Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 36151 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 36151 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a BARI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/04/2024 della CORTE APPELLO di BARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG, nel senso del rigetto del ricorso; lette le conclusioni dell’Avvocatura dello Stato, nell’interesse del Ministero, nel senso dell’inammissibilità o, in subordine, del rigetto del ricorso; lette le conclusioni della difesa che insiste nella richiesta di accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe la Corte d’appello di Bari, quale giudice della riparazione, ha rigettato l’istanza proposta nell’interesse di NOME COGNOME, ex art. 314 cod. proc. pen., avente a oggetto il riconoscimento di un equo indennizzo per l’ingiusta detenzione prospettata come patita in forza di ordinanza cautelare emessa con riferimento ai delitti di cui agli artt. 74 d.P.R. 9 ottobr 1990, n. 309, in qualità di partecipe, e 73 del medesimo d.P.R. Trattasi di reati con riferimento ai quali il richiedente è stato assolto per non aver commesso il fatto con sentenza di primo grado irrevocabile.
Avverso l’ordinanza, nell’interesse di NOME COGNOME, è stato proposto ricorso per cassazione fondato su un motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con il quale si deducono violazione dell’art. 314 cod. proc. pen. e vizio cumulativo di motivazione in ordine alla ritenuta gravità della colpa e alla sinergia della condotta rispetto all’intervento dell’autorità.
In primo luogo, la Corte territoriale avrebbe errato nell’argomentare la gravità della condotta dell’instante, in termini di «frequentazione ambigua» con il soggetto di vertice del sodalizio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 199 (NOME COGNOME) e con un appartenente all’associazione con funzioni di RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME), da comportamenti singoli, pur accertati dalla sentenza penale assolutoria ma assolutamente indifferenti rispetto al concorso di NOME COGNOME nei delitti; condotta gravemente colposa che, invece, per il ricorrente, non emergerebbe dai singoli elementi probatori assunti nel processo penale.
In secondo luogo, in violazione dell’art. 314, comma 1, cod. proc. pen., come interpretato dalla costante giurisprudenza di legittimità, la Corte territoriale non avrebbe valutato, secondo un giudizio ex ante, cioè rapportato al momento dell’applicazione della misura cautelare, la sinergia tra la condotta di cui innanzi, accertata in considerazione di quanto emergente dalla sentenza assolutoria, ritenuta «frequentazione ambigua» caratterizzata da colpa grave, e l’intervento dell’autorità, in termini di applicazione e mantenimento della misura (nonostante l’instante avesse peraltro sin dall’interrogatorio di garanzia preso le distanze dalle condotta di NOME e di NOME).
La Procura generale e, per il Ministero, l’Avvocatura generale dello Stato, hanno concluso per iscritto nei termini di cui in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei limiti di seguito evidenziati.
2. In tema di riparazione per ingiusta detenzione, il giudice di merito, per stabilire se chi l’ha patita abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabili con valutazione ex ante e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito – non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (ex plurimis: Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, COGNOME, Rv. 222263 – 01; Sez. 4, n. 20963 del 14/03/2023, Tare, in motivazione; Sez. 4, n. 21308, del 26/04/2022, Fascia, in motivazione; Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016, dep. 2017, La Fornara, Rv. 268952 – 01). La colpa grave di cui all’art. 314 cod. proc. pen., quale elemento negativo della fattispecie integrante il diritto all’equa riparazione in oggetto no necessita difatti di estrinsecarsi in condotte integranti, di per sé, reato, se tali, forza di una valutazione ex ante, da causare o da concorrere a dare causa all’ordinanza cautelare (sul punto si vedano anche Sez. 4, n. 15500 del 22/03/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996 – 01, in motivazione, oltre che i precedenti ivi richiamate, tra cui Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, COGNOME, dep. 2014, Rv. Rv. 259082-01).
2.1. Ai fini di cui innanzi, è necessario uno specifico raffronto tra la condotta del richiedente (da ricostruirsi in considerazione della sentenza assolutoria) e le ragioni sottese all’intervento dell’autorità e/o alla sua persistenza (Sez. 4, n. 20963 del 14/03/2023, Tare, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 21308 del 26/04/2022, Fascia, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 36336 del 19/06/2019, COGNOME, Rv. 277662 – 01, nonché Sez. 4, n. 27965 del 07/06/2001, COGNOME, Rv. 219686 – 01), con motivazione che deve apprezzare la sussistenza di condotte che rivelino (dolo o) eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazioni di leggi o regolamenti che, se adeguata e congrua, è incensurabile in sede di legittimità (Sez. 4, n. 20963de1 14/03/2023, Tare, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 21308 del 26/04/2022, Fascia, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 27458 del 05/02/2019, Hosni, Rv. 276458 – 01, e anche, tra le altre, Sez. 4, n. 22642 del 21/03/2017, COGNOME, Rv. 270001 – 01).
