Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 11630 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 11630 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a MILANO il 24/05/1981
avverso l’ordinanza del 10/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’appello di Milano, con ordinanza emessa in data 10 dicembre 2024, ha respinto la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione sofferta dall’Il luglio 2018 al 27 settembre 2018 da COGNOME NOME in ordine ad un procedimento penale nel quale gli era stato contestato il reato di cui all’art. 74 DPR 309/1990. La misura della custodia cautelare, disposta con ordinanza del GIP del 6 luglio 2018, era stata adottata sulla base del compendio indiziario costituito dalla chiamata in correità di uno degli associati, NOME COGNOME il quale aveva riferito di aver saputo da tale ” COGNOME“, amico del COGNOME, che quest’ultimo aveva messo a disposizione un immobile sito in Cusano Milanino per nascondere armi e droga, poi di fatto ivi rinvenute. Il NOME COGNOME aveva altresì riferito di conoscere il COGNOME, a lui noto come ” NOME“, riconoscendolo in un album fotografico. A seguito del rigetto della istanza di revoca o sostituzione della misura, disposta dal GIP il successivo 12 settembre 2018, il Tribunale del Riesame di Milano, in accoglimento dell’appello proposto dal COGNOME, aveva annullato l’ordinanza applicativa della custodia cautelare in carcere in quanto l’inserimento organico del COGNOME nell’associazione non appariva supportato da indizi sufficentemente gravi. Nel giudizio di merito il COGNOME aveva riportato una condanna in primo grado per essere poi assolto dalla Corte d’appello con sentenza divenuta irrevocabile diti 22 settembre 2021.
2. La richiesta di riparazione veniva rigettata sulla base delle seguenti argomentazioni: 1) in primo luogo, si rilevava l’inammissibilità della domanda per difetto di procura speciale, che era generica e non conteneva alcuna indicazione dell’oggetto per cui era conferita; 2) nel merito, la richiesta era infondata, poiché, pur essendo intervenuto l’annullamento del Tribunale del Riesame per difetto dei gravi indizi di colpevolezza, gli elementi esaminati dal GIP che aveva emesso la misura non erano i medesimi valutati dal Collegio del riesame, cui era stato sottoposto altro materiale istruttorio; 3) il COGNOME aveva posto in essere condotte ostative al diritto alla riparazione, sia di natura processuale ( consistenti nel mendacio); sia extraprocessuale.,
2.Ricorre per Cassazione COGNOME NOME affidando il ricOrso a tre motivi. Con il primo lamenta violazione dell’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen.in relazione agli artt. 315 e 122.cod. proc. pen. La Corte territoriale aveva errato nel considerare nulla la procura speciale per genericità, atteso che la procura conteneva l’espresso riferimento alla domanda di riparazione per ingiusta detenzione, allegata in calce al ricorso introduttivo del procedimento.
L’orientamento richiamato nella sentenza impugnata risultava inol definitivamente superato da altro successivo indirizzo, che ha conside valida la procura speciale anche in mancanza di indicazione degli estremi procedimento, ove ricorra la materiale allegazione del documento contenen la procura alla istanza di riparazione per ingiusta detenzione ( n.7573/2020).
Con il secondo motivo deduce violazione dell’art. 606, comma 1, lett. cod. proc. pen in relazione all’art. 314, secondo comma, cod. proc. pe Corte aveva erroneamente escluso la sussistenza della ipotesi di cd ” ingiu formale” in presenza di un annullamento pronunciato dal Tribunale del Riesam per l’assenza di gravi indizi di colpevolezza. La Corte territoriale aveva applicato in modo erroneo il principio affermato da SU n.32383 del 27 /5/201 d’Ambrosio, in quanto il Tribunale del riesame non aveva dispos l’annullamento della ordinanza applicativa della misura cautelare valutando diversi e ulteriori rispetto a quelli valutati dal GIP, ma aveva ricon diversamente i medesimi elementi costituiti dalla chiamata in correità da del coindagato NOME COGNOME Era del tutto erronea la affermazione seco cui il TDL aveva disposto la remissione in libertà del COGNOME in bas documentazione prodotta in sede di riesame, consistente nel contratt locazione e della fattura relativa al primo mese di locazione, essendo i state rivalutate esclusivamente le dichiarazioni del Rossi.
Con il terzo motivo si lamenta violazione di legge in ordine alla rit sussistenza delle condotte gravemente colpose. Il mendacio rilevato provvedimento impugnato ( consistente nell’aver negato di essersi occupa personalmente della locazione; di conoscere il locatario; di aver riferito, di interrogatorio ex art. 294 cod. proc. pen., che il pagamento del c avveniva mediante bonifico mentre era stato accertato che avveniva contanti) era in contrasto con il generale principio del nemo tenetur se de ed era in contrasto con il basilare diritto di difesa; in ogni caso i mendacio non aveva assunto alcuna rilevanza causale nella determinazion relativa alla applicazione della misura.
L’Avvocatura dello Stato ha depositato memoria insistendo per il riget del ricorso.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va preliminarmente rilevato che la procura speciale risulta materialmente allegata all’istanza di riparazione ritualmente depositata davanti alla C9rte d’appello. Va quindi ribadito il principio secondo cui è valida la procura speciale rilasciata al difensore su foglio separato, ma materialmente congiunto all’istanza, in quanto equiparabile alla procura redatta a margine o rilasciata in calce all’atto (Sez. 4, n. 40483 del 27/09/2023, COGNOME, Rv. 285135 – 01).
Venendo all’esame del secondo motivo si osserva che, secondo l’orientamento di questa Corte di legittimità ormai consolidato, anche in relazione alle misure disposte in difetto delle condizioni di applicabilità previste dagli artt. 273 e 280 cod.proc.pen, deve essere verificata la ricorrenza di un comportamento ostativo all’insorgenza del diritto azionato. Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito, nell’affermare detto principio, che la condotta ostativa non assume alcuna rilevanza soltanto” nei casi in cui l’accertamento dell’ insussistenza ab origine delle condizioni di applicabilità della misura custodiale avvenga sulla base degli stessi precisi elementi che aveva a disposizione il giudice del provvedimento della cautela, e in ragione esclusivamente di una loro diversa valutazione” (Sez. U, n. 32383 del 27/05/2010, COGNOME, Rv. 247663).
La Corte territoriale ha ampiamente argomentato sul punto chiarendo che il Tribunale del Riesame, pronunciando sull’appello proposto dal COGNOME avverso il diniego della richiesta di revoca o sostituzione della originaria misura disposta il 6 luglio 2018, aveva disposto l’annullamento della misura in base ad elementi nuovi e ulteriori rispetto a quelli a disposizione del giudice della cautela, precisamente in base alla ulteriore documentazione prodotta dal difensore dell’odierno ricorrente, consistente nella produzione del contratto di locazione sottoscritto dal padre del COGNOME ( la cui famiglia gestiva l’agenzia immobiliare “NOME Re”) e della fattura relativa al pagamento avvenuto in contanti del canone di locazione. In proposito, la Corte territoriale richiama le osservazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale del Riesame, secondo cui la vicenda contrattuale relativa al magazzino era stata ricostruita con maggiore chiarezza, sicchè, a fronte della genericità del contenuto delle dichiarazioni del chiamante in correità ( il quale non aveva indicato l’esatta collocazione del magazzino), il quadro iniziano circa la partecipazione del COGNOME alla associazione non appariva solido. E’ dunque conforme ai principi la motivazione dell’impugnata ordinanza, secondo cui l’annullamento della misura disposto dal Tribunale del Riesame non si era basato sulla mera riconiderazione delle dichiarazioni del chiamante in correità, ma anche sulla valutazione dei documenti relativi alla stipula del contratto di locazione, non esaminati dal primo giudice della cautela.
