Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 6805 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 6805 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 01/06/2023 RAGIONE_SOCIALEa CORTE APPELLO di PALERMO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG ex art. 611 c.p.p. in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME cheha chiesto rigettarsi il ricorso e quelle RAGIONE_SOCIALE‘Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato per i RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto dichiararsi inammissibile ovvero rigettarsi il ricorso, con vittoria di spese.
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Palermo, con ordinanza del 1/6/2023, rigettava la richiesta di riparazione per ingiusta detenzione avanzata ex art. 314 cod. proc. pen. dall’odierno ricorrente, COGNOME NOME, subita dal 6/12/2017 al 10/10/2019 in regime di arresti domiciliari.
COGNOME, nel procedimento penale n. 21881/2016 RGNR per il reato di cui agli artt. 56, 110, 628 comma 3 n. 1 c.p. ascrittogli al capo 5), subiva la misura degli arresti domiciliari disposta con ordinanza del GIP del Tribunale di Palermo in data 6.12.2017.
Il COGNOME, con la sentenza resa il 14/9/2018 dal GUP del Tribunale di Palermo, veniva condannato alla pena di anni due di reclusione ed euro 400,00 di multa, e dopo la sentenza di primo grado, benché di condanna, il 10/10/2019 interveniva da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Palermo la revoca RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare.
Il ricorrente veniva prosciolto dall’accusa con sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di appello di Palermo perché il non sussiste in data 17/2/2020.
Nell’istanza di riparazione per ingiusta detenzione rigettatagli il COGNOME aveva evidenziato di avere ingiustamente patito la misura degli arresti domiciliari, subendo effetti particolarmente afflittivi e deleteri per il suo stato psicologico.
Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del proprio difensore di fiducia, il COGNOME deducendo l’unico motivo di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall’art. 173, comma 1, disp. att., cod. proc. pen.
Il ricorrente richiama la vicenda processuale evidenziando una presunta illogicità RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata nel rinvenire la sussistenza di una condotta ostativa all’accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘istanza in una conversazione intercettata tra il COGNOME e tale COGNOME durante la quale il primo inCOGNOMEva il secondo a desistere da un’azione criminosa. Il COGNOME avrebbe, secondo la motivazione RAGIONE_SOCIALE‘impugnato provvedimento, fornito informazioni utili sul possibile profitto di una rapina mai compiuta.
Il ricorrente evidenzia che in nessuno degli elementi di indagine raccolti, su una serie di rapine compiute e tentate, si scorge un suo coinvolgimento, eccettuata l’ipotesi sopra richiamata.
In relazione a tale ipotesi, nella quale l’impugnata ordinanza ritiene che il COGNOME abbia convinto i rapinatori a desistere dall’azione, si evidenzia che da altra precedente conversazione emerge che i rapinatori hanno desistito dall’azione criminosa unicamente per la presenza in loco di pubblici ufficiali, come riportato nella sentenza di assoluzione. Pertanto, il ricorrente ritiene che sia palese l’assoluta estraneità alla vicenda del COGNOME in quanto non risulta possa affermarsi che lo stesso fosse a conoscenza RAGIONE_SOCIALE‘intento del NOME.
Ancora, si aggiunge, che i giudici RAGIONE_SOCIALEa riparazione, con la valorizzazione del silenzio serbato in sede di interrogatorio di garanzia sul contenuto RAGIONE_SOCIALEa conversazione, sviliscano l’esercizio del diritto di difesa senza alcuna considerazione RAGIONE_SOCIALE‘esito assolutorio del procedimento.
Nessun contributo causale vi sarebbe stato da parte del COGNOME e nessuna azione criminosa sarebbe scaturita dalla sua condotta, con la conseguente inesistenza dei presupposti per l’adozione RAGIONE_SOCIALEa misura.
Tantomeno sarebbero ravvisabili elementi di negligenza o imprudenza nella condotta del ricorrente.
L’ordinanza impugnata avrebbe sostenuto l’incidenza RAGIONE_SOCIALEa condotta del COGNOME sulla base di mere supposizioni, con motivazione illogica in quanto ipotetica e possibilistica.
Chiede, pertanto, l’annullamento RAGIONE_SOCIALEa ordinanza impugnata, con tutti i provvedimenti conseguenziali.
Il P.G. e l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato per il RAGIONE_SOCIALE hanno reso le conclusioni scritte ex art. 611 c.p.p. riportate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi sopra illustrati appaiono infondati e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato. Correttamente infatti, al contrario di quanto lamentato, il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione ha apprezzato, in modo autonomo e completo, tutti gli elementi probatori offerti dall’accusa, che, benché non siano stati idonei ad affermare la penale responsabilità RAGIONE_SOCIALE‘imputato, ben possono avere avuto colposamente un ruolo sinergico atto ad ingenerato, seppur in presenza di un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale.
I giudici palermitani hanno, invero, adeguatamente motivato, evocando puntuali circostanze in fatto, come la condotta del prevenuto sia stata gravemente colposa (ved.pagg.4, 5, 6, 7 RAGIONE_SOCIALE‘ordinanza impugnata) ed è evidente il tentativo RAGIONE_SOCIALEa difesa di offrire una diversa lettura dei plurimi elementi ritenuti ostativi all coglimento del richiesto indennizzo.
Il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione motiva in maniera ampia e circostanziata sui motivi del rigetto.
L’art. 314 cod. pen., com’è noto, prevede al primo comma che “chi è stato prosciolto con sentenza irrevocabile perché il fatto non sussiste, per non aver commesso il fatto, perché il fatto non costituisce reato o non è previsto dalla legge come reato, ha diritto a un’equa riparazione per la custodia cautelare subita, qualora non vi abbia dato o concorso a darvi causa per dolo o colpa grave”.
In tema di equa riparazione per ingiusta detenzione, dunque, costituisce causa impeditiva all’affermazione del diritto alla riparazione l’avere l’interessato dato causa, per dolo o per colpa grave, all’instaurazione o al mantenimento RAGIONE_SOCIALEa custodia cautelare (art. 314, comma 1, ultima parte, cod. proc. pen.); l’assenza di tale causa, costituendo condizione necessaria al sorgere del diritto all’equa riparazione, deve essere accertata d’ufficio dal giudice, indipendentemente dalla deduzione RAGIONE_SOCIALEa parte (cfr. sul punto questa Sez. 4, n. 34181 del 5/11/2002, Guadagno, Rv. 226004).
In proposito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno da tempo precisato che, in tema di presupposti per la riparazione RAGIONE_SOCIALE‘ingiusta detenzione, deve intendersi dolosa – e conseguentemente idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo, ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 314, primo comma, cod. proc. pen. – non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso confliggente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con il parametro RAGIONE_SOCIALE‘ “id quod plerumque accidit” secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria a tutela RAGIONE_SOCIALEa comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo (Sez. Unite n. 43 del 13/12/1995 dep. il 1996, COGNOME ed altri, Rv. 203637)
Poiché inoltre, la nozione di colpa è data dall’art. 43 cod. pen., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione, ai sensi del predetto primo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere, per evidente, macroscopica negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso.
In altra successiva condivisibile pronuncia è stato affermato che il diritto alla riparazione per l’ingiusta detenzione non spetta se l’interessato ha tenuto consapevolmente e volontariamente una condotta tale da creare una situazione di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria o se ha tenuto una condotta che abbia posto in essere, per evidente negligenza, imprudenza o trascuratezza o inosservanza di leggi o regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una prevedibile ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso (Sez. 4, n. 43302 del 23/10/2008, Maisano, Rv. 242034).
