LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ingiusta detenzione: le bugie bloccano il risarcimento

Un uomo, assolto dall’accusa di associazione a delinquere finalizzata al traffico di droga, si è visto negare il risarcimento per ingiusta detenzione. La Corte di Cassazione ha confermato la decisione, stabilendo che le menzogne e le dichiarazioni contraddittorie rese dall’imputato durante le indagini costituiscono una condotta gravemente colposa. Questo comportamento ha contribuito a creare un quadro indiziario a suo carico, causando la detenzione e precludendo di conseguenza il diritto alla riparazione economica.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ingiusta detenzione: mentire all’interrogatorio costa il risarcimento

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ribadisce un principio cruciale in materia di ingiusta detenzione: mentire durante le indagini può costare il diritto al risarcimento. Anche se si viene assolti con formula piena, le dichiarazioni false rese all’autorità giudiziaria possono essere qualificate come condotta gravemente colposa, tale da aver dato causa alla misura cautelare. Analizziamo insieme i dettagli di questa importante pronuncia.

I fatti del caso: dall’arresto alla richiesta di riparazione

La vicenda riguarda un uomo arrestato e sottoposto a custodia cautelare in carcere con l’accusa di partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. L’arresto si basava sulla chiamata in correità di un altro associato, il quale aveva dichiarato che l’indagato aveva messo a disposizione un immobile per nascondere armi e droga.

Successivamente, il Tribunale del Riesame annullava l’ordinanza di custodia cautelare per carenza di gravi indizi di colpevolezza. Il processo di merito si concludeva con una condanna in primo grado, ma la Corte d’Appello ribaltava la decisione, assolvendo l’imputato. Una volta divenuta irrevocabile la sentenza di assoluzione, l’uomo presentava istanza per ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione subita.

Le ragioni del diniego del risarcimento per ingiusta detenzione

Tanto la Corte d’Appello quanto, in seguito, la Corte di Cassazione hanno respinto la richiesta di risarcimento. La ragione non risiede in un vizio formale, ma nel comportamento tenuto dall’indagato stesso. I giudici hanno ritenuto che egli avesse posto in essere una ‘condotta ostativa’ con ‘colpa grave’, contribuendo in modo decisivo all’adozione della misura cautelare nei suoi confronti. Nello specifico, l’uomo aveva:

* Inizialmente negato ogni coinvolgimento nella negoziazione del contratto di locazione dell’immobile, per poi ammettere il contrario.
* Negato di conoscere il locatario, salvo poi ritrattare.
* Dichiarato che il canone di affitto era stato pagato con bonifico, mentre la documentazione dimostrava un pagamento in contanti.
* Sostenuto di non conoscere il suo accusatore, il quale invece lo aveva riconosciuto e fornito dettagli sulla loro frequentazione.

Queste menzogne, secondo i giudici, hanno rafforzato il quadro indiziario a suo carico, inducendo l’autorità giudiziaria a ritenerlo coinvolto nei fatti illeciti.

Il confine tra diritto di difesa e mendacio

Il punto centrale della decisione è la distinzione tra il diritto al silenzio, tutelato dal principio del nemo tenetur se detegere (nessuno è tenuto ad accusare sé stesso), e il mendacio, ovvero l’atto di mentire deliberatamente. La Cassazione chiarisce che il diritto di difesa consente all’indagato di non rispondere o di non fornire elementi a proprio carico, ma non lo autorizza a costruire una falsa rappresentazione della realtà.

Il ‘mendacio’, essendo una condotta attiva e volontaria, va oltre il mero silenzio difensivo. Quando investe elementi di indagine significativi, può avvalorare gli indizi esistenti e assumere un rilievo causale nella determinazione della misura cautelare. In pratica, mentendo, l’indagato ha contribuito a creare l’apparenza del proprio coinvolgimento nell’illecito.

Le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, argomentando che la condotta dell’indagato è stata correttamente qualificata come gravemente colposa. I giudici supremi hanno sottolineato che il comportamento elusivo e contraddittorio assunto durante tutto il procedimento, pur non essendo stato sufficiente per una condanna penale (data la necessità di prove ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’), è stato però decisivo nel causare la detenzione. L’atteggiamento mendace, integrando una condotta gravemente colposa, interrompe il nesso causale tra l’errore giudiziario e il danno subito, escludendo il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione.

Le conclusioni

In conclusione, la sentenza conferma un orientamento consolidato: l’assoluzione definitiva non comporta un automatico diritto al risarcimento per l’ingiusta detenzione. Il giudice deve sempre valutare se l’interessato abbia contribuito, con dolo o colpa grave, a causare la propria detenzione. Le dichiarazioni false e contraddittorie rappresentano un classico esempio di tale colpa grave. Questa pronuncia serve da monito: la strategia difensiva deve essere attentamente ponderata, poiché mentire all’autorità giudiziaria può avere conseguenze gravi, inclusa la perdita del diritto a essere risarciti per un periodo di libertà ingiustamente sottratta.

Mentire durante un interrogatorio può impedire di ottenere il risarcimento per ingiusta detenzione?
Sì. Secondo la sentenza, il ‘mendacio’ (mentire) su elementi di indagine significativi non è equiparabile al diritto al silenzio. Costituisce una condotta volontaria e gravemente colposa che può contribuire causalmente alla decisione di applicare una misura cautelare, precludendo così il diritto al risarcimento.

Qual è la differenza tra il diritto al silenzio e il mentire?
Il diritto al silenzio è una facoltà difensiva passiva prevista dalla legge. Il mentire, invece, è una condotta attiva che consiste nel fornire una falsa prospettazione di fatti e situazioni. Questa condotta, secondo la Corte, non rientra nel diritto di difesa e può essere valutata negativamente ai fini della riparazione per ingiusta detenzione.

Il proscioglimento definitivo garantisce sempre il diritto al risarcimento per ingiusta detenzione?
No. La sentenza chiarisce che il proscioglimento non è sufficiente. È necessario verificare se l’indagato abbia, con dolo o colpa grave, dato causa alla detenzione subita. Le dichiarazioni false e contraddittorie possono integrare quella colpa grave che esclude il diritto al risarcimento, anche in caso di successiva assoluzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati