Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 2773 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 2773 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/03/2020 della CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG che ha concluso per il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza depositata il 19 luglio 2023 la Corte d’Appello di Palermo rigettava l’istanza di riparazione presentata da COGNOME NOME per la dedotta ingiusta detenzione sofferta per la durata di due anni, dieci mesi e dieci giorni, in relazione al reato di omicidio con premeditazione aggravato ex art. 7 D.L.152/1991 commesso ai danni di COGNOME NOME, dal quale era stato assolto dalla Corte d’Assise d’appello di Palermo con sentenza del 28 dicembre 2017, divenuta irrevocabile il 14 maggio 2018.
In detta ordinanza la Corte territoriale riteneva che il richiedente avesse, con il proprio comportamento e atteggiamento gravemente colposo, concorso a dare causa alla custodia cautelare e ravvisava, pertanto, grave colpa ostativa al riconoscimento dell’indennizzo di cui all’art.314 cod.proc.pen.
2.1. COGNOME Il giudice della riparazione ripercorreva la vicenda giudiziaria, sottolineando che la vittima, COGNOME NOME, scomparso nel nulla il 13 novembre del 2002, apparteneva alla famiglia RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE ed aveva scontato una condanna per associazione per delinquere di stampo RAGIONE_SOCIALE; che l’odierno ricorrente COGNOME NOME era stato indicato come autore materiale dell’omicidio da un collaboratore di giustizia ed era stato condannato all’ergastolo in primo grado; che la vittima apparteneva alla RAGIONE_SOCIALE dei COGNOME di RAGIONE_SOCIALE, in dissidio con la avversaria fazione dei RAGIONE_SOCIALE; che l’omicidio era maturato nel contesto dei dissidi tra le due fazioni, a seguito del sopravvento preso dalla fazione RAGIONE_SOCIALE. L’ordinanza impugnata chiariva poi che la sentenza assolutoria non aveva ritenuto adeguatamente riscontrate le dichiarazioni del collaboratore di giustizia che aveva indicato il COGNOME quale autore materiale dell’omicidio poichè non era stato giudicato credibile un altro collaborante, che avrebbe fornito riscontri diretti al dichiarazioni accusatorie. I giudici di merito valorizzavano, ai fini della esclusion dell’indennizzo, il fatto che l’assoluzione del COGNOME fosse stata determinata da una diversa valutazione della prova dichiarativa, e non certamente da una conclamata estraneità al fatto reato; sottolineavano inoltre come il suo coinvolgimento nel procedimento fosse dipeso proprio dalla certa appartenenza al RAGIONE_SOCIALE e dal ruolo rilevante ricoperto all’interno del RAGIONE_SOCIALE medesimo.
Avverso l’anzidetta ordinanza ha proposto ricorso il difensore del COGNOME per violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta colpa grave ostativa al riconoscimento del richiesto indennizzo ed al mantenimento della detenzione. Ha dedotto, in proposito, che non poteva ipotizzarsi la colpa grave del ricorrente, con conseguente esclusione dell’ingiustizia della sofferta detenzione, per tutti i delit genericamente e potenzialmente ascrivibili alla associazione RAGIONE_SOCIALE e che lo stato
di detenzione ingiustamente patito dal COGNOME era invece causalmente ed esclusivamente dovuto alle false accuse mosse dal collaborante.