Ancora le Sezioni Unite, hanno affermato che il giudice, nell’accertare la sussistenza o meno RAGIONE_SOCIALEa condizione ostativa al riconoscimento del diritto all’equa riparazione per ingiusta detenzione, consistente nell’incidenza causale del dolo o RAGIONE_SOCIALEa colpa grave RAGIONE_SOCIALE‘interessato rispetto all’applicazione del provvedimento di custodia cautelare, deve valutare la condotta tenuta dal predetto sia anteriormente che successivamente alla sottoposizione alla misura e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico (Sez. Unite, n. 32383 del 27/5/2010, D’Annbrosio, Rv. 247664). E, ancora, più recentemente, il Supremo Collegio ha ritenuto di dover precisare ulteriormente che in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, ai fini del riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘indennizzo può anche prescindersi dalla sussistenza di un “errore giudiziario”, venendo in considerazione soltanto l’antinomia “strutturale” tra custodia e assoluzione, o quella “funzionale” tra la durata RAGIONE_SOCIALEa custodia ed eventuale misura RAGIONE_SOCIALEa pena, con la conseguenza che, in tanto la privazione RAGIONE_SOCIALEa libertà personale potrà considerarsi “ingiusta”, in quanto l’incolpato non vi abbia dato o concorso a darvi causa attraverso una condotta dolosa o gravemente colposa, giacché, altrimenti, l’indennizzo verrebbe a perdere ineluttabilmente la propria funzione riparatoria, dissolvendo la “ratio” solidaristica che è alla base RAGIONE_SOCIALE‘istituto (così Sez. Unite, n. 51779 del 28/11/2013, Nicosia, Rv. 257606, fattispecie in cui è stata ritenuta colpevole la condotta di un soggetto che aveva reso dichiarazioni ambigue in sede di interrogatorio di garanzia, omettendo di fornire spiegazioni sul contenuto RAGIONE_SOCIALEe conversazioni telefoniche intrattenute con persone coinvolte in un traffico di sostanze stupefacenti, alle quali, con espressioni “travisanti”, aveva sollecitato in orario not turno la urgente consegna di beni).
3. Va poi osservato che vi è totale autonomia tra giudizio penale e giudizio per l’equa riparazione anche atteso che i due afferiscono piani di indagine del tutto diversi che ben possono portare a conclusioni affatto differenti pur se fondanti sul medesimo materiale probatorio acquisito agli atti, in quanto sottoposto ad un vaglio caratterizzato dall’utilizzo di parametri di valutazione del tutto differenti. perché è prevista in sede di riparazione per ingiusta detenzione la rivalutazione dei fatti non nella loro portata indiziaria o probatoria, che può essere ritenuta in sufficiente e condurre all’assoluzione, occorrendo valutare se essi siano stati idonei a determinare, unitamente ed a cagione di una condotta negligente od imprudente RAGIONE_SOCIALE‘imputato, l’adozione RAGIONE_SOCIALEa misura cautelare, traendo in inganno il giudice.
E’ pacifico (cfr. tra le tante questa Sez. 4, ord. 25/11/2010, n. 45418) che, in sede di giudizio di riparazione ex art. 314 cod. proc. pen. ed al fine RAGIONE_SOCIALEa valutazione RAGIONE_SOCIALE‘an debeatur occorra prendere in considerazione in modo autonomo e completo tutti gli elementi probatori disponibili ed in ogni modo emergenti dagli
atti, al fine di valutare se chi ha patito l’ingiusta detenzione vi abbia dato o abbia concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, con particolare riferimento alla sussistenza di condotte che rivelino eclatante o macroscopica negligenza, imprudenza o violazione di leggi o regolamenti. A tale fine è necessario che venga esaminata la condotta posta in essere dall’istante sia prima che dopo la perdita RAGIONE_SOCIALEa libertà personale e, più in generale, al momento RAGIONE_SOCIALEa legale conoscenza RAGIONE_SOCIALEa pendenza di un procedimento a suo carico (cfr. Sez. Un. n. 32383/2010), onde verificare, con valutazione ex ante, in modo del tutto autonomo e indipendente dall’esito del processo di merito, se tale condotta, risultata in sede di merito tale da non integrare un fatto-reato, abbia ciononostante costituito il presupposto che abbia ingenerato, pur in eventuale presenza di un errore RAGIONE_SOCIALE‘autorità procedente, la falsa apparenza RAGIONE_SOCIALEa sua configurabilità come illecito penale, dando luogo alla detenzione con rapporto di “causa ad effetto” (cfr. anche la precedente Sez. Un. 26/6/2002, COGNOME).