Occorre quindi muovere non dagli elementi fondanti la misura cautelare bensì dall’accertamento della condotta del richiedente, anche in ragione dei fatti ritenuti provati o non esclusi dal giudice penale, per poi valutarla ai fini de
giudizio circa la condizione ostativa del dolo o della colpa grave e del loro collegamento sinergico con l’intervento dell’autorità in relazione alle circostanze sottese all’ordinanza cautelare (si veda, in particolare, Sez. 4, n. 9910 del 16/01/2024, COGNOME, in motivazione, nonché, tra le precedenti: Sez. 4, n. 1859 del 16/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 1856 del 16/11/2023, dep. 2024, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 51610 del 07/11/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 20963/2023, Tare, cit., non massimata; Sez. 4, n. Sez. 4, n. 44572 del 21/10/2022, COGNOME, non massirnata).
2.2. La condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il richiedente dato causa o concorso a dare causa all’ingiusta detenzione, può essere integrata da condotte, dolose o gravemente colpose, tanto extraprocedimentali quanto tenute nel corso del procedimento, comprese le dichiarazioni dallo stesso richiedente rese (con particolare riferimento alla possibile rilevanza delle dichiarazioni rese dall’indagato/imputato si vedano, ex plurimis, Sez. U, n. 51779 del 28/11/2013, COGNOME, Rv. 257606 01, nonché, in fattispecie successive alla modifica dell’art. 314, comma 1, cod. pen., Sez. 4, n. 30056 del 30/06/2022, in motivazione, e Sez. 4, n. 3755 del 20/01/2022, COGNOME, Rv. 282581). Tra le condotte di cui innanzi si annoverano anche le «frequentazioni ambigue» con soggetti gravati da specifici precedenti penali o coinvolti in traffici illeciti, necessitando sempre un’adeguata motivazione della loro oggettiva idoneità a essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 20963 del 14/03/2023, Tare, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 21308 del 26/04/2022, Fascia, cit., in motivazione; Sez. 3, n. 39199 del 01/07/2014, Pistorio, Rv. 260397 – 01; si vedano altresì, ex plurimis, circa la possibile rilevanza delle «frequentazioni ambigue» con soggetti condannati nel medesimo procedimento, Sez. 4, n. 53361 del 21/11/2018, COGNOME, Rv. 274498 01, nonché in merito alle frequentazioni con condannati in diverso procedimento, Sez. 4, n. 850 del 20/09/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282565 – 01, oltre che Sez. 4, n. 29550, 05/06/2019, COGNOME, Rv. 277475 – 01, per la quale rilevano le dette frequentazioni con soggetti condannati nello stesso procedimento anche nel caso in cui intervengano con persone legate da rapporto di parentela, purché siano accompagnate dalla consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti e non siano assolutamente necessitate). È altresì suscettibile d integrare gli estremi della colpa grave ostativa al riconoscimento dell’equa riparazione, la condotta di chi, nei reati contestati in concorso, abbia tenuto, consapevole dell’attività criminale altrui, comportamenti percepibili come Corte di Cassazione – copia non ufficiale
indicativi di una sua contiguità (ex plurimis, tra le più recenti: Sez. 4, n. 20963 del 14/03/2023, Tare, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 21308 del 26/04/2022, Fascia, cit., in motivazione; Sez. 4, n. 7956 del 20/10/2020, dep. 2021, Abruzzese, Rv. 280547 – 01).
Passando al merito cassatorio, quanto all’iter logico-giuridico sotteso alla decisione occorre rilevare che la Corte territoriale ha rigettato l’istanza d riparazione in ragione della ritenuta condotta gravemente colposa dell’instante, come emergente dalla sentenza assolutoria, in termini di «frequentazione ambigua» con il soggetto di vertice del sodalizio di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 (NOME COGNOME), con la di lui compagna e collaboratrice e con un appartenente all’associazione con funzioni di RAGIONE_SOCIALE al RAGIONE_SOCIALE (NOME COGNOME).
In particolare il giudice della riparazione ha ricostruito la «frequentazione ambigua» ostativa, in quanto caratterizzata da colpa grave, all’esito della valutazione congiunta di una pluralità di condotte dell’instante che si aggiungono all’aver assunto stupefacente con il capo del sodalizio (NOME COGNOME) e un partecipe addetto allo spaccio (NOME COGNOME), messo a disposizione anche dai detti soggetti e, talvolta, dallo stesso instante. Il riferimento è, in particola all’aver NOME COGNOME: prestato il proprio cellulare a NOME per l’esecuzione della telefonata a COGNOME NOME, compagna del soggetto di vertice del sodalizio e sua collaboratrice, per fissare l’appuntamento volto alla consegna, da parte di NOME, del denaro provento si spaccio e destinato a NOME; accompagnato NOME all’appuntamento con NOME COGNOME, nel corso del quale il primo ha consegnato il denaro, ritenuto provento di spaccio, destinato a essere consegnato al capo del sodalizio (NOME), e, in quell’occasione, all’aver mandato i propri saluti al detenuto COGNOME per il tramite della di lui compagna.