Il Procuratore generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Si è costituito il RAGIONE_SOCIALE con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato che ha insistito per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non merita accoglimento.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte di legittimità, la nozione di colpa grave di cui all’art.314, comma 1, cod.proc.pen. ostativa del diritto alla riparazione dell’ingiusta detenzione, va individuata in quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile ragione di intervento dell’autorità giudiziaria, che si sostanzi nell’adozione o nel mantenimento di un provvedimento restrittivo della libertà personale. A tale riguardo, secondo il ragionamento sviluppato dal giudice di legittimità, il giudice della riparazione deve fondare la sua deliberazione su fatti concreti e precisi, esaminando la condotta tenuta dal richiedente sia prima che dopo la perdita della libertà personale, al fine di stabilire, con valutazione ex ante (e secondo un iter logico motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito), non se tale condotta integri estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell’autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto” (Sez. 4, n. 3359 del 22 settembre 2016, COGNOME Fornara, Rv. 268952; Sez. 4, n. 9212 del 13 novembre 2013, COGNOME, Rv. 259082; Sez. Un., n. 34559 del 26 giugno 2002, COGNOME, Rv. 222263). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tanto premesso si rileva che i motivi di ricorso si fondano esclusivamente sul presupposto della sentenza assolutoria, secondo parametri ben diversi da quelli che – come sopra ricordato – fondano il giudizio di riparazione. Né ha rilievo l’argomento, pur suggestivo, per cui COGNOME la conclamata appartenenza ad un clan RAGIONE_SOCIALE non potrebbe costituire automaticamente condotta gravemente colposa in relazione ad ogni delitto maturato in ambienti legati alla criminalità organizzata. Al riguardo, va sottolineato che, alla pagina 3 del ricorso, si deduce e si ammette
come sia stata giudizialmente accertata l’appartenenza del COGNOME NOME al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Ciò posto,va precisato che la Corte territoriale non ha individuato la condotta gravemente colposa dell’istante nella mera partecipazione all’associazione RAGIONE_SOCIALE, ma, seppur sinteticamente, ha invece specificato che il COGNOME era inserito, con una posizione di preminenza, proprio nel gruppo territoriale che aveva deciso e realizzato l’uccisione della vittima e l’eliminazione de suo corpo, utilizzando le modalità connotanti lo stile e la metodologia proprie della associazione criminale RAGIONE_SOCIALE (la cd. ” RAGIONE_SOCIALE“). Dunque, il ragionamento della Corte non si snoda certamente nel senso adombrato nei motivi di ricorso, ma ricollega il delitto di cui il COGNOME era stato accusato allo specifico contesto crimina cui l’istante pacificamente apparteneva (precisamente, si ripete, il gruppo territoriale che aveva pianificato l’omicidio, facente capo al RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE). E’ dunque in linea con il principio di diritto sopra illustrat considerazione svolta nella motivazione della ordinanza impugnata, ossia che l’appartenenza del ricorrente alla RAGIONE_SOCIALE, con un ruolo di rilievo, si pone come condotta sinergica rispetto alla applicazione della misura custodiale, anche in considerazione RAGIONE_SOCIALE specifiche modalità dell’omicidio, che non si caratterizzava come un qualsiasi reato, ma come un reato commesso con connotazioni e caratteristiche mafiose.
3.1. Orbene, è certamente da ritenere gravemente colposo il comportamento che, valutato con il parametro dell’id quod plerumque accidit, “sia tale da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento dell’autorità giudiziaria a tutela della sicurezza collettiva” e renda prevedibile, anche se non voluto, l’intervento dell’autorità giudiziaria. Alla stregua di tale impostazione va ribadi l’incidenza causale RAGIONE_SOCIALE “frequentazioni ambigue – ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità – quando non siano giustificate da rapporti di parentela e sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, possono dare luogo a comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa (Sez. 4, n. 1921 del 20/12/2013, COGNOME, Rv. 258486 – 01; Sez.4, 14 gennaio 2014 n.1235, COGNOME, Rv.256610; Sez. 4, n. 8914 del 18 dicembre 2014, COGNOME, Rv. 262436; Sez.3, 24 settembre 2014 n.39199, Rv.260397). A maggior ragione, alla stregua di quanto esposto, l’accertato inserimento nella RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, all’interno della quale era maturato il progetto delittuoso poi realizzato con le tipiche modalità di cd ” RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE“, integra certamente condotta idonea a generare la falsa apparenza del coinvolgimento nell’illecito, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ed effetto”.
Il ricorso deve pertanto essere rigettato ed il ricorrente condann pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali anche in favore del RAGIONE_SOCIALE resistente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese proces nonché alla refusione RAGIONE_SOCIALE spese di questo giudizio di legittimità in favo RAGIONE_SOCIALE resistente, liquidate in euro 1.000,00.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 21 novembre 2023
Il Consigliere stensore COGNOME
Il Presi te