A tal fine vanno prese in considerazione tanto condotte di tipo extraprocessuale (grave leggerezza o trascuratezza tale da avere determinato l’adozione del provvedimento restrittivo), quanto di tipo processuale (autoincolpazione, silenzio consapevole sull’esistenza di un alibi) che non siano state escluse dal giudice RAGIONE_SOCIALEa cognizione (cfr. questa sez. 4, n. 45418 del 25.11.2010).
La colpa RAGIONE_SOCIALE‘istante è ostativa al diritto per le argomentazioni espresse, tra le altre, da Sez. 4, n. 1710 del 27.11.2013; sez. 4, n. 1422 del 16 ottobre 2013: ” … non potendo l’ordinamento, nel momento in cui fa applicazione RAGIONE_SOCIALEa regola solidaristica, … obliterare il principio di autoresponsabilità che incombe su tutti consociati, allorquando interagiscono nella società (trattasi, infondo, RAGIONE_SOCIALEa regola che trova esplicitazione negli arti. 1227 e 2056 c.c.), deve intendersi idonea ad escludere la sussistenza del diritto all’indennizzo … non solo la condotta volta alla realizzazione di un evento voluto e rappresentato nei suoi termini fattuali, sia esso configgente o meno con una prescrizione di legge, ma anche la condotta consapevole e volontaria i cui esiti, valutati dal giudice del procedimento riparatorio con i parametro RAGIONE_SOCIALE‘id quod plerumque accidit secondo le regole di esperienza comunemente accettate, siano tali da creare una situazione di allarme sociale e di doveroso intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria a tutela RAGIONE_SOCIALEa comunità, ragionevolmente ritenuta in pericolo. Poiché inoltre, anche ai fini che qui ci interessano, la nozione di colpa è data dall’art. 43 c.p., deve ritenersi ostativa al riconoscimento del diritt alla riparazione … quella condotta che, pur tesa ad altri risultati, ponga in essere per evidente, macroscopica, negligenza, imprudenza, trascuratezza, inosservanza di leggi, regolamenti o norme disciplinari, una situazione tale da costituire una non voluta, ma prevedibile, ragione di intervento RAGIONE_SOCIALE‘autorità giudiziaria che si sostanzi
nell’adozione di un provvedimento restrittivo RAGIONE_SOCIALEa libertà personale o nella mancata revoca di uno già emesso …”.
Nel provvedimento impugnato è stato congruamente e logicamente posto in evidenza come vi siano elementi per ritenere che il COGNOME abbia rivestito un ruolo attivo nella vicenda relativa alla progettata rapina in danno del furgone del RAGIONE_SOCIALE del 12/12/2016.
Come ricorda il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione il procedimento penale n. 21881/2016 RGNR, nel quale si inserisce il fatto di reato di cui agli artt. 56, 110, 628 comma 3 n. I c.p. ascritto anche a carico del COGNOME, in concorso con altri, al capo 5) RAGIONE_SOCIALEa rubrica, atteneva ad un’indagine di polizia riguardante più ipotesi di rapine e di tentate rapine commesse con uno schema operativo analogo in danno del furgone RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE con sede a Palermo adibito alla consegna di RAGIONE_SOCIALE lavorati in favore RAGIONE_SOCIALEe rivendite autorizzate ubicate nel territorio del Comuna di Palermo e nei Comuni RAGIONE_SOCIALEa Provincia; modalità operative analoghe che prevedevano, tra l’altro, che i partecipi, che per ogni fatto-reato si accordavano ed agivano, utilizzavano il furgone Iveco Daily TARGA_VEICOLO di proprietà di COGNOME NOME (separatamente giudicato), per operare il trasferimento dei colli di sigarette trafugati nonché facendo in modo che nel suddetto furgone salissero in genere tre soggetti mentre altri, con autovetture (alcune RAGIONE_SOCIALEa quali di provenienza furtiva) e motocicli, si ponevano alla ricerca del furgone RAGIONE_SOCIALEa C.D.T. impegnato nelle consegne.