Orbene, il profilo del motivo unico di ricorso che si appunta sull’accertata condotta gravemente colposa in termini di «frequentazione ambigua» è caratterizzato da diversi profili d’inammissibilità.
4.1. In primo luogo, è manifestamente infondata la censura con la quale, diversamente dai principi governanti la materia (innanzi evidenziati), si critica l’ordinanza impugnata per aver fondato l’accertamento della condotta gravemente colposa dell’instante su elementi fattuali emergenti dalla sentenza penale ma non fondanti la responsabilità per le fattispecie ascritte, avendo invece il giudizio ex art. 314 cod. proc. pen. a oggetto non la responsabilità penale bensì l’accertamento dei presupposti della riparazione per ingiusta detenzione, tra cui l’elemento negativo costituito dall’insussistenza di una
condotta dolosa o gravemente colposa sinergica rispetto all’intervento dell’autorità.
4.2. Il profilo di critica in esame è altresì inammissibile, ai sensi dell’ar 606, comma 3, cod. proc. pen., in quanto deducente censure diverse da quelle proponibili in sede di legittimità perché costituite da doglianze in fatto, con l quali si prospettano anche erronee valutazioni della prova date dal giudice di merito, non scandite dalla necessaria analisi critica delle argomentazioni poste a base della decisione impugnata (sul contenuto essenziale dell’atto d’impugnazione si vedano ex plurimis: Sez. 4, n. 16098 del 22/02/2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 2644 del 16/12/2022, dep. 2023, COGNOME, non massimata; Sez. 4, n. 49411 del 16/10/2022, COGNOME, Rv. 283939 – 01, in motivazione; Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv. 254584 – 01; Sez. 7, n. 9378 del 09/02/2022, COGNOME, in motivazione; si veda altresì Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01, in ordine ai motivi d’appello ma sulla base di principi pertinenti anche al ricorso per cassazione).
Il riferimento è, in particolare, all’inammissibile tentativo del ricorrente d valutare come non gravemente colposa la condotta di NOME COGNOME, invece ritenuta tale dall’ordinanza impugnata, come innanzi sintetizzato, in termini di «frequentazione ambigua», all’esito di una valutazione congiunta di diversi elementi caratterizzanti la condotta stessa, muovendo, il ricorrente, da una propria lettura, atomistica e alternativa rispetto a quella del giudice della riparazione, degli stessi elementi emergenti dalla sentenza assolutoria.
Per converso, è fondato il secondo profilo di doglianza articolato con il motivo unico di ricorso.
Non emerge dall’apparato motivazionale dell’ordinanza impugnata (sintetizzato nel precedente paragrafo n. 3), totalmente silente sul punto, la valutazione in termini di sussistenza, secondo un giudizio ex ante, quindi rapportato al momento dell’intervento dell’autorità, della necessaria sinergia tra la condotta gravemente colposa in termini di «frequentazione ambigua», accertata in considerazione di quanto emergente dalla sentenza assolutoria, e l’intervento dell’autorità, in termini di applicazione e mantenimento della misura cautelare.
Il giudice della riparazione, difatti, disattendendo i principi governanti la materia (innanzi esplicitati), ha seguito un percorso logico-giuridico privo di una componente strutturalmente necessaria dell’accertamento dei presupposti della riparazione per ingiusta detenzione.
In considerazione della fattispecie di c.d. «ingiustizia sostanziale» in oggetto, difatti, la Corte territoriale, dopo aver accertato, in considerazione
anche della sentenza penale, la condotta gravemente colposa del richiedente, avrebbe dovuto valutarla ai fini del giudizio circa la condizione ostativa del dolo o della colpa grave e del loro collegamento sinergico con l’intervento dell’autorità in relazione alle circostanze sottese all’ordinanza cautelare e al mantenimento di essa (ex plurimis, tra le più recenti, Sez. 4, n. 9910 del 16/01/2024, COGNOME, cit., in motivazione, e gli altri riferimenti di cui al precedente paragrafo 2.1, tr quali Sez. 4, n. Sez. 4, n. 44572 del 21/10/2022, COGNOME, cit., non massimata).
6. In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte d’appello di Bari, cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti relative al presente giudizio di legittimità
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Bari cui demanda anche la regolamentazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
Così deciso il 9 luglio 2024