sentenza irrevocabile di assoluzione non fornisce riscontro alle affermazioni del ricorrente. Vi si legge infatti (pag. 19): «NOME NOME si difese nell’unico modo che le circostanze del caso concreto gli avevano offerto»; pose in essere «la condotta contestatagli al fine di respingere l’intrusione attuata, con violenza sulle cose e minaccia di uso di una micidiale mazza da golf, nell’incombente pericolo di un’aggressione alle persone»; esplose, «in rapida successione (senza intenzione di uccidere deliberatamente)’ due colpi di arma da fuoco (legittimamente detenuta) attraverso l’angusto varco che la consumata violazione del domicilio aveva creato».
A fronte di questa motivazione, non v’è alcuno spazio per sostenere che, se gli art. 52 e 55 cod. pen. non fossero stati modificati, la scriminante in parola non avrebbe trovato applicazione. Neppure è possibile affermare che, in assenza di tali modifiche, la reazione difensiva di Russo sarebbe stata ritenuta eccedente rispetto ai limiti stabiliti dall’art. 52 cod. pen. e tale eccesso sarebbe stato valutato colposo
Ciò rende superfluo l’esame del motivo di ricorso secondo il quale l’estensione dell’ambito operativo di una causa di giustificazione dovrebbe essere equiparata all’abrogazione della norma incriminatrice e renderebbe applicabile l’art. 314, comma 5, cod. proc. pen.
Come si è detto, con memoria scritta tempestivamente depositata, il difensore di NOME COGNOME ha chiesto la dichiarazione di inammissibilità o, in subordine, il rigetto del ricorso «con vittoria di spese». Il Ministero dell’Economia e delle Finanze risulta essersi costituito nel giudizio per la riparazione dell’ingiusta detenzione per mezzo dell’Avvocatura dello Stato ed è pertanto soccombente in giudizio. Il Ministero, tuttavia, non ha presentato memorie a sostegno dei ricorso proposto dal Procuratore Generale presso la Corte di appello di Bari. Non ha formulato, dunque, nel presente giudizio di legittimità, eccezioni dirette a paralizzare o ridurre la pretesa dell’istante. In questa situazione devono ritenersi
sussistenti le condizioni per compensare tra le parti, ai sensi dell’art. 92 cod. proc. civ., le spese di questa fase del giudizio.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso. Compensa tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso il 12 novembre 2024
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