Precisato altresì che, per come risulta in particolare dalla citata sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di Appello del 17.02.2020 (p. 14) questo schema criminoso, che prevedeva di neutralizzare gli addetti alle consegne e di portare il furgone in un luogo isolato per il trasferimento dei colli, è stato compiutamente realizzato il 28.12.2016, allorché la rapina di cui al capo 9) è stata portata a consumazione seguendo proprio il moRAGIONE_SOCIALEo operativo testé delineato, va ancora aggiunto che anche le altre ipotesi delittuose, che coinvolgevano a vario titolo più soggetti, taluni per plurimi fatti reato, si sono articolate in un ristretto arco temporale RAGIONE_SOCIALE‘anno 2016 dal momento che le tentate rapine di cui ai capi 2), 3), 4), 5), 7), 8) sono state commesse rispettivamente il 26 settembre, il 30 novembre, il 6/7dicembre, il 9/12 dicembre, il 13/14 dicembre ed il 19/21 dicembre, mentre la rapina di cui al capo 6) è stata consumata il 13 dicembre, sempre del 2016.
Se, dunque, esisteva questa ripetitività operativa – per quanto non tale da configurare anche il reato di cui all’art. 416 cod. pen. rubricato al capo 1), per quale i coimputati del COGNOME, a cui tale fattispecie era stata ascritta, sono sta tutti assolti “perché il fatto non sussiste” con la predetta sentenza del 17.02.2020 – pare condivisibile l’opinare del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione che l’episodio delittuoso
di cui al capo 5), ovvero la tentata rapina commessa il 9/12 dicembre 2016 che ha interessato il predetto COGNOME, non possa essere analizzato in maniera isolata e avulsa dal contesto delittuoso di riferimento, in specie quello che ha coinvolto direttamente anche il coimputato COGNOME COGNOME.
Chiarito che il predetto COGNOME è stato chiamato a rispondere di più episodi delittuosi che si inserivano in questo modus operandi, venendo infine ritenuto colpevole e condannato per i reati di cui ai capi 4) e 6), ovvero per la tentata rapina e la rapina commesse rispettivamente il 9/12 dicembre ed il 13 dicembre 2016, va considerato che l’elemento probatorio di maggior rilievo posto a carico del COGNOME, e tale da aver portato alla sua condanna almeno in primo grado, è stato rappresentato da una conversazione intercettata proprio con il COGNOME COGNOME tale da aver condotto quel gruppo di complici a desistere dalla commissione ditale azione criminosa che era in fieri.
La sentenza di appello ha assolto gli imputati dalla contestazione di tentata rapina in quanto desistettero dall’azione criminosa per propria scelta, consapevole e volontaria, dettata dalla scarsa quantità di RAGIONE_SOCIALE trasportati quel giorno.
L’impugnata ordinanza evidenzia il coinvolgimento del COGNOME attraverso l’inequivoco contenuto RAGIONE_SOCIALE‘intercettazione telefonica nella quale appunto informava il COGNOME RAGIONE_SOCIALEa esiguità del carico di RAGIONE_SOCIALE.
Corretta appare la valutazione RAGIONE_SOCIALEa condotta come ipotesi gravemente colposa ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione.
Il COGNOME, come ha evidenziato la Corte distrettuale intratteneva rapporti confidenziali con il COGNOME, soggetto inserito in una serie di rapine tentate e consumate in danno del RAGIONE_SOCIALE e, cosa ancor più grave, era a conoscenza di informazioni di prima mano sui carichi del furgone che doveva essere rapinato.
La Corte distrettuale ha ravvisato la rilevanza RAGIONE_SOCIALEa condotta del COGNOME, il quale coadiuvava i soggetti che intendevano compiere il reato, arrestandosi prima RAGIONE_SOCIALEa soglia di punibilità esclusivamente per l’entità del carico trasportato i quell’occasione.