Tanto premesso, la Corte d’appello di Milano, sulla base dell’insegnamento del Sezioni Unite COGNOME, ha rilevato la suslienza di condotte ostative al dir alla riparazione. In particolare, si sottolinea nell’ordinanza impugnata COGNOME aveva inizialmente mentito in ordine alla negoziazio0 del contratto locazione, sostenendo la propria estraneità alla attività di mediazione immobili attribuita al fratello e alla moglie, salvo poi ritrattare di fronte al giudice era emersa la totale estraeità di tali soggetti rispetto all’affare; che il aveva negato di avere una diretta conoscenza con il locatario NOME COGNOME p invece ammettendo di conoscerlo; che il COGNOME, nell’interrogatorio di garan del 12 luglio 2018, aveva asserito di aver ricevuto il pagamento con regol bonifico bancario, laddove dalla documentazione prodotta davanti al Tribunale de Riesame era emerso che il pagamento di euro 800 era avvenuto in contanti; che nel corso dell’interrogatorio reso il 12 luglio 2018 aveva sostenuto di non conos il chiamante in correità NOME COGNOME il quale invece lo aveva 0 -eTtetta-rnntsi riconosciuto nell’album fotografico ed aveva narrato diversi dettagli circa la v le amicizie dell’odierno ricorrente; che ciò era stato rilevato dal GIP COGNOME nel provvedimento di rigetto della /richiesta di revoca della custodia cautela carcere. La Corte territoriale ha inoltre considerato che la sentenza assolu aveva dato atto GLYPH dei plurimi comportamenti elusivi e contraddittori assunti dal COGNOME durante il tutto il corso del procedimento e non aveva smenti l’attendibilità della chiamata in correità, pervenendo al giudizio assolutorio in all’art. 530, secondo comma, cod. proc. pen, in quanto la consapevolezza de COGNOME di fornire uno stabile contributo alla associazione non poteva d accertata al di là di ogni ragionevole dubbio.
Così argomentando, la Corte territoriale ha fatto corretta applicazione consolidato principio secondo cui il mendacio dell’indagato in sede di interrogator sebbene espressione del diritto di difesa, costituisce una condotta volont fortemente equivoca, che, andando al di là del mero silenzio, può avvalorare g indizi su cui si fonda la misura cautelare qualora investa elementi di inda significativi e, quindi, può assumere rilievo ai fini dell’accertamento del dolo o colpa grave, ostativi alla riparazione, ove causalmente rilevante rispetto determinazione cautelare, posto che la falsa prospettazione di situazioni, fa comportamenti non è condotta assimilabile al silenzio serbato nell’esercizio de facoltà difensiva prevista dall’art. 64, comma 3, lett. b), cod. proc (Sez. 4 – n. 36478 del 02/12/2020 ,Gallo,Rv. 280082,Sez. 4 -, n. 849 del 28/0 2021, imputato V:, Rv. 282564; Sez. 4, n. 24608 del 21/05/2024, imputato F., Rv. 286587 – 01). E’ invero testualmente affermato sentenza assolutoria allega alla domanda di riparazione ( pag. 9) che ” COGNOME, chiamato a rispondere in merito a chi si era occupato della locazione del capannone sito in Cusano Milan/no
aveva assunto un comportamento elusivo: aveva dato versiOni contraddittorie molto probabilmente in ragione della circostanza che l’ immobile era stato sequestrato e all’interno erano state rinvenute droga e armi, ma ciò non è sufficiente a fondare l’ipotesi accusatoria” . Risulta dunque accertato l’atteggiamento mendace del COGNOME ( iniziale negazione riguardo al partecipazione alla negoziazione del contratto di locazione, sottolineata n ordinanza impugnata) che, sebbene insufficiente a costituire fondamento per una pronuncia di condanna, integra condotta gravemente colposa alla luce dei princip giurisprudenziali sopra illustrati.
Né coglie nel segno il terzo motivo di ricorso, secondo cui le dichiarazioni mend rese non si erano poste in rapporto causale con la detenzione sofferta. Non p invero dubitarsi che dette dichiarazioni abbiano contribuito ad ingenerare ne autorità giudiziaria l’ apparenza del coinvolgimento nell’illecito, essendo pal tentativo del Ghislandi, nel momento iniziale delle indagini, di non ricondurre l’attività di locazione dell’immobile ove era stata ritrovata la droga poi seque rappresentando che detta attività era stata svolta dalla moglie e dal fratell risultati estranei all’affare. Va inoltre rilevato che la sentenza assolut smentisce la attendibilità del COGNOME, basandosi il giudizi proscioglimento del COGNOME sulla assenza di riscontri idonei a costituire pro di là di ogni ragionevole dubbio.
Conclusivamente, il ricorso deve essere rigettato. Segue per legge la condanna d ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spes favore del Ministero resistente, liquidate come da dispositivo.
PQM
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua nonché alla rifusione delle spese in favore del Ministero resistente che liqu euro mille.
Così deciso il 26 febbraio 2025
Il Consigl re estensore
Il Presidente