Evidenzia logicamente il provvedimento impugnato come dalla lettura RAGIONE_SOCIALEa motivazione RAGIONE_SOCIALEa sentenza di assoluzione, se risultano le ragioni per cui la Corte di Appello si sia determinata a ritenere nella specie non configurabile un tentativo punibile ex art. 56 cod. pen., nonostante le mirate condotte preparatorie che erano state approntate per compiere una rapina che si inseriva nel solco RAGIONE_SOCIALEe altre analoghe di quel periodo in danno RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE, risulta altrettanto evidente il ruolo assunto dal COGNOME in questa vicenda il quale come visto, si era direttamente rapportato con il COGNOME avvisandolo del fatto che in quel caso il carico del furgone sarebbe stato dimezzato (“mezzu vacanti”)
così da non far ritenere remunerativa l’azione delittuosa che era sostanzialmente pronta in ogni altro elemento.
Diversamente da quanto si opina in ricorso l’ordinanza impugnata non valorizza il silenzio prestato dall’indagato in sede di interrogatorio -il che oggi no sarebbe più possibile alla luce del nuovo dettato normativo RAGIONE_SOCIALE‘art. 314 cod. proc. pen., secondo cui «l’esercizio da parte RAGIONE_SOCIALE‘imputato RAGIONE_SOCIALEa facoltà di cui all’articolo 64, co. 3, lettera b), non incide sul diritto alla riparazione di cui al primo periodo (così come novellato dall’art. 4, comma 1, lettera b), del D.Igs. 8 novembre 2021, n. 188 con decorrenza dal 14/12/2021)- ma si limita a prendere atto che il COGNOME nel corso del procedimento svolto a suo carico non ha neppure tentato di chiarire il senso di questa sua compromettente interlocuzione con il COGNOME, avvalendosi in specie dalla facoltà di non rispondere in sede di interrogatorio in data 18/12/2017.
Indubbio, secondo la logica motivazione del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione, è che l’odierno ricorrente, gravato da precedenti penali, intesseva contatti particolarmente incisivi circa la commissione RAGIONE_SOCIALEa rapina pianificata in tale occasione, ma anche la circostanza che il predetto si rapportava confidenzialmente con un soggetto quale il COGNOME pienamente inserito nel giro di rapine tentate e consumate in quel periodo in danno RAGIONE_SOCIALEa società RAGIONE_SOCIALE.
Né si può ritenere, in senso contrario, secondo quanto logicamente opinano i giudici palermitani, che l’informazione resa dal COGNOME sia stata quella che ha, in definitiva, scongiurato l’azione predatoria sub capo 5), eCOGNOMEndo che la stessa venisse portata a livello di tentativo punibile, come infine decretato dalla Corte di Appello con la pronuncia sul punto assolutoria resa nei confronti del COGNOME e dei concorrenti nel medesimo reato, poiché a ben vedere l’informazione fornita da questo soggetto al NOME aveva una finalità prettamente utilitaristica, sempre nell’ottica di quel proposito delittuoso. Non sfugge, infatti, che il COGNOME, che ev dentemente possedeva informazioni riservate di prima mano sui carichi del furgone preso di mira, in quel caso carico soltanto al 25-30% e dunque “mezzu vacanti”, abbia esordito affermando che non c’era un margine di II garanzia” per una certa cifra che lo stesso aveva concordato in precedenza (“non c’è garanzia per quella cifra che ti avevo detto io”) così pervenendo al “consiglio”, rivolto sempre al COGNOME, di soprassedere; ma ciò, si badi bene, non perché fosse intenzione del COGNOME sventare l’azione delittuosa che era in itinere, ma semplicemente perché non poteva essere assicurato un profitto tale da remunerare adeguatamente quel tipo di intrapresa delittuosa RAGIONE_SOCIALEa quale lo stesso COGNOME era perfettamente al corrente ed anche partecipe, almeno nella progettazione delittuosa seguita fino a quella fase. E se il COGNOME ha rimesso al COGNOME la scelta sul da farsi (“Se poi tu
ci vuoi andare… “) il COGNOME ha dimostrato di aver ben compreso il senso RAGIONE_SOCIALE‘interlocuzione convenendo sul fatto che l’azione delittuosa non sarebbe stata adeguatamente conveniente per sé e per i complici (“dico, già mi stavo facendo i conti che neanche ci volevamo andare per questo. “).
Del resto il COGNOME, nell’interrogatorio di garanzia del 15.12.2017, dopo aver dichiarato di aver discusso con il COGNOME nei termini sopra riportati, alla precis domanda del giudice “… ma di fatto, eravate pronti ad intervenire? “, ha risposto affermativamente: “Si, si. “.
Logica e coerente con tali premesse, oltre che rispettosa dei principi giurisprudenziali in materia ricordati in precedenza, appare pertanto la conclusione del giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione che, alla stregua di questi elementi, ha ritenuto evidente l’incidenza RAGIONE_SOCIALEa condotta assunta dal COGNOME che, al di là degli elementi che hanno portato alla sua assoluzione, così come all’assoluzione anche dei coimputati a cui era stato ascritto il delitto di cui al capo 5), si è comunque rapportato con uno dei complici ditale iniziativa delittuosa per fornire notizie riservate sulla convenienza economica di quell’azione che si inseriva, per di più, in una serie di azioni predatorie RAGIONE_SOCIALEa stessa tipologia poste in essere in quel cotesto temporale ed in danno RAGIONE_SOCIALEa medesima parte offesa. Una preziosa informazione, quella riservatamente fornita dal COGNOME al COGNOME, che nell’ottica RAGIONE_SOCIALEe azioni criminose pianificate e in parte poste in essere, mirava a centellinare le iniziative predatorie agendo solo quando il profitto si prospettava al massimo livello a fronte dei rischi che si correvano nel porre in essere quel tipo di azioni criminose.
5. Non va trascurato che, alla luce dei rapporti RAGIONE_SOCIALE‘odierno ricorrente con il COGNOME, la Corte territoriale opera, comunque, un buon governo RAGIONE_SOCIALEa richiamata giurisprudenza di questa Corte di legittimità secondo cui le frequentazioni ambigue, ossia quelle che si prestano oggettivamente ad essere interpretate come indizi di complicità, quando non sono giustificate da rapporti di parentela e sono poste in essere con la consapevolezza che trattasi di soggetti coinvolti in traffici illeciti, o le frequentazioni con soggetti gravati da specifici precedenti penali, be possono dare luogo ad un comportamento gravemente colposo idoneo ad escludere la riparazione stessa” (cfr., tra le altre, Sez. 4, n. 1235 del 26/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258610; Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259082; Sez. 4, n. 51722 del 16/10/2013, COGNOME, Rv. 257878) e che per tali si intendono anche quelle con soggetti coinvolti nel medesimo procedimento penale.
In ogni caso, afferma condivisibilmente anche la più recente giurisprudenza di questa Corte che, in tema di riparazione per l’ingiusta detenzione, la condizione
ostativa al riconoscimento del diritto all’indennizzo, rappresentata dall’avere il ri chiedente dato causa all’ingiusta carcerazione, può essere integrata anche da comportamenti quali le frequentazioni ambigue con i soggetti condannati nel medesimo procedimento, purché il giudice RAGIONE_SOCIALEa riparazione fornisca adeguata motivazione RAGIONE_SOCIALEa loro oggettiva idoneità ad essere interpretate come indizi di complicità, in rapporto al tipo e alla qualità dei collegamenti con tali persone, così da essere poste quanto meno in una relazione di concausalità con il provvedimento restrittivo adottato (Sez. 4, n. 850 del 28/9/2021 dep. 2022, Denaro, Rv. 282565).
Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Viceversa, ritiene il Collegio, conformemente ai dictum di Sez. Un., n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, COGNOME, Rv. 283886 (vedasi in motivazione pagg. 22 e ss., con un principio affermato per la parte civile nel giudizio di legittimità, m che, mutatis mutandis, trova applicazione anche in un caso come quello che ci occupa; vedasi anche Sez. Un., n. 34559 del 26/6/2002, COGNOME, Rv. 222264) che, tenuto conto RAGIONE_SOCIALEa genericità RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni svolte nella depositata memoria, priva del minimo riferimento specifico alla vicenda in esame, non debba conseguire anche la condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALEe spese nei confronti del RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALEe spese processuali.
Nulla sulle spese al RAGIONE_SOCIALE resistente.
Così deciso in Roma il 24 gennaio 2024 Il Cojisigliere este ore GLYPH
Il Presidente